DIRITTI DELLA MADRE E DELL'EMBRIONE: LA QUESTIONE DELL'ABORTO
Punti principali della legge 194
La legge 194 afferma che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità, tutela la vita umana dal suo inizio, promuove i servizi socio-sanitari per evitare che l'aborto sia usato per il controllo delle nascite.
Per quanto riguarda la funzione dei consultori la legge sancisce che questi devono informare la madre sui diritti che le spettano e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali dei quali può usufruire e tentare di risolvere i problemi che indurrebbero la donna ad abortire.
All'articolo 3 viene anche affermata la libertà d'abortire per le minorenni e la loro possibilità di essere indipendenti dalla patria potestà, se questa dovesse essere contraria. Per quanto riguarda le circostanze in cui l'aborto è lecito entro i 90 giorni, la legge dice che:
"la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, alle sue condizioni economiche, sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge a un consultorio".
Per quanto invece concerne l'aborto dopo i 90 giorni esso può essere praticato quando la gravidanza o il parto siano pericolosi per la vita della madre o quando siano riscontrati processi patologici del nascituro (anomalie, malformazioni) che costituiscono pericolo per la salute fisica e psichica della madre.
Che cosa si intende per embrione?
Nell'uomo si designa come embrione il prodotto del concepimento nella fase prenatale compresa entro la fine del secondo secondo mese di gravidanza, in cui si formano gli abbozzi dei vari organi. A partire dal terzo mese l'embrione, che misura circa 10 cm, prende il nome di feto e la sua forma generale presenta caratteristiche umane.
Si può parlare dell'embrione considerandolo come un essere umano vivente, oppure studiarlo come un problema nuovo sorto con la bioetica, cercando di adeguare le proprie risposte alla nuova realtà scientifica creata dall'applicazione in medicina della fisica nucleare e delle possibilità che essa offre all'analisi prenatale.
Posizioni, proposte, pareri
In passato la posizione dominante nella bioetica laica era che spettasse alla madre la scelta se continuare o no la gravidanza, essendo la madre la sola persona, nel senso di individuo cosciente, coinvolta in quel processo biologico. Ora anche il mondo laico comincia a essere sensibile al riconoscimento del carattere umano del concepito. L'etica deve prendere in conto ora la responsabilità verso i non nati e si riapre così un problema posto con insistenza dalla Chiesa e che, nelle parole di Giovanni Paolo II, è stato presentato come "lotta contro la cultura della morte".
A questo si aggiunge la presentazione alla Camera di un disegno di legge del presidente per il Movimento per la vita, Carlo Casini, con cui si intende modificare l'articolo 1 del Codice Civile, in modo che venga considerato persona vivente, e quindi titolare di diritti, anche l'ovulo fecondato.
Dal momento che oggi la persona acquista la titolarità dei diritti fondamentali al momento della nascita, se si spostasse la loro acquisizione al momento della fecondazione, ciò creerebbe molti nuovi problemi. Si tratterebbe di due persone da tutelare, i cui interessi potrebbero anche venire in contrasto fra di loro, come nel caso di una donna che decida di abortire. A quale dei due titolari si dovrebbe allora affidare la preferenza? Quale diritto alla vita sarebbe considerato preminente: quello dell'embrione o quello della donna?
D'altra parte, se l'embrione è vivo non è certo capace d'intendere e di volere, per cui sarà opportuno nominargli un giudice tutelare? Ma la donna, così, non vede eliminata qualunque sua libera volontà, e non viene ridotta al ruolo di semplice "fattrice" controllata da "superiori autorità"?
Sono solo alcune delle domande che la nuova proposta di legge pone e richiedono una risposta chiara.
Qualcuno ritiene che la presentazione di questa legge sia un modo equivoco e mascherato di discutere la legge sull'aborto senza nominarla. Così questa proposta di legge, con il semplice ma rivoluzionario cambiamento di una parola dell'articolo 1 del nostro Codice Civile, si rivelerebbe l'arma per riaccendere una controversia politica, etica e culturale che cova da tempo sotto la cenere. Recita oggi quell'articolo al primo comma: "La capacità giuridica si acquista al momento della nascita", mentre si propone di modificare la formulazione così: "Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento".
