L'ORIGINE DELL'UNIVERSO NEI MITI ANTICHI


Le costellazioni dell'emisfero Sud rappresentate come animali fantastici
e personaggi mitologici in una mappa del cielo disegnata in Inghilterra
nel 1700.
Le civiltà del passato hanno fondato una loro concezione del mondo, la loro religione, la loro cultura e quindi la loro identità su straordinari racconti densi di episodi fantastici di creazione e distruzione. Storie di cui è ormai impossibile ricostruire l'origine: tramandati oralmente da tempi remoti, si sono arricchite di generazione in generazione. Per poi fissarsi nelle forme che conosciamo con l'invenzione e la diffusione della scrittura, a partire dal IV millennio a. C. Sono chiamate cosmogonie dalle parole greche  kosmos, che significa ordine ma anche universo, e gonia che significa generazione. Dall'America centrale alla Cina, dall'India al mediterraneo, dalla Polinesia al Circolo polare artico, i nostri lontani antenati hanno elaborato miti sull'originazione dell'universo e hanno sempre come protagonisti esseri dotati di straordinari poteri. Sono spesso creature gigantesche e mostruose, capaci di imprese inaudite, come la separazione dal buio dalla luce, dell'acqua  dalla terra, del fuoco dall'aria. Incarnazioni delle forze della natura, padri e madri di altre potentissime divinità e tramite loro di tutto ciò che esiste, compresa l'umanità. In particolare, divinità creatrici associate agli astri si ritrovano nelle cosmogonie elaborate dalle antiche civiltà come in quelle delle rare popolazioni che vivono ancora in modo primitivo. Sono personificazioni di pianeti, della Luna e soprattutto del Sole. Il perpetuo scomparire e riapparire del disco solare nel ciclo del giorno e nelle stagioni è infatti una ,meraviglia e una fortuna per cui da sempre è stato venerato e temuto.

I SACERDOTI-ASTRONOMI

L'osservazione del cielo ad occhio nudo è un esercizio tutt'ora difficile se non ci si limita ad ammirarlo ma si tenta di distinguere una stella da un pianeta per poi riuscire a trovarli a distanza di tempo in posozioni diverse nella volta celeste; per questo tipo di osservazioni è ancora reso più difficoltoso dall'inquinamento luminoso prodotto dal bagliore delle città. I popoli antichi, però, affrontarono la sfida perchè capirono che le stagioni, i periodi maggiormente piovosi, e quelli più adatti per le varie attività legate all'agricoltura e ai cicli naturali, possano essere messi  in relazione con la posizione del sole, della Luna e degli astri. è dunque, a partire dall'invenzione dell'agricoltura, probabilmente nell'Asdia sud-occidentaòle, circa 10.000 anni fa, che l'osservazione del cielo divenne fondamentale per stabilire il calendario delle semine e dei raccolti. Nel corso dei millenni si specializzò in questa difficile manzione, decisiva per il benessere dell'intera società, la casta dei sacerdoti, che possono così essere considerati i primi astronomi. Da una parte erano capaci di predire i movimenti degli oggetti celesti in base all'accumulo delle conoscenze precedenti, gelosamente custodite, dall'altro i li veneravano come divinità e ne organizzavano il culto.

I PRIMI CALENDARI

Con l'invenzione della scrittura, e quindi la possibilità di annotare e confrontare le osservazioni, la descrizione dei moti celesti divenne sempre più raffinata e gli


Uno dei più antichissimi strumenti di
misurazione del tempo era la clessidra
ad acqua degli Egizi. Osservando il livello
del liquido che scendeva da un recipiente
all'altro, calcolavano il trascorrere del
tempo.
 astronomi sacerdoti furono capaci di eseguire complicati e fornire predizioni con sempre maggiore esattezza. I sacerdoti egizi elaborarono fin dal IV millennio a.C. un calendario solare, ovvero basato sul movimento annuale del sole, e furono i primi  a dividere il giorno in 24 parti, anche se non tutte della stessa durata come le nostre ore. I sacerdoti sumeri sapevano misurare con buona approssimazione i moti planetari e prevedere l'eclissi di luna. Nelle cronache cinesi sono annotate eclissi, costellazioni, e passaggi di comete fin dal III millennio a.C., mentre dall'altra parte dell'oceano, forse a partire dal II millennio a.C. circa, i maya elaborarono un complesso calendario che prediceva con grande precisione i movimenti del pianeta Venere, a loro sacro più di ogni altro. Le osservazioni divenivano più accurate ma i sacerdoti astronomi non andarono alla ricerca delle spiegazioni fisiche dei fenomeni che osservavano e modelli dell'universo rimanevano molto fantasiosi, ancora basati sulle antiche cosmogonie. L'universo degli egizi e dei Babilonesi per esempio, aveva la forma di una scatola chiusa da un coperchio da cui pendevano le stelle, Mentre i maya immaginavano la terra come un disco sormontata dalla sfera celeste, e altrettanto facevano gli antichi greci , almeno finché alcuni di loro non si posero nuove domande e proposero ipotesi che mutarono radicalmente l' orizzonte della conoscenza

