L’areopago

Secondo la costituzione di Solone (594 a.C.) venne istituito un importantissimo tribunale, composto dagli ex arconti che giudicasse gli assassinii; questo fu costruito sul colle dell’Areopago, dedicato a Marte. Il tribunale fu posto lì perché si dice che in quel luogo fosse stato giudicato dagli dei Ares per l’assassinio del figlio di Poseidone Allirotio. Il tribunale prese così dal colle il nome di Areopago, che significa colle di Ares inizialmente fu destinato solo ai delitti di sangue (omicidio volontario, mancato omicidio, incendio, veneficio) e anche alcuni reati contro il culto, ma successivamente ottenne la funzione di sorvegliare sull’amministrazione dello stato e sull’esecuzione delle leggi. Parlando di questo celeberrimo tribunale, di cui oggi non rimane che il colle, ci si addentra nell’argomento della giustizia in Grecia; per analizzare questo tema, bisogna affrontare separatamente l’amministrazione della giustizia nelle principali città greche. A Sparta, città monarchica, il potere giudiziario era suddiviso tra i re (diritto familiare), gli efori (diritto civile), e la gherusia (diritto penale). A Creta, città a costituzione aristocratica, a capo dello stato vi erano dieci cosmi che avevano anche potere giudiziario.
Ad Atene, invece, città democratica, la giurisdizione era molto più complessa e le fonti ci forniscono molte più informazioni riguardo alla giustizia in questa in questa città. Il primo completo sistema di giustizia, fu instaurato da Solone seguendo le basi delle tradizioni fino ad allora applicate. Le azioni giudiziarie erano suddivise principalmente in due rami: quelle private (d…kaie quelle pubbliche gr£fai). Il primo tipo comprendeva il diritto familiare, il rapporto con gli schiavi e gli omicidi. Questo tipo di cause erano giudicato da un tribunale composto da quaranta membri (quattro per ognuna delle dieci tribù in cui era suddivisa la regione attica); se però la causa prevedeva la condanna ad un pagamento superiore alle dieci dracme, allora il caso passava nelle mani di due arbitri che cercavano di mettere d’accordo le parti, in caso di mancato accordo, si passava al giudizio dei tribuni popolari. Il secondo tipo concerneva tutti i reati tesi a distruggere l’integrità dello stato e la regolare convivenza civile, cioè contro le leggi o gli interessi del popolo, a danno dell’ordine della poleis o secondo spirito di sopraffazione. Questo tipo di cause venivano risolte direttamente dai tribunali popolari. I tribunali popolari erano formati da una giuria a cui potevano partecipare tutti i cittadini che avessero compiuto i trent’anni e che godessero di pieni diritti di cittadinanza. Per le cause di giurisdizione pubblica il tribunale (dikasterion) era formato da 501 giurati, per le cause private, 401 se prevedeva la condanna ad un pagamento superiore alle mille dracme, se no 201 giurati. I componenti delle varie giurie erano sorteggiati a caso; Euclide nel 403 a.C. decretò che fossero scelti quotidianamente per diminuire la corruttibilità dei giurati. I giurati ricevevano una paga per il loro lavoro , i tribunali erano chiusi i giorni festivi, quelli nefasti e quelli delle assemblee popolari.
Ed ecco finalmente come si svolgevano i processi: le sedute si aprivano con dei riti religiosi in quanto la giustizia assumeva anche un significato sacrale, successivamente venivano sorteggiati dieci giurati: uno per il controllo della clessidra, quattro addetti allo scrutinio e cinque che controllassero i precedenti. Dopo che un araldo aveva introdotto i contendenti annunciandone i nomi e le richieste, le due parti salivano su due podi distanziati e cominciavano le orazioni; l’accusatore e l’accusato avevano a disposizione un tempo determinato dalla clessidra per perorare la propria causa personalmente. Quando avevano finito i giurati dovevano esprimere il loro voto senza avere il tempo di consultarsi.

Oltre alle funzioni già citate, i tribunali popolari ne avevano altre:

  1. l’œfesij: Questo processo poteva essere richiesto da qualsiasi cittadino che avesse riscontrato un’ingiustizia da parte di un magistrato o di un sacerdote che l’avevano condannato durante l’esercizio delle loro funzioni; il querelante veniva allora prosciolto dall’accusa ricevuta finché un altro non lo avesse denunciato.
  2. decidere la legalità di qualsiasi atto dello stato imposto nella vita.
  3. accettare di abolire una legge vigente per proporne una nuova contrastante
  4. controllare l’affidabilità dei magistrati in carica
  5. assicurare la legalità delle proposte fatte alle assemblee popolari.

