Cartina Kenya |
-A COLPO D'OCCHIO
Nome completo del paese: Repubblica del Kenya
Superficie: 582.650 kmq
Popolazione: 33.829.590 abitanti (tasso di crescita demografica
2,6%)
Capitale: Nairobi (2.411.900 abitanti, 3.064.800 nell'area
metropolitana)
Popoli: 22% kikuyu, 14% luhya, 13% luo, 11% akamba, 12% kalenjin,
6% guisi, 6% meru, 15% masai, turkana, nandi e altri nomadi, 1% asiatici,
europei e arabi
Lingua: swahili (uff.), inglese
Religione: 45% protestante, 33% cattolica, 10% musulmana, 10%
animista, riti e credenze indigene, 2% altre religioni
Ordinamento dello stato: repubblica presidenziale
Presidente: Mwai Kibaki (2007)
-PROFILO ECONOMICO
PIL: 33,09 miliardi di dollari
PIL pro capite: 1.000 dollari
Tasso annuale di crescita: 1,7%
Inflazione: 9,6%
Settori/prodotti principali: industria agroalimentare, selvicoltura, industria manifatturiera, prodotti tessili, sapone, sigarette, raffinazione del petrolio, cementifici, lavorazione delle pelli, turismo, tè, caffè, pesce, frumento, cereali, canna da zucchero, latticini, suini, pollame, uova
Partner economici: Uganda, Regno Unito, USA, Paesi Bassi, Pakistan, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Repubblica Sudafricana, Francia, Cina, Giappone, India
TERRITORIO
Un nomade Gabbra nel deserto del Chalbi |
Il territorio del Kenya può essere suddiviso in quattro grandi regioni naturali: le basse pianure costiere che si affacciano sull’oceano Indiano, il vasto altopiano arido della zona nordorientale (con il deserto del Chalbi), gli alti rilievi delle regioni centrali di origine vulcanica che culminano nei 5.199 m del monte Kenya e la grande depressione della Rift Valley, nella sezione occidentale del paese. I fiumi principali sono il Tana e il Galana, a regime e portata variabile in base alla frequenza delle precipitazioni, mentre lungo i confini si trovano il lago Turkana (o lago Rodolfo) e una piccola sezione del lago Vittoria.
Il Kenya è attraversato dall’equatore, un fattore che influenza il clima del paese le cui variazioni sono inoltre determinate dalla vicinanza dell’oceano e dall’altitudine. A nord dell’equatore il clima è caldo e relativamente secco, con precipitazioni molto scarse. A sud dell’equatore si distinguono tre zone climatiche: l’umida fascia costiera, colpita da frequenti precipitazioni portate dagli alisei, le zone temperate dell’altopiano, dove si registra una temperatura compresa tra i 12 °C e i 26 °C, e la regione del lago Vittoria, caratterizzata da un clima tropicale. La stagione più piovosa è quella primaverile, da marzo a giugno, periodo in cui si registrano le temperature più basse.
Zebre al fiume Galana |
Le differenti condizioni climatiche e di altitudine determinano nel paese la presenza di diversi tipi di vegetazione. Lungo le coste crescono foreste di palme, mangrovie, teak e sandalo, mentre le aree pianeggianti sono caratterizzate da estesi tratti di savana comprendenti baobab, euforbie e acacie. Sui rilievi la foresta umida che copre i bassi versanti lascia il posto, a quote più elevate, a savane e a praterie dove, oltre i 3.500 metri, crescono lobelie giganti e seneci.
L’elefante, il rinoceronte, la zebra, la giraffa e il leone sono presenti in gran numero nelle savane dove, insieme ad altre specie di mammiferi minacciati di estinzione, sono oggi protetti in riserve e parchi naturali. Numerosissime sono inoltre le specie di uccelli e di rettili presenti nel paese, fra le quali il pitone e il cobra.
-PROBLEMI E TUTELA DELL'AMBIENTE
Erosione del terreno, desertificazione e deforestazione sono i principali problemi ambientali che il paese deve affrontare. Il Kenya, ha un alto tasso di incremento demografico, registra quindi un fabbisogno crescente di legna da ardere e di terra da coltivare. Soltanto l’8,2% (2003) del territorio è coltivabile, anche se i sistemi agricoli degli altipiani del Kenya sono fra i più produttivi di tutta l’Africa. L’aumento dell’uso di pesticidi e di fertilizzanti in agricoltura ha provocato un notevole inquinamento idrico; soltanto il 46% (2004) della popolazione rurale ha disponibilità di acqua potabile e sicura. Il 6,1% (2005) del territorio è coperto da terreni boscosi, ma soltanto il 3% è occupato da foreste umide naturali.
