Al visitatore del terzo millennio che arriva in città con treno, automobile o metropolitana Milano presenta una conformazione urbanistica ottocentesca; non vedrà resti di insediamenti celtici, romani, medievali... Questo perchè nei dintorni di Milano non c'erano cave ne di pietra ne di argilla e così i materiali di edifici demoliti venivano riutilizzati per la costruzione di edifici di epoche successive, come ad esempio le mura della città o le fondamenta di nuove costruzioni. Per costruire bisognava distruggere. In età romana, come pure nel medioevo, si costruiva in un modo diverso rispetto a come si costruisce oggi. In generale i confini catastali rimanevano fissi all'interno della città e le nuove costruzioni nascevano sopra quelle più vecchie, senza che i detriti venissero portati via: per questo una sezione verticale delle antiche case romane può rivelare diversi strati di mosaici che datano dal I secolo a.c. al II/IV secolo d.c. Sempre di seguito un aspetto interessante degli edifici di età medievale e moderna di Milano è il fatto che inglobino spesso strutture di secoli diversi, ma in "ordine inverso". A causa degli spazi limitati dai confini catastali e della mancanza cronica di materiale edilizio, i resti romani venivano integrati nel tessuto edilizio dei nuovi edifici. Le nuove fondamenta venivano costruite spesso aggiungendo un nuovo muro al di sotto di quello romano. E' possibile vedere queste sottomurazioni in alcune cantine di case milanesi: la parte inferiore, che dovrebbe essere la più antica è in realtà quella più recente, mentre al di sopra si trova un livello di mattoni romani e a volte anche medievali.

Non gli verrebbe il sospetto che Milano sia stata una città d'acqua con un porto importante, nella quale l'affluenza e lo scambio di merci e persone avveniva su mezzi di trasporto navali. Gli è pertanto complicato rappresentarsi mentalmente come si conduceva la vita in mezzo a fiumi, canali, porti, pantani, risorgive e alluvioni frequenti. L'immaginazione dovrà essere il suo centauro col quale attraversare il tempo e scendere alla fermata del terzo secolo a.c.

Vedrà una pianura molto vasta, verde, ricca di foreste, di flora e di fauna, percorsa da acque di tutti i colori, acque ferme e acque che scorrono in movimento lento o veloce. Gruppi umani la attraversano, provenienti da nord (Como e Bergamo) e da est (Brescia e Veneto) e vengono per scambiare merci con gli abitanti della città. Milano esisteva già prima che i romani vi intervenissero e la attrezzassero come colonia; esisteva già da 5 secoli. Aveva un'urbanistica ipodamea, cioè di tipo greco. Era stata fondata dai Celti che l'hanno chiamata Mediplanum, perchè dal loro punto di vista occupava una posizione centrale della valle padana. L'origine viene fatta risalire al 400 a.c. circa, quando una migrazione di galli di stirpi diverse si era insediata nella regione padana. Così si presenterà anche ai romani che sconvolgeranno il suo orientamento e i percorsi sui quali si era organizzata in precedenza: per i romani Milano è anomala e la modificano con grandi interventi, progettandolo come sempre in modo ortogonale, cioè con le 2 vie principali, il Cardus e il Decumanus, incrociate ad angolo retto nel centro cittadino costituito dal foro e con un reticolo di strade parallele; nella parte a sud, l'odierna via Pantano, che era bloccata da acquitrini, foreste e vie d'acqua, costruiscono il porto.

Gli Insubri, i Galli di Milano, si legarono a Roma con trattati di alleanza già dal II secolo a.c.; nel 49 a.c. la città divenne formalmente municipio; con Ottaviano divenne la capitale della regione transpadana; nel 286 d.c., in seguito alle riforme di Diocleziano, divenne residenza di uno degli imperatori e tale rimase fino al 402 quando la capitale fu spostata a Ravenna.

