LE SPEDIZIONI DI CRISTOFORO COLOMBO
Presunto ritratto di Cristoforo Colombo. |
Dopo la caduta di Costantinopoli avvenuta nel 1453, il commercio tra Oriente
e Occidente entrò in crisi. Poiché i Turchi impedivano di raggiungere l'Oriente
e quindi di far progredire il commercio, molti navigatori si adoperarono
per cercare nuove vie di comunicazione con l'Oriente cercando di aggirare lo
sbarramento turco.
Un navigatore genovese, Cristoforo Colombo, basandosi sulle informazioni
raccolte nel corso dei suoi viaggi e sullo studio delle carte nautiche disegnate
dal fratello, si convinse che la Terra fosse almeno del 25% più piccola di
quanto all'epoca si riteneva, e che fosse occupata per la maggior parte da terre
emerse. Sulla base di queste errate considerazioni, Colombo ritenne con
sicurezza di poter raggiungere rapidamente l'Asia navigando verso occidente.
Nel 1484 sottopose la sua teoria al re del Portogallo Giovanni II, che però
rifiutò di finanziare la spedizione, in quanto i suoi calcoli erano ritenuti
sbagliati. Colombo si trasferì quindi in Spagna, dove il suo progetto ottenne il
sostegno di numerose persone importanti, che nel 1486 gli assicurarono un
incontro con la regina Isabella di Castiglia. Come già era accaduto in
Portogallo, anche in Spagna inizialmente il suo piano fu respinto, ma in seguito
Ferdinando II e Isabella accettarono di finanziare la sua spedizione.
Nell'agosto del 1492 Colombo lasciò la spagna, con a seguito una piccola flotta
costituita da una nave più grande e da due caravelle di minori dimensioni. Dopo
due mesi di navigazione, ancora non si vedeva alcuna terra in vista e cresceva
la sfiducia dell'equipaggio nei confronti del proprio comandante. Ma, all'alba
del 12 ottobre 1492, la terra fu avvistata e la spedizione sbarcò in un'isola
delle attuali Bahamas, che venne ribattezzata San Salvador. Nelle settimane successive
le tre navi approdarono nell'attuale Cuba e a Hispaniola, tutte isole che
Colombo riteneva fossero situate nei mari dell'Asia. Nel mese di dicembre la
Santa María, la nave più grande, naufragò e le rimanenti due caravelle
iniziarono il viaggio di ritorno e raggiunsero la Spagna nel marzo 1493.
Nel settembre di quello stesso anno Colombo lasciò la Spagna per una seconda
spedizione, questa volta con un seguito di 17 navi e 1500 uomini di equipaggio.
Nel corso del viaggio sbarcò in diverse isole e nelle vicinanze del Capo
Isabella, fondò la Colonia di Isabella, che fu il primo insediamento fisso
europeo nel Nuovo Mondo. Al suo ritorno i sovrani gli promisero che avrebbero
finanziato una sua nuova spedizione, che fu organizzata però solo due anni dopo.
Mappa che rappresenta la divisione dei territori
secondo la linea Alessandrina: i territori indicati in marrone scuro
appartenevano alla Spagna, quelli indicati in marone chiaro al
Portogallo.
Colombo partì così per il suo terzo viaggio nel 1498, durante il quale avvistò e
visitò numerose altre isole. Ma il modo negativo in cui gestiva la Colonia,
indusse i sovrani a levargli l'incarico di governatore e di farlo ritornare in
Spagna in stato di arresto. Dopo aver convinto la Regina a liberarlo e a
concedergli un'ultima occasione, nel 1502 partì per una quarta spedizione, alla
ricerca di un nuovo passaggio che lo avrebbe condotto direttamente in Asia. La
spedizione continuò per circa due anni, ma senza alcun risultato e nel 1504 i
pochi superstiti fecero ritorno in Spagna. Mentre Colombo trascorreva gli ultimi
anni della sua vita, un navigatore Italiano di nome Amerigo Vespucci, aveva
compiuto anch'esso diverse spedizioni nelle nuove terre scoperte ed in seguito
ad alcuni studi, capì che quei territori non facevano parte dell'Asia, ma di un
nuovo continente che egli chiamò "Nuovo Mondo".
Cristoforo Colombo avvistò le coste dell'America Meridionale per la prima volta
soltanto durante il suo terzo viaggio, nel quale si spinse fino alla foce
dell'Orinoco.
LE PRIME ESPLORAZIONI IN SUDAMERICA
Dopo il primo viaggio di Cristoforo Colombo, tra la Spagna e il Portogallo si aprì una contesa riguardo al possesso dei territori del nuovo mondo, che fu risolta nel 1493 grazie alla decisione del papa Alessandro VI di tracciare un confine, la cosiddetta "linea alessandrina": questa linea di demarcazione fu tracciata da Nord a Sud, a ovest delle Azzorre, e inizialmente attribuiva tutti i territori a est della linea al Portogallo e quelli a ovest alla Spagna; in seguito con il trattato di Tordesillas fu modificata con la conseguenza che al Portogallo fu assegnato anche il dominio di circa un quarto dell'odierno Brasile
Nell'aprile del 1500 il portoghese Pedro Alvares Cabral approdò al largo del Brasile, ma la prima esplorazione vera e propria delle regioni interne dell' America Meridionale fu effettuata dal tedesco Bartholomäus Welser nel 1529: egli si comportò alquanto violentemente nei confronti dei nativi americani e per questo motivo Carlo V ridusse l'estensione dei suoi territori.
