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INFORMAZIONI
-A COLPO D'OCCHIO
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Nome completo del paese: Repubblica democratica
federale di Etiopia
Superficie: 1.127.127 kmq
Popolazione: 73.053.286 abitanti (tasso di crescita
demografica 1,89%)
Capitale: Addis Abeba (2.763.500 abitanti)
Popoli: 40% oromo, 32% amara e tigrini, 9% sidamo, 6% shankella, 6%
somali, 4% afar, 2% guraghe, 1% altri
Lingua: amharico (ufficiale), inglese, italiano e
somalo
Religione: 45-50% musulmana, 35-40% copta, 12% animista, 3-8% altre
religioni
Ordinamento dello stato: repubblica federale
Presidente: Girma Wolde-Giyorgis
Primo ministro: Meles Zenawi
-PROFILO ECONOMICO
PIL: 54,89 miliardi di dollari
PIL pro capite: 800 dollari
Tasso annuale di crescita: 11,6%
Inflazione: 2,4%
Settori/prodotti principali: agricoltura (cereali, caffè,
canna da zucchero, patate; bestiame), selvicoltura, trasformazione
dei prodotti agricoli, industria tessile, lavorazione dei metalli, cemento,
semi oleiferi, chimica per l'industria e l'agricoltura
Partner economici: Regno Unito, Gibuti, Germania, Italia, Giappone,
Arabia Saudita, Cina, India
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Il clima del paese varia in base all’altitudine. Nella fascia tropicale, situata al di sotto dei 1.830 m, si registrano temperature medie annue di circa 27 °C e la piovosità è scarsa (510 mm). Nella fascia subtropicale, che include gran parte dell’altopiano e ha un’elevazione compresa tra i 1.830 e i 2.440 m, si registra una temperatura media di circa 22 °C, con 510-1525 mm di pioggia all’anno. Oltre i 2.440 m si situa una fascia temperata con medie che si aggirano intorno ai 16 °C e un discreto regime di piovosità (1.270-1.780 mm). Le precipitazioni si verificano con maggiore frequenza tra giugno e settembre; altri mesi relativamente piovosi sono febbraio e marzo.
-FLORA E FAUNA
Le scimmie Gelada tipiche dell'Etiopia |
La vegetazione rispecchia la varietà delle diverse zone climatiche. Nelle zone meno elevate crescono specie tipiche della savana, mentre nelle valli e nelle gole si incontra una rigogliosa vegetazione che comprende quasi tutte le specie africane; la zona temperata è caratterizzata da prati e pascoli, mentre i rilievi più elevati ospitano in prevalenza una vegetazione di tipo arbustivo.
La fauna è rappresentata soprattutto da animali di grossa taglia: la giraffa, il leopardo, l’ippopotamo, il leone, l’elefante, l’antilope e il rinoceronte; comuni sono inoltre la lince, la iena, lo sciacallo e numerose specie di scimmie. Tra gli uccelli si citano l’airone, il pappagallo, la pernice e alcuni rapaci, come l’aquila, il falco e l’avvoltoio.
-PROBLEMI E TUTELA DELL'AMBIENTE
Tra i principali problemi ambientali che affliggono l’Etiopia, la pressione demografica sul territorio è sicuramente tra i più gravi. Il governo del paese non è riuscito a sviluppare le infrastrutture necessarie per far fronte a un tasso di crescita annua del 2,23% (2008). Soltanto il 22% degli etiopi, ad esempio, usufruisce di acqua potabile.
Nel corso degli ultimi decenni la deforestazione, l’eccessivo
sfruttamento dei pascoli e la mancanza di un programma di gestione del
territorio hanno accelerato il tasso di erosione del suolo. Una percentuale
estremamente elevata della forza-lavoro etiope, pari al 78%, è occupata
nell’agricoltura, perlopiù di sussistenza. Molti agricoltori coltivano aree in
pendenza o collinari, provocando il dilavamento del terreno di superficie
durante le violente inondazioni. La deforestazione e la desertificazione sono
aggravate dall’impiego diffuso di combustibili tradizionali come la legna da
ardere, che rappresentano il 95,88% del consumo di energia totale (1997).