Dall'89 a.c. al 286 d.c. Milano fu una tranquilla città di provincia, ricca e benestante; fioriva il ceto medio, le botteghe artigiane lavoravano la pietra, la ceramica, il bronzo e l'osso, così versatile che consentiva di fare di tutto, dagli aghi ai cardini delle porte. Era una città multietnica in cui convivevano popoli di razze dai tratti mediterranei, nordici, orientali, caucasici, negroidi. Un testimone dell'epoca, il poeta gallico Ausonio, rievoca lo splendore architettonico di Mediolanum negli anni fra il 380 e il 390 d.c.: " A Milano ogni cosa è degna di ammirazione. Vi è profusione di ricchezze e innumerevoli sono le case signorili. La popolazione è di grandi capacità, eloquente ed affabile. La città... è circondata da una duplice cerchia di mura: vi sono il circo, dove il popolo gode degli spettacoli, il teatro con le gradinate a cuneo, la rocca del palazzo imperiale, la zecca, il quartiere che prende il nome dalle celebri terme erculee. Le sue costruzioni sono una più imponente dell'altra e non ne sminuisce la grandezza neppure la vicinanza con Roma".

Tra il 284 e il 402 d.c. divenne la residenza dell'imperatore: l'impero era troppo grande e venne diviso in 4 parti ( Tetrarchia); a Milano si stabilisce l'imperatore Massimiano detto Erculeo.

La torre poligonale e i resti delle mura della città (IV secolo d.C.)
 

Egli fece costruire un imponente palazzo, con un circo per le corse dei cavalli; dietro il museo archeologico di via Magenta sono ancora ben visibili le 2 torri romane che facevano parte del complesso delle mura.

 

 

La residenza dell'imperatore, centro burocratico e militare, occupava un intero quartiere, da corso Magenta a via Torino, scarsi e frammentari sono i resti riferibili al complesso del palazzo.

 

Le terme Erculee occupavano corso Vittorio Emanuele e corso Europa, per una superficie di circa 14.500 mq; nell'imponente struttura si annidavano e concatenavano calidarium, tepidarium e frigidarium, palestre e spogliatoi, corridoi riscaldati ed ipocausti per il benessere dei clienti; i pavimenti dovevano essere decorati con lastre di marmo oppure a mosaico. Nel corso dell'800 è stato anche rinvenuto un busto di Ercole, chiaro riferimento a Massimiano Erculeo, il cui appellativo divinizzante venne assunto al momento della nomina ad imperatore, quando Diocleziano riservò per se quello di "Iovius": tale busto faceva sicuramente parte dell'arredo decorativo di una delle grandi sale del complesso termale. I pavimenti a mosaico si possono ammirare nel museo archeologico di via Magenta.

 

Il teatro sorgeva sotto l'attuale palazzo della borsa, nel quale oggi si possono vedere alcuni resti messi letteralmente sotto vetro.

Il foro occupava l'attuale piazza San Sepolcro, mentre il Cardus Maximus percorreva via Cantù e via Santa Margherita e terminava in piazza della Scala. Nella direzione opposta il Cardus percorreva via Nerino e terminava al Carrobbio ( quadrivium) dove si apriva la porta Ticinensis, così chiamata dal nome di Pavia (Ticinum per i romani). L'altro asse, ossia il Decumanus, attraversava la città da nord-ovest a sud-est, partendo dalla porta Vercellina, percorrendo via Santa Maria Fulcorina, passando dal foro e terminando in porta Romana, che si trovava appena all'inizio dell'omonimo attuale corso. Era l'imbocco della via Emilia, la strada per Lodi e per Roma

 

L'horreum sorgeva nell'attuale via Bossi e costituiva il magazzino delle derrate alimentari destinate alle truppe; si trattava di un edificio a pianta rettangolare, di 18 metri per 68, di cui si conservano tratti delle mura perimetrali nelle attuali cantine dello stabile di via Bossi al n° 4 tra via Bossi e via Lauro. L'edificio era suddiviso al suo interno in 4 navate grazie a 3 file di pilastri e probabilmente aveva un cortile aperto. Come nelle altre città romane l'horreum era collocato in prossimità di importanti vie di comunicazione e presso approdi fluviali per facilitare la distribuzione e il trasporto dei prodotti conservati.

