TERRITORIO

La Somalia, pur presentando una cospicua fascia costiera, possiede pochi porti naturali. A nord del golfo di Aden si estende una pianura rivierasca, mentre la parte settentrionale del paese è dominata da una serie di catene montuose che presentano in media elevazioni comprese tra i 915 e i 2.135 metri. Un aspro altopiano, che dai 500 m si abbassa fino ai 183 m nell’estremo sud, occupa la sezione meridionale interna, mentre un’ampia pianura costiera, con molte dune sabbiose, si affaccia sull’oceano Indiano. L’altopiano meridionale è attraversato dai due maggiori corsi d’acqua del paese: lo Uebi Scebeli, che scorre nella zona centrale, e il Giuba nella zona più meridionale.

-CLIMA

Il clima della Somalia è di tipo tropicale e subtropicale, con condizioni di aridità e di semiaridità. La temperatura media è di circa 28 °C, ma può presentare valori minimi che raggiungono gli 0 °C nelle zone montuose, e massimi di 47 °C lungo la costa. Lo spirare dei monsoni determina una stagione secca da settembre a dicembre, e una stagione piovosa da marzo a maggio. La media annua delle precipitazioni è di soli 280 mm.

-FLORA E FAUNA

La vegetazione è caratterizzata da vaste estensioni di savana, dove crescono soprattutto arbusti spinosi e alberi di acacia. Sui versanti dei rilievi sono presenti specie arboree dalle quali si ricavano resine aromatiche quali incenso e mirra. Nel sud del paese si trovano eucalipti, euforbie e alberi di mogano. La fauna è abbondante in tutto il paese e comprende, tra i mammiferi, l’elefante, la giraffa, il leopardo, il leone e la zebra, oltre a numerose specie di rettili velenosi; il coccodrillo popola i fiumi.

-PROBLEMA E TUTELA DELL'AMBIENTE

La Somalia è in uno stato di disordine civile dal 1991, quando fu rovesciato il governo centrale. Da allora, le questioni ambientali riguardanti il paese sono state trascurate mentre le fazioni rivali combattevano per il controllo politico.
La Somalia è uno dei paesi più poveri e meno sviluppati al mondo, completamente dipendente da un’agricoltura di sussistenza. Soltanto l’1,7% (2003) del territorio del paese è coltivabile e lo 0,3% (2003) è irrigato. L’eccessivo sfruttamento dei pascoli, la deforestazione e i ricorrenti, lunghi periodi di siccità sono stati causa di desertificazione.
Soltanto il 29% (2004) della popolazione somala usufruisce di sorgenti d’acqua sicure.
Prima della guerra civile nel paese soltanto lo 0,74% (2007) del territorio della Somalia era ufficialmente protetto; l’unica riserva naturale riconosciuta è quella di Alifuuto. Anche quando vi era una relativa stabilità politica, le aree protette accusavano problemi di bracconaggio, di sfruttamento illegale del legname e di sovrapascolo. Il paese è abitato da 64 specie animali minacciate di estinzione.
La Somalia ha ratificato un accordo internazionale a tutela delle specie in via d’estinzione e la Convenzione sul diritto del mare. Il paese ha firmato anche accordi che limitano gli esperimenti sulle armi nucleari e l’inquinamento marino.

POPOLAZIONE


Un nomade somalo

Nel 2008 il paese aveva una popolazione di 9.379.907 abitanti, con una densità media di 15 abitanti per km².
La maggioranza della popolazione è costituita da somali, un popolo appartenente all’etnia cuscita con una rigida struttura sociale suddivisa in clan (detti rer), accomunati tuttavia dalla lingua, dalla religione e dalla tradizione culturale. Nella zona meridionale del paese vive una piccola minoranza di lingua bantu; altri gruppi minoritari sono costituiti da arabi, indiani, italiani e pakistani. La popolazione è composta perlopiù da pastori, nomadi o seminomadi.

-LINGUA E RELIGIONE

Le lingue ufficiali sono il somalo e l’arabo, ma vengono parlati anche l’inglese e l’italiano. La religione più diffusa è l’islam di tradizione sunnita.

