MICENE


Rython, XVI sec. a.C., arte micenea. Atene, Museo
Nazionale

Antica città dell’Argolide (Peloponneso) principale centro della civiltà micenea. Fondata secondo la leggenda da Perseo, a quella dei Perseidi si sostituì la dinastia degli Atridi, sotto i quali attraversò il periodo di massimo splendore. Le prime testimonianze di insediamenti nella regione risalgono al Neolitico. Il momento di maggior sviluppo si ebbe nel tardo 1600-1100 a.C. quando, liberatasi dall’influenza cretese, la città conobbe uno straordinario splendore artistico e culturale. Devastata dalle invasioni dei popoli del mare (1200) e dei Dori (1130), decadde a villaggio di scarsa importanza, finché fu completamente distrutta dalla vicina Argo (468). In seguito si ricostruì una piccola cittadella che non ebbe più rilevanza storica. Le notizie più precise riguardo ad essa risalgono a Pausania, sulla cui scorta a partire dal 1874 H. Schliemann condusse i primi scavi archeologici. I resti della città risalgono al periodo di massimo splendore (1500-1200 a.C.). L’acropoli, situata sulla sommità di un colle, era circondata da potenti mura (6-8 metri di spessore) nelle quali si aprono dei passaggi a Nord-Est e Nord-Ovest (porta dei leoni); da quest’ultima si diparte una grande rampa che conduce direttamente all’interno della residenza reale. Notevole per la decorazione pittorica è il megaron. Grande sviluppo è testimoniato anche per l’architettura funeraria. Risultati artisticamente notevoli furono inoltre raggiunti nell’oreficeria e nella ceramica.

 

I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI
A Micene sono state portate alla luce tombe reali di straordinaria imponenza. Le prime tombe, dei secoli XVII e XVI, erano semplicemente fosse profonde scavate nel suolo. Più tardi, nell’età del bronzo, la massima architettura della città, con la sua cerchia di mura costruita nel XIII secolo, fece da contraltare alla grande ambizione rappresentata dalle tombe a tumulo, tra le quali ricordiamo quella che va sotto il nome di "Tesoro di Atreo"


Pianta e sezione della Tomba di Atreo, a Micene.

e la tomba di Clitemnestra. Il tesoro di Atreo è il capolavoro delle tombe a cupola. Situato all’estremità sud del sito, risale al XIV sec. Il dromos è il passaggio che conduceva all’ingresso è di 36 m. ed è in pietra lavorata; il piccolo ossario contiene le ossa delle prime sepolture. Un architrave in pietra di 9 m. si trova sopra all’entrata. Il Tesoro è conosciuto anche come Tomba di Agamennone. Tuttavia non è possibile che il leggendario re sia stato sepolto qui, poiché la costruzione del sepolcro è anteriore alla presunta epoca della guerra di Troia di più di cent’anni.
L’influenza e la potenza dei Micenei si spinsero fino a Creta, alla costa asiatica, alla Sicilia, e, in una certa misura, anche alle regioni a nord di Roma. La sua ricchezza era ineguagliabile. Essendo i Micenei un popolo guerriero, le decorazioni più splendide si trovano su oggetti legati all’attività bellica, come un manico di pugnale, combinazione di lapislazzuli, cristallo e oro: il pugnale è stato ritrovato in una tomba a fossa e data al XVI sec. a.C. Famosissima è la maschera funeraria d’oro detta di Agamennone.


La celebre maschera di Agamennone, ritrovata
da Schliemann.

Schliemann, dopo averla scoperta, riferì al sovrano greco di quel tempo: "Oggi ho guardato il viso di Agamennone". Ma neanche questa è in realtà appartenuta a lui perché antecedente.

 

LA CIVILTA’ MICENEA
Civiltà sviluppatasi nella tarda età del bronzo (sec. XVI-XI a.C.) nella Grecia continentale, così detta dal suo principale centro, Micene.

