LA DONNA NERA
-Breve excursus storico-
IL RUOLO DELLA DONNA
NELLA SOCIETA’ PRECOLONIALE
L’autosufficienza dell’unità familiare veniva garantita attraverso una netta
divisione dei compiti: la donna provvedeva alla produzione dei cereali e alla
coltivazione della terra arabile. L’intero sistema produttivo ruotava
essenzialmente attorno allo scambio di bestiame, ed il matrimonio era uno
dei principali strumenti per acquisirlo. La fitta rete di legami intorno
all’unione tra uomo e donna era il fulcro del processo produttivo di questa
società. Tale processo era regolato dal controllo dell’uomo sulle capacità
produttive e riproduttive della donna e veniva sancito dallo scambio
donna-bestiame.
La buona riuscita del matrimonio era condizionato dal grado di fertilità
della donna e dal livello di obbedienza. La capacità riproduttiva della
donna costituiva il principale strumento per creare ricchezza.
Era la donna a svolgere il lavoro agricolo necessario alla sussistenza
dell’unità familiare e ad essere al centro del meccanismo di acquisizione
del bestiame. La donna risultava essere l’elemento economico centrale della
società e pertanto godeva di un considerevole rispetto e disponeva di un
certo potere sociale.
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ARRIVO DEI
COLONIALISTI
La situazione peggiora quando nell’800 arrivano i colonialisti. L'African
Customary Law ha riconosciuto, esaltato e distorto i caratteri
patriarcali della società tradizionale, privando la donna africana di
qualsiasi autorità e autonomia. L’accentuarsi della divisione del lavoro che
identificava gli uomini con la sfera pubblica e le donne con quella
domestica finì per relegare quest’ultima ad una posizione sempre più
marginale.
L’aver inserito nelle raccolte di legge interpretazioni errate della vita
africana ha avuto l’effetto di porre le donne “al di fuori della legge”.
Esse furono private delle premesse che in precedenze permettevano loro di
piegare le regole a proprio vantaggio, ma nello stesso tempo non erano
ancora sotto la protezione dell’ordine giuridico formale. Esse divennero
delle vere e proprie “fuorilegge”.
LA DONNA AFRICANA TRA
MONDO RURALE E MONDO URBANO
Lo svilupparsi dell’attività mineraria ed il crescente livello di profondità
delle miniere fece aumentare rapidamente il bisogno di manodopera maschile a
basso costo. Per rispondere a tale esigenza il governo coloniale sviluppò il
migrant rural system. La composizione della migrant labour force
fu sempre prevalentemente maschile. Le donne restavano generalmente
vincolate al mondo rurale e divennero, non senza drammatiche conseguenze, le
effettive responsabili dell’unità familiare.
Costrette a fronteggiare in solitudine lo sgretolarsi della struttura
sociale del mondo tradizionale, le donne africane si trovarono
contemporaneamente escluse dal processo produttivo industriale e quindi
dalla possibilità di accedere alle aree industrializzate. Gli effetti
destabilizzanti del migrant labour system hanno provocato la tendenza
al disfacimento del rapporto matrimoniale. La donna, spesso sola di fronte
ai gravosi compiti di gestione della famiglia, divenne sempre meno disposta
a sottomettersi all’autorità del marito, che era prevalentemente lontano da
casa.
Emersero forme di struttura familiare incentrate sulla figura femminile. Con
il venire meno dei tradizionali legami uomo-donna si ebbe un forte
incremento dell’adulterio, del divorzio, dell’abbandono da parte di uno dei
due coniugi e delle gravidanze prematrimoniali. La rottura dei codici di
comportamento tradizionali comportò inoltre l’inasprimento delle tensioni
uomo-donna, che determinò a sua volta un forte incremento della violenza nei
confronti delle donne, ed un ulteriore sviluppo dell’ AIDS.
La donna africana viene a trovarsi al centro di un meccanismo di
conservazione e dissoluzione, solo apparentemente contraddittorio; da un
lato lo sgretolarsi della famiglia patriarcale le dava una maggiore
autonomia, dall’altro però la privava di sicurezza sociale e materiale. La
donna del mondo rurale veniva condizionata dalle lunghe assenze del marito.
Così spinta dal bisogno di difesa dell’unità familiare, infrangendo i
costumi tradizionali, raggiunse il proprio uomo nelle città.
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Donne nere Sud Africane |
LA DONNA AFRICANA
NELLA CITTA’ E LA SUA CONDIZIONE DI FUORILEGGE
La produzione di alcolici era storicamente riservata alle donne dalla
cultura tradizionale africana. A partire dalla città di Durban, nel 1908, si
sviluppò il beerhall system, una forma di controllo governativo degli
alcolici che andò a colpire la popolazione femminile. Benchè punita da parte
delle autorità le donne organizzarono la gestione delle sheebeen: qui
si sviluppò la cultura marabi, fatta di danza, musica, convivenza tra
le diverse etnie e solidarietà.
La seconda principale forma di guadagno per le donne in città era quella di
andare a servizio presso le famiglie dei bianchi. La donna nera era
costretta a subire svariate forme di oppressione: salari bassi, orari
impossibili, molestie sessuali.
La donna africana è al centro del profondo senso di solidarietà veicolato
dalla famiglia nell’amara realtà delle township. Il trasferimento di
responsabilità in mano femminile non è stato però accompagnato da un
equivalente rispetto sociale. Il sistema sociale patriarcale e le leggi
dell’apartheid hanno fatto si che l’identità sociale della donna nera fosse
mediata dal rapporto con l’uomo e in particolare dal matrimonio.
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