Madagascar (nome ufficiale République de Madagascar, Repoblikan’i Madagasikara, Repubblica del Madagascar), stato insulare situato nell’oceano Indiano, separato dalla costa sudorientale dell’Africa dal canale di Mozambico, comprendente l’isola di Madagascar, quarta al mondo per estensione, e diverse isole minori. La superficie totale del paese è di 587.041 km²; l’estensione costiera è di 4.828 km. La capitale è Antananarivo.
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LA STORIA
La popolazione dell’isola si costituì in conseguenza di due
principali ondate migratorie, una proveniente dall’Indonesia e una dall’Africa.
In seguito, delle comunità di mercanti arabi si stabilirono sulle coste,
introducendo l’islam nel paese. Nel 1500 il portoghese Diogo Dias fu il primo
europeo ad approdare sull’isola che, nel corso del XVII secolo, fu oggetto di
ripetuti ma infruttuosi tentativi di colonizzazione da parte di portoghesi,
inglesi e francesi, per i quali rappresentava una base sulla rotta delle Indie.
Nel 1642 i francesi si insediarono temporaneamente nel sud
dell’isola, che tuttavia abbandonarono nel 1674; essi riuscirono a stabilire
alcune basi commerciali lungo la costa orientale nel secolo successivo, ma la
loro attività venne ostacolata dall’unificazione del regno merina (un popolo di
origini indonesiane, stanziato nella regione dell’altopiano centrale) da parte
di Andrianampoinimerina (1745-1810). Dal 1810 al 1828, sotto il sovrano Radama
I, tale regno conquistò i due terzi dell’isola, soprattutto grazie all’appoggio
militare degli inglesi, che riconobbero lo stesso Radama I re del Madagascar. Il
progressivo aumento dell’influenza inglese determinò quindi l’arrivo sull’isola
di missionari protestanti che aprirono le prime scuole e avviarono la
conversione delle popolazioni indigene.
Tuttavia, dopo la morte di Radama, la moglie Ranavalona I
avviò una dura politica xenofoba, abolendo ogni tipo di riforma e perseguitando
o espellendo i missionari e i cittadini europei; ciò provocò la chiusura del
paese agli stranieri e l’inasprimento dei rapporti con gli inglesi. Solo
l’ascesa al trono del figlio di Ranavalona, Radama II (che regnò dal 1861 al
1863), segnò il ritorno a una politica di apertura nei confronti degli europei e
dei francesi in particolare. Ma l’assassinio di Radama II per mano della fazione
conservatrice alla corte merina ebbe come conseguenza l’inasprimento delle
relazioni e segnò l’inizio di un lungo periodo di ostilità culminate, nel 1895,
con la sottomissione della regina Ranavalona III e la creazione di un
protettorato francese. L’anno seguente, dopo una serie di rivolte popolari, il
Madagascar fu conquistato militarmente e proclamato colonia francese;
l’occupazione si estese quindi all’intera isola, che venne sottoposta al
controllo di un governo militare, e la stessa regina andò in esilio in Algeria
(1897).
Negli anni successivi l’ostilità contro i francesi
continuò, e solo nel 1916, dopo una serie di rivolte soffocate nel sangue, il
movimento nazionalista venne vinto e centinaia dei suoi membri furono arrestati.
Nel maggio 1942, due anni dopo la disfatta francese nella
seconda guerra mondiale, gli inglesi inviarono nell’isola, considerata area
strategica per gli interessi alleati nell’oceano Indiano, un corpo di spedizione
nel timore di un’invasione giapponese, dal momento che il Madagascar aveva
aderito al governo di Vichy nel 1940. Nel 1943 gli inglesi presero possesso
dell’isola, riaffidandone il controllo al governo della “Francia libera” l’anno
successivo. Il dopoguerra fu quindi segnato dal ritorno delle agitazioni
nazionaliste.
La Costituzione del 1946 fece del Madagascar un territorio
francese d’oltremare, prevedendo l’istituzione di alcune assemblee provinciali
dotate di poteri limitati. Nel marzo del 1947, il Partito nazionalista malgascio
(MDRM) diede vita a una rivolta armata che si protrasse sino all’agosto dello
stesso anno e venne violentemente repressa dalle autorità francesi, provocando
la morte di circa 50.000 persone; lo stato d’assedio rimase in vigore fino al
1956.
Il 26 giugno 1960 il Madagascar ottenne l’indipendenza,
mantenendo un rapporto privilegiato con la Francia; a settembre il paese entrò
nelle Nazioni Unite e nello stesso mese fu eletto alla presidenza Philibert
Tisiranana.
Nei primi anni di indipendenza il paese godette di una
relativa stabilità, ma verso la fine degli anni Sessanta il conflitto politico e
sociale si inasprì, sfociando nel 1972 in un colpo di stato contro Tisiranana
guidato dal generale Gabriel Ramanantsoa. Nel 1975, dopo tre anni di scontri e
d’instabilità, salì al potere Didier Ratsiraka. Questi trasformò il paese,
ribattezzato Repubblica democratica del Madagascar, in una repubblica
socialista, avvicinandolo all’Unione Sovietica.