-ISTRUZIONE E CULTURA

Fino all’epoca del conflitto civile, scoppiato agli inizi degli anni Novanta, l’istruzione era gratuita e obbligatoria dai 6 ai 14 anni d’età. In seguito a una campagna governativa contro l’analfabetismo, il tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta, nel 1995, raggiunse il 24,1%. Il sistema scolastico è in seguito entrato in crisi e la maggior parte degli istituti è stata chiusa, compresa l’Università nazionale somala di Mogadiscio (1954).

ECONOMIA


Venditrice di pomodori di strada

 A partire dai primi anni Novanta l’economia della Somalia è stata sconvolta dalla guerra civile; in precedenza si basava essenzialmente sull’allevamento del bestiame e sull’agricoltura, di una certa rilevanza solo nel sud del paese, ed erano stati avviati dei piani governativi di sviluppo, sostenuti da incentivi e prestiti stranieri, indirizzati a diversificare e a modernizzare l’economia. Nel 1990 il prodotto nazionale lordo fu di 959.248.770 $ USA, pari a circa 290 dollari pro capite.

-AGRICOLTURA, RISORSE FORESTALI E PESCA

La popolazione della Somalia è tradizionalmente occupata nella pastorizia, con piccoli allevamenti di caprini, ovini, cammelli e bovini, mentre il settore agricolo si basa sulla coltivazione di granturco, sorgo, banane e sesamo. Dalla silvicoltura si ricavano incenso e mirra, destinati al mercato delle esportazioni, e discrete quantità di legname. La pesca è destinata prevalentemente al consumo interno. Nel 1990 il 75% della popolazione attiva era occupato nel settore primario.

-INDUSTRIA

All’insorgere della guerra civile l’industria era ai primi stadi di sviluppo e operava con pochi impianti nella produzione di cemento, nella lavorazione del cotone, nella conservazione della carne e del pesce. Altri insediamenti industriali comprendevano impianti per il trattamento di semi oleosi, la lavorazione della frutta, la concia delle pelli, la produzione di calzature e, infine, la raffinazione del petrolio e dello zucchero. Solo l’8% (1990) della forza lavoro era occupato nelle attività manifatturiere.

-COMMERCIO E FINANZA

Nel 2000 il valore totale delle esportazioni fu di 110 milioni di dollari USA, a fronte di importazioni per 250 milioni di dollari. Tra le merci tradizionalmente esportate, le principali sono banane e bestiame, ma anche carne, pesce, pelli e legname. Le importazioni consistono in generi alimentari, prodotti chimici, macchinari, prodotti tessili e petrolio. I principali partner commerciali sono l’Italia, la Gran Bretagna, la Germania, il Kenya, gli Stati Uniti e la Cina.


Scellino somalo

L’unità monetaria corrente è lo scellino somalo, suddiviso in 100 centesimi ed emesso dalla Banca centrale della Somalia. Il paese è membro della Banca per lo sviluppo islamico e della Banca per lo sviluppo africano.

-TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONE

In Somalia non c’è una rete ferroviaria. La rete stradale si sviluppa per circa 22.100 km ed è asfaltata solo per il 12%; il porto principale è Mogadiscio. Dall’inizio degli anni Novanta diverse linee aeree straniere assicurano i collegamenti internazionali.

ORDINAMENTO DELLO STATO

Precedentemente divisa tra un protettorato britannico (Somaliland) e una colonia italiana, la Somalia raggiunse l’indipendenza nel 1960. Dopo il colpo di stato di Muhammad Siad Barre (1969) nel paese venne instaurato un regime autoritario, crollato nel 1991. In quello stesso anno il Somaliland proclamò l’indipendenza, non riconosciuta dalla comunità internazionale, mentre nel resto del paese scoppiò una violenta guerra civile. Da allora la Somalia è praticamente priva di un governo e di istituzioni centrali e in balia delle milizie di vari clan e signori della guerra.