LA NASCITA DELL'ASTRONOMIA COME SCIENZA


I Fenici, dominatori del mar Mediterraneo tra il 1000
e il 700 a.C., navigavano di notte individuando
le rotte con l'auito della Stella Polare. Per questo i Greci
la chiamavano stella Fenicia.
La civiltà greca , attorno alla metà del 1 millennio a.C, produsse i primi grandi pensatori che tentarono di spiegare le leggi della natura partendo dalle proprie esperienze e dai propri studi sgombrando la mente dalle fantastiche immagini dei miti e della tradizione secondo cui tutto dipendeva dalle azioni degli dei. Mileto, colonie greche sulle sponde dell'Asia Minore, divenne la culla  della filosofia, delle scienze naturali,  degli studi geografici e storiografici. Autentici fondatori del pensiero occidentali, quali Talete, Anassiamandro e Anassimene, si dotarono di nuovi strumenti per le osservazioni astronomiche, disegnarono carte nautiche e proposero originali ipotesi sulla struttura della Terra sulla natura dei pianeti e delle stelle, sulle leggi e le forze che regolano i moti degli astri. I greci, popolo di commercianti e di navigatori, avevano appreso a orientarsi anche di notte utilizzando come punti di riferimento le costellazioni. Proprio le testimonianze dei marinai che avevano attraversato il mediterraneo e si erano spinti lungo le coste dell'Africa verso sud, fecero sorgere grandi interrogativi sulla forma della terra. Di ritorno da quelle temerarie avventure raccontavano infatti che nel loro viaggio avevano perso di vista le costellazioni più settentrionali, mentre nuove altre apparivano a meridione. Questo fatto mal si conciliava con le ipotesi secondo le quali la terra era piatta, perché in tal caso le stelle visibili dovrebbero essere le stesse da ciascun punto della superficie. Altri notevoli problemi che i greci iniziarono a porsi riguardavano le leggi che governano il moto del sole e della Luna, il cui tracciato apparente nel cielo cambia nel corso dell'anno. E particolarmente difficile risultava spiegare  le strane traiettorie dei pianeti, soprattutto quelle di Marte., che sembra a volte arrestarsi e tornare indietro.

CONQUISTA DELL'ASTRONIMIA GRECA

Il primo a sostenere l'ipotesi della sfericità della terra fu probabilmente Pitagora, il grande matematico e filosofo che fondò la sua scuola a Crotone intorno al 540 a.C.. Pitagora scopriva rapporti numerici dietro ogni simmetria e armonia formale, per esempio qeulla dei solidi geometrici o delle melodie musicali. E poichè, secondo la sua concezione, l'universo è retto dai principi in opposizione dell'armonia e del caos, un ordine matematico deve regolarne l'intero funzioinamento. Secondo la scuola pitagorica per questioni di armonia la terra dev'essere sferica e dieci sfere concentriche devono contenere i corpi celesti, sferici anch'essi, il cui moto dev'essere regolare, con orbite circolari. La sfera esterna contiene le stelle e quelle interne conte4ngono il sole, la luna, la terra, l'antiterra, per noi invisibile, e 5 pianeti noti, ovvero quelli visibili a occhio nudo, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Al centro delle dieci sfere si troverebbe un fuoco  che ordina e plasma la materia circostante. Il modello delle sfere concentriche fu adottato nel secolo successivo da Eudosso nel suo ingegnoso tentativo di spiegare il moto appartenente ai corpi celesti. La Terra era posta al centro di ben sette sfere ruotanti e trasparenti. Su quella più esterna erano incastonato le sfere fisse, mentre il Sole, La Luna, i pianeti erano posti su altre sfere,collegate e articolate tra loro in modo che il movimento combinato riproducesse approssimativamente il moto degli astri.Per ridurre l’approssimazione Aristotele (348-322 a.C.) portò il numero delle sfere a 55, con diverse velocità e sensi di rotazione. Questi modelli, di straordinaria complessità, erano però ancora imprecisi nel ricostruire i moti dei corpi celesti, e assolutamente incapaci di spiegare altri fenomeni direttamente osservabili, quali l’aumento di luminosità dei pianeti o la loro differente velocità in diverse fasi dell’orbita. In compenso, lo studio dell’ombra circolare e arrotondata che la Terra prioetta sulla Luna, in parrticolare durante l’eclissi, aveva ormai sgombrato ogni dubbio sulla sfericità del nostro pianeta e del suo satellite, e per estensione degli altri corpi celesti. Lo sviluppo delle conoscenze geometriche permise poi di raggiungere straordinari risultati, per esempio da parte di Eratostene nella miisura delle dimensioni della Terra; e nel calcolo delle distanze tra la Terra, la Luna e il Sole da parte di Aristarco, che fu anche il primo a proporre un modello eliocentrico, cioè un sistema in cui tutti i pianeti ruotano attorno al Sole. Il loro era un approccio decisamente moderno ai problemi astronomici, fatto di rigorose misure, logica, intuizione e uso sapiente delle leggi matematiche e geometriche conosciute.

