Ruanda (nome ufficiale République Rwandaise, Republika y’u Rwanda, Repubblica di Ruanda), stato dell’Africa centrale, privo di sbocco al mare; confina a nord con l’Uganda, a est con la Tanzania, a sud con il Burundi e a ovest con la Repubblica democratica del Congo (ex Zaire). Il paese ha una superficie di 26.338 km²; la capitale è Kigali.


-PROFILO ECONOMICO

TERRITORIO

Il paese è dominato al centro da un altopiano con un’altitudine media di 1.700 metri, che a est, verso il confine con la Tanzania, si abbassa verso un’area solcata da laghi e depressioni paludose lungo il corso superiore del fiume Kagera, mentre a ovest si eleva verso una catena montuosa alta in media circa 2.700 metri, che fa da spartiacque tra i bacini del Nilo e del Congo. Le propaggini settentrionali della catena si collegano al sistema vulcanico dei monti Virunga (la cui vetta più alta è il Karisimbi, con 4.507 m) e quelle occidentali scendono a un livello di circa 1.460 m nella regione del lago Kivu.

Il clima del Ruanda è caratterizzato da una breve stagione secca in gennaio, da una stagione piovosa da febbraio a maggio, e ancora secca da giugno a settembre. Le variazioni di temperatura dipendono dalle differenze di altitudine, con una media di circa 23 °C nella zona del lago Kivu: gelate notturne si verificano nelle aree montuose di nord-ovest.

Le foreste, un tempo estesissime, sono oggi concentrate sui versanti dei monti Virunga e nell’area circostante il lago Kivu. Le piante più comuni sono l’eucalipto, l’acacia e la palma. La fauna comprende l’elefante, l’ippopotamo, il coccodrillo, il leopardo e l’antilope, in gran parte ospitati nel Parco nazionale del Kagera. Sui monti Virunga, di origine vulcanica, sono protetti i gorilla di montagna all’interno del Parco nazionale Queen Elizabeth e del confinante Parco nazionale Virunga.

-PROBLEMI E TUTELA DELL'AMBIENTI

I principali problemi ambientali cui il paese deve far fronte sono causati dallo sfruttamento intensivo del terreno; l’esaurimento del suolo fertile e l’eccessivo sfruttamento dei pascoli stanno provocando desertificazione in tutto il territorio.

Sebbene il Ruanda ricavi l’88,3% (1997) dell’energia da combustibili tradizionali come la legna da ardere, le foreste, conservate anche grazie a iniziative di rimboschimento, coprono il 18,2% (2005) del paese.

Il governo ha designato come aree protette il 7,6% (2007) del territorio. Nel paese sono stati istituiti nel 1929 il Parco nazionale Volcans, di 15.000 ettari, che partecipa al programma MAB (Man and the Biosphere, l’uomo e la biosfera) dell’UNESCO dal 1983, e nel 1934 il Parco nazionale Akagera, di 312.000 ettari.

Il Ruanda ha ratificato accordi internazionali in materia di desertificazione, biodiversità, specie in via d’estinzione, cambiamento climatico, abolizione dei test nucleari.

POPOLAZIONE

La quasi totalità della popolazione (78%) vive in insediamenti rurali, situati soprattutto sui versanti più elevati dell’altopiano. Il gruppo dominante è costituito dagli immigrati hutu (90%, prima dello scoppio del conflitto), di ceppo bantu; i tutsi o vatussi (9%), pastori a loro volta immigrati dall’Etiopia, e i twa, la popolazione pigmoide che abitava in origine il territorio, costituiscono un’esigua minoranza. Lingue ufficiali sono il kinya-rwanda, del ceppo bantu, e il francese. Il 56% della popolazione è di religione cattolica, una minoranza è protestante e musulmana, mentre il 17% pratica religioni animiste.

Con una popolazione di 10.186.063 abitanti (2008), il Ruanda è uno dei paesi più densamente popolati dell’Africa: 408 abitanti per km². Nei tardi anni Ottanta il tasso di crescita annuo della popolazione era pari al 3,8%, sceso nel 2008 al 2,78%. Il profilo della popolazione, in termini quantitativi, etnici e geografici, è stato profondamente sconvolto dalle sanguinose guerre tribali che hanno devastato il paese nel 1994 e che, in base alle stime, portarono al massacro di almeno 500.000 tutsi e all’esodo di milioni di persone verso lo Zaire (l’attuale Repubblica democratica del Congo), il Burundi e la Tanzania.

