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Le nostre riflessioni


Poiché è convincimento radicato nella formazione del prof. Gherlone, coordinatore del nostro gruppo, che nessun approccio ad un oggetto culturale possa essere autenticamente educativo se chi lo attua non si domanda quale sia la sua personale, unica relazione con quell'oggetto, presentiamo qui alcune riflessioni che ci siamo sforzati di esprimere in relazione al nostro lavoro e soprattutto al grande tema dell'appartenenza ad una nazione, come essa è uscita dai moti risorgimentali.

Danilo: La parola Risorgimento prima per me significava barricate, cannoni, eroici sacrifici e lotte per liberare l'Italia. E' stato interessante approfondire questo fenomeno, perché, mentre prima lo trovavo solo una fiaba anche un po' dai contorni sfumati, esso è diventato per me ora una realtà abbastanza solida ed anche affascinante. In particolare sono rimasto colpito dalla prima Guerra d'Indipendenza, la "guerra delle occasioni perdute", il cui esito ad ogni rilettura speravo cambiasse. E' forse banale dirlo, ma mi è sembrato bello che per la prima volta nella storia dal '500 in poi, l'Italia non sia stata solo terra di conquista per altre potenze. Per procurarmi poi del materiale mi sono recato spesso in Sormani, e mentre mi arrabattavo sui moduli per ottenere libri in prestito, sentivo con molta forza la contraddizione fra le tecnologie con cui lavoravo e quella trafila burocratica.

Federico: Come abbiamo visto nel lavoro, l'idea di nazione in Italia si è raggiunta a fatica e tardi rispetto agli altri paesi. Questo porta ad avere tuttora dei movimenti separatistici o federalistici che di certo non possono che confondere le idee. Personalmente credo di aver vissuto solo fatti che hanno comportato una svalutazione dell'Italia. Fatti causati dal vero problema dell'Italia: una classe politica che ha messo in conflitto un paese fondamentalmente democratico ed unito, il cui unico difetto è il non avere un'identità nazionale forte. Per esempio cittadini dalle forti tradizioni mediterranee devono misurarsi con strutture e mentalità a loro estranee, per non parlare poi del problematico ingresso in Europa dell'Italia unita. Sicuramente questo concorso oltre che a produrre un qualcosa insieme ad altre persone (cosa sempre piuttosto difficile da realizzare), mi ha consentito d'inserirmi ancor più profondamente nel mondo multimediale.

Francesco: Il Netday98 ha toccato un tema a me particolarmente caro: la nazionalità italiana. Credo che al giorno d'oggi esso non costituisca più un valore proprio di tutti i cittadini italiani. Io mi sento italiano, e non vedo come possa essere diversamente: eppure vedo sempre più gente che non condivide con me questo sentimento. Al giorno d'oggi il valore della patria e della nazione in Italia è divenuto (forse per troppi) un valore risibile; ed è quello stesso valore per cui gli Italiani che sono vissuti nel periodo di cui abbiamo trattato, erano disposti a morire. Ho sempre sentito, quindi, il Risorgimento, ovvero il periodo in cui venivano esaltati questi valori, alquanto vicino; soprattutto dopo un lavoro come quello che abbiamo fatto durante il Netday98, un lavoro che per la sua stessa struttura, mi ha procurato una conoscenza molto più analitica dei fatti accaduti e dei temi rilevanti nel 1848. Inoltre questo Netday mi ha anche dato l'opportunità di fare un'esperienza per me nuova. Innanzitutto mi sono avvicinato molto più di quanto non avessi mai fatto prima al mondo informatico. Poi ho dovuto lavorare in vista di un obiettivo comune.

Gaetana: Non sento particolarmente il valore del Risorgimento, come non ritengo di avere un'anima patriottica; tuttavia quando sento parlare di secessione del nord e di Padania, provo un senso di disagio. Mi chiedo sempre come qualcuno possa pensare di dividere di nuovo l'Italia, dopo tutto quello che è costato unirla, anzi probabilmente oggi non esisterebbe neanche il territorio italiano in senso politico. E' allora che mi viene in mente la storia d'Italia nel Risorgimento: e di fronte al federalismo (quello di certi partiti attuali) mi schiero a favore dell'Unità. Quantunque esistano profonde differenze tra regione e regione, penso infatti che tutte siano complementari tra loro economicamente, e soprattutto molto legate per cultura e tradizioni.
Preparando il lavoro nel gruppo del Netday, ho analizzato più a fondo una tappa del processo storico che ha portato alla formazione d'Italia, e sono sempre convinta che l'unità sia la cosa migliore: basti pensare a cosa sarebbe l'Italia, se ci fossero dogane tra le varie regioni: specialmente ora, che ci avviamo verso l'Europa unita, che abbatte le frontiere addirittura tra Stati diversi! L'unità offre infatti la possibilità di poter conoscere diverse realtà, non solo la nostra, e di confrontarci con esse, ed io la ritengo un presupposto inalienabile della mia identità di cittadina italiana.

