ROCCO E I SUOI FRATELLI
Rocco e i suoi fratelli è l'ultimo film di Visconti a trattare un tema assolutamente
contemporaneo e di conseguenza altamente sentito dal grande pubblico. Non a caso il
ritorno al realismo avviene in un periodo ricco di conflitti ideologici e politici
nell'Italia degli anni sessanta: accentuata è la crisi dei governi di centro-destra con
il crescere del partito socialista nelle elezioni del 1958 e aumentata è la
trasformazione sociale e di costume che aveva subito la società italiana. Di lì a poco
avverrà infatti una svolta politica che porterà ai primi governi di centro-sinistra e
ovunque divampavano le diatribe fra conservatori e progressisti. E' naturale che il grande
regista senta il bisogno di riprendere il discorso sulla società italiana, osservata e
descritta criticamente nei suoi pungenti conflitti umani e sociali e che lo faccia
attraverso il cinema come mezzo di intervento sul reale. Dichiarato è l'impegno di voler
scuotere coscienze toccando temi sentiti analizzati e proposti con sguardo lucido e
distaccato, come pure dichiarata, e del resto conseguenza inevitabile, è la volontà che
si prenda posizione pro o contro questa produzione.
Fin troppo il Visconti riuscì in questo intento, come già era successo per Senso,
ma questa volta per ovvi motivi le polemiche suscitate furono enormi. Alla mostra di
Venezia si fecero pressioni sulla giuria perché non vincesse il Leone d'oro, l'indomani
della prima a Milano il Procuratore Capo della Repubblica della città limbarda invitò il
produttore ad apportare tagli per un totale di quindici minuti, nonostante che il film
fosse già stato sottoposto a censura; una gran polemica ne nacque e durò per diversi
mesi. Insomma Rocco e i suoi fratelli si trasformò in un vero e proprio casus belli
perché era il riflesso sul piano culturale e dello spettacolo di una contemporanea lotta
ideologica e politica sempre più accesa. Il caso di Rocco non era isolato, ma insieme a
"La dolce vita" di Fellini e a "L'avventura" di Antonioni, diede il
via a una serie di rimostranze, appelli, sottoscrizioni, mobilitando tutta la pubblica
opinione progressista col rischio di mettere in gioco la stessa libertà d'espressione in
una società che veniva così rivelandosi in tutto il suo conservatorismo e spirito
clericale.
Ora, più che gli altri due registi, Visconti faceva un vero e proprio attacco
frontale all'establishment sia per la violenza di certe immagini sia soprattutto per i
problemi umani e sociali che affrontava e di chiedeva prepotentemente la discussione;
elencando infatti i temi che questo film tocca, chiaro è il motivo di tale affermazione e
del fiume di polemiche che ne scatenò in Italia la proiezione: questione meridionale in
primis, nel suo carattere di disgregazione sociale, di mercato di sfruttamento di
tipo coloniale da parte della classe dirigente del Nord, ma specialmente intesa come
questione centrale dell'unità del nostro paese; conseguente a questo, è il tema
dell'inurbamento e dell'emigrazione interna come elemento di disgregazione sociale e della
non fruibilità da parte di quella fetta di penisola del "miracolo economico
italiano", fetta che ne ha ricevuto solo le briciole, ovvero alcune sovrastrutture,
ma che vive chiusa in un isolamento morale e spirituale fondato sul pregiudizio della sua
inferiorità; altro tema, anch'esso strettamente collegato al precedente e ormai topos
culturale e letterario, è quello che vede la città come luogo di disgregazione, di
conflitti violenti e insanabili e che si contrappone alla compatta struttura familiare di
un arretrato ambiente contadino di stile verghiano; di fianco a queste vengono toccate
tematiche più intime che come al solito l'abile regista lega a quelle di denuncia sociale
come fossero un naturale zoom che va dalla ripresa aerea di un momento storico al primo
piano di una espressione che in quella società vive e che i suoi conflitti esprime in una
smorfia. Queste tematiche sono quelle della famiglia come microcosmo umano e sociale, del
rapporto uomo-donna come lacerazione di precedenti equilibri, dell'amicizia e della
fratellanza come elemeto di forte coesione.
Tutti questi temi nascono e si sviluppano attorno alla storia di una famiglia lucana
inurbatasi a Milano alla fine degli anni Cinquanta in cerca di lavoro per la situazione di
indigenza in cui ormai si trovava a causa della morte del capofamiglia.
La genesi del film fu come al solito molto complessa e lunga, vedendo solo
inizialmente anche la partecipazione di Pratolini; la sceneggiatura venne redatta a più
mani, tanto che più o meno a ogni collaboratore fu assegnato un capitolo riguardante
ognuno uno dei cinque fratelli, e questa suddivisione rimase nel film. Nel testo che
risultò così ampio e articolato confluirono vari influssi letterari fra cui Testori, la
Bibbia, Thomas Mann (Giuseppe e i suoi fratelli), Dostoevskij (L'idiota, soprattutto per
la figura di Rocco), Verga con I Malavoglia e poi altri influssi indiretti come quello di
Carlo Levi (Cristo si è fermato ad Eboli), e in genere la letteratura meridionalistica
per la definizione psicologica dei personaggi.
Diamo qui di seguito un velocissimo riassunto del film:
Arriva a Milano, nei primi '60, una famiglia lucana, la quale è costituita da cinque
fratelli, ed una madre vedova. Prendono posto in uno squallido scantinato di un palazzo
della periferia milanese. I giovani riniziano subito ad uscire allo scoperto, nell'intento
di una prevedibilmente difficile integrazione in un tessuto sociale a loro estraneo, e
dominato da una violenza che impercettibilmente invade le strutture relazionali dei
fratelli.
Ben presto i fratelli conoscono una prostituta di nome Nadia, destinata a giocare
nelle vite di Rocco e Simone un ruolo fondamentale
Ma al di là dell'impegno e dell'intervento attivo del regista in un dibattito
politico contemporaneo, quel che più ci ha colpiti durante la visione, è stato
l'elemento drammatico della lotta fra i due fratelli Simone e Rocco, la quale s'eleva ben
presto a paradigma universale di alcune tematiche interiori particolarmente care al
Visconti. La più dilacerante è senza dubbio quella del fallimento del progetto amoroso
di Rocco, tutto improntato a una carica affettiva di tipo sublime, non senza il topos
della redenzione della ragazza caduta in una vita disonorata, a causa del temperamento
violento e sensuale del fratello Simone, che s'incapriccia della stessa ragazza, Nadia, la
morte della quale alla fine del film sancisce lo sbocco tragico di tutta la vicenda.
Una potente meditazione, dunque, della tematica amore-morte, che sicuramente avrà
una ripresa nel prosieguo della produzione viscontiana.
Quel che sollecita la sensibilità del regista è senza dubbio l'antitesi dilacerante delle personalità dei due fratelli.