In seguito alla riforma amministrativa del 2006, il paese è suddiviso in cinque province (precedentemente erano dodici). Le città principali sono Kigali, la capitale, Kibungo, Byumba e Butare. Nonostante l’istruzione sia gratuita e obbligatoria dai 7 ai 14 anni di età, il tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta raggiunge il 72,7% (2005). Butare è sede dell’Università nazionale, istituita nel 1963.

ECONOMIA

Con un prodotto interno lordo di 2.494 milioni di dollari USA (2006), pari a 263,50 dollari USA pro capite, il Ruanda è uno dei paesi più poveri del mondo. La situazione economica è aggravata dal problema dell’erosione dei suoli, dalla sovrappopolazione e, in tempi recenti, dall’instabilità politica successiva allo scoppio dei conflitti tribali. L’economia del paese rimane quindi dipendente dagli aiuti e dai finanziamenti dei paesi europei, soprattutto del Belgio, e di organizzazioni internazionali.

La popolazione del paese dipende da un’agricoltura di sussistenza, fortemente in dissesto dopo i conflitti tribali e quindi insufficiente al fabbisogno, nonostante occupi il 92% della forza lavoro. Principali prodotti sono manioca, batata, sorgo, granturco, fagioli e caffè, destinato al mercato delle esportazioni, come il tè e il piretro. Esteso è l’allevamento di bovini e caprini, pur se condotto con metodi primitivi.

Lo sfruttamento delle risorse minerarie, introdotto dai colonizzatori belgi, poggia sulle riserve di cassiterite, da cui si ricava lo stagno, di tungsteno e di berillio. L’attività estrattiva è tuttavia ostacolata dalla mancanza di capitali e dalle insufficienti reti di comunicazione, fattori che impediscono inoltre di sfruttare gli ingenti depositi di gas naturale presenti nella regione del lago Kivu.

L’unità monetaria è il franco del Ruanda, suddiviso in 100 centesimi ed emesso dalla Banca nazionale del Ruanda (1964). Il paese intrattiene rapporti commerciali con la Germania e altri paesi dell’Unione Europea per l’esportazione di caffè e tè, e con il Kenya, il Belgio, la Francia e la Germania per l’importazione di autoveicoli, combustibili, tessili e macchinari.

Il Ruanda manca di una rete ferroviaria e le strade nazionali (di cui solo l’19% è asfaltato) si estendono per soli 14.008 km; la maggior parte degli scambi commerciali del paese passa attraverso il porto di Mombasa, in Kenya. Kigali e Kamembe sono sede di due aeroporti internazionali: la compagnia nazionale è l’Air Rwanda.

ORDINAMENTO DELLO STATO

Colonia tedesca, poi affidato al mandato coloniale del Belgio, il Ruanda conseguì l’indipendenza nel 1962. Sottoposto a un regime autoritario a predominanza hutu dal 1973, il paese fu teatro di un violento scontro civile ed etnico culminato nel 1994 in un vasto massacro di membri della comunità tutsi ma anche nella caduta del regime e nella conquista del potere da parte del Fronte patriottico ruandese (FPR), un’organizzazione politico-militare a predominanza tutsi.

Con la Costituzione del 2003 è stato introdotto un sistema politico multipartitico. Il presidente, che è anche capo del governo, è eletto a suffragio universale ogni sette anni. Il Parlamento è bicamerale. La Camera dei deputati, composta da 80 membri, è rinnovata ogni cinque anni (53 membri a suffragio universale, 24 rappresentanti donne dai consigli provinciali, 3 membri da altre istituzioni). Il Senato consta di 26 membri, di cui 12 eletti dai consigli provinciali e 8 nominati dal presidente.

Il sistema giudiziario si basa sul diritto civile belga e tedesco e sul diritto consuetudinario. I tribunali di grado più elevato sono la Corte costituzionale e la Corte di cassazione. La pena di morte è stata abolita nel giugno 2007.

Le principali forze politiche sono il Fronte patriottico ruandese, il Partito socialdemocratico e il Partito liberale.

STORIA

Inizialmente abitato dalla popolazione pigmoide dei twa, il territorio del Ruanda fu in seguito occupato dagli hutu, agricoltori provenienti dal bacino del Congo. Nei secoli XIII e XIV i tutsi, pastori di origine camita provenienti dall’Etiopia, sottomisero gradualmente twa e hutu imponendo un sistema feudale (ubuhake) e una classe dominante capeggiata da un monarca assoluto denominato mwami.