 

Vicina al palazzo dell'imperatore sorgeva anche il circo: la grande torre dei Carceres, cioè i cancelli dai quali scattavano i cavalli durante le corse e gli spettacoli, si è trasformata nei secoli fino a divenire il campanile del Monastero Maggiore. Oggi restano visibili solo 27 metri del circo per un'altezza di 5 metri, e gli attacchi delle volte che reggevano le gradinate.

 

La torre del circo (IV secolo d.C.)

Ricostruzione del circo e del palazzo imperiale

 

L'anfiteatro era per dimensioni più grande dell'arena di Verona, e misurava 125 metri per 155. Sorgeva nell'area oggi compresa tra via De Amicis e via Arena. Per tutto il quarto secolo godettero di enorme favore popolare i giochi che puntualmente venivano organizzati in questi edifici come le venationes (battute di caccia con animali esotici provenienti dalle province più remote dell'Impero) o i ludi gladiatori, cui Costantino vanamente aveva tentato di porre un freno.

 

Una piantina di Milano. In nero le mura e gli edifici risalenti ad epoca romana.

 

 

Nel 312 il giovane imperatore Costantino, impegnato in una campagna militare contro Massenzio entra in Milano. E' l'anno dell'Editto di Milano.

Dopo l'editto di Costantino la piena affermazione del cristianesimo nel corso del IV secolo contribuirà considerevolmente allo sviluppo architettonico della città. A Milano esistevano all'epoca di Ambrogio una decina di chiese: due, le basiliche vetus e nova, dentro il perimetro della città, le altre nelle aree cimiteriali, fuori le mura. Viene così a

Veduta esterna della basilica Virginum.(San Simpliciano)

formarsi una mirabile cerchia di chiese: la basilica Apostolorum (san Nazaro) presso porta Romana, la basilica Virginum (San Simpliciano), la basilica Martyrum (Sant'Ambrogio), la cattedrale e la straordinaria basilica di San Lorenzo, che è quella

La basilica di Sant'Ambrogio.

 meglio conservata di tutte rispetto all'impianto primitivo e viene  edificata appena fuori dalle mura, probabilmente su committenza imperiale. Nel contempo gli edifici episcopali, chiese, battisteri, la residenza del vescovo ed edifici annessi, si concentrano nell'area dell'attuale piazza Duomo, all'interno della cinta muraria. Da una lettera indirizzata da Ambrogio a Ireneo, un diacono della chiesa milanese, emergono altri particolari dell'urbanistica di Milano: il vescovo ricorda gli ipogei, i famosi criptoportici, usati in età romana come terrapieni e sostruzioni di ville, illuminati da feritoie e decorati da mosaici e pitture, freschi d'estate e temperati d'inverno, destinati al passeggio cittadino. Ambrogio ricorda anche il lusso della società milanese e la tendenza del suo temo a coniungere villam ad villam e a moltiplicare le abitazioni voluttuarie.

Lo stesso Ambrogio in un'altra lettera sempre indirizzata a Ireneo rivela l'esistenza di artigiani di elevata professionalità, conferma che in città e intorno alla città erano presenti non solo fabbriche d'armi, ma anche officine di artigianato artistico, botteghe di scultura specializzate nella lavorazione del mosaico, delle tarsie marmoree, dell'avorio, orefici in grado di produrre vasellame argenteo finemente decorato a sbalzo e dorato, manifatture di ceramiche e fonderie. Gli scavi archeologici ci hanno restituito alcuni di questi oggetti: in genere sono a carattere profano, ma non mancano quelli sacri, preziosi doni alle chiese, che testimoniano il prestigio anche sociale raggiunto dal magistero di Ambrogio. La splendida patera di Parabiago conferma l'esistenza di autentici tesori nelle ville dei ricchi milanesi del IV secolo. Questa patera rivela anche il persistere nella Milano dell'età di Ambrogio di culti pagani.  Nella Milano di Ambrogio una vivacità intellettuale la rendeva il crocevia di esperienze religiose e culturali. Ampie caratterizzazioni di questo ambiente emergono sia dalle opere di Ambrogio quanto da quelle di Agostino che non a caso prepara nel 384 il suo trasferimento da Roma a Milano, una città quest'ultima che ormai è in grado di attirare a sè il meglio di quanto esiste nell'impero di Occidente. Politicamente importante, Milano è altrettanto viva socialmente, dove accanto ai grandi proprietari terrieri, abituati al lusso e alla vita fastosa coesiste un ricco ceto di mercatores, che sono l'ossatura della operosità e della laboriosità milanese.