Attualmente il 12,7% (2007) della superficie del paese è protetto. Vi sono tre riserve marine, quattro riserve naturali, undici riserve nazionali e diciotto parchi nazionali, tra cui l’Amboseli, il Monte Kenya e il Sibiloi, gli ultimi due World Heritage Sites dal 1997. Sono attualmente in corso iniziative volte al ripopolamento degli elefanti africani e dei rinoceronti neri, sempre più rari, ed è stata intrapresa una severa campagna contro il bracconaggio. Nel quadro del Programma MAB (Man and the Biosphere, l’uomo e la biosfera) dell’UNESCO sono state riconosciute cinque riserve della biosfera.
Il Kenya ha ratificato la Convenzione sul diritto del mare e accordi internazionali in tema di biodiversità, cambiamento climatico, specie in via d’estinzione, caccia alle balene, inquinamento del mare, tutela delle zone umide, protezione dell’ozonosfera e abolizione dei test nucleari.
Il paese ha una popolazione di 37.953.838 abitanti (2008), con una densità media di 67 unità per km² e un tasso di urbanizzazione del 42%.
La popolazione è suddivisa in più di settanta etnie, appartenenti a quattro famiglie linguistiche: i bantu, i nilotici, i paranilotici e i cusciti. Un tempo il paese era abitato da gruppi stanziati lungo la costa e, nelle regioni interne, dai masai, che oggi vivono soprattutto nelle regioni meridionali. Attualmente l’etnia più numerosa è rappresentata dal gruppo bantu dei kikuyu (21% della popolazione); altri gruppi relativamente numerosi sono i luhya (14%), i kamba (11%), tutti di lingua bantu, i luo (13%), di lingua nilotica, e i kalenjin (11%), paranilotici. Nel paese vivono inoltre esigue minoranze di asiatici, europei e arabi.
La lingua ufficiale è lo swahili; tra gli indigeni sono diffusi il kikuyu, il luo e il kamba (vedi Lingue africane). La popolazione kenyana è per il 38% protestante, per il 28% cattolica e per il 6% musulmana; per il resto pratica culti tradizionali africani.
L’educazione primaria, gratuita ma non obbligatoria, ha la durata di sette anni. Il tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta è dell’86,9% (2005). Gli atenei del paese sono l’Università di Nairobi (fondata nel 1956), la Kenyatta University (Nairobi, 1972), l’Egerton University (1939) a Nakuru, la Moi University (1984) a Eldoret e il Jomo Kenyatta University College of Agriculture and Technology. Fra le università specializzate si ricordano il Politecnico di Mombasa (1948), il Conservatorio del Kenya (1944), il Politecnico del Kenya (1961) e lo Strathmore College (1960), tutti a Nairobi.
Molte delle principali istituzioni culturali kenyane si trovano a Nairobi o a Mombasa. Nairobi è sede del Museo nazionale (storia naturale e geologia), degli Archivi nazionali e della McMillan Memorial Library. A Mombasa ci sono il Fort Jesus Museum (museo di storia) e il Kitale Museum, museo di storia e scienze.
-DIVISIONI AMMINISTRATIVE E CITTA' PRINCIPALI
Il paese è amministrativamente suddiviso in sette province (Central, Coast, Eastern, North-Eastern, Nyanza, Rift Valley, Western), oltre al distretto speciale della capitale; le province sono a loro volta suddivise in distretti. I centri urbani principali, oltre alla capitale Nairobi, sono Mombasa, la maggiore città portuale, Kisumu, porto sul lago Vittoria, e Nakuru.
Nel 2006 il prodotto interno lordo del Kenya era di 22.779 milioni di dollari USA, equivalente a un PIL pro capite di 623,20 dollari. Dopo la seconda guerra mondiale il Kenya godette di uno dei tassi di sviluppo economico più elevati del mondo, grazie a investimenti stranieri su larga scala e all’apporto di personale amministrativo e tecnico europeo. Nel 1967, dopo aver ottenuto l’indipendenza, il Kenya si unì a Tanzania e Uganda per formare la Comunità dell’Africa Orientale, con lo scopo di sviluppare un mercato comune: l’iniziativa rimase operativa fino al 1977. Nel gennaio 2001 il paese ha ripreso i dialoghi con le controparti per ridare vita alla Comunità.
