Fondation Pègase |
IL GIARDINO DELL'ARCADIA "La scuola adotta un monumento" |
Liceo Berchet |
Il Giardino d'Arcadia viene costituito nel 1737 nel cortile del
palazzo del Conte Pertusati a Porta Romana.
Serviliano Latuada ce lo conferma nella sua guida Descrizione di Milano ornata
con molti disegni in rame dalle fabbriche più cospicue che si trovano in questa metropoli.
Fra le 42 tavole comprese al suo interno, una è appunto dedicata al "Giardino
d'Arcadia".
Il nome è riferito al fatto che in quel giardino si riuniva il gruppo milanese
dell'Accademia dell'Arcadia. La recita dei versi delle orazioni composte dagli accademici
avveniva tradizionalmente in un luogo aperto, in un giardino appunto, detto Bosco
Parrasio: e le poetesse e i poeti si presentavano con i modi e le fogge di pastorelle e
di pastori. Una scena letteraria che si svolgeva in un ambiente, però, in forte contrasto
con quello poetico, come la sede milanese dimostra.
Il giardino milanese, la cui rappresentazione rimane un documento per la Milano di quegli
anni, è infatti un piccolo cortile agghindato a giardino formale, senza perciò nessun
significato pastorale.
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L'ingresso del giardino si trova in Corso di Porta Romana n°
80, presso il palazzo Pertusati, esaltato nelle cronache come "casa delle
muse". Dall'androne a volta si passa al cortiletto, e ad un criptoportico (di cui
oggi rimane ben poco, dopo i bombardamenti del '43) a tre arcate, attraverso le quali si
vede il giardino. Il vasto giardino creato dal conte Carlo Pertusati era invero una
mirabile sede per i coloni arcadi: aiuole, viali (uno è ancora rimasto, dove oggi si
trova la sbarrata via Marchiondi), radure, piante rare, fontane e giuochi d'acqua, ma
soprattutto le grandi serre ammirate nel '700 (ora scomparse), in cui in pieno inverno
avevano luogo feste, balli, banchetti, intrattenimenti letterari, in una fantasiosa
fioritura di perenne primavera.
Il giardino viene infatti così descritto sempre dal Latuada: "Qui il signor
Conte ha fatto disporre un vaghissimo giardino, ornato dai più odorosi e rari fiori, con
alte piante di cedri ed agrumi, per la conservazione de' quali dalle ingiurie del verno,
vi si fabbrica a posticcio una casa in legno".
Il giardino, che fu detto "Erculeo", da una statua di Ercole, campeggiante
entro uno scenario di piante ad alto fusto, era forse il più celebre di Milano. Di
esso non si hanno più notizie fino al 1925 (anche se dalla toponomastica si scorgono
sempre segni della sua presenza), quando viene pubblicato dall'amministrazione comunale il
bollettino Città di Milano, nel quale si prendono in analisi alcuni tratti di
verde pubblico (e quindi appare improbabile che il nostro giardino sia una spazio
privato), che in un modo o nell'altro sono scampati alla distruzione dell'espansione
urbanistica del primo '900. Tra essi è citato proprio il "Giardino d'Arcadia":
l'antico giardino Pertusati. Lo stesso architetto Giuseppe de Finetti vi costrurà (con
grande sensibilità, e nel perimetro esterno, salvando i vecchi alberi), la sua Casa della
Meridiana, del 1926. La casa del Finetti, una nuova tipologia residenziale a ville
sovrapposte, è uno degli edifici più interessanti e colti della metà degli anni
'20.
Nel 1997 rimane ormai poco di questo tratto di verde, che nell'800 doveva comprendere
anche parte della zona oggi occupata dal Policlinico, come testimoniano le antiche piante
che costeggiano la fine di via Lamarmora sulla sinistra giungendo verso Crocetta ed anche
i cedri nei cortili dei palazzi di via Francesco Sforza 41 e 43 (residenza dei famosi Carcano,
fondatori anche del celebre teatro, che si trova proprio di fronte ai
"giardini"). Ma almeno quello che è restato si può salvare e riaprire di nuovo
alla collettività (tra l'altro è molto interessante anche architettonicamente:
rimangono alcune statue e tutta la canalizzazione originaria, con splendidi giochi
d'acqua. E poi diverrebbe comunque un'oasi di "respiro" a poche centinaia di
metri dal nostro liceo, ora congestionato dal traffico della grigia via Commenda: questo
è, almeno, il nostro augurio, e il nostro impegno!
"Ier sera dunque io passeggiava con quel vecchio venerando [il Parini] sotto
un boschetto di tigli: egli si sosteneva da una parte sul mio braccio, dall'altra sul mio
bastone; [...] s'assise sopra uno di quei sedili ed io con lui..." (Ugo
Foscolo, da Le ultime lettere di Jacopo Ortis)
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