Dopo la fallimentare operazione “Restore Hope” (1992-1995) delle Nazioni Unite e una dozzina di tentativi rivolti a trovare un compromesso tra le varie forze in campo e riportare la pace nel paese, nel 2004 un accordo tra i principali clan e signori della guerra ha consentito la costituzione di un governo di transizione e di un Parlamento di 275 membri, prima con sede a Nairobi poi a Baidoa (Baydhabo), situata circa 250 chilometri a nord-ovest di Mogadiscio. La guerra civile tuttavia non si è fermata. Agli inizi del 2006 si è rafforzato il controllo su ampie zone di Mogadiscio e del sud del paese da parte delle cosiddette “Corti islamiche”, le cui milizie sono state poi costrette a ritirarsi nel sud del paese dall’avanzata congiunta delle forze del governo di transizione e delle truppe etiopiche.

STORIA


Due soldati somali con un bambino

Nell’antichità la regione era conosciuta dagli egizi con il nome di Terra di Punt; a partire dal II e fino al VII secolo d.C. parte del territorio fu incluso nel regno etiope di Axum. Nel VII secolo alcune tribù arabe si stanziarono lungo le coste del golfo di Aden e diedero vita a un sultanato che aveva il suo centro nel porto di Zeila. Nel XIII secolo, genti provenienti dallo Yemen si insediarono nella regione e nel corso del XVI secolo il sultanato fu smembrato in piccoli stati indipendenti, alcuni dei quali retti da capi somali. Zeila divenne una dipendenza dello Yemen e in seguito fu conquistata dagli ottomani.

-IL PROTERRORATO BRITANNICO

Nel 1839 la Gran Bretagna stabilì un controllo sul golfo di Aden, allo scopo di proteggere le vie di commercio e di offrire alle sue navi un ancoraggio sicuro. Alla metà degli anni Settanta l’Egitto, ignorando le proteste dei turchi, occupò alcune città costiere somale e parte delle zone interne a esse adiacenti. Quando nel 1882 le truppe egiziane si ritirarono nel tentativo di placare la ribellione del Mahdi nel Sudan, la Gran Bretagna – che mirava al controllo della rotta per l’India attraverso il canale di Suez, inaugurato nel 1869 – occupò il territorio e nel 1887 ne fece un protettorato, noto come Somaliland Britannico.

Tra il 1899 e il 1910 il controllo britannico delle zone interne del protettorato fu contrastato dalle rivolte dei dervisci guidati da Muhammad Abdullah Hasan (ribattezzato dagli inglesi Mad Mullah, “mullah pazzo”); nel 1910 i britannici si ritirarono nelle zone costiere e solo nel 1920 riuscirono a sottomettere i rivoltosi.

-LA COLONIZZAZIONE ITALIANA

Gli interessi italiani nei confronti della costa somala crebbero verso la fine del XIX secolo. Attraverso trattati con sultanati locali e accordi con Gran Bretagna, Etiopia e Zanzibar, l’Italia riuscì a ottenere un punto d’appoggio lungo le coste dell’oceano Indiano, poi estese il proprio controllo verso l’interno nel quadro del trattato di Londra del 1915 e di altri accordi seguiti alla prima guerra mondiale (le frontiere definitive della colonia italiana vennero fissate nel 1920).

Per due decenni, la colonizzazione italiana in Somalia si concentrò nella regione di Mogadiscio, lasciando ai vari sultanati un’ampia autonomia. L’impegno nella guerra di Libia e nella prima guerra mondiale causò un ulteriore allentamento del controllo italiano sul territorio e soprattutto sui sultanati del nord. La situazione cambiò con l’avvento del fascismo (1922), le cui ambizioni imperiali oltre che coloniali determinarono un forte mutamento ideologico del governo italiano verso i possedimenti africani. Inoltre, in Somalia venne inviato nel dicembre 1923 il nuovo governatore Cesare Maria De Vecchi. Quadrumviro della marcia su Roma e responsabile della milizia fascista, De Vecchi si ispirava a una visione pura e rivoluzionaria del fascismo ed era presto entrato in contrasto con Benito Mussolini. Contro il parere degli stessi vertici dell’esercito, De Vecchi decise di negare ai sultanati quell’autonomia di fatto che in passato aveva assicurato alla colonia una sostanziale stabilità e a imporre il suo comando sul paese. Potenziate le forze militari, il nuovo governatore lanciò quindi una vasta campagna militare prima nel sud del paese, poi nel nord, dove incontrò una strenua resistenza da parte dei capi locali. De Vecchi ricorse a una politica del terrore, in cui si distinsero gli squadristi che lo avevano accompagnato in Somalia, le truppe mercenarie africane (ascari), ma anche, in diverse occasioni, gli stessi coloni italiani, i quali ebbero in contropartita la piena libertà di imporre alla manodopera locale condizioni ai limiti della schiavitù.

