L'ozonosfera è uno strato dell'atmosfera compreso tra 20 e 30km dal suolo ed è caratterizzato da un'alta percentuale di concentrazione di ozono, il gas da cui prende nome, la cui molecola è formata da tre atomi di ossigeno (O3). Tale strato è assai importante per tutti gli organismi viventi, in quanto l'ozono assorbe quasi completamente la porzione più pericolosa per gli organismi viventi dei raggi ultravioletti solari. L'ozonosfera si è formata in milioni di anni per effetto dell'attività delle alghe verdi-azzurre, organismi acquatici che si possono trovare sia in acqua salata che dolce; a questi organismi si deve anche gran parte dell'ossigeno attualmente presente nell'atmosfera. Questo grande "tetto" di ozono ha consentito alla vita di abbandonare il mare e trasferirsi sulla terraferma, dove viene protetta dalle radiazioni ultraviolette solari. Nel corso del tempo lo strato di ozono ha mutato continuamente spessore e forma per cause naturali. Negli ultimi decenni, però, la concentrazione di ozono nella stratosfera ha cominciato ad assottigliarsi anche a causa di quel fenomeno che viene chiamato effetto serra , che dà luogo ad un mutamento non più graduale, ma repentino. E' particolarmente grave l'assottigliamento dell'ozonosfera sopra il Polo Sud, dove tende di anno in anno a presentarsi di maggior entità e divenuto poi talmente grande da essere chiamato "BUCO DELL'OZONO". Le conseguenze di questo "buco" sono varie e ricadono sulla salute dell'uomo. L'assenza di ozono, infatti, fa venir meno il filtro naturale nei confronti dei raggi UV solari con conseguente crescita del rischio di cancro della pelle e le mutazioni del DNA. I raggi non filtrati inibiscono gradualmente la fotosintesi clorofilliana, con conseguente minore crescita delle piante e minor produzione di fitoplacton oceanico (il primo anello della catena alimentare marina). Come già accennato, alcune malattie causate dall'assottigliamento dell'ozonosfera possono essere i tumori della pelle e il danneggiamento delle molecole del DNA; un'altra conseguenza riversata sulla salute dell'uomo è la cecità, generata da danni irreversibili alla retina dell'occhio prodotti dai raggi ultravioletti. Gli esseri viventi, tra cui vi è ovviamente anche l'uomo, non sono in grado di difendersi dall'azione di questi raggi UV non filtrati. le normali difese immunitarie, infatti, sono il frutto di un'evoluzione durata milioni di anni, in cui le variazioni di ambiente sono sempre avvenute con gradualità. Uno "shock" come l'assottigliamento della fascia di ozono nei prossimi 100 anni potrebbe, quindi, minare le condizioni della vita su questo pianeta. Perciò così come l'ozonosfera è stata alla base della vita terrestre, la sua scomparsa può determinare la fine della vita terrestre. Nonostante ciò, però un gruppo di scienziati che ha monitorato e studiato il fenomeno, ha dichiarato che questa catastrofe annunciata si risolverà con un lieto fine. Entro il 2080, stando a quanto riposta un articolo del giornale "Repubblica", grazie soprattutto al bando dei prodotti cfc (clorofluorocarburi) , lo strato che ci protegge dai raggi UV si richiuderà completamente.

Scoperto nel 1985 al Polo Sud dallo scienziato britannico Jonathan Shanklin, il buco dell'ozono aveva messo subito in allarme il mondo intero, costringendo l'ONU a far firmare il protocollo di Montreal per l'abolizione dei clorofluorocarburi responsabili dell'assottigliamento della fascia di gas protettiva. Come spiega Claudio Cassardo, insegnante di meteorologia e fisica del clima e dell'atmosfera all'Università di Torino, nel giro di venticinque anni, la situazione però sembra essere radicalmente cambiata e gli esperti, con cauto ottimismo, prevedono un ripristino totale del buco dell'ozono. Oggi, però, è ancora presto per parlare di guarigione: i gas nocivi, infatti, restano per parecchi anni nell'atmosfera prima di svanire. Al momento gli esperti osservano una riduzione della velocità di assottigliamento dell'ozono, e pensano che ci vorranno altri venticinque anni prima che lo strato inizi a crescere di nuovo. Le dimensioni del buco, del resto, dipendono molto dall'andamento delle stagioni e ogni anno cambiano notevolmente. L'allarme, stando ai tecnici, dovrebbe comunque cessare completamente nel 2080, quando lo strato di ozono tornerà ai livelli del 1950, anno in cui ha iniziato a calare di spessore.
