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19 gennaio 1998. Avrebbe potuto essere una tranquilla sera dinverno, banale come altre mille. Noi labbiamo scelta per tornare a chiamarci BERCHETTIANI, costituendo lAssociazione degli ex allievi del Liceo. Fermi lettori, non è ancora il momento di darsela a gambe levate, o di portare istintivamente la mano a proteggere il portafoglio; la quota sociale è contenuta al punto tale da farci rischiare di avere un Tesoriere dimissionario ancora prima del conferimento della carica. Il guaio vero consiste nel fatto che noi, spensierati firmatari di atti costitutivi, non si abbia ancora del tutto chiaro se quel bel mucchietto di autografi riuscirà a rendere reali le suggestioni di un piacevole sogno collettivo, o finirà per scatenare un tormentone degno degli incubi peggiori. Daltra parte ormai lo Statuto è stato redatto, non senza lineffabile ausilio di un Notaio diligente e partecipe al tempo stesso. A questo punto non sono più sufficienti gli sforzi, per quanto generosi ed appassionati, di un pugno di coraggiosi: molto, moltissimo, dipende da Voi, ex allievi. Il futuro dellAssociazione è ancora tutto da costruire, noi ci siamo limitati a stimolare limmaginazione, ad evocare il richiamo del "forte sentire". Rammentate? "Fatti non foste...."; il vizio dellottimismo ci condanna a non arrenderci al tempo e al vissuto che ci separano dallandatura adolescente con cui ci trascinavamo, ancora stropicciati dal sonno, allinterno di quel portone, al 26 di Via Commenda. In questa nostra "ostinazione damore" non vi è però spazio alcuno per arroganti velleità di appartenenza élitaria. Del resto, mai al Berchet ha messo radici lirritante attitudine al latinorum; il sapere è sempre stato trasmesso come sinonimo di libertà, come antidoto per resistere alle soverchierie di momentanei poteri o alle tentazioni del cieco consenso. Gli anni del Liceo sono stati per noi soprattutto la stagione in cui abbiamo posto le basi di quella coscienza critica che diviene linguaggio della conoscenza. Linsegnamento del passato ha reso più incisivi gli strumenti di analisi del presente ed ha alimentato quel "principio speranza" che libera limmaginazione del futuro. La realtà non è mai rimasta chiusa fuori dal portone, le classi non sono certo state un paradigma dellArcadia. Il confronto è stato spesso aspro, a volte drammatico, ma ha saputo educarci alla partecipazione e allimpegno. Così la scuola non è stata solo veicolo di erudizione, ma luogo di attuazione di una ben più vasta formazione culturale e civile. A quel luogo oggi torniamo, più che mai convinti della necessità di conservare ed affermare la qualità di unistituzione pubblica capace di garantire accessi ed opportunità davvero pari per tutti. Non ci ispirano inopportuni ed anacronistici giovanilismi, al Berchet "rientriamo" con le nostre esperienze, con la consapevolezza e forse anche con gli errori di quanto fuori abbiamo saputo e potuto costruire. Torniamo non per abbandonarci alla nostalgia dei ricordi o per raccontare come eravamo, ma per operare al presente, nel rispetto delle esigenze di quanti oggi insegnano, studiano e lavorano nel Liceo. E speriamo siano i giovani per primi a stimolare la nostra attività associativa, attraverso proposte che ci consentano di individuare ed attuare iniziative funzionali ai bisogni ed agli interessi di coloro cui è destinata la fruizione. Non senza ambizione pensiamo che il Berchet possa inoltre aspirare a diventare un punto di riferimento culturale non solo per quanti lo frequentano dal punto di vista scolastico, ma anche per chi abita nelle vicinanze. Il territorio della zona è stato storicamente connotato dalla presenza di un tessuto sociale attivo e dinamico e confidiamo possa continuare ad offrire significativi segnali di rispondenza e partecipazione. Gli scettici non rinunceranno a metterci in guardia contro il sovversivo potere delle illusioni. Noi però non possiamo rinunciare ad essere "seminatori di dubbi ed a cercare ciò che si agita nel misterioso cammino della storia. Viviamo nellera dei viaggi virtuali, ma non abbiamo prenotato limbarco per Citera. Il progresso, lo sappiamo, è continuamente necessario, ma può avere un costo altissimo se non è costantemente temperato dalla solidarietà per luomo e dalla consapevolezza che "il sapere da solo non basta se non è congiunto, in qualche misura, fra minima e massima, ad una personalità umana e morale".
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