IL SISTEMA TOLEMAICO

Sebbene nel secolo II a.C. Aristarco avesse già proposto un sistema eliocentrico, fino al XVI secolo fu il modello geocentrico a imporsi ed essere


La stampa riproduce un planisfero secondo il sistema tolemaico.
Al centro dell'universo, la terra si trova nel mondo sublunare
dove i quattro elementi formano tutto ciò che esiste.
 accettato dalla comunità dei sapienti. In particolare nella versione elaborata da Tolomeo, che era in linea con le concezioni di Aristotele, per lunghi secoli il pensatore più influente dell’intero Occidente. Tolomeo, considerato il maggiore astrologo dell’antichità, visse ad Alessandria d’Egitto nel II sec. A.C. Pose la Terra immobile al centro dell’Universo, e per spiegare il moto dei pianeti ipotizzò compiano una serie di epicicli, cioè percorrano piccole orbite circolari centrate sulla loro orbita principale intorno al nostro pianeta. In tal modo riuscì a costruire un modello geometricamente ancor più complesso dei precedenti, uno straodinario ingranaggio che riusciva a render conto con una certa precisione delle posizioni planetarie. Il suo sistema era un utile strumento, più che la riproduzione in scala della realtà fisica, ma si conciliava perfettamente con un’idea destinata ad avere grande successo nei secoli successivi: la convinzione cristiana che il nostro pianeta sia stato creato da Dio e posto al centro dell’Universo espressamente per l’uomo. L’ipotesi di Tolomeo finì dunque per diventare un dogma destinato a resistere a lungo, anche perché i Romani, che non furono mai grandi scienziati, dettero modesti contributi all’astronomia e durante il Medioevo gli antichi studi vennero trascurati o addirittura dimenticati. Custodi del sapere di Tolomeo, raccolto nel libro intitolato Almagesto (“il massimo”), furono le biblioteche d’Oriente e poi gli scienziati arabi, che lo tradussero e lo fecero nuovamente conoscere in Occidente molti secoli più tardi.

RIVOLUZIONE NELL’UNIVERSO


Vuole la leggenda che Copernico morente abbia ricevuto
la prima copia stampata della sua opera "De revolutionibus orbium
coelestium" il giorno stesso della sua morte, risvegliandosi per un
attimo dal coma e sorridendo prima di spirare. L'opera dedicata
al papa Paolo III, fu un successo editoriale in tutta Europa e
inizialmente non venne censurata.
Dopo le straordinarie conquiste dell’antichità, l’astronomia ha dovuto attendere il XVI sec. Per conoscere decisivi sviluppi. Per primo Copernico seguito da Keplero, ha iniziato a infrangere il dogma aristotelico, tolemaico e cristiano della Terra immobile al centro dellUniverso. E galileo con il suo cannocchiale ha completato l’opera dando solide basi all’astronomia moderna. Nei secoli successivi i maggiori progressi sono stati ottenuti insieme alla fisica, con eccezionali accellerazioni impresse dalle leggi della gravitazione di Newton, dagli studi sulla struttura della luce di Kirchoff e dalle teoria della relatività di Einstein.