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Molte grandi specie di mammiferi, fra cui la giraffa, il leopardo, l’ippopotamo, il leone e l’elefante, sono native dell’Etiopia. Il paese è anche l’habitat naturale di 626 specie di uccelli. Fra le specie faunistiche, ben 93 sono minacciate d’estinzione.
L’Etiopia ha ratificato accordi internazionali sull’ambiente in materia di desertificazione, biodiversità, specie in via d’estinzione, cambiamenti climatici e protezione dell’ozonosfera. Il paese ha anche firmato trattati che limitano gli esperimenti nucleari e le armi chimiche e biologiche.
Nel 2008 l’Etiopia aveva una popolazione di 78.254.090
abitanti, con una densità media di 70 unità per km²; la speranza di vita è di
49,4 anni, una delle più basse del mondo. Elevatissima la percentuale di
popolazione rurale: l’84% (2005); poiché gran parte degli abitanti vive di
agricoltura di sussistenza, gli insediamenti più popolati si trovano nella
regione centrale, dove il terreno si presta maggiormente alle coltivazioni.
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La composizione etnica è assai diversificata, a causa dell’integrazione razziale e linguistica che ebbe inizio sin dai tempi antichi; i principali gruppi sono gli amhara (o abissini, 38%), una popolazione di origine camitica presente sull’altopiano, a nord di Addis Abeba; gli oromo (35%), nella zona meridionale, prevalentemente dediti alla pastorizia e all’agricoltura; i somali (2% circa), a oriente, nella regione dell’Ogaden; i sidama (2% circa), che risiedono principalmente nelle regioni sudoccidentali; i danachili (dancali, o afar), stanziati nelle pianure semidesertiche della zona nordorientale del paese. Tra i gruppi non autoctoni si segnalano yemeniti, indiani, armeni, greci e italiani.
I dialetti parlati sono una settantina, appartenenti in gran parte ai ceppi semitico e cuscitico delle lingue africane. La lingua della liturgia ecclesiastica etiope, il ge’ez, diede origine al gruppo semitico delle lingue amarica e tigrina, originarie del nord del paese; la prima, che è lingua ufficiale, è parlata da circa il 25% della popolazione. Abbastanza diffusi sono anche l’inglese, l’italiano e l’arabo.
Circa il 55% della popolazione – soprattutto nelle regioni settentrionali – segue la Chiesa ortodossa etiopica, strettamente legata alla Chiesa copta d’Egitto e religione di stato sino al 1974. I musulmani sono il 35%, in prevalenza situati nel sud, mentre nelle regioni di Gamo Gofa, Sidamo e Arussi si professa l’animismo tradizionale. Erano altresì presenti circa 30.000 falascià – che praticano un tipo di ebraismo che risale probabilmente ai primi contatti con gli ebrei arabi – ma dal 1984 al 1991 furono tutti trasferiti in Israele.
Dal 1952, quando solo il 4% della popolazione era in
grado di leggere e scrivere, l’istruzione ha subito una notevole crescita;
nel 1979 fu iniziato un importante programma, volto a incrementare il grado
di scolarizzazione e, già verso la metà degli anni Ottanta, il 63% della
popolazione adulta aveva ricevuto un’istruzione elementare. Il tasso di
alfabetizzazione della popolazione adulta è del 45,1% (2005). L’istruzione
primaria è gratuita, ma le attuali infrastrutture limitano la frequenza a
solo un terzo della popolazione in età scolare.
L’Etiopia possiede una ricca tradizione letteraria, con un
vasto numero di traduzioni dal greco antico, dall’arabo e altre lingue in ge’ez
e in amharico moderno; gran parte delle opere sono di carattere mitologico,
teologico o storicistico. Ricche e abbondanti sono anche l’arte e l’architettura
religiosa, che riflettono la lunga storia del cristianesimo etiope; le chiese, e
gli affreschi che si trovano al loro interno, testimoniano influenze bizantine e
copte.
-Addis Abeba (1.133.000 abitanti), a
2360 m slm, la capitale dell'Etiopia e capitale della regione omonima,
circondata dalle regione Oromo, quasi al confine con la regione
Amhara, abitate dalle due principali etnie
dell'Etiopia.
