Leo Folin trionfa all’Incanto Film Festival con il corto “Dove andrai”

Leo Folin di 5D trionfa all'Incanto Film Festival

Un importante riconoscimento per il giovane regista Leo Folin (5D), che con il suo cortometraggio Dove andrai ha conquistato il Premio Miglior Cortometraggio nella sezione Bande à part dell’Incanto Film Festival.

La giuria ha premiato l’opera per la “sorprendente consapevolezza del linguaggio cinematografico” e per la capacità di costruire un racconto “intensamente drammatico” attraverso un uso sapiente del bianco e nero, che valorizza luci e ombre della vicenda narrata. Nonostante alcune inevitabili imperfezioni, il corto è stato definito “uno sguardo autoriale sorprendente”, capace di rivelare già una profonda maturità espressiva.

Un cinema nato da suggestioni

Nel raccontare la genesi del progetto, Folin ha spiegato come Dove andrai non sia nato da un’unica idea precisa, ma da una “stratificazione di suggestioni” — cinematografiche, letterarie e musicali — che con il tempo sono diventate personali. A distanza di quasi tre anni dalla realizzazione del corto, il regista vede oggi quel lavoro come “una testimonianza di ciò che era in quel periodo”, ma sottolinea come una cosa sia rimasta invariata: la sua curiosità verso il cinema e l’arte.

Tra passato e innovazione

Il riconoscimento ricevuto all’Incanto Film Festival è stato per lui “una gioia immensa”. Folin sottolinea con soddisfazione il paradosso di un film profondamente radicato nel passato — con riferimenti all’Espressionismo tedesco e al noir hollywoodiano — che viene percepito come nuovo e originale.
La sua ricerca artistica si concentra proprio sull’incontro di elementi classici e contemporanei, come nel contrasto tra musica liturgica suonata da un fisarmonicista di strada o temi biblici reinterpretati attraverso lo sguardo di un’adolescente.

Tra cinema e ricerca

Il cinema è stato fin da subito una parte importante del percorso di Leo Folin, non solo nella regia ma anche nella scrittura, nella recitazione e nella creazione di colonne sonore. Nonostante ciò, il giovane regista si definisce “un po’ alieno” rispetto al mondo dell’industria cinematografica e immagina per sé anche un futuro accademico, magari dedicato allo studio della storia culturale delle religioni.
Il desiderio di continuare a raccontare storie attraverso il cinema, tuttavia, resta vivo: “Quando le Muse o un regista mi chiameranno – afferma – risponderò volentieri”.


Un successo che ci riempie d’orgoglio, e che testimonia come talento, passione e cultura possano trasformarsi in opere capaci di dialogare con il pubblico e con il tempo presente.

Articolo realizzato a partire da contenuti pubblicati su Framed Magazine.