Nel 1936 l’Italia riunì i territori somali con quelli dell’Eritrea e dell’Etiopia, appena conquistata, per formare lo stato coloniale dell’Africa orientale italiana . In seguito all’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale a fianco della Germania, nel 1940 le truppe italiane invasero il Somaliland Britannico, che gli inglesi riconquistarono l’anno seguente.

Con il trattato di pace di Parigi del 1947, l’Italia fu costretta a rinunciare ai possedimenti in Africa e la responsabilità per l’assetto delle ex colonie fu assegnata ai cosiddetti “quattro grandi” (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica). Nel 1948, non avendo raggiunto un accordo soddisfacente, i “quattro grandi” ricondussero la questione al vaglio dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che nel novembre 1949 approvò un piano che assegnava all’Italia la sua ex colonia in amministrazione fiduciaria per un periodo di dieci anni (1950-1960), finito il quale la Somalia avrebbe conseguito l’indipendenza. Negli anni Cinquanta andò rafforzandosi il movimento nazionalista, in cui ebbe una parte importante la Lega nazionale somala.

--L'INDIPENDENZA


Mohamed Siad Barre (Scilave, Etiopia, 1919 - Lagos, Nigeria, 2 gennaio 1995)

Il 1° luglio 1960 la Somalia divenne indipendente, riunendo nel suo territorio l’ex protettorato britannico del Somaliland (divenuto indipendente il 26 giugno); nello stesso anno venne eletto alla presidenza del nuovo stato Aden Abdullah Osman Daar. Le aspirazioni nazionalistiche di riunire in una “Grande Somalia” tutti i somali della regione, causarono nel 1963-64 forti tensioni con il Kenya e l’Etiopia. Nel 1967 venne eletto alla presidenza Abdi Rashid Alì Shirmarke, mentre la guida del governo venne affidata a Mohamed Ibrahim Egal. Questi cercò di stemperare le tensioni con i vicini, ma non impedì il diffondersi della corruzione e il colpo di stato dell’ottobre 1969 di Muhammad Siad Barre venne accolto con sollievo dalla popolazione.

Nel 1970 Barre si avvicinò all’Unione Sovietica, dichiarando la Somalia stato socialista. Negli anni successivi nazionalizzò la maggior parte delle attività economiche del paese; lanciò nel contempo una campagna di alfabetizzazione (favorendo la diffusione dell’alfabeto latino) e cercò di ridurre il peso dei clan sulla società. Nel 1974 la Somalia entrò nella Lega araba. Nello stesso anno il paese fu colpito dalla siccità e una grave carestia seminò migliaia di morti fino a tutto il 1975.

-LA GUERRA DELL'OGADEN

Rafforzato il suo apparato militare, nel 1977 Barre si apprestò ad avviare il disegno politico della Grande Somalia, lanciandosi alla conquista dell’Ogaden con il beneplacito degli Stati Uniti. L’Etiopia, ancora indebolita dal radicale cambio al vertice dello stato avvenuto nel 1974, venne inizialmente costretta a cedere l’Ogaden alle truppe somale, ma nel 1978, grazie al sostegno di Cuba e dell’Unione Sovietica, scatenò una violenta controffensiva riappropriandosi della provincia. Due milioni di somali vennero costretti ad abbandonare l’Ogaden e a cercare rifugio in Somalia, aggravando le condizioni del paese. Le ostilità con l’Etiopia continuarono fino al trattato di pace siglato nel 1988.

