
| 
		 
  | 
	
Vi sono poi gli abitanti di colore, evidentemente discendenti degli schiavi africani. Infine poi si possono aggiungere anche i muzatti e gli zambos.
 Nonostante la vastità del territorio, l’America meridionale 
conta appena 380 milioni di abitanti.
 
La 
popolazione sudamericana si è andata costituendo lungo tutto il periodo della 
colonizzazione e nel secolo seguito all’indipendenza attraverso una serie di 
migrazioni, provenienti soprattutto dalla penisola iberica e dall’Africa. 
Infatti la popolazione autoctona, decimata dalle guerre di conquista e dalle 
malattie portate dagli europei, venne rimpiazzata da coloni spagnoli e 
portoghesi e da schiavi africani, ai quali si aggiunsero, a partire dalla fine 
del XIX secolo, italiani, tedeschi, slavi e altri europei. La preminenza delle 
lingue spagnola e portoghese e della religione cattolica, importate dalla 
penisola iberica, sono alla base dell’altra denominazione di America latina che 
il Sudamerica condivide con l’America centrale e caraibica, distinguendosi dalla 
parte settentrionale caratterizzata inizialmente da un popolamento di matrice 
anglosassone e francese. Le ondate migratorie più cospicue si ebbero nei primi 
decenni del XX secolo. Dal 1930 il flusso migratorio europeo si ridusse, mentre 
assunsero rilievo gli spostamenti dalle regioni interne e rurali alle città e 
alle regioni costiere. Benché la densità media sia di 22 abitanti per km², la 
popolazione sudamericana è oggi concentrata negli agglomerati urbani (79% della 
popolazione) e la metà dei paesi presenta una densità demografica inferiore ai 
20 abitanti per km². Poco meno del 50% della popolazione vive in Brasile; oltre 
un quinto risiede in Colombia, Venezuela ed Ecuador. L’incremento demografico 
naturale e le migrazioni dalle aree periferiche hanno determinato una crescita 
della popolazione urbana superiore al 4% annuo. In Argentina, Cile e Uruguay, il 
tasso di crescita demografica urbana è rallentato, ma nelle regioni centrali e 
settentrionali le città continuano ad attrarre centinaia di migliaia di persone 
ogni anno. L’urbanizzazione dell’America latina ha aspetti problematici e spesso 
drammatici. Essa dipende in massima parte da una fuga dalle campagne, dove la 
proprietà è concentrata nelle mani di ricchissimi latifondisti. Ne deriva la 
formazione di vasti quartieri urbani e suburbani, variamente denominati 
(favelas, barrios, villas miserias)che circondano e si affiancano ai centri 
cittadini, ove i grattacieli delle società minerarie e delle banche si alternano 
alle cattedrali e agli edifici storici della prima colonizzazione portoghese e 
spagnola. Nei paesi più urbanizzati – Argentina, Brasile, Cile, Uruguay e 
Venezuela – almeno l’80% della popolazione vive nelle città; in quelli meno 
urbanizzati – Bolivia, Ecuador e Paraguay – circa il 60%