Nel 1531 il conquistador spagnolo Francisco Pizarro si spinse da Panamà
verso Sud, invadendo l'impero degli Incas: anche grazie a questa importante
conquista egli divenne particolarmente importante in America Meridionale;
nello stesso anno egli si alleò con Diego de Almagro, conquistando la parte
settentrionale del Cile.
Un altro personaggio importante fu Pedro de Mendoza che, nel 1536, fondò la
colonia di Buenos Aires.
In due anni, dal 1536 al 1538, Gonzalo Jiménez de Quesada soggiogò alcune tribù e fondo Santa Fe de Bogotà. Nel 1539 il fratello di Francisco pizarro, Gonzalo, attraversò le Ande e raggiunse il Rio delle Amazzoni. Nel 1541 il conquistador pedro de Valdivia fondò la colonia di Santiago. Oltre agli Spagnoli anche i Portoghesi fondarono numerose colonie sulla costa Orientale.
I primi indigeni con cui Colombo entrò in contatto furono i Tainos, una pacifica popolazione contadina. Nel suo primo viaggio, Colombo si disse stupito della buona accoglienza che essi gli avevano riservato. Tuttavia nel secondo viaggio, questi indigeni vennero sottomessi e ridotti in schiavitù. Poco dopo, il vaiolo cominciò a mietere vittime, fino a portare l'intera tribù all'estinzione. Il progressivo decadimento della cultura india però, non si può attribuire soltanto ai conquistadores spagnoli, ma anche al fatto che le popolazioni locali, al loro arrivo, erano già profondamente scisse.
|
Il governo delle colonie sudamericane era basato su un'oligarchia proveniente dall'Europa, che controllava i nativi americani: questa oligarchia era basata sul potere di alcuni funzionari, seguiti da un'esigua classe di latifondisti e mercanti e dal clero. Coloro che detenevano effettivamente il potere erano i "peninsulares", cioè quelli che provenivano dalla penisola iberica: questi potenti avevano interesse soltanto nell'accumulare ricchezze per tornare poi in Europa e di fatto escludevano coloro che provenivano da altre zone dell'Europa, i cosiddetti "creoli" che, a causa di ciò, si schierarono dalla parte dei nativi americanai.
Non ci sono dati precisi che riguardano soltanto l'Amerca meridionale, ma secondo lo studioso David Carrasco prima della conquista la popolazione delle Americhe aveva raggiunto gli 80 milioni di abitanti e, in seguito al brutale intervento degli europei, che portarono nel nuovo mondo anche malattie, i sopravvissuti non costituivano più del 15%: questi ultimi furono sfruttati nelle piantagioni e nelle miniere. E' noto inoltre che, quando la manodopera autoctona cominciò a scarseggiare, si sviluppò il commercio triangolare.
Nonostante ciò la cultura dei nativi americani non si estinse completamente, ma si unì con quella dei colonizzatori Europei e in parte anche con quella degli schiavi africani, dando così origine ad uno stato caratterizzato tuttora da una mescolanza di culture.
Di fronte al lento progresso dell’evangelizzazione dei primi anni, i missionari compresero che era necessario conoscere a fondo la mentalità e la cultura indigena per presentare il Vangelo nel modo più adeguato. Con un lavoro di vera e propria premessa alla diffusione della cultura, essi studiarono le istituzioni, gli usi e i costumi degli indios, raccolsero con impegno le testimonianze culturali amerinde più antiche, dando così inizio alla moderna etnografia, e appresero gli idiomi locali, dedicandosi anche alla stesura di grammatiche e vocabolari. Agendo così, fecero in modo che le lingue indigene, fino ad allora soltanto orali, compiessero un importante salto qualitativo, introducendo anche la scrittura alfabetica, che diede loro la possibilità di superare l’arcaica struttura che le caratterizzava e di raggiungere la cultura uno stadio più elevato di cultura.
Infine, i conquistadores e i missionari procedettero a molti atti di fondazione, erigendo città e creando istituzioni di governo, e realizzando una fondamentale opera di civilizzazione, analoga a quella compiuta dalla Chiesa in Europa durante il Medioevo. Costruirono case e chiese, promuovendo l’agricoltura e l’allevamento degli animali, creando scuole di arti e mestieri, aprendo ospedali e numerosissimi centri di carità, fondando collegi e università, la prima delle quali a Santo Domingo, nel 1538, a meno di cinquant’anni dalla scoperta.
L’opera di evangelizzazione e di civilizzazione degli indigeni favorì anche la creazione di un grande patrimonio artistico, frutto dell’incontro fra la cultura cattolica e la sensibilità delle popolazioni locali, come quadri raffiguranti soggetti originali (le Vergini mulatte, gli arcangeli archibugieri di Cuzco, in Perú, e le statue dei dodici profeti nel santuario del Bom Jesús, a Congonhas do Campo, in Brasile).