Iniziando la visita della zona in Circo Flaminio dalla parte più orientale, ci si imbatte nella mole grandiosa del Teatro di Marcello. L'edificio, iniziato da Cesare e terminato da Augusto, occupò una parte del lato curvo del Circo, che da allora divenne una semplice piazza. Il luogo davanti al tempio di Apollo, era lo stesso dove per lo più veniva eretto, in età repubblicana, il teatro provvisorio. Due piccoli edifici inseriti nella grande esedra retrostante alla scena, rappresentati nella pianta Severiana, costituirono probabilmente due templi distrutti in seguito ai lavori del teatro: il nome di uno ci è stato tramandato da Plinio (tempio della Pietas); l'altro è verosimilmente quello di Diana.


Parte della facciata del Teatro di Marcello.

 I lavori erano probabilmente già terminati nel 17, quando l'edificio fu utilizzato per i giochi secolari, ma la dedica avvenne solo nel 13, o forse nell'11 a.C., a nome del nipote ed erede di Augusto, Marcello, morto prematuramente. In seguito, conosciamo solo un restauro di Vespasiano, limitato alla scena. Nel Medioevo l'edificio venne occupato dai Savelle (probabilmente già durante il corso del XIII secolo) e passò poi, durante il '700 agli Orsini. Il palazzo che vi è stato costruito sopra, adattando allo scopo la fortezza dei Savelle, è dovuto a Baldassarre Peruzzi. Negli anni 1926-32 l'edificio fu riportato al piano originario, distruggendo le costruzioni circostanti, e restaurato.

 

 

 

 


Il Teatro di Marcello e le tre colonne del tempio di Apollo Sosiano.

La facciata esterna della cavea, tutta in travertino, era costituita in origine da 41 arcate, inquadrate da 42 pilastri (alcuni di quelli esistenti sono di restauro). Dei tre piani che la costituivano sono conservati parte del primo e del secondo, di ordine ionico e dorico, mentre del terzo (un attico chiuso con paraste corinzie) furono viste solamente poche tracce. L'altezza originaria era di m 32,60 circa (quella conservata è di poco più di 20). Sulle chiavi dei fornici erano grandi maschere teatrali in marmo, alcune delle quali sono state recuperate nel corso degli scavi. Il deambulatorio interno e i muri radiali dei cunei sono in opera quadrata di tufo fino alla profondità di 10 metri, successivamente in opera cementizia con paramento in reticolato. Gli ambulacri interni sono in mattoni (altro importante esempio dell' uso del mattone all' inizio dell' età augustea). Le volte sono tutte in calcestruzzo. 


Vista frontale della facciata del Teatro di Marcello.

Quella della stanza posta in fondo all' ingresso centrale era decorata di stucchi figurati dei quali è conservato un tratto. Si è calcolato che la cavea (diametro: m129,80) potesswe contenere circa 15.000 spettatori e , in condizioni di particolare affolamento, fino a 20.000, il che coincide con le cifre dei Cataloghi Regionri. Al di là dell' orchestra (diametro: m.37) era la scena , della quale non resta quasi nulla. Essa era affiancata da due aule absidate, di una delle quali, quella di sinistra, rimangono ancora in piedi un pilastro e una colonna. Seguiva , dietro la scena, una grande esedra, al centro della quale erano i due tempietti, ricordati in precedenza della Pietas e di Diana, demoliti nella loro collocazione originaria per far posto alla sistemazione della cavea.

TEMPIO DI APOLLO SOSIANO

Nell'area più tarda occupata dal tempio di Apollo, l'unico in Roma prima della costruzione di quello sul Palatino, esisteva in precedenza, almeno dal 449 a.C., un altare dedicato allo stesso dio (Apollinar). 


Resti del Tempio di Apollo Sosiano e sullo sfondo
il Teatro di Marcello.

Il tempio, costruito in seguito a una pestilenza, fu votato nel 433 e dedicato nel 431: è questo l'unico tempio di qualche importanza eretto a Roma in quegli anni di crisi, per di più a un dio puramente greco, anche nel nome. Coerentemente con i motivi che avevano originato la costruzione, il santuario fu dedicato ad Appollo Medicus. Conosciamo rifacimenti e restauri nel 353 e nel 179; finalmente nel 34a.C. fu iniziata, a opera di C. Sosio la ricostruzione integrale dell'edificio. L'aspetto e lo stile di esso convengono perfettamente con questa cronologia, e inutilmente si è tentato di farne scendere la data in età augustea più avanzata o addirittura adrianea. L'edificio più antico era posto alcuni metri più avanti: se ne sono trovate tracce sotto il portico del Teatro di Marcello. Altri resti, con un'iscrizione in mosaico, probabilmente pertinenti al restauro del 179 a.C. sono inglobati nel podio attuale ( m 21,32 x 40). Questo è costrito con calcestruzzo e blocchi di tufo e travertino, che lasciano spazi vuoti, riemopiti di terra ed è alto complessivamente m 5,50. Data la breve distanza dal Teatro di Marcello ( meno di 6 metri), la costruzione del quale obbligò a spostare indietro il tempio e ad addossarlo al Portico di Ottavia, la scal frontale era sostituita da scalette laterarali. Sul podio poggiano le tre  magnifiche colonne corinzie, rialzate dopo lo scavo alte complessivamente poco più di 14 metri,  con scalanatura alternatamente più grandi e più piccole, e sormontate dal fregio a bucrani e ghirlande di olivo. 


Tempio di Apollo Sosiano e sullo sfondo il Teatro 
di Marcello.

Esse erano sei sulla fronte, tre sui lati: si trattava infatti di uno pseudoperiptero, con sette semicolonne per ogni lato della cella. E' importante notare che le semicolonne, come i muri della cella, erano in travertino stuccato, segno di un'epoca ancora abbastanza vicina alla Repubblica. L'interno era costituito da una sontuosa decorazione architettonica con edicole mistilinee sostenute da colonne di marmi policromi. Il pavimento era marmoreo. Nel tempio, come nel vicino santuario di Bellona, si svolgevano spesso riunioni del Senato. L'interno della cella cosstituiva un vero e proprio museo: vi erano esposte pitture di Aristide Tebano, statue di Philiscos di Rodi, l'Apollo con la cetra di Timarchides, un gruppo di Niobidi di attribuzione incerta (Scopas o Prassitele). Da numerosi frammenti scoperte nell'area è stato possibile ricostruire il frontone dell'edificio, tolto a un temio greco risalente agli anni centrali del V secolo a.C. e trasportato a Roma da Ottaviano Augusto.