L'UNIONE SARDA - Domenica 25 Febbraio 1996 - Dal Mondo

Quarant'anni fa il ventesimo congresso Pcus

Crollò il mito-Stalin

Krushev ne denunciò i crimini

Mosca - Nella notte fra il 24 e il 25 febbraio del 1956, il leader sovietico Nikita Krushev denunciava agli attoniti partecipanti al ventesimo congresso del Pcus gli orrori del regime staliniano. "Due russie -scrisse poi Anna Akhmatova, considerata la più grande poetessa russa del secolo- si guardarono finalmente negli occhi: quella che imprigionava e quella che veniva imprigionata".

Quarant'anni dopo, quella relazione divide ancora i comunisti russi: per i moderati fu "un grande contributo" al socialismo, per gli estremisti fu "antipatriottica". Krushev, racconta lo storico Iuri Koziurienko, dovette armarsi di grande coraggio: il congresso era nettamente diviso fra stalinisti e riformisti, e perciò il leader sovietico scelse l'ultima notte di lavori, dopo che le cariche nel comitato centrale erano state già assegnate, per lanciare quella che fu poi definita una bomba. Nessuno sapeva fin dove sarebbero volati i frammenti di quella bomba, né poteva immaginare che pochi mesi dopo, in ottobre, lo stesso Krushev avrebbe schiacciato con i carri armati l'Ungheria riformista. Nella sala del congresso, 1426 deputati e cinquantacinque rappresentanti dei 'partiti fratelli' dell'est ascoltarono esterrefatti, in un silenzio di tomba rotto solo da qualche grido di indignazione, l'elenco degli orrori del regime staliniano.

Molti accusarono malori, alcuni svennero e furono portati via in barella. Un congressista interruppe a un certo punto Krushev per chiedere: "Perché non lo avete ammazzato, quel figlio di puttana?". Il leader sovietico replicò aspramente: "Chi lo chiede?". Dai deputati non venne alcuna risposta. "Chi è stato?", insistette. E mentre il silenzio si prolungava, Krushev affermò in tono calmo: "Ora capite perché non lo abbiamo ammazzato".

La maggior parte degli esempi più drammatici citati da Krushev non fu inclusa nel testo ufficiale della relazione, che venne pubblicato solo trentatré anni dopo il congresso. Doveva restare un documento segreto, ma una copia venne distribuita fra tutti i dirigenti del partito. Le voci cominciarono presto a correre, alimentate dal ritorno degli ex condannati dai Gulag: molte statue di Stalin vennero abbattute, l'inno a lui dedicato fu cancellato dai libri e dai repertori ufficiali.

Il testo della relazione giunse in Occidente una settimana dopo il congresso tramite i servizi segreti israeliani, il Mossad, per mezzo di un corrispondente legato alla segretaria di un dirigente del Partito comunista polacco. L'allora presidente israeliano Ben Gurion, quando lo vide, commentò: "Non ci credo. Ma se è vero, l'impero sovietico fra venti anni non esisterà più". Fu buon profeta.

Le autorità sovietiche stesero presto un fitto velo sul passato staliniano, che la gente stessa preferiva dimenticare. Nell'enciclopedia del 1972 - tutt'ora la più recente disponibile in Russia - si legge solo che durante il XX congresso fu deciso "il superamento del culto della personalità di Stalin" e delle sue "conseguenze", che gli storici calcolano intorno ai sei milioni di morti, 30 se si considerano le carestie seguite alla riforma agraria.

Adesso, per il partito comunista russo di Ghennadi Ziuganov il XX congresso è un fattore di divisioni: i moderati ricordano sul quotidiano 'Pravda' il "grande contributo" di Krushev alla "distinzione fra il socialismo vero, quello di Lenin, e il socialismo da caserma di Stalin". Gli estremisti di 'Sovietskaia Rossia' affermano invece che "Krushev ha ricordato solo il male compiuto da Stalin, non le molte cose buone: il progresso dell'industria e la vittoria sul nazismo. Stalin ha un immenso ruolo storico, e il popolo continua ad amarlo": mentre "l'ucraino Krushev combatteva il patriottismo russo".

BEATRICE OTTAVIANO