La consegna agli studenti della 1B, la classe di Comunicazione, era: «osserva, prendi appunti e descrivi una persona sconosciuta su un mezzo pubblico. Presta attenzione soprattutto a espressioni e gesti “normali”, anche insignificanti…». Il fatto è che, come c’insegna già Tucidide, il nostro sguardo viene sempre viziato da pre-giudizi (la δόξα platonica), e vediamo solo ciò che vogliamo vedere; descrivere sconosciuti in un luogo routinario, o comunque estraneo, riduce il coinvolgimento emotivo. Da qui anche l’indicazione di silenziare il più possibile l’io narrante.
Ne è risultato uno spaccato metropolitano attendibile, provenendo gli studenti da diverse zone di Milano e dell’hinterland: bambini curiosi, donne sole, lavoratori, tossici, persone chine sullo smartphone, su un libro, sui propri pensieri. La digressione sulla Circumvesuviana è solo una cornice diversa dello stesso quadro.
Sul tram 27, direzione Piazza Fontana
Avrà circa quattro anni. Si è buttato sull’unico sedile libero, proprio vicino alla porta; i piedini non toccano terra e li dondola, urtando a tratti chi gli passa davanti.
Ha gli occhi grandi e celesti, sottili sopracciglia dorate, un nasino a patata, le labbra piene e rosse dei bambini. Il candore della pelle è punteggiato da chiazzette rosee.
Indossa una giacca a vento blu di una taglia più grande, si direbbe, e un cappellino di lana dello stesso colore con un pon pon giallo in cima da cui spuntano qua è là ricciolini biondi; deve fargli prurito, perché continua a grattarsi e a spostarlo a destra e a sinistra, senza smettere di stringere un ombrellino trasparente che gocciola. Dai pantaloni verde militare spuntano calzini con una fantasia di macchinine di varie fogge e colori, alcune rosso cadmio come le scarpe da ginnastica.
Fatica a stare seduto composto e continua a urtare chi gli è accanto; osserva curioso il saliscendi dal tram, cercando lo sguardo di tutti.
La mamma gli allunga un panino più grande della sua faccia e lui ve l’affonda vorace.
Non si può non notarlo e lui sembra felice di ricevere tante attenzioni. Fa domande su domande – chi è quel signore, quante fermate mancano, dov’è il papà… Sorride sempre, non dev’essere un bimbo capriccioso.
Continua a tirare su col naso ma dice no al fazzoletto (ai bambini non piace soffiarsi il naso) e ogni tanto si strofina la faccia nella manica della giacca, con disappunto della mamma, che starà pensando alla prossima lavatrice.
Sulla M3, direzione San Donato
Appoggiato a un supporto, dal fondo del vagone guarda fisso tutti e nessuno in particolare.
L’arcata superiore delle cuffie GBL sprofonda nei riccioli bruni, che gli scendono sulla fronte fino a nascondere in parte la montatura sottile e tondeggiante degli occhiali da vista; gli ampi padiglioni neri coprono le orecchie, e dal ritmo con cui oscilla il capo dev’essere musica rock.
È più alto della media.
Affonda le mani nelle tasche di un cappotto grigio grafite; di tanto in tanto ne estrae il telefono, forse per selezione un brano, poi rimette mani e telefono in tasca lasciando andare la testa all’indietro, fino a toccare la parete del vagone.
I piedi sono incrociati, con il destro appoggiato di punta, che lascia intravvedere un calzino a righe colorate e
le scarpe di cuoio sformate.
Improvvisamente tira su col naso, storcendo le labbra verso destra in una smorfia buffa che scombussola per
un attimo l’aria seriosa.
Sul treno, linea Milano P.ta Genova-Mortara
L’azzurro della divisa e del borsone poggiato a terra, su cui campeggia il logo Deliveroo, contrasta con gli interni grigi del treno. La pelle è scura, la barba trascurata eppure assertiva, virile.
Sdraiato di traverso sulla coppia di sedili ma con disinvoltura, rilassato, chiacchiera col compagno e spesso scoppia a ridere, scoprendo i denti perfetti e candidi.
Lo diresti uno senza preoccupazioni, allegro.
Sulla Circumvesuviana
Circumvesuviana, otto della sera. Nel vagone color crema poche persone, sedute qua e là sui sedili in termoplastica blu.
Stretto in una giacchetta di tessuto sintetico grigio che stride con la cerniera color bronzo, un uomo di mezz’età siede dalla parte del finestrino nel senso di marcia.
Ha capelli grigi dal taglio azzardato, da adolescente, rasato dietro e sulle orecchie; il naso, importante, è un po’ arrossato.
Chino sullo smartphone, postura che gli accentua il doppio mento, non ne distoglie lo sguardo neanche al passaggio del controllore o quando il treno improvvisamente inchioda in galleria e l’urlo d’una turista americana sovrasta per un attimo il volume dello smartphone. Parole e musica dei video che sta guardando così assorto sono in napoletano.