-Dire Daua (398.000 abitanti) è la
capitale della regione omonima e si trova a 1095 m slm, al confine fra la
regione Oromo e la regione Somali. Importante centro ferroviario sulla linea
Addis Abeba-Gibuti
la città si è sviluppata come polo commerciale, agricolo (caffè) e del
bestiame ed è inoltre sede di industrie tessili, alimentari e del cemento.
-Gondar
(195.000 abitanti), sul
lago Tana
a 2160 m slm, nella regione Amhara, antica capitale del regno etiope.
-Macallé o Mekele (169.000 abitanti)
è situata tra gli altopiani del Ghevà e del Gabàt a 2062 m slm ed è la
capitale dello stato del Tigrè e prima città dell'Etiopia settentrionale.
Importante mercato agricolo (cereali e cotone) con varie industrie
alimentari, la città è il capolinea della carovana del sale, che trasporta
il minerale a dorso dei cammelli dal deserto della
Dancalia.
Grazie alla sua eccellente postazione strategica la
città fu scelta nel 1881 come capitale del Paese dall'imperatore. Occupata
dagli italiani nel 1895 a seguito della campagna etiope fu ripresa
dall'esercito abissino l'anno dopo. Macallè fu uno dei primi obiettivi
riconquistati nel 1935 dalle truppe italiane che portarono a termine
l'occupazione dell'Etiopia.
-Bahir Dar (167.000 abitanti), sul
lago Tana a 1700 m slm, capitale della regione Amhara.
-Gimma
(159.000 abitanti), nella regione Oromo, è la maggiore città dell'Etiopia
sud-occidentale.
-Harar
o Harer (132.000 abitanti) è la capitale della regione omonima e si trova a
1856 m slm sul versante nord-orientale del Gebel Mullata, al confine fra la
regione Oromo e la regione Somali. La città, caratterizzata da un clima
molto secco e caldo, è collegata per rotabile a Gibuti, Addis Abeba e Dire
Daua. Importante ed attivo mercato agricolo ospita anche industrie
alimentari e dell'artigianato (tessitura ed intreccio dei cesti).
Harar fu fondata dagli Arabi, provenienti dalla Yemen,
nel VII secolo e nel 1520 divenne capitale dell'emirato musulmano di Adal.
Invasa dai Galla decadde di importanza e fu occupata dagli egiziani nel
1875. Il 26 gennaio 1887 fu riconquistata dalle truppe imperiali e passò a
far parte dell'Impero Etiopico. Nel 1989 fu riconosciuta dall'Unesco come
patrimonio culturale dell'umanità e considerata quarta città santa islamica
del mondo grazie alle sue numerose moschee.
-Jijiga
(98.000 abitanti), a 1609 m slm, capitale dell'Ogaden,
il territorio abitato dai somali nell'Etiopia sud-orientale.
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Sebbene esista un gran numero di giacimenti minerari, gli
spessi strati di lava vulcanica rendono assai arduo il processo di estrazione.
Fin dall’antichità vengono estratti ferro, rame, zinco, piombo e sale e, in
tempi recenti, sono stati scoperti diversi depositi di manganese, oro, platino,
potassa, petrolio e gas naturale. Benché a partire dagli anni Sessanta si sia
avuta una considerevole crescita della produzione industriale, aiutata anche
dall’impianto di stabilimenti metallurgici e per la fabbricazione di beni di
consumo, essa si basa principalmente sulla lavorazione di
prodotti alimentari e
sul settore tessile, del tutto dipendenti dall’agricoltura. Il principale polo
manifatturiero è Addis Abeba. L’Etiopia ha un grosso potenziale per la
produzione di energia idroelettrica; ciononostante, gran parte del fabbisogno
energetico del paese è soddisfatto dal legname, la cui domanda, insieme a quella
di carbone, rappresenta una della maggiori cause della deforestazione e
dell’erosione del suolo etiope.
L’unità monetaria è il birr, emesso dalla Banca nazionale d’Etiopia. Le esportazioni riguardano soprattutto prodotti agricoli, per la maggior parte caffè (il 60% circa), ma anche legumi, pelli, cuoio e semi oleosi; le importazioni vertono su articoli di consumo e generi di prima necessità. I principali partner commerciali sono l’Italia, gli Stati Uniti, la Germania e il Giappone.
-TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONE
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Il suolo etiope rende particolarmente ardue le comunicazioni via terra e, poiché molte aree sono inaccessibili, diffuso è il trasporto aereo effettuato dall’Ethiopian Airlines, la compagnia di bandiera. Gli aeroporti internazionali hanno sede ad Addis Abeba, Diredaua e Jima. La capitale è collegata dalla ferrovia al porto di Gibuti, nel golfo di Aden. Poiché la scissione dell’Eritrea ha causato la mancanza di uno sbocco al mare, sono stati stipulati con la nuova repubblica alcuni accordi che garantiscono l’accesso a Massaua e Assab, importanti centri portuali sul Mar Rosso. La rete stradale si estende per 39.477 km (2006), di cui il 13% è asfaltato; la costruzione dell’autostrada che collega Addis Abeba a Nairobi, capitale del Kenya, risale agli anni Settanta.
Diventata repubblica nel 1975, in
seguito a un colpo di stato (1974) che destituì l’imperatore Hailé Selassié I,
l’Etiopia è stata in seguito sottoposta a un regime dittatoriale
filosovietico, rovesciato nel 1991 dal Fronte democratico
rivoluzionario del popolo etiopico (FRDPE). Con la Costituzione
ratificata nel 1994 il paese si è dato un assetto federale organizzato
su base etnica.
Il Paese fa parte dal 1986 dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, organizzazione politico-commerciale formata dai paesi del Corno d'Africa.
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Il governo di
Zenawi venne rieletto nel 2000 nelle prime elezioni multipartitiche nella storia
dell'Etiopia. L'attuale presidente è Girma Wolde-Giorgis.
In Etiopia si sono tenute nuovamente le elezioni nel
maggio 2005, occasione in cui si è avuta una percentuale record di voltanti
(circa il 90%). Sebbene gli osservatori dell'Unione Europea abbiano
segnalato che in tali elezioni siano state violate le regole internazionali
per giuste e libere votazioni, altri gruppi sono arrivati a conclusioni
differenti. La dichiarazione rilasciata il 14 settembre dall'Unione
Africana, infatti, loda "il mostrare, da parte della della popolazione
etiope, un sano impegno negli ideali democratici"; il giorno successivo
lo "US Carter Center" concluse "the majority of the constituency results
based on the May 15 polling and tabulation are credible and reflect
competitive conditions".
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Sin dal 1991 l'Etiopia ha stabilito buone relazioni con gli Stati Uniti e l'Europa occidentale e cercato un sostegno economico sostanziale dai paesi occidentali e dalla Banca Mondiale. Nel 2004 il governo cominciò a trasferire più di due milioni di persone dagli altopiani aridi dell'est, adducendo come ragione che queste risistemazioni avrebbero diminuito la scarsità di cibo.
-POLITICA ESTERA
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Il forte legame con gli U.S.A. (fornitori di alimenti e armi) ha portato l'esercito etiope ad intervenire in Somalia nel 2007 contro le Corti islamiche, a sostegno del governo provvisorio somalo rifugiato a Baidoa. Nonostante i successi iniziali e l'appoggio aereo statunitense, le Corti islamiche hanno ripreso l'offensiva e gli scontri continuano tutt'ora. I rapporti sono tesi anche con il vicino Sudan.
Il potere esecutivo è affidato a un Consiglio di ministri che fa capo al primo ministro e al presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento con un mandato di sei anni, con funzioni perlopiù rappresentative.
Il sistema legislativo poggia sull’Assemblea parlamentare federale, composta da due camere. Il Consiglio federale (Yefedereshn Mekir Bet, o Camera alta) riunisce 108 membri eletti dalle 9 assemblee regionali per un termine di cinque anni; il Consiglio dei rappresentanti del popolo (Yehizbtewekayoch Mekir Bet, o Camera bassa) è composto da 547 membri eletti a suffragio universale per cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema federale, il cui presidente è nominato dal Consiglio dei rappresentanti del popolo su segnalazione del primo ministro. È in vigore la pena di morte.