Nel 1786  fu notata e riconosciuta la presenza di un odore pungente in vicinanze di macchine elettrostatiche, come dovuta a un gas “nuovo” entrato a far parte della miscela di gas chiamata aria. Gli fu dato il nome di “ozono” dal verbo “odorare” in greco. La vera natura dell’ozono fu tuttavia accertata soltanto nel 1863. la sua formula chimica è O3 e il suo peso molecolare 48. E’ presente in elevate concentrazioni nella stratosfera. Le prime analisi quantitative del contenuto di ozono atmosferico furono effettuate nel 1921. L’importanza dell’ozono sul clima fu messa in evidenza nel 1926. La prima misurazione della distribuzione verticale dell’ozono stratosferico fu effettuata nel 1931. Scampato il pericolo degli aerei supersonici, la minaccia allo strato di ozono veniva ora individuata nei clorofluorocarburi e si trattava in questo caso di una minaccia molto seria. I clorofluorocarburi sono dei composti sintetizzati per la prima volta nel 1930 dall’americano Thomas Midgley e rappresentarono, a quel tempo, un vero successo industriale per le loro particolari caratteristiche.
Questi composti infatti sono stabili e inerti, non sono tossici, non sono infiammabili, ed è facile liquefarli per poi farli tornare alla stato gassoso: il che li rende utilizzabili per raffreddare gli ambienti. Dopo la seconda guerra mondiale, il capostipite della famiglia, il CFC-12, venne utilizzato in modo massiccio nella costruzione dei frigoriferi e per tale motivo assunse il nome commerciale di Freon. Il Freon viene compresso da un congegno posto all’esterno del frigorifero fino a renderlo liquido; questa operazione genera calore che si disperde nell’ambiente esterno. Il liquido viene quindi introdotto nella cella frigorifera dove trova un apposito ampio contenitore entro il quale ha spazio sufficiente per espandersi e ritornare allo stato gassoso. Il gas, espandendosi, si raffredda e con esso si raffredda l’interno del frigorifero. Quindi il Freon gassoso viene rinviato al compressore esterno e il ciclo ricomincia. La sicurezza nell’uso di questo gas sta proprio nella stabilità della molecola che nessun reagente chimico è in grado di scomporre. Il suo utilizzo nei frigoriferi derivava dal fatto che anche eventuali piccole perdite non avrebbero avvelenato i cibi. In precedenza il liquido refrigerante più usato in questi elettrodomestici era l’ammoniaca la quale è un composto molto tossico e di odore sgradevole. Il Freon viene anche usato nei condizionatori d’aria, compresi quelli montati sulle automobili, dove svolge lo stesso ruolo che nei frigoriferi.  Quando l’inventore di questo eccezionale prodotto lo presentò al pubblico, per dimostrare la non pericolosità della sostanza, ne aspirò i vapori che poi espirò lentamente, attraverso il naso, su una candela accesa spegnendola.


Schema riassuntivo della creazione del buco dell'ozono.