Questo dibattito ha diviso tutti, compresi gli schieramenti politici, e per comodità divideremo i pareri in pro e contro.
PRO
C. Matranga, parlamentare di Forza Italia, cattolica, liberale: "bisogna lasciare alle donne il diritto di decidere sulle proprie sofferenze".
M.Taradash, deputato del Polo: "introducendo questa riforma come legge dello Stato si arriverebbe all'equivalenza fra aborto e infanticidio".
A. Bocchetti, filosofa del "Pensiero della differenza": "La comparsa del cittadino embrione significherebbe mettere immediatamente sotto padrone la madre", "mettere al mondo un figlio è un lavoro complesso di mediazione. La madre media di continuo il mondo per il figlio, quindi ci vuole il suo desiderio. L'embrione è vita (non persona) che si sviluppa nel corpo di una donna, cioè di una persona. Introdurre la nozione di diritto per regolare i conflitti tra madre ed embrione significa che lei perde il suo corpo, diventa nulla, si cancella. La legge interverrebbe a regolare la relazione strettissima e irripetibile tra la madre e il figlio dentro di lei".
F. Chiaravante, parlamentare del P.d.S.: "Non si può mettere una legge fra una donna e il progetto di un figlio".
B. Sarasini, direttrice di "Noi donne", intravede una forma di estremismo ideologico che rischia di separare l'embrione dal corpo materno e ne fa un'entità a sè stante che acquista una vita autonoma, fino al punto di configurare uno scenario inquietante in cui "donna ed embrione diventano due soggetti in conflitto. Un modo per cancellare la donna e la madre. E per mettere un argine a quello che da alcuni viene considerato un eccesso di potere della donna".
S. Rodotà, giurista di area P.d.S.: "La soggettività giuridica dell'embrione potrebbe creare situazioni di conflitto fra la madre e il feto. L'embrione non ha vita indipendente dalla madre e dipende in tutto da lei (...) ma quando l'embrione è titolare di diritti come si può evitare che essi entrino in competizione con quelli della madre?".
Ma a questo punto è d'obbligo chiedersi quando nasca la vita. Dove si situa esattamente il momento in cui una cellula diventa individuo e poi persona? Nemmeno la scienza riesce a dare una risposta precisa risolvendo la questione. Per la Chiesa invece la questione non è soggetta a controversie: l'anima dell'uomo è immediatamente creata da Dio.
CONTRO
Papa Giovanni Paolo II:
"La vita umana è sacra e va difesa sempre, dal suo sbocciare nel seno materno al
suo tramonto". "L'essere umano va rispettato e trattato come persona fin dal
concepimento". Sull'aborto il Papa non ha mai cambiato idea; lo ha sempre
considerato un delitto, un crimine aberrante, e nell'enciclica Evangelium Vitae ha
messo addirittura in questione, suscitando forti polemiche, il diritto dei parlamenti di
legiferare in proposito, cioè di varare leggi che autorizzino l'interruzione di
gravidanza. "E' giunto il momento di operare un passo decisivo per la civiltà e
l'autentico benessere dei popoli, il passo necessario per rivendicare la piena dignità
umana e il diritto alla vita di ogni essere umano dal suo primo momento di vita e per
tutta la fase prenatale". Da questa "riconquista", ha aggiunto il Papa,
che si configura come "una vittoria della verità, del bene morale e del
diritto", dipende il successo della tutela della vita umana negli altri momenti
fragili.
Madre Teresa di Calcutta:
"Il bambino non ancora nato, se non voluto, è la creatura più abbandonata e deve
morire perchè la gente, voi ed io, abbiamo paura di nutrire, educare, vestire una
creatura in più. La vita che è nel bambino non ancora nato è un dono di Dio, il più
grande dono che Dio può fare alla famiglia umana. Oggi ci sono molti paesi che usano
l'aborto, la sterilizzazione ed altri mezzi per impedire che la vita si sviluppi: questo
è il segno che tali nazioni sono le più povere fra i poveri, perchè non hanno il
coraggio di mantenere una vita in più. La vita di quel bambino non ancora nato e la vita
del povero che raccogliamo per la strade di Calcutta o di qualsiasi altro posto; la vita
dei piccoli e degli anziani è la nostra stessa vita; cioè la vita che viene da Dio".