Giorgio: Sinceramente io non sono un nazionalista, per cui non mi sento particolarmente appartenente alla nazione italiana, ma non potrei per nessun motivo disdegnare le azioni di coloro che credevano nella formazione di un popolo, un popolo che non era inesistente, ma aveva già una sua coscienza nazionale, allo stato embrionale. Il Risorgimento può essere considerato come un periodo cruciale per la storia d'Italia, ma personalmente non lo sento vicino a me come potrei sentire la resistenza del '45 o il '68.
Io dal Netday ho imparato molte cose; principalmente ho appreso come usare meglio un PC e che cosa sia un gruppo di lavoro, e sono fermamente convinto che un lavoro del genere possa cambiare diversi aspetti della mentalità di una persona.
Venendo poi a considerare l'aspetto dell'ingresso d'Italia in Europa, vorrei sottolineare come esso non sia ancora politico, bensì solo economico, per cui in ogni italiano potrebbe nascere una coscienza europea, ma personalmente non credo che questa coscienza sarà immediata. Pertanto i valori che si diffusero nel Risorgimento non penso che siano affatto paragonabili a quello che oggi potremmo definire "coscienza europea".

Giovanni: Mi pongo in modo indifferente nei confronti dell'appartenenza alla nazione italiana, in quanto ritengo che ciascun individuo sia un patrimonio del mondo e non di una singola nazione. A parer mio una nazione è semplicemente  un territorio nel quale si raccolgono cittadini di comuni origini culturali, i quali dovrebbero essere spinti  a confrontare la propria cultura con altre differenti e ad arricchire così la propria conoscenza. Trovo ammirevole, anche se questo termine pare alquanto banale alla luce dei tragici combattimenti del 1848, il tentativo compiuto più di un secolo fa di unire individui di lingua e cultura comuni in un territorio nazionale, ma non reputo giusta la strumentalizzazione di quei combattimenti e di quelle morti, compiute in nome della libertà, in puro e deplorevole nazionalismo. Il Netday mi ha dato l'opportunità di venire a conoscenza di alcuni dati storici riguardo al 1848 e  soprattutto di riflettere su questi temi, oltre che incrementare la mia capacità tecnica della creazione dell'html e a darmi l'idea concreta di  che cosa comporti essere parte di un gruppo di lavoro. Nella riflessione su come io possa pormi in rapporto al 1848, parte importante svolge il confronto posto fra i moti di allora e una moderna coscienza europea; durante il 1848 in tutta Europa ci si è battuti per la libertà: credo che anche oggi esista una concreta occasione per superare i nazionalismi e combattere, noi europei uniti, per comuni ideali di uguaglianza e libertà.

Mauro: Il mio personale senso di appartenenza all'Italia è basato essenzialmente su un'idea storico-culturale a cui io associo l'idea di "patria". La questione dei nazionalismi, che in varie sezioni del nostro lavoro viene esplicitata, è in questo periodo come nel '48 affiancata da un'idea sovranazionale.
Ambizione di me come italiano-europeo, è quella di conciliare il mio ideale nazionale con il senso di appartenenza al continente da cui si è dipanata la civiltà in tutta la terra.
Il Risorgimento è per me soprattutto un argomento storico, non nel piatto senso che è un argomento che deve essere studiato per l'interrogazione per evitare di prendere tre, ma nel senso che è una vicenda importante che deve essere criticamente analizzata, e conosciuta, perché il presente non può, per quanto la frase suoni terribilmente retorica e banale, essere capito se non alla luce del passato. A questo si affianca però un senso di vicinanza, di comunione di ideali con le persone che allora sono morte perché anch'io potessi essere un giorno libero in nazione libera e sovrana.
Questo Netday mi ha fatto conoscere ed approfondire, per quanto possibile, un argomento storico di portata fondamentale non solo per il nostro paese, ma soprattutto per l'Europa. Partecipare al Netday per il secondo anno consecutivo mi offre l'occasione di ampliare le mie conoscenze informatiche e di confrontare il lavoro con quello realizzato da altre persone.
Per ciò che attiene al problema fondamentale che poneva il lavoro, e cioè la portata europea del '48, mi pare che la coscienza europea di ciascuno non possa, secondo me, essere slegata dalla sua coscienza nazionale, nel senso che è una diretta evoluzione di tale ideale, non la sua soppressione. Studiare il '48 non deve e non vuole essere un rigurgito di orgoglio nazionale alle soglie del duemila, ma un modo di comprendere meglio cosa significa essere "europei".