Nonostante i terreni coltivabili abbiano in Kenya un’estensione limitata, il sistema agricolo è molto diversificato e capace di soddisfare i bisogni alimentari della popolazione. Sui rilievi si coltivano patate, caffè, tè, cotone, cereali, fagioli, nocciole e tabacco, mentre nelle regioni costiere crescono canna da zucchero, mais, ananas e canapa. Il caffè, il tè, la canapa, il piretro e i prodotti ortofrutticoli sono i principali articoli d’esportazione. Di rilievo sono inoltre l’allevamento di bovini e ovini, e l’industria casearia basata sulla produzione di burro e latte. Agricoltura e allevamento forniscono il 27,1% (2006) del prodotto interno lordo, occupando il 19% della popolazione attiva.
Il Kenya ha scarse risorse minerarie e l’attività estrattiva è quindi assai modesta. Vengono prodotti soda, sale, fluorite, minerale di ferro, oro, granato e calcare. In tempi recenti sono stati scoperti giacimenti di piombo e argento vicino a Mombasa. L’industria manifatturiera contribuisce per l’11,5% alla formazione del PIL (2006).
Anche se in espansione, gran parte dell’industria produce solo su scala ridotta ed è attiva soprattutto nella lavorazione di prodotti alimentari e materie prime destinate al consumo locale. Nel paese sono presenti cementifici, impianti per la raffinazione del petrolio e birrifici. Fiorente è il turismo (con 1,40 milioni di arrivi nel 2005), attratto dai centri balneari e dalle riserve naturali quali il Parco nazionale Tsavo, il Parco nazionale Nairobi, la Riserva nazionale Marsabit e il parco Masai Mara, nel Kenya sudoccidentale.
La valuta nazionale è lo scellino del Kenya. Le principali destinazioni delle esportazioni kenyane sono la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l’Uganda, paesi ai quali vengono destinati caffè, tè, prodotti petroliferi, ananas, pelli, canapa, soda ed estratto di piretro (usato negli insetticidi). Le importazioni provengono principalmente da Gran Bretagna, Germania, Emirati Arabi e Giappone e comprendono petrolio greggio, macchinari industriali, veicoli a motore, ferro e acciaio, concimi agricoli e prodotti farmaceutici. Nel 2004 il valore totale delle importazioni è stato di 4.566 milioni di $ USA; quello delle esportazioni di 2.686 milioni di $ USA.
-TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONE
La Kenya Railways Corporation gestisce una rete ferroviaria di 1.917 km, direttamente collegata con quella ugandese. La rete stradale (63.265 km) è asfaltata solo per il 14% (2004). Mombasa è il porto principale e sul lago Vittoria è attivo un servizio di battelli che rende raggiungibili i laghi ugandesi Albert e Kioga. Il Kenya dispone di due aeroporti internazionali situati a Nairobi e a Mombasa.
Già colonia britannica, il Kenya conseguì l’indipendenza il 12 dicembre 1963. In base alla Costituzione adottata in quell’anno, il presidente, eletto a suffragio universale ogni cinque anni, è anche capo del governo. Egli nomina il vicepresidente e i ministri scegliendoli fra i parlamentari. L’Assemblea nazionale, unicamerale, comprende 224 membri eletti (tranne 12, nominati dal presidente) ogni cinque anni a suffragio universale. Dal 1982 al 1991 il paese è stato retto di fatto da un regime a partito unico, l’Unione africana nazionale del Kenya (KANU).
Il sistema giudiziario kenyano consiste di due corti principali e di diversi tribunali minori. Le prime sono la Corte d’Appello composta dal giudice presidente e da cinque giudici associati, e l’Alta Corte del Kenya, composta da sette giudici. I tribunali minori includono la pretura residente, quella distrettuale e i tribunali qadi, che si occupano delle questioni di diritto islamico. È in vigore la pena di morte, ma da circa due decenni non vengono eseguite sentenze capitali.
Il Kenya è suddiviso in sette province amministrative, gestite da consigli provinciali i cui membri vengono nominati dal presidente, mentre Nairobi è un distretto a statuto speciale. A loro volta le province sono suddivise in distretti, ciascuno dei quali è diretto da consigli locali con funzioni amministrative.
Il ritrovamento di resti fossili fa supporre che la presenza di ominidi in Kenya possa risalire a tre milioni di anni fa. Prima del 1000 d.C., l’Africa orientale fu invasa da popolazioni nilotiche (gli hima) provenienti dal nord, che introdussero la pratica dell’allevamento e fondarono potenti regni.