Padre G. Miranda, membro del comitato di bioetica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore: "Il movimento delle donne afferma la prevalenza del diritto della madre rispetto a quello dell'embrione. Ma l'embrione è un altro individuo rispetto alla madre, ha un corredo cromosomico diverso, una storia con potenzialità del tutto inedite. Non è un'appendice della madre e la società deve trovare un modo di proteggere l'embrione in quanto essere umano che merita rispetto e difesa come soggetto debole. Anche con la legge".
M. Mazzantini, scrittrice: "Nel momento in cui sono rimasta incinta ho sentito subito che questa è vita: cellule che si riproducono, organismi che si formano, mani e piedi che si delineano. E'la vita, la vita a cui tutti noi apparteniamo".
L. L. Vallauri: "L'embrione umano fin dallo stadio di zigote è un individuo uomo in atto. E'un'unità indivisibile sia sincronicamente (a dividerlo, muore) che diacronicamente (a tutelarlo "dopo", avendolo soppresso "prima", non vive). Essere indivisibili in questo doppio senso significa appunto essere in-dividui. L'embrione è quell'individuo, la cui vita è quella di un uomo. Quindi è un individuo uomo. Non un individuo uomo in potenza (...), quindi ha i diritti dell'uomo adeguati alla sua fase di sviluppo (primo, ovviamente, il diritto alla vita) e via via acquisisce tutti gli altri".
Riguardo all'embrione e alla sua soppressione si danno differenti teorie:
Teoria soggettiva: minore malizia dell'atto; una capocchia di spillo biologica totalmente priva di conoscenza e consapevolezza non appare come un uomo. I sensi, l'immaginazione, i sentimenti dell'osservatore adulto, unico autore delle etiche e delle leggi, non vengono compressionati insieme all'intelligenza ontologica. Di conseguenza sembra potersi desumere nell'embrionicidio una malizia minore che nell'infanticidio o nell'omicidio.
Teoria oggettiva: minor valore della vita meno vissuta; una vita più vissuta vale di più, conferisce più diritti, di una meno vissuta, per cui sono ipotizzabili: a. Un minore desiderio di vivere b. Un minore relazionamento/importanza. L'embrione precoce è -coeteris paribus- il meno relazionato, il meno importante tra gli uomini c. Una minore esperienza umana/personale. Sotto tutti e tre gli aspetti il privilegiamento negativo dell'embrione come vita meno vissuta implica, se generalizzato, gerarchie di valori e discriminazioni fra vite adulte che contrastano con il credo ugualitario e democratico dell'umanesimo moderno.
Teoria interattiva: minor valore della vita parassitaria; la gravidanza vista come processo è un tutto inscindibile comprendente sia la madre che l'embrione, ma quest'ultimo è in una situazione di totale dipendendenza dalla prima e, come vita parassitaria, ha quindi minor valore. Ma è importante ricordare che esistono altre forme di vita parassitaria (...). A chi ammette la gravità etica delle aggressioni all'embrione ma invoca argomenti di ontologia del diritto e tecnica giuridica contro una traduzione automatica della gravità del giudizio etico in gravità dell'intervento giudiziario va infine ricordato che il bene altissimo ma delicatissimo della dignità umana dell'embrione appartiene a quelli la cui affermazione e tutela va affidata non tanto al diritto, quanto alla testimonianza culturale e personale, ma che la vita umana è un bene che il diritto non può rinunciare a proteggere".
La posizione della CEI
La Conferenza Episcopale Italiana ha reso noto un decalogo in cui richiama i credenti a precisi comportamenti:
Nessuna legge umana può mai sopprimere la legge divina.
L'aborto volontario o procurato, ora consentito dalla legge italiana, è in aperto contrastro con la legge naturale che è scritta nel cuore dell'uomo ed espressa nel comandamento: "Non uccidere!".