-LA COLONIZZAZIONE

Il primo europeo a raggiungere la regione fu nel 1858 il britannico John Hanning Speke, seguito negli anni Ottanta da esploratori tedeschi e missionari protestanti. Nel 1890 il Ruanda diventò insieme al Burundi una colonia tedesca (Ruanda-Urundi), che nel 1920, dopo la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, venne affidata in mandato coloniale al Belgio.

Il Belgio istituì nel paese un’amministrazione indiretta, favorendo l’aristocrazia tutsi. Nel 1931 il re Yuhi IV Musinga venne tuttavia destituito e rimpiazzato con il figlio Mutara III, ritenuto più docile. A partire dal 1934-35, tutsi e hutu furono ufficialmente distinti per etnia, la cui appartenenza veniva riportata sui documenti. Sotto il dominio belga, le missioni protestanti vennero sostituite da quelle cattoliche; lo stesso Mutara si convertì al cattolicesimo, facendosi battezzare nel 1943.

Dopo la seconda guerra mondiale, l’amministrazione del Ruanda-Burundi venne riaffidata al Belgio. Negli anni seguenti, insieme ai contrasti tra autorità locali e coloniali, crebbero le rivendicazioni degli hutu, esclusi dal potere. Nel 1957 nacque il Parti du mouvement de l’emancipation du peuple hutu (PARMEHUTU; Movimento per l’emancipazione del popolo hutu). Nel luglio 1959 Mutara morì, in misteriose circostanze, a Bujumbura, senza lasciare eredi. Nel novembre dello stesso anno scoppiò la “rivoluzione sociale” hutu, che si accompagnò a violenze e saccheggi e costrinse all’esilio 200.000 tutsi; anche Kigeli V, il successore di Mutara, fu costretto a lasciare il paese, insieme con tutta l’aristocrazia tutsi.

-L'INDIPENDENZA

Nel 1961 fu proclamata la repubblica e nelle elezioni del 1962 il PARMEHUTU ottenne la maggioranza dei seggi all’Assemblea nazionale. Il Belgio concesse l’indipendenza al Ruanda il 1° luglio del 1962; il primo presidente fu Grégoire Kayibanda. Il Parmehutu (rinominato Movimento democratico repubblicano, MDR), dominò la vita politica del paese per i successivi dieci anni.

I primi anni di vita del nuovo stato furono caratterizzati dal conflitto etnico. Nel 1963 il tentativo dei tutsi di riprendere il potere scatenò la rappresaglia degli hutu; ma anche tra hutu delle diverse regioni del paese iniziarono a sorgere conflitti.

-IL REGIME DI HABYARIMANA

Nel luglio del 1973 Kayibanda fu deposto da un colpo di stato che portò al potere il generale Juvénal Habyarimana, un hutu del nord. Sia il Parlamento che l’MDR furono sciolti. Nel 1975 Habyarimana fondò un suo partito, il Mouvement révolutionnaire national pour le développement (MRDN; Movimento rivoluzionario nazionale per lo sviluppo), dominato dagli hutu del nord. Nel 1978 fu approvata una nuova Costituzione che istituiva un regime a partito unico e il presidente Habyarimana fu riconfermato in carica per altri cinque anni. Dopo aver scongiurato il pericolo di un colpo di stato nel 1980, fu rieletto nel 1983 e nuovamente nel 1988. La seconda repubblica riconfermò il predominio della maggioranza hutu, favorendo al contempo, grazie al sostegno dei paesi occidentali e di associazioni cattoliche, lo sviluppo agricolo del paese.

Verso la fine degli anni Ottanta, il regime di Habyarimana venne scosso da una profonda crisi economica e politica. L’opposizione tutsi in esilio, riunitasi nel frattempo nel Front patriotique rwandais (FPR; Fronte patriottico ruandese), tentò di approfittare della situazione penetrando con le sue milizie dall’Uganda. Nel 1990, il Belgio, la Francia e alcuni paesi dell’Africa centrale intervennero militarmente per respingere un attacco del FPR. Per cercare di arrestare la crisi, nel 1991 venne approvata una nuova Costituzione che introduceva il multipartitismo e, in seguito a un accordo di pace con l’FPR siglato nell’agosto del 1993 in Tanzania, fu nominato un primo ministro con il compito di formare un governo di transizione. Nell’ottobre dello stesso anno, per sostenere il processo di pace, le Nazioni Unite inviarono in Ruanda un contingente di caschi blu sotto le insegne della UNAMIR (United Nations Assistence Mission for Rwanda)