Sulla spinta di una fiorente attività commerciale, i Greci continentali intrapresero intorno ai secoli XVI-XV un vasto piano di espansione: conquistarono le Cicladi, Cnosso e Cipro, fondarono piccoli ma agguerriti centri sulle coste dell’Anatolia, costantemente in guerra contro l’impero ittita, e si spinsero coi commerci fino in Italia e Siria.
Centri principali della Grecia continentale furono Micene, Atene, Tebe, Pilo, Tirinto; le maestose regge testimoniano una grande ricchezza.
Riguardo all’organizzazione politica, pare certo che non sia esistito uno stato unitario, ma una serie di città stato. A capo della società vi era un re e sacerdote (wanax), affiancato dal lawagetas, capo dell’esercito, e dai nobili (telestai), tolti gli chiavi, il resto della popolazione era organizzato in damoi, comunità di liberi cui era affidata la gestione e la divisione degli appezzamenti di terra. Dal punto di vista della religione, la maggior parte delle divinità coincideva con quelle della Grecia classica; tra le forme di culto, generalmente a carattere privato, grande incidenza aveva quello dei morti.

 

ARGO E L'ARGOLIDE
Nelle fonti antiche il nome "Argeio" veniva spesso usato per indicare l'intera popolazione dei Greci. Argo, Micene e Tirinto nell'Argolide sono insieme a Tebe, Orchomenos e Atene nella Grecia centrale e a Pilo e Amiclea nel Peloponneso meridionale, i centri principali della civiltà Micenea, ognuno dei quali era guidato in piena autonomia da un sovrano assoluto, il wanax.


Una vista del colle dell'Aspis, ad Argo, con il temenos del santuario di
Apollo, del IV secolo a. C., in primo piano.

In comune avevano un livello di cultura e civiltà altissimo, testimoniato dalla costruzione di acropoli fortificate con grandi complessi palaziali, dalla raffinata lavorazione dei metalli, dall'arte della pittura e della scrittura. Austera e grave si presenta davanti agli occhi l'acropoli di Micene, cinta da imponenti mura ciclopiche del XIV secolo a.C., penetrabili da un solo ingresso, la porta dei leoni, che deve il suo nome ai due leoni scolpiti su una lastra di pietra triangolare posta sull'architrave. Il grande palazzo sulla sommità dell'acropoli venne costruito nel XIV secolo a.C. occupa una serie di terrazze con al centro il megaron e la sala del trono. Tra le cittadelle micenee dell'Argolide la più possente è certamente Tirinto, con le sue massicce mura ciclopiche dall'aria minacciosa che spuntano dalla natura come una nave di pietra. Un'altra cittadella Micenea si trova a Medea, che possiede sull'Acropoli un vasto quartiere di case, cisterne e una possente muraglia. Affacciato sul golfo di Nauplia, sorge uno degli insediamenti più antichi della Grecia, Lerna. Uno degli insediamenti più importanti in epoca Micenea fu Argo, ma le sue antiche vestigia sono state sepolte da tempo dalla città moderna. C'è poi Nauplia la bellissima città di impronta veneziana e neoclassica cresciuta intorno al golfo omonimo all'ombra della cittadella Palamede, che fu la prima capitale.
Argo è una cittadina agricola e commerciale dell’Argolide, e vertice con Micene e Tirinto di una delle zone di maggior interesse archeologico della Grecia; vanta origini antichissime, nel VI e V secolo a.C. fu sede di una celebre scuola di scultura i cui massimi esponenti furono Policleto e Ageladas.
STORIA: Considerata dai Greci la più antica città dell’Ellade, Argo fu abitata sin dal 2000 a.C., dapprima dai Pelasgi poi dai Danaidi. Sotto il regno di Adiasto partecipò nel XIII sec. Alla spedizione dei Sette contro Tebe, nel successivo alla guerra contro Troia. Con l’invasione dei Dori, Argo estese la propria influenza su vaste aree del Peloponneso, scontrandosi con la vicina Sparta. I contrasti la videro all’inizio vincitrice, grazie al tiranno Fedone, cui si attribuisce l’introduzione della moneta in Grecia. Ma la sconfitta subita alla fine del VI sec. a.C. la spinse ad avvicinarsi ad Atene, con la quale si alleò nelle guerre del Peloponneso. Dopo le pesanti sconfitte presso Mantinea (418 e 362), venne conquistata da Pirro nel 272 e, all’indomani della distruzione di Corinto, dai Romani, sotto i quali conobbe un nuovo sviluppo. Le incursioni gote del 267 e 395 sancirono il definitivo tracollo politico ed economico di Argo, che fu alternativamente sotto il dominio veneziano (1388-1540 e 1688-1715) e turco. Nel 1821 e 1829 ospitò nel teatro le sessioni dell’Assemblea nazionale.