-IL CONFLITTO ETNICO

Grazie all’importanza strategica della sua posizione, negli anni Ottanta la Somalia usufruì di forti aiuti economici dai paesi occidentali e in particolare dagli Stati Uniti, ai quali in cambio venne concesso l’uso della vecchia base militare sovietica di Berbera. Consistenti aiuti in soldi e armi al regime di Barre giunsero dall’Italia, andando ad alimentare traffici illegali e ad aggravare la corruzione degli apparati politici e militari del regime. La sconfitta subita con l’Etiopia ridiede fiato alle opposizioni interne, ai clan ostili al regime e al Movimento nazionale somalo (MNS), fautore dell’indipendenza del Somaliland. Nel 1988, Barre lanciò una violenta offensiva contro il MNS, mettendo a ferro e fuoco la città di Hargeysa. Alla fine degli anni Ottanta emersero altri movimenti di opposizione, sostenuti dai diversi gruppi etnici. La guerra civile riprese vigore e nel gennaio 1991 Barre fu costretto ad abbandonare Mogadiscio. Nel corso dello stesso anno l’ex Somaliland britannico proclamò l’indipendenza, con Mohamed Ibrahim Egal alla presidenza. Nei due anni successivi circa 50.000 persone furono uccise in scontri armati tra opposte fazioni e quasi 300.000 persone morirono di inedia a causa della difficoltà di distribuire aiuti e cibo nel paese devastato dalla guerra.

-IL FALLIMENTO DI "RESTORE HOPE"

Nel dicembre 1992 un contingente della forza di pace delle Nazioni Unite (ONUSOM), guidato dagli Stati Uniti, venne inviato in Somalia nel tentativo di restaurare l’ordine e di permettere alle organizzazioni internazionali di riprendere la distribuzione di viveri e fornire assistenza umanitaria; all’operazione venne dato significativamente il nome “Restore Hope” (“Riportare la speranza”). Il contingente dell’ONU tuttavia non seppe affrontare la complessa situazione etnica e politica somala e non sempre operò in modo equidistante tra le varie fazioni; di fatto, l’operazione fallì e nel marzo del 1995 le forze dell’ONUSOM abbandonarono un paese lacerato da un conflitto ancora più aspro tra le fazioni rivali del generale Mohamed Farah Aidid e di Mohamed Alì Mahdi.

-LA FRAMMENTAZIONE DEL PAESE


Vittima di un colpo di pistola all'ospedale Dr. Hawa Abdi Camp appena fuori Mogadishu, Nov. 23, 2007

Privo di un’autorità centrale, il paese venne escluso da tutte le istanze internazionali. Le condizioni della popolazione, già molto critiche, peggiorarono in seguito all’evacuazione della gran parte delle organizzazioni umanitarie, costrette a lasciare il paese dalla caotica situazione e dalla presenza di centinaia di bande armate fuori da ogni controllo.

Nell’estate del 1996 al generale Aidid, morto nel corso di un combattimento, succedette il figlio Hussein, che stabilì la sua egemonia su una parte del centro e del sud del paese. Il Somaliland ricostruì un vero e proprio stato dotandosi di una Costituzione, di un Parlamento e di un ristretto numero di funzionari (circa 6000, su una popolazione di due milioni di abitanti); nel 1997 Mohamed Ibrahim Egal venne confermato alla presidenza. In altre regioni del paese (nel Puntland, nel Bari, nel Nugal e nel Mudug) sorsero governi su base clanica, che assicurarono una certa stabilità e la ripresa di una minima attività economica. A differenza del Somaliland, queste strutture “quasi statali” non proclamarono formalmente l’indipendenza, né si espressero a favore della ricostituzione di uno stato centrale. Una buona parte della Somalia, soprattutto la fascia meridionale e la regione di Mogadiscio, rimase invece in preda a un violento conflitto, alimentato dalla rivalità tra i vari signori della guerra e, tra il 1998 e il 2000, anche dalla guerra tra l’Eritrea e l’Etiopia, che vide la partecipazione delle milizie di alcuni clan al fianco delle truppe di Asmara.

