Ritorna a indiceLA PENA DI MORTE NELLA STORIA

 

Il concetto di pena nasce con l'istituzione della società. Essa si configura come giusta punizione per chi infrange le regole dettate dall'autorità costituita. La pena si presenta innanzi tutto come "legge del taglione", secondo cui è giusto infliggere al reo lo stesso male da questi provocato.

La pena di morte nelle società antiche:
Il diritto biblico prevede la pena di morte per l'omicidio premeditato, per il rapimento o la vendita di persona, per il delitto di stregoneria, per i sacrifici umani, per l'adulterio e l'idolatria. Nel passaggio dalle forme consuetudinarie del diritto alle codificazioni scritte, la pena di morte viene prevista in tutti i codici delle società antiche. La pena di morte è prevista nella polis dell'antica Grecia, ma è soggetta a numerose considerazioni, ad Atene nasce una concezione della pena non meramente vendicativa, bensì con finalità educativa, non certo verso il reo ma verso l'insieme della società. Nell'antica Roma il diritto penale pubblico prevede la pena di morte per l'alto tradimento e per gli atti sacrileghi. Accanto a questo, si trova un diritto penale privato che lascia spazio a forme di vendetta privata per certi tipi di delitti contro singoli individui. Durante il principato e l'impero, il ricorso alla pena di morte aumenta, soprattutto in funzione persecutoria contro il diffondersi della religione cristiana.

La pena di morte nel Medio Evo:
L'età medioevale si caratterizza, in Europa, per l'accentuato potere della Chiesa. Il cristianesimo presenta ambiguità circa la pena di morte: sostanzialmente esclusa negli scritti evangelici, ammissibile nella lettera ai romani di S. Paolo:

"Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. (. . . ) Vuoi non aver da temere l'autorità? Fa' il bene, (. . . ) ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada. E' infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male"

Se l'impero cristiano esercita un'azione relativamente moderatrice nei confronti dell'abuso di supplizi, dall'altra parte, la Chiesa costantina si esprime in favore del ricorso alla pena di morte in nome della lotta contro le eresie. Questa posizione influenza il periodo di riorganizzazione della società medioevale.

Pena di morte e civiltà islamica:
Anche la civiltà islamica vede una forte commistione di elementi religioso-spirituali e temporali in materia di di diritto penale. Il punto di riferimento per il diritto penale è il Corano, a cui fanno capo il diritto consuetidinario (urf) e le norme fissate dai teologi-giuristi (shari'a). Il Corano prevede il ricorso alla legge del taglione, quindi alla pena di morte; ma contiene altresì precetti miranti ad umanizzare i rapporti fra gli uomini. A partire dal XV secolo, con la costituzione dello Stato Ottomano, il diritto penale ingloba la shari'a. Il codice Ottomano influenza ancora oggi i codici penali di numerosi stati musulmani.

La pena di morte nel Rinascimento e nell'età moderna:
L'epoca rinascimentale vede la progressiva laicizzazione dello Stato. La concezione moderna del diritto naturale e positivo, che supera quella del diritto divino ripropone sotto una diversa luce, il problema della pena e quindi della pena di morte. La legittimizzazione della pena di morte ne esce rafforzata, con motivazioni principalmente utilitaristiche (proteggere e tutelare la civile convivenza); ma d'altro canto si fanno strada le prime voci dissonanti ed inizia il dibattito intorno all'argomento. La vera svolta si ha nel 1764 con la pubblicazione del libro di Cesare Beccaria Dei delitti e delle pene. Beccaria afferma che il fine della pena è quello di "impedire il reo dal far nuovi danni e rimuovere gli altri dal farne uguali"; è quindi preferibile comminare pene meno crudeli ma intense e prolungate nel tempo (per esempio l'ergastolo ed i lavori forzati). Le tesi del Beccaria danno vita ad un ampio dibattito filosofico che coinvolgerà anche Kant e Hegel i quali sosterranno l'ammissibilità della pena di morte fondandola su basi essenzialmente retributive. Ma va anche ricordato un primo importante risvolto politico: nel 1765, Leopoldo I° abolisce la pena di morte dal Gran Ducato di Toscana. Per tutto il XIX secolo rimane acceso il dibattito che si arricchisce delle posizioni abolizioniste del pensiero socialista e di quello individualista-anarchico.

 

Bibliografia:
AA. VV. , Lessico Universale Italiano, Roma, Treccani, 1973
AA. VV. , La pena di morte, Amnesty International, Torino 1990
Lettera di S. Paolo ai Romani, in: La Bibbia, cap. 13, Milano, Fabbri, 1977

 

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