NAUPLIA
Nauplia (11897 abitanti) si affaccia sul golfo dell’Argolide in una magnifica posizione, sorge ai piedi di uno sperone roccioso dominato dalla cittadella veneziana di Palamidi e del colle di Acronauplia, pure con resti di fortificazione. Cittadina di impronta veneziana, conserva tracce della dominazione turca e architetture neoclassiche, con le ampie piazze, il piacevole lungomare, i curati giardini, contribuiscono a conferirle un’atmosfera di misurata eleganza.

STORIA: Fondata secondo la leggenda da Nauplio, figlio di Poseidone e della Danaide Amimone, Nauplia ebbe scarsa importanza nell’antichità, forse per la vicinanza con Micene, Argo, Tirinto ed Epidauro, mentre fu aspramente contesa durante il medioevo.
Dal 1210 al 1377 fu feudo franco, poi, dal 1388 fino al 1570, rimase sotto il dominio di Venezia. Francesco Morosini la riprese nel 1686 ai Turchi e ordinò di rinforzare le fortificazioni e aumentare la popolazione: Nauplia divenne allora capitale del dipartimento di Romania comprendente Argo, Corinto e Tripoli e fu chiamata "Napoli di Romania". Qui morì Morosini il 6 gennaio a bordo della sua galea capitana. Nel 1715, cadde nuovamente sotto il dominio turco; liberata nel1822 fu capitale della Grecia dal 1829 al 1837. La città, dove nel 1831 fu assassinato Ioanis Kapodistrias, primo presidente della Grecia moderna, accolse nel 1833 il re Ottone di Baviera; fu poi la prima a insorgere contro di lui nel 1862.

 

TIRINTO


Le casematte della rocca di Tirinto. XIII a.C.

Tirinto, su uno sperone roccioso che spunta nella fertile pianura tra Nauplia e Argo, nell’Argolide, è con Micene un eccezionale esempio di città- palazzo fortificato, a controllo del mare allora più vicino e dei commerci con Creta. Se immane fu l’impresa di innalzare le mura, eccezionali furono le fatiche che la leggenda racconta intraprese da Eracle, nato qui a Tirinto.
STORIA: le mura ciclopiche che racchiudono l’acropoli sono così spiegate dal mito: la città sarebbe stata fondata da Preto, fratello di Acrisio re di Argo, che le avrebbe erette con l’aiuto dei Ciclopi. In realtà il sito fu abitato a partire dall’Elladico Antico (III mil. a.C.) e solo attorno al 1400, dopo che vi erano stati costruiti due palazzi e svariate abitazioni, venne racchiuso da nuove mura, che furono ampliate e dotate di casematte nel 1350-1250. Attorno al 1200 il palazzo venne risistemato nella struttura giunta sino a noi, un secolo dopo venne incendiato nel corso dell’invasione dei Dori. Passata nel468 sotto il controllo di Argo, Tirinto non tornò più all’antico splendore, tanto che nel II sec a.C. Pausania non vide che rovine. La riscoperta della città porta la firma di Schliemann


Pianta del palazzo di Tirinto.

e di Wilhelm Dorpfeld, che nel 1884-85 condusse la prima campagna di scavo. Le indagini furono poi proseguite dall’istituto archeologico germanico di Atene, cui si devono anche i recenti interventi.