L'istruzione è stata per secoli monopolio della Chiesa Etiope, fino agli inizi del XX secolo, quando si adottò un sistema d'istruzione secolare. Il sistema scolastico etiope si articola in sei anni di scuola primaria, quattro anni di scuola inferiore e due di scuola superiore. Tutt'oggi si cerca di aumentare il numero delle scuole elementari per insegnare ai giovani a leggere ed a scrivere. Ad Addis Abeba vi è una scuola italiana.
La regione è considerata una delle principali culle dell’umanità. Nella valle di Auasc nel 1974 furono rinvenuti i fossili dell’ominide detto Lucy, risalenti a circa tre milioni di anni fa. Nel corso del I millennio a.C., genti provenienti dalla penisola arabica si fusero con quelle che abitavano gli altipiani del Tigrè.
Nel I secolo d.C. la dinastia dei Salomonidi, che facevano risalire la propria origine al re Salomone e alla regina di Saba, fondò il regno di Axum. Questo raggiunse il suo massimo splendore, intrattenendo rapporti con il Mediterraneo e con l’Oriente, tra il III e il IV secolo. Sotto il regno di Lezanas (IV secolo) vi si diffuse il cristianesimo, che si sviluppò con caratteristiche proprie all’interno dell’eresia monofisita egiziana. Nel VII secolo, isolato dall’espansione dell’islam, il regno cristiano di Axum si avviò verso il declino. I Salomonidi persero poco a poco il controllo del regno, venendo rimpiazzati nel X secolo dalla dinastia Zagué, originaria del Lasta (una regione dell’altopiano centrale). Verso la metà del XIII secolo i Salomonidi ristabilirono la loro egemonia su una gran parte del territorio etiopico. La zona costiera (attuale Eritrea) e le regioni sudorientali (Haràr), del tutto islamizzate, conservarono l’autonomia vivendo un grande sviluppo mercantile. Nel XV secolo, durante il regno di Zara Yakub, la chiesa d’Etiopia, divisa in più fazioni, venne riformata. Nel contempo si affermò un sistema politico che sarebbe sopravvissuto fino al XX secolo, basato sulla monarchia assoluta con al vertice un imperatore (negus).
Nel 1527, minacciato di invasione dal sultano di Haràr, il negus chiese l’aiuto dei portoghesi, presenti nel regno con una rappresentanza dal 1520. Nel 1543, grazie all’intervento della flotta portoghese, gli etiopi sconfissero le forze islamiche. Nel 1557 giunsero in Etiopia missionari gesuiti, che tentarono invano di convertire il negus al cattolicesimo. Nel 1632, sotto il regno di Fasilidas, i gesuiti furono espulsi dal paese insieme con gli altri europei. Nello stesso periodo, gli etiopi vennero in contatto con le popolazioni galla, che avevano progressivamente occupato le regioni meridionali dell’altopiano e, per contrastare la nuova minaccia ottomana, strinsero con esse un’alleanza, primo fondamento per la successiva, difficile convivenza. Dopo una breve rinascita economica e artistica, culminata con il regno di Iasu (1682-1706), il paese entrò in una fase di declino frazionandosi in una serie di piccoli feudi indipendenti dal potere centrale e guidati da signori locali (i “ras”). La Chiesa copta rimase durante questo periodo l’unico elemento unificante.
Nel 1855, dopo aver sottomesso con l’aiuto del clero gran parte dei feudatari del regno, un avventuriero proveniente dalla zona nordoccidentale del paese si proclamò imperatore con il nome di Teodoro II. Questi riallacciò i contatti con l’Europa, ma quando – per una serie di ragioni, tra cui una sospetta congiura ai suoi danni – fece imprigionare alcuni ufficiali britannici, il governo inglese inviò delle truppe in Etiopia ed egli, sconfitto, si tolse la vita (1868). Dopo quattro anni di lotta per la successione, un capo tigrino divenne imperatore come Giovanni IV (1872).