Un piccolo guerriero masai |
Dopo il XIV secolo le invasioni bantu costrinsero le popolazioni nilotiche a cercare riparo in Uganda e in Tanzania. I bantu kikuyu e kamba penetrarono dalla zona dei grandi laghi e si stanziarono sugli altipiani; lungo la costa si stabilirono invece i taita; tutti si organizzarono in clan, senza alcuna forma di governo centralizzato.
Nel XVII secolo giunsero dalla regione settentrionale del lago Turkana i masai, dediti alla pastorizia; anche la loro società era organizzata in clan e, benché quella del guerriero fosse una figura dominante, non ebbero mai grandi eserciti. Come i bantu, anche i masai non opposero molta resistenza agli europei che nel corso del XIX secolo colonizzarono l’Africa orientale.
-GLI STATI ZENJ E I PORTOGHESI
Dopo l’XI secolo commercianti e coloni provenienti dall’Arabia meridionale fondarono numerose città-stato lungo la costa (chiamata Costa degli zenj, “dei neri”), fra cui Malindi e Mombasa. Col tempo si sviluppò una cultura mista arabo-bantu esemplificata dal linguaggio ibrido dello swahili, che divenne la lingua commerciale di tutta l’Africa orientale.
Indipendenti l’una dall’altra, le città-stato venivano periodicamente a cadere sotto il dominio di imperi non africani. Uno di questi fu il sultanato dell’Oman, per secoli in competizione con gli europei per ottenere la supremazia sulle coste. I portoghesi, dopo la scoperta di Vasco da Gama della via circumafricana per le Indie (1498), monopolizzarono i commerci lungo le nuove rotte e dominarono le città-stato fino al 1631.
All’inizio del XIX secolo il sultanato dell’Oman si annetté tutte le città-stato a nord di capo Delgado. Interessato solo alla loro funzione commerciale, non tentò neppure di dominare i clan bantu dell’interno; spostata la capitale sull’isola di Zanzibar, venne avviato un florido commercio di schiavi. Verso la fine del secolo la penetrazione europea impose l’abolizione della schiavitù (1873), che provocò la crisi economica del sultanato.
-IL DOMINIO BRITANNICO
A partire dal 1896 il territorio divenne protettorato della Gran Bretagna, con Nairobi come centro amministrativo e politico. Nel 1920 il Kenya divenne formalmente parte dell’impero coloniale britannico. Già prima del 1900 coloni europei si erano stabiliti nelle fertili regioni vicino a Nairobi. Alla fine della prima guerra mondiale 9000 europei possedevano la gran parte delle terre, e nel corso degli anni Trenta le popolazioni nere cominciarono a migrare verso le città in cerca di lavoro. Nel 1944 fu fondata l’organizzazione nazionalista Kenya African Union (KAU), che sotto la guida di Jomo Kenyatta avviò la lotta per la ridistribuzione della terra.
Nel 1952 i Mau Mau, membri di un movimento nazionalista formato principalmente da kikuyu, diedero inizio a una lunga e violenta rivolta. Il KAU, sospettato di collaborazione con i rivoltosi, fu sciolto e Kenyatta incarcerato. Dopo una dura repressione costata più di 10.000 morti, le autorità britanniche concessero l’autogoverno.
Nel 1963 Kenyatta, a capo del Kenya African National Union (KANU), vinse le elezioni; il 12 dicembre, il Kenya divenne repubblica indipendente nell’ambito del Commonwealth.
Nonostante i timori dei coloni bianchi, Kenyatta attuò una politica moderata e filoccidentale. Il suo governo mantenne buone relazioni con gli stati vicini e attrasse gli investimenti stranieri, permettendo la modernizzazione di Nairobi e l’avvio di una politica di industrializzazione. Il turismo si espanse fino a diventare la fonte primaria di reddito nazionale.
Daniel Arap Moi |
A Kenyatta, morto nel 1978, succedette Daniel Arap Moi, che continuò con la politica autocratica che aveva caratterizzato l’ultimo periodo della presidenza di Kenyatta. Per rafforzare il suo potere, nel 1982 introdusse un regime a partito unico; nel 1983 e nel 1988 venne rieletto incontrastato alla presidenza del paese, tra proteste interne e critiche internazionali.
Nel 1991, nell’intento di costringere Moi a introdurre riforme politiche ed economiche, le principali istituzioni finanziarie mondiali e molti paesi occidentali sospesero gli aiuti economici al Kenya. Alla fine dell’anno Moi reintrodusse il multipartitismo. Nel dicembre 1992 le prime elezioni multipartitiche dopo 26 anni diedero a Moi e al KANU una larga maggioranza. Nei mesi seguenti si intensificò il conflitto etnico, diretto principalmente contro i kikuyu, costretti a migliaia ad abbandonare i villaggi e a rifugiarsi in campi profughi.