 

LA VITA DI SCHLIEMANN
H. Schliemann nasce il 6 gennaio 1822 nella cittadina di Neubukow, in Germania, da una famiglia modesta. Da bambino sente spesso parlare da suo padre di fatti riguardanti la storia antica, appassionandosi in special modo alle vicende riguardanti Troia. Il sogno di ritrovare i resti di questa antica città, creduta allora immaginaria, cresce in lui e nella sua compagna di giochi Minna, il suo primo amore, che anche in futuro sarà per lui fonte della sua determinazione. Impara il latino, ma non può proseguire i suoi studi a causa di una grave crisi economica che colpisce la sua famiglia; così viene assunto come garzone in una drogheria. Impossibilitato a lavorare a causa di una lacerazione al petto, si trasferisce ad Amburgo e, in condizioni economiche molto precarie, trova lavoro su una nave come mozzo di cabina. Dopo un naufragio, arriva in Olanda, e lì vorrebbe arruolarsi nell’esercito, ma si trova ad Amsterdam senza più un soldo. Per fortuna interviene I.F. Wendt, un mediatore marittimo che lo aveva già aiutato, che riesce a procurargli un impiego molto semplice in un ufficio. Metà del suo stipendio lo spende per gli studi, imparando in poco tempo l’inglese, il francese, l’olandese, lo spagnolo, l’italiano e il portoghese.

Grazie all’interessamento di alcuni suoi amici, ottiene un posto di corrispondente e contabile con un compenso molto alto; in questo periodo impara il russo.


Ritratto di Heinrich Schliemann

Nel 1846 viene mandato come agente a Pietroburgo e lì si rende indispensabile alla sua compagnia, creandosi una base economica indipendente. Nel 1847 si iscrive alla corporazione dei grandi commercianti, mantenendo comunque il suo lavoro per la compagnia, ma limita i suoi scambi all’indaco, dando, per un primo momento, credito solo alle ditte di fama provata. Il 4 luglio 1850 si trova in California quando essa viene proclamata stato, diventando così cittadino degli Stati Uniti.
Nel 1852 stabilisce a Mosca una filiale per la vendita all’ingrosso. Nel 1854 impara lo svedese e il polacco. Durante la guerra di Crimea per un puro caso tutta la sua proprietà si salva da un incendio e Schliemann vendere merci scampate facendo poi fruttare il guadagno con grandi affari.
Nel 1858 si dedica allo studio del greco, un suo desiderio che solo ora poteva realizzare. Nel 1858 giudica abbastanza grande il patrimonio accumulato perciò si ritira dagli affari e comincia a viaggiare; va in Svezia, Danimarca, Italia, Germania, Egitto, Nubia (dove impara l’arabo); poi visita Gerusalemme, Petra, la Siria. Nel 1859 parte per Atene, Smirne e le Cicladi; il suo attaccamento al denaro era solo dovuto alla considerazione di esso come unico mezzo per realizzare il suo sogno: trovare Troia. Prima di lasciare completamente gli affari si reca a Tunisi, Cartagine, India, Ceylon, Madras, Calcutta, Benares, Agra, Lucknow, Delhi, sui monti dell’Himalaia, poi a Singapore, all’isola di Gava, a Saigon, in Cina (dove trascorre due mesi), in Giappone, negli Stati Uniti e in Messico. Nel 1866 si stabilisce a Parigi per dedicarsi completamente all’archeologia. Grazie al patrimonio accumulato Schliemann riuscì a riportare alla luce i resti dell’antica Troia omerica con degli scavi che durarono circa dal 1872 al 1882, affidandosi ciecamente alla descrizione che l’autore dà nell’Iliade della mitica città. Nel 1874 giunse a Micene e cominciò a scavare nel circolo A delle tombe.

 

BIBLIOGRAFIA