Tiene le gambe accavallate, la mano sinistra appoggiata sul ginocchio destro, lo smartphone nella destra; i neri pantaloni da tuta, larghi e un po’ stropicciati sulle ginocchia, lasciano scoperte delle air force grigie consumate.
Nella borsa verde ecologica del Conad posata ai suoi piedi si intravedono latte e carta igienica.
Sull’autobus 222, direzione Pieve Emanuele
La signora avrà 65 anni, di media statura, capelli abbastanza corti castano chiaro; porta occhiali dalla montatura a goccia di colore rosso. Indossa un giubbotto blu navy con la cerniera dorata e un piccolo logo sulla spalla sinistra. La borsa a tracolla nera e bianca sembra una borsa da tennis, e s’intravvede una piccola cerniera argentata. I pantaloni sono grigio scuro, con un risvolto in fondo, data la statura; le scarpe da ginnastica nere contrastano con le calze a quadri gialli rossi e neri.
Ha lo sguardo fisso fuori dal finestrino, come sovrappensiero o presa da una qualche preoccupazione.
Sulla M4, direzione San Cristoforo
Metrò blu. Avrà una sessantina d’anni, non molto alta, forse uno e cinquanta. Porta a spalla una borsa decorata con un drago e in vita un marsupio con documenti e cellulare. Trovato un posto a sedere, ha tirato fuori dalla borsa un giornale, s’è messa gli occhiali e ha cominciato a leggerlo. A tratti, chiosa ciò che legge con delle smorfie, e intanto si sistema i capelli già perfetti. Sembra non accorgersi della calca e dello sferragliare del treno, ma all’annuncio della sua fermata si è prontamente preparata a scendere.
Sull’autobus 94, direzione Sant’Ambrogio
L’autobus è semivuoto. Una donna di mezz’età, i capelli castani raccolti in una disordinata coda alta, ha lo sguardo stanco ma non fisso: sembra piuttosto che vaghi dietro a un pensiero, da cui ogni tanto distoglie gli occhi, abbassandoli per guardare l’ora sull’orologio.
Se li stropiccia spesso e cambia più volte posizione, come chi cerchi di tenersi sveglio; forse è per questo che s’infila gli auricolari mettendosi ad ascoltare musica dallo smartphone, per poi tornare a inseguire nel vuoto quello o un altro pensiero.
Sul tram 16, direzione Monte Velino
Seduta sul tram, la ragazza scrive messaggi sul telefono e di tanto in tanto alza la testa per guardare distrattamente fuori dal finestrino, senza un reale interesse. Sembra pensierosa ma non preoccupata. A differenza delle altre persone sul tram, è molto curata ed elegante, e la postura rilassata. Ha gli auricolari, probabilmente per ascoltare musica o forse per astrarsi da ciò che la circonda.
Sul tram 15, direzione Rozzano
Avrà sui vent’anni, è vestita in modo semplice, i capelli sono raccolti in uno chignon improvvisato. È seduta di traverso, a occupare due posti; china su un libro di psicoanalisi, ogni tanto alza la testa e guarda fuori, probabilmente per capire quanto manchi alla sua fermata. Ha l’aria stanca, di chi non ha passato una bella notte, e sembra distante. È ferma sulla stessa pagina da più di cinque minuti.
Sulla M3, direzione San Donato
Venerdì, ora di pranzo, linea 3.
Sulla cinquantina, ha un aspetto serio che contrasta con l’abbigliamento decisamente eccentrico: grandi orecchini neri a forma di croce, un lungo vestito tipo tunica diviso in due di sbieco, sopra bianco, sotto nero.
Indossa guanti neri e porta una valigetta bianca. Parla con un uomo, forse un collega, del loro programma settimanale.
Quando scende, cammina a passo deciso.
Sulla M3, direzione Comasina
Metropolitana, mattina, ora di punta.
La ragazza ha gli auricolari e gli occhi fissi su un libro che tiene aperto in grembo; quando li alza per controllare la fermata, si resta colpiti dall’intensità dell’azzurro. Porta degli occhiali sottili e dorati e un paio di pendenti a forma di delfino.
Mentre legge, arrotola e srotola una ciocca attorno all’indice sinistro, e non riesce a tenere ferma la gamba destra, facendo sussultare il libro, che è di scienze.
Smorfie del viso e gesti tradiscono agitazione, forse per un’interrogazione o una verifica di lì a poco. O così m’immagino.
Sul tram 12, direzione Certosa FS
Avrà cinquant’anni, forse poco di più. Indossa occhiali rotondi e ha i capelli brizzolati un po’ spettinati.
Legge un libro, ma spesso alza lo sguardo e lo fa scorrere veloce sulle persone, come ad annotarne ogni dettaglio. A tratti sorride, forse per qualcosa che ha letto o un pensiero che gli è venuto in mente. Non guarda il telefono come fanno gli altri, ha un’aria tranquilla e rilassata.