La frammentazione dell’opposizione consentì a Moi, nel dicembre del 1997, di riconquistare la presidenza. I risultati furono tuttavia duramente contestati e nei mesi seguenti la protesta dilagò in tutto il paese. Nel 1998 riesplose il conflitto etnico, che nella Rift Valley causò centinaia di vittime tra la popolazione kikuyu, quella maggiormente ostile al regime. Ad agosto, l’ambasciata statunitense di Nairobi fu colpita da un grave attentato terroristico che causò più di 200 morti e migliaia di feriti, attribuito alla rete fondamentalista islamica di Osama Bin Laden.
Per frenare il declino del regime, alla fine del 1998 Moi stabilì un’alleanza con il Partito democratico nazionale. La cattura, avvenuta a Nairobi nel febbraio 1999, del leader curdo Abdullah Ocalan e il formale impegno assunto nella lotta al terrorismo internazionale islamico valsero a Moi il ripristino delle relazioni con i paesi occidentali e con il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.
La situazione del paese rimase tuttavia instabile, sia per il forte malcontento alimentato da continui episodi di corruzione, sia per i conflitti etnici che continuarono a scoppiare nella valle del Rift e in altre regioni del paese. La diffusione della criminalità, favorita dalla massiccia circolazione di armi, impedì inoltre la ripresa dell’industria turistica, in passato una delle voci più importanti del reddito nazionale kenyano.
Mwai Kibaki |
Le elezioni presidenziali e legislative del 27 dicembre 2002 registrarono il crollo del regime di Arap Moi e del suo partito. Riuscito a coalizzarsi solo all’ultimo momento intorno alla candidatura di Uhuru Kenyatta – figlio di Jomo Kenyatta, il protagonista dell’indipendenza del paese – il KANU venne infatti duramente sconfitto. Alla presidenza del paese venne eletto Mwai Kibaki, leader della Coalizione nazionale arcobaleno che ottenne, con 132 seggi, la maggioranza nel Parlamento kenyano.
Kibaki cercò di rilanciare l’economia del paese e di placare le tensioni etniche, ottenendo tuttavia modesti risultati. Cercò anche di lanciare un programma di lotta alla corruzione, trovando forti resistenze all’interno degli apparati statali e nella stessa sua composita maggioranza. Nell’estate del 2004 scoppiò una grave crisi alimentare nel nord del paese, che si appellò alla comunità internazionale per evitare un “disastro nazionale”. A ottobre dello stesso anno la kenyana Wangari Maathai venne insignita del premio Nobel per la Pace.
Nel giugno 2005, dopo molti rinvii, il Parlamento di Nairobi approvò una bozza di revisione costituzionale rivolta a ridisegnare il sistema politico nazionale. Il progetto – che attribuiva forti poteri al presidente – sollevò la violenta protesta delle opposizioni, ma fu criticato anche da forze della Coalizione del presidente e venne infine respinto a novembre da un referendum.
Nell’aprile 2006 il Kenya sottoscrisse un importante accordo economico con la Cina.
-SVILUPPI RECENTI
La costante politica del Kenya fu fermata dalle irregolarità nelle elezioni nazionale in cui il leader dell' opposizione Raila Odinga sembrò aver vinto. |
Nel dicembre 2007 la vittoria di Mwai Kibaki su Raila Odinga, il candidato delle opposizioni raccolte nel Movimento democratico arancione (che si afferma nettamente nelle contestuali legislative sul Partito dell’unità nazionale di Kibaki), scatena un’ondata di proteste e di violenze. Gli scontri tra i sostenitori dei due uomini politici causano centinaia di morti, migliaia di feriti e più di 300.000 sfollati. Nel tentativo di scongiurare lo scontro etnico, si reca a Nairobi in veste di mediatore l’ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan.
Dopo una difficile trattativa, nell’aprile 2008 il presidente Kibaki affida al suo avversario Raila Odinga la guida di un governo di unità nazionale. I posti chiave del nuovo governo &ndash che si compone di 40 ministeri e vede la partecipazione, in veste di vicepremier, di Uhuru Kenyatta, figlio del leader dell’indipendenza Jomo Kenyatta, e di Musalia Mudavadi, membro del Movimento democratico arancione – restano tuttavia sotto il controllo del Partito dell’unità nazionale di Kibaki.