Con pianta a croce latina, il Duomo ha il grande corpo anteriore a cinque navate, perpendicolarmente attraversato da un transetto a tre navate;all'incrocio, sopra la grande cupola ottagonale si erge il tiburio e la guglia maggiore con la Madonnina. La nave principale continua poi nell'ampio presbiterio e nel monumentale coro poligonale, circondato da un deambulatorio o retrocoro formanti l'abside.

TRANSETTO E CAPOCROCE MERIDIONALI

  • Nel transetto meridionale per primo si offre nella sua bellezza il MONUMENTO A GIAN GIACOMO MEDICI, donato da papa Pio IV nel 1564, opera di Leone Leoni.
  • Al centro del capocroce meridionale del transetto si erge il GRANDE ALTARE DI SAN GIOVANNI BONO ricco di statue e di marmi policromi. Fu eretto tra il XVII e il XVIII secolo mentre le vetrate che gli fanno da sfondo, con la vita del santo, risalgono al 1838-42 di Giovanni Battista Bertini.
  • Davanti alla parete orientale del transetto alla sinistra del grande altare di Giovanni Bono è situata la notissima STATUA DI SAN BARTOLOMEO, minuzioso quanto accademico saggio di anatomia umana, opera di Marco d'Agrate (1562), non eminente quanto presuntuoso artista che nell'epigrafe incisa sulla base si definisce superiore al grande maestro della scultura antica greca, Prassitele. La statua rappresenta Bartolomeo, uno dei 12 apostoli, nato a Cana in Galilea nel I secolo; egli, inviato da Cristo a predicare, secondo la tradizione, sarebbe morto martire condannato dal re dei Medi ad essere scuoiato vivo e poi crocifisso. Per simboleggiare il supplizio subito il santo è raffigurato con la sua propria pelle, staccata dalle carni, drappeggiata attorno al corpo.

 

 

La fuga dei pilastri e delle arcate, con al centro l'apertura della grande cupola ottagonale sorreggente il tiburio.

Statua di S. Bartolomeo, opera di Marco d'Agrate

AREA PRESBITERIALE

  • Al centro del Duomo, davanti all'altare della celebrazione festiva, posto sotto la cupola, con una triplice serie di gradinate semicircolari si apre il nuovo presbiterio della celebrazione festiva. Esso è un ampliamento del presbiterio cinquecentesco, voluto da S. Carlo e progettato dall'architetto Pellegrino Pellegrini, ispirato alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II e realizzato a conclusione del restauro statico dei piloni, in occasione del VI centenario del duomo (1986). Nella ristrutturazione dell'intera area presbiteriale cinquecentesca, sono stati rigorosamente conservati tutti gli elementi architettonici e liturgici che lo costituivano.
  • Al centro del presbiterio festivo è stato traslato l'altare maggiore, dopo averlo tolto dalla base del ciborio, ove S. Carlo l'aveva posto collocandolo sul fondo del coro cinquecentesco. La mensa dell'ALTARE è quella stessa della precedente basilica di S. Maria Maggiore e contiene al centro due singolari altorilievi romano-paleocristiani (di recente rinvenuti all'interno dello stesso altare) risalenti al III e IV secolo.
  • Il nuovo presbiterio festivo vede a destra l'alta CATTEDRA EPISCOPALE realizzata in bronzo dallo scultore Mario Rudelli (1986).
  • Alle spalle dell'altare, secondo un andamento semicircolare opposto ai gradini d'apertura sulla navata, il presbiterio di conclude con il NUOVO CORO LIGNEO capitolare.

 

Visione generale del nuovo presbiterio portato a compimento nel corso degli anni '80 quale ampliamento del precedente presbiterio cinquecentesco.

Gli altorilievi paleocristiani (III-IV secolo) che ornano la mensa dell'altare maggiore.

CAPPELLA DEL SS. SACRAMENTO

  • Posteriormente al presbiterio festivo, con la traslazione in avanti del ciborio, voluto e posto da S. Carlo in fondo al coro, nel 1986 è stata ricavata in posizione rilevata la CAPPELLA FERIALE o del SS. Sacramento, alla quale si accede dal transetto mediante quattro scale laterali.
  • Salendovi si passa accanto al CIBORIO su otto colonne che racchiude e sottolinea il bronzeo tabernacolo (dono di Pio IV, 1561), arricchito da sei episodi della vita di Cristo e sorretto da quattro angeli in bronzo modellati da Francesco Brambilla.
  • La cappella feriale è racchiusa dal monumentale CORO LIGNEO (1570-1614), anch'esso su disegno del Pellegrini.