L’UNIVERSO COPERNICO

Il primo studioso a riprendere e sviluppare l’idea di Aristarco di un sistema Solare eliocentrico nacque nell’attuale Polonia, 1800 anni dopo. Niccolò Copernico, oltre a compiere le proprie dirette osservazioni, ha studiato per una vita i dati accumulati dagli antichi, fino a convincersi che la Terra non è al centro dell’Universo ma solo un pianeta come gli altri che ruota su se stesso mentre compie una rivoluzione attorno al Sole. Copernico ha avuto il coraggio di negare l’evidenza del fatto che sia il Sole a sorgere, alzarsi nel cielo e tramontare. Ha capito che si tratta di un movimento solo apparente. Un’evidenza erronea che per millenni è stata accettata e condivisa dalle persone più semplici come dai più grandi filosofi, scienziati e teologi. L’astronomo polacco, però, subiva ancora la forte influenza delle concezioni aristoteliche, e nel suo


La stampa riproduce un planisfero secondo il sistema copernicano.
Al centro dell'Universo è posto il Sole. nel globo sublunare
si trovano le orbite di mercurio e Venere. La terra è posta al limite
del globo sublunare con la Luna che le gira intorno. Seguono verso
l'esterno le orbite di Marte, Giove e Saturno. Come in Tolomeo
tutto è racchiuso dalla sfera delle stelle fisse.
 sistema le orbite planetarie sono perfettamente circolari e non ellittiche come nella realtà. Perciò Copernico dovette in parte conservare il “trucco” tolemaico degli epicicli per rendere conto di molte stranezze nei moti dei pianeti. Tutto sommato, i calcoli fatti sulla base del modello di Copernico non permettevano previsioni precise come quelle assicurate dall’impostazione Tolemaica, ma la sfida era ormai lanciata. Tra XVI e XVII sec. Altri grandi studiosi raccolsero dati che mettevano in crisi l’antica concezione della struttura del cosmo. Il modello delle sfere concentriche cristalline stava per essere infranto.

BRAHE E KEPLERO: Tycho Brahe ((1546-1601) era un matematico e astronomo danese ossessionato dalla precisione che per tutta la sua vita raccolse un immenso archivio di dati, misure e osservazioni. Nel suo avveniristico osservatorio chiamato l’Uranjborg sull’isola di Hveen, ricevuta in dono dal re di Danimarca, progettava e costruiva strumenti astronomici sempre più elaborati. Per esempio, realizzò un grande quadrante per osservazioni stellari e un globo celeste sul quale segnava le posizioni delle stelle con un rigore fino ad allora mai raggiunto. Seguendo il percorso di una cometa, notò che essa viaggiava nel cielo percorrendo un’orbita non circolare ma oblunga, e attraversando le ipotetiche sfere cristalline che per Tolomeo erano spazi incompenetrabili.  Contrario alla concezione copernicana, si propose di mettere a punto un nuovo modello di Universo, accettabile per fisici, filosofi e uomini di chiesa. Ancora geocentrico, ma diverso da quello tolemaico. Brahe immaginava la Terra immobile al centro dell’Universo, con il Sole e la Luna che le ruotavano attorno, mentre tutti i pianeti ruotano attorno al Sole. Si tratta di un sistema ancora più complicato dei precedenti, e lontano dalla realtà; in compenso l’enorme mole di dati raccolti permise a un suo collega, il tedesco Johannes Kepler (Keplero, 1571-1630)  di giungere a conclusioni sorprendenti ed esatte: i pianeti si muovono attorno al Sole,  ma seguendo orbite ellittiche e con velocità che variano col variare della distanza dalla stella. Per la prima volta applicando questa e le altre leggi enunciate da Keplero, si poteva fare a meno del trucco degli epicicli per descrivere il moto dei corpi celesti e predirne la posizione con esattezza. Il modello proposto non era solo una solida ipotesi teorica, ma anche una rappresentazione dell’Universo reale che negava la perfezione delle sfere e dei movimenti costanti.


Un cannocchiale costruito da Galileo.Nei primi modelli ancora
imperfetti, l'obbiettivo agiva anche come un prisma, deviando
la luce blu e quella rossa in modo che gli oggetti osservati
apparivano circondati da un fastidioso alone
GALILEO:  All’inizio del XVII secolo le opere di Copernico e Keplero furono messe