La fine del decennio fu segnata da gravi difficoltà
economiche, che diedero adito a forti manifestazioni di protesta; il governo
attuò una politica repressiva, ricorrendo ad arresti indiscriminati e a più
riprese allo stato d’emergenza (1977, 1980, 1982). Rieletto incontrastato nel
1982 e nel 1989, Ratsiraka sventò un tentativo di colpo di stato nel maggio
1990, ma non riuscì a fermare il dissenso. Nel 1991, dopo un’ondata di scioperi
e di manifestazioni di protesta – violentemente represse dalle forze di polizia
– Ratsiraka diede avvio a un processo di riforma che nel 1992 portò
all’approvazione per referendum popolare di una nuova Costituzione.
Nelle elezioni presidenziali del febbraio 1993, Ratsiraka
venne sconfitto dal candidato delle opposizioni Albert Zafy. La transizione si
svolse in un quadro contrassegnato da duri scontri per il potere e da una crisi
economica acutissima. Nel 1994, l’applicazione delle riforme suggerite dal Fondo
monetario internazionale incontrò una diffusa protesta nel paese. Nel 1995 una
modifica costituzionale assegnò più poteri a Zafy, la cui azione non riuscì
tuttavia né a rilanciare l’economia né a combattere la corruzione.
Nel maggio del 1996 il Parlamento malgascio votò per
l’impeachment del presidente Zafy; nel novembre dello stesso anno Ratsiraka
riconquistò di misura, superando per pochissimi voti Zafy, la presidenza del
paese. Negli anni seguenti l’economia del Madagascar conobbe modesti
miglioramenti, continuando ad alimentare un aspro conflitto sociale e politico.
Didier Ratsiraka |
LA POPOLAZIONE
Il Madagascar ha una popolazione di 20.042.551 abitanti
(2008), con una densità media di 35 unità per km², più elevata nelle aree
montane che nelle regioni costiere. La popolazione è assai diversificata dal
punto di vista etnico; nell’entroterra i maggiori gruppi sono i merina (hova),
che costituiscono il 26% della popolazione totale e i betsileo (12%) entrambi
discendenti degli emigranti indonesiani che colonizzarono l’isola circa duemila
anni or sono. Le zone costiere sono abitate prevalentemente da genti meticce
maleopolinesiane, nere africane e di origine araba tra cui si citano i
betsimisaraka (15%), gli tsimihety (7%), i sakalava (6%) e gli antaisaka (5%).
La capitale del Madagascar, Antanarivo. |
L' ECONOMIA
Il Madagascar è uno dei paesi più poveri del mondo; nel
2006 il prodotto interno lordo fu di 5.499 milioni di dollari USA, pari a 287
dollari USA pro capite. L’economia rimane prevalentemente agricola: il settore
occupa infatti il 78% della forza lavoro, contribuendo alla formazione del PIL
per il 27,5% (2006). Molte delle attività poste sotto il controllo di interessi
francesi vennero nazionalizzate nel 1975.
A causa dell’asperità del terreno, solo il 5,1% della superficie territoriale
risulta coltivato e la produzione permane ancora a livelli di pura sussistenza;
i principali raccolti sono costituiti da riso, manioca, fagioli, banane, mais,
patate, patate dolci, pomodori, arachidi, frutta e cotone. La produttività non
ha sempre tenuto il passo con la crescita della popolazione e le importazioni di
consistenti quantità di cibo, in particolare di riso, si resero necessarie nei
tardi anni Settanta. I prodotti alimentari destinati all’esportazione sono
caffè, chiodi di garofano, canna da zucchero, agave sisalana, palma da cocco,
tabacco e vaniglia (di cui il Madagascar è il principale produttore mondiale).
Per quanto riguarda l’allevamento, questo comprende soprattutto bovini, suini,
caprini e ovini.
Sia lo sfruttamento delle risorse forestali (la maggior
parte del legname è utilizzato come combustibile) che la pesca sono attività
praticate quasi esclusivamente per soddisfare il fabbisogno interno. Sono
comunque in atto tentativi di rimboschimento delle aree montane e di
ripopolamento di laghi e fiumi.
Fra le numerose risorse minerarie del paese spiccano la
bauxite, la cromite e il nichel, ma sono presenti anche depositi di grafite,
minerale di ferro, rame, sale, granato e mica. Nel 1980 sono stati inoltre
individuati giacimenti sottomarini di petrolio che tuttavia non vengono ancora
sfruttati dal punto di vista commerciale. Nel 2003 il 66,1% dell’elettricità
prodotta era fornita da impianti idroelettrici; il restante 34% da centrali
alimentate a combustibile.
Per quanto riguarda il settore industriale, che occupa il
7% della forza lavoro e fornisce il 15,3% del PIL (2006), un posto di primo
piano è occupato dall’industria alimentare (perlopiù zuccherifici, oleifici e
birrifici); vanno inoltre segnalate industrie tessili, elettroniche, chimiche,
della carta, del cemento e manifatture di tabacco. Si registra infine un
progressivo incremento nelle attività di raffinazione del petrolio e di
assemblaggio dei motoveicoli.