Nel gennaio 1997 l’Etiopia e il Kenya organizzarono un primo incontro tra i rappresentanti delle diverse fazioni somale, che si concluse con un formale accordo che non ebbe tuttavia esiti pratici. Nel 1999, a Gibuti, la Conferenza di riconciliazione nazionale, che riuniva alcune fazioni somale, lanciò un piano di ricostruzione dello stato; patrocinato dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD; una struttura creata nel 1992 con l’adesione di diversi paesi della regione) e sostenuto dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dalla Lega Araba, il piano incontrò l’ostilità della gran parte dei clan. Nell’estate del 2000 vennero tuttavia eletti un presidente, un governo e un Parlamento provvisori con sede a Gibuti.

La Somalia restò quindi divisa tra fazioni armate e abbozzi di nuove formazioni governative, come pure oggetto degli interessi dei paesi confinanti e territorio logistico ideale per le organizzazioni terroristiche, secondo quanto sostenuto dagli Stati Uniti, i quali, dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001, ritennero il paese una delle basi principali delle milizie di Al Qaeda. Solo il Somaliland, dal 2002 presieduto da Dahir Rayale Kahin, riuscì a conservare una certa stabilità.

-UN NUOVO CONFLITTO POLITICO-RELIGIOSO


Abdullahi Yusuf Ahmed

Negli anni seguenti, nel paese andò estendendo la propria egemonia su larghe fasce di popolazione un movimento nato dall’intesa tra diverse Corti islamiche. Legato a varie confraternite religiose e dotato di milizie proprie, il movimento si organizzò per supplire all’assenza delle strutture dello stato e garantire la sicurezza nei territori controllati da alcuni clan alleati, contrastando il potere dei signori della guerra. Il movimento si rese in seguito autonomo, perseguendo un disegno politico finalizzato a instaurare nel paese uno stato islamico e contrario perciò al processo di transizione avviato dalla Conferenza di riconciliazione nazionale.

 Nell’ottobre 2002, dopo mesi di rinvii, sotto le pressioni statunitensi e dei paesi arabi si riunì la Conferenza di riconciliazione nazionale: la presenza di oltre 900 delegati – perlopiù rappresentanti di interessi personali o tribali – non portò tuttavia ad alcun risultato. Nello stesso anno sei province del sud-ovest del paese proclamarono l’autonomia. Le successive trattative portarono, nel gennaio 2004, alla firma di un ulteriore accordo e all’inaugurazione di un nuovo Parlamento di transizione con sede a Nairobi. A ottobre venne eletto alla presidenza Abdullahi Yusuf Ahmed, capo militare del Puntland, mentre il governo venne affidato ad Ali Mohamed Ghedi a dicembre; nello stesso mese, le coste somale vennero raggiunte da uno tsunami generatosi al largo dell’isola di Sumatra, che causò diverse centinaia di vittime e gravi danni.

-SVILUPPI RECENTI

Nel giugno 2005 il governo provvisorio rientra nel paese; nel febbraio 2006 rientra anche il Parlamento, che stabilisce tuttavia la sua sede a Baidoa (Baydhabo), 250 chilometri a nord-ovest di Mogadiscio, per le condizioni di insicurezza della capitale. In marzo scoppiano a Mogadiscio violentissimi combattimenti tra le Corti islamiche e l’“Alleanza per la restaurazione della pace e contro il terrorismo”, una coalizione politico-militare di recente costituzione vicina al governo provvisorio. A maggio, le milizie delle Corti islamiche strappano ai signori della guerra il controllo di vaste zone del sud del paese, conquistando in giugno la città di Mogadiscio.

Alla fine del 2006, grazie al sostegno determinante dell’Etiopia, le forze del governo transitorio sconfiggono le milizie delle Corti islamiche e pongono sotto il loro controllo prima Mogadiscio, poi tutto il sud del paese.

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