In prossimità della sua fermata, chiude il libro (non riesco a coglierne il titolo) e lo mette nello zaino. Quindi si alza e scende dal tram.
Sulla M1, direzione Sesto 1° maggio FS
Sulla banchina della metropolitana è seduta una di mezz’età, dai capelli castano scuro raccolti alla bell’e meglio.
Indossa un cappotto antracite e degli stivaletti bruno van Dyck dalla pelle un po’ consumata.
Il viso è senza trucco, segnato dal tempo ma non nell’espressione, che è distesa.
Tiene le mani nelle tasche del cappotto e lo sguardo a terra, come assorta nei suoi pensieri.
Sulla M3, direzione San Donato
È una donna dallo sguardo che disorienta, tra lo smarrito e il felice. Veste un abito che qualcuno definirebbe alternativo, dai colori sgargianti; anche gli occhiali sono eccentrici, li tiene sulla punta del naso ed è intenta a guardarsi i piedi, ma allo stesso tempo controlla spesso l’orologio come se fosse in ritardo. Le persone tutt’intorno sono chine sugli smartphone, lei no, sorride, ma in modo discreto, come a custodire un pensiero più profondo. Poi le porte della metro si aprono e lei scende. Io la seguo con lo sguardo, grata, anche se non so bene perché.
Sulla M2, direzione P.zza Abbiategrasso
M’è capitato spesso di vederlo in metropolitana, questo ragazzo di circa vent’anni, e stamattina ci siamo ritrovati fianco a fianco sulla banchina affollata.
Salito sulla metro, la prima cosa che fa è aggiustarsi i capelli con un gesto elegante. La calca ci ha risospinti uno accanto all’altro, così posso osservarlo con la coda dell’occhio: fissa la porta opposta del treno ma il suo non è uno sguardo vuoto, ha piuttosto un che di sereno, e l’ha distolto solo per controllare l’orologio, tranquillo.
Per questo mi ha sorpreso lo scatto improvviso con cui è sceso dal treno.
Sul tram 9, direzione P.ta Genova M2
La donna è di mezz’età, ha i capelli castani raccolti in una coda disordinata, una giacca di pelle nera e jeans scuri, e tiene la borsa in grembo con una mano. Gli occhi sono segnati dalle rughe, il volto appare anche più trascurato dal fatto che mastica una gomma a bocca aperta.
È tranquilla ma compie gesti meccanici: con la mano magra ora si ravvia i capelli sporchi, ora si massaggia il collo come ad alleviare la tensione, a tratti sbadiglia, quindi si mette a scorrere tra le app sullo smartphone, distrattamente, come la maggior parte dei passeggeri. Ogni tanto solleva la testa quasi cercasse qualcuno, ma poi torna a vagare nei suoi pensieri, e il suo viso esprime una serenità e sobrietà che contrasta con l’aspetto.
Alla fermata di Porta Romana scende dal 9 con la maggior parte dei passeggeri, diretta chissà dove.
Sul treno S6, direzione Novara
Sulla quarantina, tutto tatuato. Non deve avere il biglietto, perché si guarda intorno guardingo, e lancia occhiatacce agli altri passeggeri, senza smettere di armeggiare con lo smartphone (sembra che stia chattando con amici). Quando scende dal treno, il sole gli illumina i vestiti, d’un arancione tipo il cartello “strada connessa”, ho pensato.
Sulla M3, direzione San Donato
Metro gialla, verso sera. L’uomo ha l’aspetto trasandato, il viso è pallido ed emaciato, gli occhi vuoti e spalancati, con occhiaie così marcate da sembrare dipinte. Dal cappuccio della felpa strappata e sporca spuntano lunghi capelli scuri e unti che gl’incorniciano il volto. Più che seduto è rannicchiato sul sedile, e anche così se ne indovina l’altezza e la magrezza attraverso i vestiti larghi.
Si muove appena, ogni tanto agita le braccia pallide nell’aria, come per afferrare un fantasma. La testa è reclinata e a tratti gli escono dei gemiti che si confondono con lo sferragliare della metro.
Sul tram 19, direzione Piazza Castelli
È seduto vicino al finestrino, con uno zaino ai piedi. Ha i capelli scuri spettinati e ogni tanto si aggiusta gli occhiali con un gesto lento. Guarda fuori senza fissare nulla in particolare.
Quando il tram frena, si aggrappa al palo accanto senza cambiare espressione. Poi prende il telefono, scorre lo schermo distrattamente, lo rimette in tasca.
A un certo punto si passa una mano tra i capelli e incrocia le braccia. Ha l’aria stanca, ma tranquilla.
(prof.ssa Gusmini)
Preside (Prof. D. Guglielmo)
Dirigente Scolastico