Ritorna a indiceLA PENA DI MORTE IN ITALIA

Cinque anni dopo l'abolizione effettiva della pena di morte nel nostro paese (1 Gennaio 1948) un sondaggio tra gli italiani rivelò che un italiano su due non sapeva affatto che la pena di morte fosse stata abrogata. Tuttavia in quell'anno gli omicidi diminuirono. Se in un anno di piena rinascita come il '53 metà degli italiani avevano una vaga nozione dell'articolo 27 della Costituzione è facile immaginare quanto ridotta fosse la minoranza al corrente di quel decreto che nel '45 ripristinava la fucilazione per i delitti comuni. Per altro mezzo secolo, in Italia i 'sì' e i 'no' alla pena di morte vennero pronunciati al di sopra di una popolazione per metà analfabeta totale e per un altro quarto disperatamente esclusa da qualsiasi informazione. Solo 10 tra i 98 condannati a morte conoscevano al momento di uccidere la pena prevista per il loro delitto.

Subito dopo la nascita dell'Italia unita:
Nel 1865 la camera dei deputati osò presentare al senato (conservatore) un progetto di legge che, in sostanza, limitava la massima pena a crimini di straordinaria gravità e a qualche reato politico, ma il senato rispose che fatta l'Italia che bisogno c'era di esagerare disfacendo il passato? Qualche anno dopo tuttavia il senato cedette e la lunga battaglia umanitaria di Cesare Beccaria sfociò nella compilazione del codice Zanardelli che eliminava del tutto la pena di morte tranne che per i reati militari. In quell'epoca il grande brigantaggio meridionale era stato ormai militarmente sconfitto. I briganti il più delle volte erano stati fucilati sul posto senza neppure ricorrere a una sentenza anche se secondo la versione ufficiale essi rimanevano vittime di un conflitto a fuoco.Dopo l'abrogazione della pena di morte del 1889 l'indice degli assassini non subì variazioni notevoli ma diventò impressionante il numero di delitti impuniti. Questo significa che i criminali si comportavano esattamente come se operassero sotto l'incubo della pena di morte ossia congegnando il delitto in modo sempre più raffinato. Dopo l'assassinio di re Umberto I a Monza nel 1900 per opera dell'anarchico italiano Gaetano Bresci, si levò una campagna di stampa per il ripristino della massima pena. Ma lo spirito di Cesare Beccaria resistette all'impeto di quell'urto: la pena di morte rimaneva in vigore solo per i reati militari.

Durante il fascismo:
Durante la prima guerra mondiale le statistiche non contemplano le sentenze di morte fatte in quegli anni sicchè questo periodo appare paradossalmente immune dalla massima pena. Ma nell'immediato dopoguerra Benito Mussolini, contrario alla pena di morte quando ancora era socialista, attraverso il giornale da lui diretto, Il Popolo D'Italia, colse l'occasione per lanciare una campagna che la riproponesse. Inizialmente nel '26 la campagna per il ripristino della pena di morte fu limitata a crimini contro i membri della famiglia reale ma, in seguito a numerosi attentati contro lo stesso Mussolini, il 4 Novembre dello stesso anno il Senato votò compatto la reintroduzione della massima pena. Il regime fece di tutto per evitare nell'opinione pubblica l'impressione di un provvedimento d'emergenza di pura marca dittatoriale. Sia il ministro Rocco sia Mussolini garantirono che la legge e il tribunale speciale sulla pena di morte sarebbero rimasti in vigore soltanto per sei anni. In realtà essi durarono fino al 25 aprile del 1945. Il 28 Ottobre del 1930 la Gazzetta Ufficiale pubblicò il testo definitivo del nuovo codice che prevedeva la pena di morte mediante fucilazione che doveva avvenire nel carcere per opera delle forze armate e degli agenti di polizia. Per persuadere l'opinione pubblica dell'utilità del provvedimento, il ministro della Giustizia e i suoi propagandisti dovettero ricorrere ad una vera e propria manipolazione dei dati statistici. Negli anni successivi quasi a dimostare l'insufficienza della pena di morte come deterrente psicologico gli omicidi presero ad aumentare.

Articolo27:
La responsabilità penale è personale. L'imputato è considerato colpevole sino alla condanna definitiva . Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla medicazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.

Il 13 Ottobre 1994 la pena di morte verrà abolita anche nel codice penale militare di guerra.

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