Chiunque opera l'aborto, o vi coopera in modo diretto, anche solo con il consiglio, commette peccato gravissimo che grida vendetta al cospetto di Dio e offende i valoro fondamentali della convivenxa umana.
Il personale sanitario, medico e paramedico, ha il grave obbligo morale dell'obiezione di coscienza, che è pure prevista dall'art. 9 della legge in corso.
Il fedele che si macchia dell'abominevole delitto dell'aborto si esclude immediatamente esso stesso dalla comunione con la Chiesa ed è privato dei Sacramenti.
Alla gestante in difficoltà si deve offrire l'aiuto effettivo della comprensione e dell'assistenza in famiglia e nella comunità cristiana, e in particolare nei consultori e nei centri di accoglienza ispirati a sani orientamenti morali.
Si impone con urgenza la necessità di un rinnovato impegno per l'educazione al rispetto della vita umana in ogni fase della sua esistenza, con il rifiuto di ogni forma di violenza morale, psicologica e fisica.
Spetta alla coscienza dei laici, convenientemente formata, di adoperarsi senza posa, con tutti i mezzi legittimi ed opportuni, per iscrivere la legge divina nella vita della società terrena.
. E'necessario ricordare che l'adesione alla volontà del Signore, anche quando comporta difficoltà, richiede il coraggio di una testimonianza fedele.
Una riflessione tratta dalla letteratura
Come esempio del modo in cui, nel quadro della tradizione religiosa,
viene visto il rapporto fra la donna e il figlio dentro di lei, abbiamo qui riportato un
brano da Il profeta, scritto all'inizio del secolo dall'autore arabo Kahlil Gibran:
"(...) e il profeta disse alla donna:
'I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo, ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore, ma non le tue idee.
Perchè essi hanno le loro proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo, ma non alla loro anima.
Perchè la lro anima abita nella casa dell'avvenire
dove a te non è dato di entrare, neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare loro,
ma non volere che somiglino a te.
Perchè la vita non ritorna indietro e non si ferma a ieri.
Tu sei l'arco che scaglia i figli verso il domani.'"
Il parere di una madre
Su questo tema abbiamo chiesto che cosa ne pensavano le nostre mamme. Ecco il parere di una di loro:
"Comunque sia posta, la questione dell'aborto è molto difficile e in parte astrusa. Chi non ha provato a essere incinta o a vivere per un po'di tempo nei reparti di maternità a rischio, all'interno degli ospedali, difficilmente può capire cosa significhi abortire, sia che si tratti di aborti spontanei che provocati, ed il senso di fallimento, di prostrazione e di rancore che si impadronisce inevitabilmente della donna che ha abortito e che sapeva di portare una vita dentro di sè. Bisogna conoscere e sentire il racconto di determinate situazioni, valutarne la gravità e rendersi anche conto della maturità della persona, nella fattispecie della donna, prima di dare dei giudizi e trarre delle conclusioni sul suo comportamento. Qualsiasi essere umano ha prima di tutto il diritto di essere amato e voluto, e se questa condizione non esiste sin dall'inizio che vita potrà avere il nuovo essere umano? Come dice la psicologa S.Vegetti Finzi:" Ciò che fa di un aggregato di cellule un figlio è prima di tutto il desiderio materno, la capacità delle donne di prendere coscienza dell'altro da sè. Dove questa donazione di esistenza venisse meno non esisterebbero le coordinate primarie dell'evento generativo umano: la volontà procreativa".
Date e dati dell'aborto
Fino al 22 maggio 1978, giorno in cui entrò in vigore la legge 194, ogni forma di aborto, eccetto alcuni casi di aborto "terapeutico", ossia provocato al solo scopo di salvare la vita della donna, era perseguibile in Italia a norma di legge. Infatti il fascismo,la cui legislazione in materia era rimasta in vigore, nell'intento di difendere il patrimonio demografico nazionale, aveva assunto un atteggiamento deciso contro l'aborto.
Allo stato attuale, per un quarto della popolazione mondiale, l'aborto è proibito o tutt'al più "permesso" solo in casi in cui possa salvare la vita della gestante o "concesso" per casi eccezionali (stupro, incesto).