-IL GENOCIDIO

Nell’aprile del 1994, Habyarimana trovò la morte in un misterioso incidente aereo insieme con il presidente burundese Cyprien Ntaryamira, anch’egli hutu. Ne seguì un’improvvisa ondata di violenze in cui bande di estremisti hutu (le cosiddette Interahamwe, cioè “coloro che combattono insieme”), fomentate e organizzate dal regime, seminarono il terrore e la morte nel paese. Il sistematico genocidio, che causò la morte di centinaia di migliaia di tutsi ma colpì brutalmente anche l’opposizione hutu, si svolse sotto gli occhi della comunità internazionale, che tuttavia non intervenne. Alcuni paesi occidentali, e in particolare la Francia, continuarono anzi a sostenere economicamente il regime hutu a massacro iniziato.

Nel luglio 1994, in seguito a una nuova offensiva, l’FPR ebbe il sopravvento sulle milizie hutu e conquistò Kigali. Temendo la rappresaglia dei tutsi, un’immensa ondata di profughi sconfinò in Tanzania e nello Zaire, formando enormi accampamenti nei pressi della città di Goma, dove scoppiarono presto epidemie di colera. Nonostante la successiva dichiarazione di cessate il fuoco, gli esuli hutu si rifiutarono di rientrare nel paese.

-UNA DIFFICILE TRANSIZIONE

A Kigali si costituì un governo di unità nazionale con una forte presenza militare, presieduto dall’hutu Pasteur Bizimungu; dal governo venne escluso l’MRDN, ritenuto responsabile del genocidio dei tutsi. Nel novembre del 1994 fu istituito ad Arusha, in Tanzania, un Tribunale internazionale per i crimini nel Ruanda. Nel novembre 1995, un incontro tra i capi di stato della regione, presieduto dall’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, rinnovò l’auspicio di un ritorno in patria dei rifugiati. I rientri furono comunque rari, resi difficili dalla critica situazione politica dell’intera area e dal forte controllo esercitato sui campi profughi dalle milizie estremiste hutu, contro le quali nel 1996 il governo ruandese lanciò una vasta operazione militare.

Nel 1997 il paese sostenne insieme con l’Uganda la ribellione di Laurent-Désiré Kabila contro Mobutu, raggiungendo in seguito con le nuove autorità della Repubblica democratica del Congo (RDC) un accordo per lo smantellamento dei campi profughi e il rimpatrio forzato degli hutu. Accampando motivi di sicurezza, il regime ruandese occupò militarmente un’ampia regione della RDC, scatenando una violenta caccia contro le milizie hutu.

La situazione politica del paese continuò a essere afflitta dal conflitto interetnico e da un forte contrasto tra le componenti del governo provvisorio e in particolare tra Bizimungu e il leader dell’FPR Paul Kagame. Le libertà politiche, formalmente garantite, vennero di fatto impedite e continuò l’epurazione degli hutu dall’esercito e dall’amministrazione dello stato. Il rientro di circa un milione di profughi hutu, che spesso trovarono villaggi e terre occupati dai tutsi, determinò nel paese una situazione caotica e violenta, che il regime fronteggiò con una brutale repressione.

Nell’agosto 1998 il Tribunale penale internazionale di Arusha emise la prima sentenza di condanna contro l’ex primo ministro Jean Kambanda, riconosciuto responsabile di genocidio. Nello stesso mese il paese entrò nel conflitto della vicina RDC, sostenendo l’offensiva dei tutsi banyamulenge contro le truppe di Kabila. Le truppe ruandesi stabilirono in seguito il loro controllo su un’ampia porzione di territorio del Kivu, da cui si ritirarono in parte solo nel 2002.

Nel marzo 2000 Bizimungu fu costretto alle dimissioni e sostituito alla presidenza da Kagame; accusato di attività eversive, l’anno seguente venne posto agli arresti e nel 2004 venne condannato a 15 anni di prigione.

-SVILUPPI RECENTI

Nel maggio 2003 è promulgata una nuova Costituzione, in cui è espressamente vietato l’incitamento all’odio razziale. Ad agosto Kagame è eletto alla presidenza del paese. A ottobre, in elezioni viziate da molte irregolarità, il Fronte patriottico ruandese si aggiudica la stragrande maggioranza dei seggi del Parlamento.

Nel luglio 2005 vengono rilasciati 36.000 detenuti, di cui molti coinvolti nel genocidio del 1994.

Agli inizi del 2006 il governo ruandese ridisegna il volto amministrativo del paese, diminuendo il numero delle province da dodici a cinque in modo da creare aree etnicamente più omogenee.

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