I mosaici

Il mosaico viene considerato come una forma di pittura speciale: Il risultato è però sempre figurativo, cioè è sempre un’immagine a colori: esso è una pittura ottenuta accostando cubetti (tessere) o frammenti di vetro, pietra, marmo, terre cotte, secondo un disegno che riproduca l’immagine desiderata.

Il mosaico può essere eseguito in vari modi, ma i più usati sono due: uno consiste nel ricoprire la superficie da decorare con uno strato di mastice piuttosto molle; su questo strato si riporta il disegno e poi si applicano le tessere.


Mosaico ravennate raffigurante l'imperatrice Teodora. Ravenna,
chiesa di San Vitale.

Il secondo sistema, oggi più comunemente usato, è il seguente: il pittore disegna completamente il mosaico a grandezza naturale, il foglio con il disegno viene poi steso su un piano e l’esecutore vi dispone a rovescio le tessere. Man mano che ricopre una certa porzione, fissa le tessere con un poco di cemento liquido; infine solleva questa specie di pannello e lo applica sulla parete da decorare.

Nei mosaici antichi le tessere sono disposte diversamente inclinate, in modo che sia diverso l’angolo formato su di esse dai raggi del sole; questo provoca una rifrazione della luce con aumento della luminosità. Perfetti sono in questo i mosaici bizantini di 1500 anni fa.

Dal V sec. d.C. circa in oriente l’arte musiva si sviluppò ininterrottamente fino al secolo XIII, sebbene condizionata storicamente dalle vicende della lotta iconoclastica, caratterizzandosi, dal punto di vista tecnico, per il passaggio da forme realistiche a immagini gerarchicamente organizzate secondo un preciso canone, sfruttando al massimo la policromia e il movimento delle pareti di supporto e raggiungendo il suo massimo splendore intorno alla metà del Esc. XI (Dafni, Costantinopoli).

 

Uno dei mosaici di Ravenna

Dopo la cacciata dei goti con l’arrivo a Ravenna di Massimiano e la consacrazione della chiesa di San Vitale, furono posti in opera, a conclusione di tutto il ciclo decorativo, ma ad esso iconograficamente e stilisticamente estranei, i due pannelli a mosaico ai due lati della conca absidale raffiguranti nell’uno l’imperatore Giustiniano, l’arcivescovo e i soldati della guardia imperiale; nell’altro l’imperatrice Teodora con le dame della sua corte. L’assoluta frontalità e fissità delle figure, la ricchezza inaudita della vesti e della suppellettili, quasi sommergono col loro splendore incorruttibile la presenza ionica e apportano i segni di una nuova cultura.

Queste sono opere eseguite da artisti della corte di Bisanzio forse giunti a Roma al seguito di Massimiano e che comunque riflettono il gusto raffinato e prezioso dell’arte aulica.

Le icone bizantine

Le icone bizantine del V/ VI sec. d.C. venivano utilizzate oltre che come forma d’arte anche come mezzo per educare gli analfabeti, che a quel tempo erano molti.

Secondo l’arte bizantina l’immagine è sacra e la concezione di essa particolare: in primo luogo la prospettiva è inversa o rovesciata; questo significa che non è lo spettatore a guardare l’immagine, ma al contrario è l’icona che guarda, osserva e comunica con lo spettatore, quindi ha dentro di sé Dio.

Per dipingere l’icona il pittore doveva addirittura eseguire una specie di rito, secondo il quale doveva essere invasato, poiché l’immagine guidava la sua mano nel disegnare, ed era lui il primo ad essere guardato da essa. Lo sfondo del dipinto era fatto con una lastra d’oro che veniva dapprima soffiata ed in seguito lisciata col brulitoio. L’oro provocava una luce che non permetteva allo spettatore di vedere chiaramente l’immagine, perché essa racchiudeva in sé Dio e vedendola si sarebbe diventati eretici. Anche per questo motivo nelle chiese c’era l’iconostasi che inizialmente era un vero e proprio muro di divisione che non consentiva ai fedeli di vedere colui che compiva il rito.

Le icone bizantine sono disegnate con un ben preciso criterio: ciò che sta al centro del dipinto è più importante di ciò che sta ai lati, quello che è in alto è più significativo di quello che è in basso, tutto ciò che sta alla destra del soggetto centrale (e quindi alla sinistra di chi lo guarda) ha più importanza di ciò che è alla sua sinistra, e inoltre le cose si rimpiccioliscono a mano a mano che si allontanano dal centro, perché l’immagine si guarda da sé e quindi in proporzione le mani saranno più piccole del naso.

Infine, per quanto riguarda lo stile, ogni cosa viene rappresentata con una forma geometrica: il naso è una linea, le arcate sopracciliari vengono addirittura disegnate col compasso, mentre il corpo viene rappresentato raramente, e se lo è esso è bidimensionale, ossia non ha la profondità, altrimenti l’icona acquisterebbe un’immagine terrena.

Importantissime sono la ieraticità e la frontalità delle figure: la frontalità è data dal rispetto, mentre la ieraticità è la fissità degli occhi dell’icona che sembrano osservare sempre lo spettatore.