Un disegno originale di
Galileo con le immagini della
Luna, dalla sua opera
"Sidereus Nuncius" del 1610,
che contiene i resoconti delle
scoperte fatte col cannocchiale.
 all’indice, ovvero il tribunale ecclesiastico dell’Inquisizione ne vietò  la diffusione, sebbene fossero scritte in Latino e destinate alla ristretta cerchia degli studiosi. La forza di quelle idee, però, era dirompente e un nuovo strumento permise di abbattere definitivamente millenni di credenze. Si tratta del cannocchiale inventato in Germania e perfezionato da uno studioso toscano: Galileo Galilei (1564-1642). Forse qualcosa del genere era già stato utilizzato dagli astronomi alessandrini, ma la tecnologia era andata perduta durante il Medioevo. Galileo se ne servì per osservare la Luna, sulla cui superficie notò rilievi e  avvallamenti, a dimostrazione del fatto che non si tratta di una sfera di cristallo. Puntando il cannocchiale sul pianeta Giove scoprì quattro satelliti che gli ruotavano attorno, e studiando il Sole vide per primo le macchie che mutano e variano di numero, arrivando alla conclusione che la nostra stella non è un corpo perfetto, ma addirittura ruota su se stessa. Convinto della validità del sistema eliocentrico copernicano, Galileo costruì un gran numero di cannocchiali affinché altri studiosi, come lo stesso Keplero, potessero ripetere le sue osservazioni emisure, e infine divulgò i risultati delle proprie ricerche, condotte secondo un rigoroso metodo sperimentale che è il fondamento della scienza moderna. Il suo “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano”(1632), scritto in Italiano “volgare”, gli costò la condanna del tribunale ecclesiastico dell’Inquisizione, per cui fu costretto a ritrarre le proprie affermazioni e restare recluso nella villa-osservatorio di Arcetri, sopra Firenze.

NEWTON: Nell’anno della morte di Galileo, il 1642, nacque in Inghilterra il genio che avrebbe messo a frutto tutto il lavoro dei suoi predecessori per proporre un modello dell’Universo e del funzionamento del Sistema Solare che è in pratica quello che oggi conosciamo. Convinto che tutti i moti abbiano caratteristiche comuni, sviluppando gli studi di Galileo sulla meccanica e la dinamica Newton formulò la legge di gravitazione universale: due corpi si attraggono con forza proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza (ossia, più sono massicci più si attraggono, più sono distanti e meno si attraggono). Keplero aveva ipotizzato che fosse una forza magnetica a trattenere i pianeti attorno al Sole, Newton capì che si trattava della gravità, la stessa forza cui sono sottoposti due corpi, sulla superficie della Terra come nello spazio più lontano. Una straordinaria scoperta che offrì la risposta a una serie di problemi astronomici ancora irrisolti, come la forma delle orbite e la velocità dei pianeti e comete, la precessione degli equinozi, ovvero il lento cambiamento dell’orientamento dell’asse di rotazione della Terra, la forma non perfettamente sferica del nostro pianeta, le maree e altri fenomeni la cui spiegazione tenne impegnati gli studiosi per oltre due secoli.


Qui in alto Albert Einstein, foto 1921,  con un gruppo di
ricercatori nell'osservatorio di Yerkes. Nella sua teoria della
relatività, Einstein concepisce l'universo come un'entità a quattro
dimensioni.
L’ASTROFISICA:  I grandi progressi compiuti dall’astronomia  dopo la rivoluzione concettuale di Copernico, Galileo e Newton  sono stati possibili grazie alla costruzione e di strumenti sempre più potenti come i grandi telescopi della prima metà dell’XIX secolo, ma soprattutto grazie allo sviluppo combinato della fisica teorica e sperimentale. Finalmente gli scienziati oltre a determinare forme, dimensione e distanze dei corpi celesti, hanno iniziato a d interrogarsi sulla loro natura e composizione, di seguito è la nascita dell’astrofisica. Secondo la legge formulata nel 1859 dal Prussiano Gustav Kirchoff, confrontando la luce emessa da sostanze incandescenti conosciute con quella delle stelle si scopre la composizione chimica dei corpi celesti, e di conseguenza si hanno nuove informazioni sulla loro struttura e il loro funzionamento. È una legge empirica che lega l’esplorazione del cielo alla chimica e alla fisica atomica, aprendo uno sterminato campo di indagine. Per primo è il Sole, la stella più vicina, a essere analizzato coi nuovi sistemi. Ciò portò alla scoperta di nuovi elementi chimici e a determinare la sua altissima temperatura. Viene poi dimostrato che molti degli oggetti studiati nei cieli sono gassosi, e infine si arriva a capire cha anche gli oggetti più lontani, le così dette stelle fisse, si muovono e possono essere catalogate in base al loro colore e alla temperatura. All’inizio del XX sec. Rimaneva però insoluta una domanda cruciale per l’avanzare delle ricerche: come possono le stelle produrre luce apparentemente all’infinito, bruciare senza consumarsi? È Albert Einstein a dare la risposta con la sua celebre formula e=mc2. Una minuscola massa può trasformarsi in un’enorme quantità di energia. Uno dei segreti dell’Universo era stato svelato!