Non è la prima volta che un prodotto inventato dall’uomo si dimostra all’inizio del tutto innocuo e ricco di pregi e solo in un secondo tempo evidenzia i suoi difetti. Capitò la stessa cosa con il DDT un insetticida che all’inizio fu accolto con entusiasmo per la sua azione decisa e infallibile sui parassiti, ma che successivamente dovette essere ritirato dal mercato perché si rivelò pericoloso per la salute dell’uomo.  Nel corso degli anni la famiglia dei CFC si arricchì sempre di più e con essa si allargarono gli usi di questi prodotti. Il CFC-11 si rivelò adatto alla costruzione di isolanti termici molto usati nelle abitazioni e, insieme al capostipite CFC-12, fu impiegato come propellente nelle bombolette spray. Il CFC-13 è un solvente impiegato nell’industria elettronica per rimuovere minuscole impurità dalle piastrine di silicio.  Paradossalmente proprio la mancanza di reattività rende i clorofluorocarburi potenzialmente pericolosi per l’ozono della stratosfera. A causa della loro stabilità questi composti hanno infatti vita lunghissima che si stima fra i 75 e i 100 anni, e quindi hanno tutto il tempo, una volta usciti dai vecchi frigoriferi o dalle bombolette spray, di disperdersi nell’ambiente e salire, grazie alla loro bassa densità, fino a raggiungere le quote più alte dell’atmosfera. Qui i raggi ultravioletti ne spezzano le molecole liberando l’atomo di cloro il quale dà inizio ad una serie di reazioni che terminano con la scomposizione delle molecole di ozono. L’atomo di cloro sottrae un atomo di ossigeno dalla molecola di ozono riducendola ad ossigeno molecolare O2 che non è più in grado di bloccare le radiazioni ultraviolette. Il cloro, dopo aver catturato un atomo di ossigeno, lo cede ad un altro atomo di ossigeno ritornando quindi libero di aggredire un'altra molecola di ozono.
La reazione può ripetersi molte volte fino a distruggere con un solo atomo di cloro fino a 30 o 40 mila molecole di ozono. Anche in piccole dosi i clorofluorocarburi sono quindi pericolosi. Ma questi prodotti, presenti nell’atmosfera, attualmente non sono più in piccole dosi: ormai se ne sono accumulate milioni di tonnellate. E anche se si decidesse di interrompere istantaneamente la produzione e l’uso dei CFC, cosa fra l’altro prevista da accordi internazionali per l’inizio del nuovo secolo, l’ozono continuerebbe a diminuire perché, come abbiamo detto, i clorofluorocarburi hanno vita lunghissima tanto che per ripristinare le condizione di partenza ci vorrebbe più di un secolo di pulizia.  Dopo che fu chiaro che i maggiori responsabili del disastro che si stava consumando erano i CFC, i rappresentanti dei Paesi maggiormente industrializzati si riunirono a Vienna nel 1985 e l'anno successivo a Ginevra per discutere il problema e trovare le soluzioni più opportune. Il risultato delle relazioni riguardanti il problema della protezione della fascia di ozono portò al cosiddetto Protocollo internazionale di Montreal, ratificato anche dall’Italia nell’agosto del 1988. In quell’occasione gli USA erano propensi ad un taglio netto della produzione di clorofluorocarburi mentre gli Europei tergiversavano. I Paesi del terzo mondo, ovviamente, erano contrari a qualsiasi limitazione della produzione e della utilizzazione di un prodotto indispensabile per soddisfare alcune esigenze di sviluppo dei loro Paesi. Alla fine 34 Nazioni di tutto il mondo si accordarono per una riduzione del 50% dei consumi mondiali di CFC entro il 1998 e l’eliminazione completa di questo prodotto entro il 2000. Trentaquattro Nazioni, anche se le più industrializzate, non rappresentano tuttavia il mondo intero.
Gli americani propendevano per l’eliminazione completa di questo prodotto perché alcune società di quel Paese erano già in grado, dieci anni fa, di immettere sul mercato prodotti sostitutivi dei CFC apparentemente meno dannosi. La stessa cosa non erano in grado di fare i Paesi europei e tanto meno i Paesi terzi. Oltre a quelli economici esistono anche problemi sociali, non equamente distribuiti, legati al posto di lavoro di centinaia di migliaia di persone. Gli USA, ad esempio, che hanno pronti i prodotti alternativi, dalla messa al bando dei CFC trarrebbero vantaggio perché una soluzione del genere rafforzerebbe il settore chimico e quello elettronico-informatico di quel Paese.  Alcuni Paesi, approfittando del fatto che le certezze in campo scientifico non esistono e che la sicurezza matematica sugli effetti a lungo termine dei CFC non può essere dimostrata, invitano ad attendere per saperne di più. Questo atteggiamento, apparentemente ragionevole, potrebbe però rivelarsi pericoloso perché rimandando la soluzione del problema si rischierebbe di arrivare troppo tardi al rimedio. Questa vicenda mette in evidenza una volta di più come la solidarietà, al di là delle frontiere nazionali e sociali, sia una condizione tutt’altro che acquisita.