Massimo: Il sentimento dell'appartenenza alla nazione italiana è nato proprio durante il periodo qui da noi trattato. La nascita di questa coscienza nazionale non si radica in un periodo storico molto lontano da noi, come è accaduto per altre nazioni europee, e forse questo è proprio il motivo per cui in questi tempi vi è qualcuno che mette in discussione questo sentimento che per quasi un secolo e mezzo ha accomunato gli abitanti della penisola. Mi sento personalmente in disaccordo con queste tendenze separatistiche moderne, prendendo atto che i nostri trisavoli tanto hanno fatto per costruire questa unità. Con l'analisi dell'esperienza milanese di alcuni patrioti ho potuto capire per quali ideali essi si battevano e hanno anche in molti casi rinunciato alla vita. Anche quando mi sono confrontato con le tesi federalistiche di Cattaneo, bene ho compreso che la sua idea è nata in un contesto differente da quello odierno e non coincide affatto con una tesi separatista. Anche coloro che pensavano ad un regno d'Italia settentrionale, che comprendesse poche regioni del Nord, in realtà non pensavano a un moto rivoluzionario che portasse a una secessione, bensì ad un'unione.
Con questa idea mi sento di affrontare il Risorgimento, momento in cui realmente nasce  l'idea di un'unità italiana. Ma come spesso accade, sebbene sia d'accordo con il sentimento patriottico che portò all'unione italiana, mi sento di affermare che il Risorgimento italiano come periodo storico mi appare lontano, ed i suoi ideali sono venuti meno in molti col passare del tempo.
Il Netday mi ha dato l'opportunità di approfondire il senso di quelle idee che hanno portato all'unità d'Italia e di come alcune posizioni di alcuni politici attuali abbiano distortamente inteso queste posizioni giungendo a pensare di dover distruggere ciò che è stato costruito. Nello stesso tempo ho ritenuto di dare un taglio oggettivo alla trattazione della mia sezione, senza lasciarmi trasportare dal pathos patriottico, che non si addice alla maturità d'analisi cui sono giunto.
Infine ho notato come il '48 sia stato un'epoca di sconvolgimento in tutta Europa, e già forse un'anticipazione di una coscienza d'indipendenza comune a tutta l'Europa. Il fatto che più popoli siano insorti per gli stessi ideali ci riconduce ai tempi attuali ed alle esperienze di tipo culturale ed economico che avremo di qui a pochi anni.

Michele: Nell'Italia odierna penso sia difficile poter trovare grandi stimoli per la formazione di una vera e propria coscienza nazionale legata al presente, intendendo per questi stimoli reali valori umani ed intellettuali. A mio parere è solo la storia che ci parla di reali valori per cui si può essere legati alla nostra nazione, ma si tratta di realtà spesso troppo slegate dal nostro quotidiano, e quindi difficili da sentire realmente. Così è anche per i valori del Risorgimento: in esso si trovano sentimenti di grande forza ed importanza per ogni uomo, valida fonte di un orgoglio nazionale, ma in una dimensione di distacco temporale ed affettivo ben lungi dall'influenzare in maniera consistente le mie azioni o i miei pensieri di tutti i giorni.
Ho avuto prova che anche un lavoro creduto impossibile può essere portato a termine con un'organizzazione precisa ed efficiente, e che dai confronti di personalità ed esperienze, anche se a volte molto difficili o apparentemente inconciliabili, escono i risultati migliori. Le mie conoscenze in ambito grafico e pratico si sono ampliate ed arricchite; la mia pressoché totale ignoranza in ambito storico non è mutata granché, ma sono cambiati in bene i presupposti per un futuro approfondimento...
Rispetto a un'idea di nazionalità italiana, avverto già più vicino un discorso in contesto europeo, dal quale in realtà proviene gran parte della mia formazione culturale, ma soprattutto su cui verte la maggior parte dei miei interessi odierni.

Roberto: Non sono mai stato indotto a riflettere sulla mia appartenenza alla nazione italiana come a qualcosa di problematico. Mi sento autenticamente parte integrante di una nazione reale e unita, in tutta la sua estensione (dalle Alpi alla Sicilia!!). Svolgendo questo lavoro ho anche, però, riscoperto quanto lo sviluppo dell'unità italiana sia stato difficile, non sempre condiviso da tutti, e per un certo verso sia ancora in lento progresso. Mi ha attirato riflettere sugli eventi risorgimentali di quegli anni, sui sentimenti e sulle idee che sono circolati per tutta l'Europa e soprattutto in Italia, ai protagonisti che hanno dato una svolta al processo civile, perché ho compreso che la storia italiana e ancor più in particolare quella della mia città, dipendono molto da quegli anni.

 

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