Oltre a delle funzioni particolari dei tribunali, esistevano anche dei tribunali speciali con determinate funzioni; oltre al già citato Areopago, vi erano il Palladio, il Delfinio, il Pritaneo e il Freatto, tutti finalizzati a giudicare i delitti di sangue. E’ interessante notare che tutti questi tribunali erano scoperti affinchè chi avesse peccato di un delitto di sangue e la vittima o i suoi parenti non stessero sotto lo stesso tetto. In occasioni particolari anche le assemblee popolari potevano assumere un’attribuzione giudiziaria per dei processi penali. Nei tribunali non venivano giudicati solo i poveri, ma spesso nobili e politici, messi in stato d’accusa per invidia da parte di avversari o per avere commesso scorrettezze.Tra questi non si può non citare Demostene, famoso oratore ateniese. Demostene è ricordato per le celebri orazioni contro il re macedone Filippo, dette perciò Filippiche, e per numerose orazioni. Già da giovane Demostene si era affermato nella carriera oratoria; educato da Callistrato, Demostene credeva che l’elemento principale dell’oratoria fosse l’¢pÒcrisij, cioè il saper porgere.

Demostene ebbe la possibilità di dimostrare le sue doti di oratore componendo tre gruppi di Filippiche. Nella prima metà del III sec. a.C., il re macedone aveva già cominciato a conquistare città greche, ma gli Ateniesi, vivendo negli agi e nei lussi non si dedicavano più all’arme ,ma spendevano i soldi dell’erario pubblico per feste e banchetti. Il nostro oratore si accorse delle mire espansionistiche di Filippo e tentò di avvertire con le sue prime Filippiche e le Olintiche (esortazioni alla difesa di Olinto) gli Ateniesi che però non seguirono i suoi suggerimenti. Solo dopo la caduta di Olinto, i Greci cercarono di allearsi tra loro contro i Macedoni, ma questo fu impedito da lotte interne. Nel 346 Demostene, per il bene della patria, appoggiò la pace (di Filocrate), accordo che durò solo fino al 340.

Nel 344 e nel 340 Demostene compose la seconda e la terza Filippica, finalmente le orazioni ottennero l’effetto sperato e nel 340 stesso l’oratore fu mandato come soprintendente della marina contro Alessandro (figlio di Filippo).

Dopo la battaglia Demostene si occupò della ricostruzione della città. Più tardi Demostene, benché non si fosse alleato con Arpalo, traditore di Alessandro, fu condannato per corruzione dall’areopago al pagamento di 50 talenti e, non avendoli, fu messo in carcere.

Fuggito dal carcere fu riaccolto ad Atene dopo che venne provata la sua innocenza, ma successivamente, quando Atene fu conquistata dai macedoni , Demostene, fuggito a Calauria, fu catturato. Per non farsi uccidere dai nemici, l’oratore, fingendo di scrivere una lettera ai suoi parenti, si uccise con la cicuta.

Il più grande antagonista di Demostene fu Eschine: questi, coinvolto nelle guerre politiche ateniesi, si era dimostrato profondamente antimacedone fino alla pace di Filocrate, successivamente, per seguire il politico Eubulo, da lui ammirato, preferì appoggiare un rapporto di amicizia con il sovrano macedone; Demostene allora lo accusò di essersi fatto corrompere da Filippo, ma l’oratore si discolpò con le orazioni "Contro Timarco" e "Sulla corrotta ambasceria". Nel 355, quando Tesifonte aveva proposto di incoronare con una corona d’oro Demostene per i suoi meriti verso la patria, Eschine aveva accusato l’oratore avversario di illegalità, ma Demostene vinse la causa con la maggioranza dei 4/5 dei giurati, Eschine si ritirò allora a Rodi per insegnare retorica.

Altro personaggio legato alla figura di Demostene è Iperìde: egli fu un famoso logografo (scrittore di orazioni da pronunciare in tribunale) ed inizialmente si schierò nel partito antimacedone del famoso oratore, successivamente, quando Demostene decise di assumere una tattica più prudente appoggiando la pace del 446, Iperìde si distaccò dal partito, e addirittura, durante lo scandalo di Arpalo, fu uno degli accusatori dell’autore delle Filippiche. Fin dopo la morte di Alessandro Iperìde mantenne la sua politica antimacedone e fu uno di quelli che causarono la guerra lamiaca contro i macedoni. Dopo aver pronunciato numerose orazioni, tra le quali il suo encomio e quello dei suoi soldati, dopo la perdita della guerra, fu catturato ed ucciso.