 

Visione generale della cappella feriale, con il bronzeo ciborio e il tabernacolo.

LA RELIQUIA DEL CHIODO DELLA CROCE

  • Al centro della volta del semicatino absidale sovrastante il coro, entro un grande tabernacolo a forma di croce raggiata, dal 1461 è custodito un chiodo della croce di Cristo con il quale S. Elena, madre di Costantino, fece forgiare un morso per il cavallo del figlio affinché sia lui che il cavallo fossero protetti in battaglia. Con una navicella decorata con angeli e nubi dipinte, progettata da Leonardo, ("la nivola", per i Milanesi), in occasione della annuale liturgia solenne in onore della S. Croce l'arcivescovo sale per prelevare la reliquia.

 

Il tabernacolo ligneo fatto realizzare da Federico Borromeo per la custodia dlla reliquia del chiodo della croce.

 

Il cardinale Martini espone dalla nivola il tabernacolo con il chiodo della croce

 

In cima all'abside si può vedere una luce rossa che indica il punto dove il chiodo della croce viene conservato

 

ZONA SOTTOSTANTE IL PRESBITERIO

  • Scendendo lungo la scala che si apre di fronte alla Sacrestia Meridionale sino alla zona che si trova sotto al presbiterio, si raggiunge per prima la cappella circolare del CORO JEMALE (o coro invernale) disegnato dal Pellegrini: la complessa volta è arricchita da fantasiose decorazioni a stucco; l'altare, il pavimento e le otto colonne centrali sono stati eseguiti con preziosi marmi policromi.
  • Scesi alcuni gradini e attraversata una semplice cappella, si giunge allo SCUROLO DI S. CARLO BORROMEO, una cripta ottagonale in gran parte rivestita da cariatidi e altorilievi in lamina d'argento sbalzato del tardo '600; sul fondo, sopra un ricco altare d'argento finemente cesellato, una preziosa urna in argento e cristallo di rocca con statuette e ornati, disegnata da Gian Battista Crespi, contiene i resti dell'arcivescovo.

 

La cappella circolare del Coro Jemale

Lo scurolo di S. Carlo contenente le sue spoglie

LE VETRATE ABSIDALI

  • Tranne che per la parte superiore del finestrone centrale, contenente vetri non omogenei quattro e cinquecenteschi dedicati per lo più al tema dell'Apocalisse, le tre grandi vetrate absidali sono tutte opera di Giovanni Battista Bertini e dei figli e risalgono alla prima metà del XIX secolo; da destra, svolgono i temi del Nuovo Testamento, dell'Apocalisse e del Vecchio Testamento.

 

Vetrata absidale dedicata ad episodi del nuovo testamento

IL TRANSETTO SETTENTRIONALE

  • Nel braccio settentrionale del transetto tra l'ALTARE DI S. CATERINA DA SIENA, che proviene dalla più antica basilica di S. Tecla ed è l'unico in stile gotico in tutto il duomo, e l'ALTARE DELLA MADONNA DELL'ALBERO è situato il CANDELABRO TRIVULZIANO, opera unica nel suo genere e lì collocato nel 1562. Sicuramente uscito dalla bottega di un maestro mosano tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo è alto più di cinque metri; eleva in alto i suoi sette bracci ed è in bronzo a tutto tondo e a cera persa, con l'inserimento di molte pietre dure. Raffigura episodi e personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento.

 

L'altare di S. Maria dell'Albero

Il candelabro trivulziano

CAMPATE SETTENTRIONALI

  • Nella terza campata vi è l'ALTARE DEL CROCIFISSO DI S. CARLO. Il crocifisso fu portato in processione dall'arcivescovo per le contrade della città mentre più forte imperversava il morbo della peste (1576).
  • Nella settima campata in corrispondenza dei due piloni verso la navata centrale vi è la VASCA DEL FONTE BATTESIMALE. In porfido rosso, proviene forse dalle terme romane di Massimiliano Erculeo.

 

Il crocifisso di S. Carlo

La vasca del fonte battesimale