Considerando la popolazione ove l'aborto, per così dire, è ammesso, rileviamo che il 13% di essa fa parte di paesi ove l'interruzione di gravidanza deve essere autorizzata su esplicita richiesta e motivazione del medico, non della donna. Un altro 24% della popolazione fa parte di paesi nei quali i fattori sociali, l'inadeguato habitat, l'insufficiente reddito o la condizione di celibato giustificano il ricorso all'aborto. Infine il 39% della popolazione mondiale appartiene a paesi nei quali l'aborto è possibile su semplice richiesta della donna, e, in genere, è praticato entro il primo trimestre di gestazione; ma, su motivazione del medico, è permesso anche oltre il limite prescritto per ragioni sociali, psicologiche o su altra richiesta motivata.
Si calcola che ogni anno, nel mondo, le interruzioni legali di gravidanza ammontino a circa 33 milioni, cifra che potrebbe essere raddoppiata se si includono anche quelle (presunte) illegali. Il tasso di abortività mondiale viene calcolato tra il 24% e il 32% delle gravidanze note.
L'Italia rientra fra i paesi che potremmo definire a più alta permissività.
Per quanto riguarda il nostro paese negli anni '94-'95 il numero degli aborti è diminuito del 3%, anche se rimane alto quello degli aborti clandestini, circa 45.000. Il valore assoluto delle interruzioni di gravidanza volontarie è pari a 138.379 interventi che, rapportato al numero dei nati vivi nel '95 (514.868 secondo l'Istat), equivale ad un aborto ogni 4 nati. Inoltre nel 70-80% dei casi il ricorso all'aborto è avvenuto per il fallimento o il non corretto uso dei metodi di controllo della fertilità. I due terzi delle donne che hanno abortito hanno già un figlio e oltre un quarto ha già interrottola gravidanza una o più volte.
Le nostre conclusioni
Occupandoci di questo argomento ci siamo assolutamente convinte che esso non possa trovare una soluzione definitiva e su cui tutti siano concordi.
Le innumerevoli casistiche lo rendono troppo ampio e diversificato per poter generalizzare; i pareri contrastanti dimostrano che ognuno lo vede in maniera diversa a seconda della propria sensibilità, religiosità e formazione.
Per quanto ci riguarda crediamo che la cosa più giusta sarebbe lasciare in vigore la legge 194, ma metterne in vigore anche un'altra che tuteli i diritti dell'embrione a non essere sottoposto alle esagerazioni della sperimentalizzazione scientifica. A nostro parere l'embrione deve essere solamente soggetto alla madre perchè è proprio in questo che consiste la gravidanza, e la scelta dell'aborto deve essere affidata alla coscienza della donna, senza che poi nessuno si permetta di giudicare la sua decisione.
Nel dibattito che si è svolto in classe in seguito all'esposizione della ricerca sono emerse posizioni che non differiscono particolarmente da quelle già espresse nelle "conclusioni personali". Sono state ribadite: l'importanza della libera scelta della donna, pur sottolineando il ruolo indispensabile dei consultori (anche se qualcuno ha fatto notare come orari e dislocazione di questi renda molto difficile il recarvisi) e l'inconcepibilità del porre su di uno stesso piano l'embrione e la donna con già diversi anni alle spalle. Sono stati anche ribaditi l'assoluto rispetto e la comprensione per la posizione della Chiesa che, come istituzione universale, vorrebbe vedere i suoi principi adottati e rispettati da tutti.
Bibliografia:
Realtà nuova, Istituto Culturale Rotariano, Anno LIV n. 7/8, 1989
Movimento per la vita, Proposta di legge di iniziativa popolare per il riconoscimento di personalità giuridica ad ogni essere umano e conseguemte modifica dell'art. 1 del codice civile. Panorama n.7 (1610) del 2 febbraio 1997
Vari articoli della "Repubblica" e del "Corriere della
Sera".
Carlo Casini e Francesco Cieri, La nuova disciplina dell'aborto, Padova, 1978
Adriana Zarri, I guardiani del sabato, Roma, 1981
Stefano Rodotà, Questioni di bioetica, Roma, 1993
Stefano Rodotà, Questioni di vita e di morte, Milano, 1995