 

In questa Milano di Ambrogio, così imponente nella sua architettura e così viva nelle attività quotidiane, iniziano tuttavia già ad emergere gli elementi di una crisi che ben presto la coondurranno ad una rovinosa caduta trascinatavi ineluttabilmente dal tragico epilogo delle vicende belliche imperiali. Un malcostume in particolare suscita l'indignazione di Ambrogio ed è l'abitudine largamente diffusa in città del prestito di denaro ad usura che portava spesso ad un indebitamento dalle conseguenze incontrollabili. E tutto questo solo per mantenere un tenore di vita superiore alle possibilità che l'economia reale poteva permettere: tutto questo per sostenere consume voluttuari di unguenti e spezie, con mense imbandite di cibi stranieri e raffinati, o ancora per avere vesti preziose intessute d'oro e di seta.

Su questa città, che ama manifestare la sua grandezza, che ama mantenere un alto tenore di vita per la presenza della corte imperiale, verso la fine del IV secolo si addensano ormai minacciose nubi che Ambrogio cercherà di respingere fra il 383 e il 388: ucciso il giovane imperatore Graziano, da lui amato quasi come un figlio e rintuzzati i tentativi di usurpazione di Magno Massimo prima e di Eugeni e Arbogaste dopo, Teodosio riuscirà ancora una vola a ripristinare l'ordine e la pace. Ma durerà poco: morto Teodosio il 17 Gennaio 395, morto Ambrogio il 4 Aprile 397, entrambi a Milano, gli argini dell'impero, che ambedue avevano faticosamente eretto, si sfalderanno ben presto e irrimediabilmente per sempre

 

Nel quarto secolo ci fu una grandiosa risistemazione di tutto il Decumanus Maximus ( oggi corso di Porta Romana) con la costruzione, all'esterno delle mura, di una via porticata lunga 600 metri e di un Arco Onorario, che dovevano costituire l'accesso monumentale alla città per chi vi giungesse provenendo da Roma. La strada, lastricata aveva una larghezza di 9 metri ed i portici laterali dotati di locali retrostanti ( presumibilmente botteghe), dovevano essere edificati completamente in laterizio. La quantità rilevante di intonaci dipinti - ritrovati malauguratamente in frammenti di minuscole dimensioni - suggerisce che molti ambienti dovevano essere anche affrescati. Sotto la via porticata ed è documentata l'esistenza di una fognatura parallela alla strada in cui confluivano lateralmente gli scarichi delle botteghe. La via terminava poi con un arco in marmo (arco di Giano, od arco Trionfale), che doveva essere collocato all'attuale incrocio tra porta Romana, Lamarmora e Vigentina. La grandiosa opera viene oggi interpretata come palese propaganda politica da parte dell'imperatore Graziano, che nel 381 d.c. stabilì la sua residenza a Milano, dando il via ad una politica di collaborazione - e a tratti di contrapposizione- nei confronti del vescovo Ambrogio, che proprio in quegli anni avviava la costruzione delle 4 Basiliche, collocate in posizione "strategica" lungo i principali assi viari della città.

 

 

 

La patera di Parabiago, piatto dedicato al culto della dea Cibele.

Il visitatore per avere una visione della Milano romana dovrà recarsi al museo archeologico per constatare che l'edificio stesso è costruito sopra strati di storia. Gli edifici più recenti appartengono al monastero di San Maurizio, XVI secolo, costruito sopra il monastero medievale dell'VIII secolo, che venne costruito sopra le rovine del circo romano ( IV secolo d.c.), di cui potrà vedere ancora una torre. Sotto le rovine del circo si trovano quelle di altri edifici romani del primo secolo d.c. La torre del circo ha subito diversi cambiamenti nel corso dei secoli, ma conserva ancora base e nucleo romani. Parte del circo romano del IV secolo, era il punto di partenza delle corse dei cavalli, che compivano 7 giri del circo prima di arrivare al traguardo. Nel giardino del museo sono conservate una torre ed una parte delle mura che circondavano la città. Fu l'imperatore massimiano che, alla fine del III secolo d.c., decise di ampliare il circuito delle mura, che comprendevano una straordinaria torre poligonale a 24 lati. Lo strato più antico di storia sotto il museo archeologico risale al I secolo d.c.: sono i resti di una domus romana del I secolo d.c. .

Uno degli oggetti più preziosi del museo è la patera di Parabiago, un grande piatto dedicato al culto orientale della dea Cibele. Il piatto rappresenta la dea insieme ad Attis, il suo amato mortale al centro di una mappa cosmogonica, nella quale vengono presentati anche i simboli di vita, morte e rinascita. Questo rituale è molto importante dal momento che appartiene ad un'epoca in cui i culti pagani, come quelli dedicati a Cibele e Mitra coesistevano con la religione cristiana. La patera di Parabiago è un piatto ornamentale di argento massiccio su cui sono rappresentati temi religiosi, splendidamente lavorato, pesa circa 3,5 kg ed alcune delle sue decorazioni sono messe in rilievo con un processo di doratura a mercurio. Veniva probabilmente usato in riti dedicati alla dea Cibele. Fu scoperto a Parabiago ( vicino a Milano), durante degli scavi edili.

 

 

 

 

La coppa diatreta, un unico pezzo di vetro soffiato lavorato.

Il museo archeologico ospita uno dei più rari oggetti dell'epoca del tardo impero romano: una splendida coppa diatreta. Ciò che rende la coppa così unica, oltre al suo

 valore estetico, è la tecnica di lavorazione, che rimane un segreto anche per i vetrai di oggi. Questa tecnica di cesellatura del vetro veniva praticata da pochissimi artigiani dell'antichità. La coppa diatreta è lavorata in un unico pezzo di vetro soffiato sul quale è poi stata intagliata una raffinatissima lavorazione a reticolo, in modo tale che la decorazione a reticolato sulla superficie sia collegata al corpo del vaso soltanto con dei piccoli piedini. Venne trovata nel XVII secolo in un sarcofago vicino a Novara e venne acquisita nel XVIII secolo dall'Abate Trivulzio, da cui prende il nome. La coppa suscitò ampio interesse nei cittadini di Milano, che decisero di acquistarla con una sottoscrizione pubblica dalla famiglia Trivulzio. Ora infatti appartiene alla Collezione Civica Milanese. La coppa  venne lavorata partendo da un unico pezzo di vetro soffiato policromo: blu, giallo e verde sono infatti mischiati. La superficie venne poi intagliata, assumendo l'aspetto di una reticella di bronzo. Sulla parte superiore della coppa c'è un'iscrizione in caratteri rialzati: BIBE VIVAS MULTIS ANNIS ( bevi e vivrai molti anni), un augurio che ci svela che la coppa poteva essere un regalo. Il termine "diatreta" deriva dal verbo greco "diatrefo" e si riferisce alla sua particolare tecnica di lavorazione che, anticamente, consisteva nella soffiatura di un vaso grezzo di notevole spessore sul quale veniva in seguito intagliata una raffinatissima lavorazione a reticolo. Questo è il motivo per cui la coppa sembra essere avvolta da una rete intagliata. Questa particolare tecnica veniva praticata forse in alcune manifatture della zona del Reno e gli specialisti del vetro si domandano ancora oggi come venisse eseguita.

 

 

 

 

 

 

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Fonti:

 

Laboratorio HOC - Politecnico di Milano - Museo Archeologico

www.artinrete.org

www.antiqvitas.it

Prof. Arslan, conferenza Fai ( appunti)

Archeologia Viva (rivista) Nov-Dic 2004

Guida Milano Touring Club Italiano