Nel 1875, il chedivè d’Egitto Ismail Pascià impose la propria protezione al sultano di Haràr e lanciò un attacco contro l’Etiopia. Giovanni IV riuscì a bloccare l’invasione egiziana, perdendo la vita nel 1889 mentre difendeva la frontiera occidentale dai sudanesi. Gli successe Menelik II, il quale, uniti i territori tigrini e amhara al suo regno di Shoa, stabilì la capitale ad Addis Abeba.
-GUERRA D'ETIOPIA E OCCUPAZIONE ITALIANA
Vignetta satirica sul
dominio italiano
Con l’apertura del canale di Suez nel 1869, l’interesse strategico della regione aumentò considerevolmente, attirando l’attenzione delle potenze europee. L’Italia occupò Assab nel 1872 e Massaua nel 1885. Nel 1889, con il trattato di Uccialli, Menelik riconobbe le conquiste italiane, opponendosi in seguito alle pretese di Roma di protettorato sull’Etiopia (chiamata allora Abissinia). La controversia, scaturita da una differente interpretazione del trattato (le cui versioni in amharico e in italiano non corrispondevano), causò nel 1895 lo scoppio di un conflitto armato, risoltosi con la pesante sconfitta delle truppe italiane nella battaglia di Adua (1° marzo 1896) e con il riconoscimento dell’indipendenza dell’Etiopia nell’ottobre dello stesso anno.
A Menelik, morto nel 1913, successe il nipote Ligg Iyasu, che nel 1916 venne deposto in favore di Zauditù, sorella di Menelik. A reggere tuttavia il regno fu il ras Tafari Makonnen, cugino di Menelik, che nel 1930, alla morte di Zauditù, ascese al trono imperiale con il nome di Hailé Selassié I (“Potenza della Trinità”). Questi avviò la modernizzazione del paese, promulgando nel 1931 una Costituzione e rendendo indipendente la Chiesa etiope da quella egiziana. Il processo venne interrotto tuttavia dall’impresa imperialistica dell’Italia fascista, che nell’ottobre del 1935, tra le proteste della Società delle Nazioni, invase il paese. Per piegare la resistenza delle forze etiopi l’Italia fece uso di armi chimiche, venendo per questo sottoposta a sanzioni internazionali. Nel maggio del 1936 Benito Mussolini proclamò il re Vittorio Emanuele III imperatore d’Etiopia. Hailé Selassié trovò rifugiò a Londra, dove rimase fino al 1941. L’Italia instaurò nel paese un regime di segregazione razziale analogo a quello sudafricano dell’apartheid, impiantandovi piantagioni (soprattutto di caffè) e industrie di trasformazione alimentare. L’occupazione italiana durò fino al 1941, quando la regione cadde sotto il controllo dei britannici e Hailé Selassié poté rientrare in patria.
Hailé Selassié |
Il trattato di pace di Parigi del 1947 tra forze alleate e Italia lasciò sospesa la questione delle colonie italiane. Nel 1952, in seguito alla decisione delle Nazioni Unite, venne creata una federazione tra Etiopia ed Eritrea. Quest’ultima, privata da Hailé Selassié di ogni autonomia, nel 1960 venne ridotta al rango di provincia e vi crebbe un forte movimento di resistenza nazionale che avrebbe condotto nei successivi trent’anni una lotta armata per l’indipendenza.
Nel 1953 Hailé Selassié promulgò una nuova Costituzione, istituendo un Parlamento di due camere una delle quali elettiva. Il negus si sforzò di conquistarsi una posizione di prestigio nell’Africa che stava uscendo faticosamente dal colonialismo, ed ebbe infatti un ruolo rilevante nel processo che portò alla firma del trattato istitutivo dell’Organizzazione dell’unità africana (oggi Unione Africana), accogliendo la sede ad Addis Abeba. Il negus stabilì inoltre strette relazioni con gli Stati Uniti, di cui diventò il principale alleato nella regione, e con Israele. Modesti furono invece i tentativi di modernizzare il paese e il controllo delle principali risorse (e in particolare dei terreni fertili) rimase in mano ai potentati locali e alla chiesa. Sventato un tentativo di colpo di stato nel 1960, il negus ignorò i segnali della rivolta che serpeggiava nel paese. L’inerzia del governo e il crescente costo causato dalla guerriglia indipendentista eritrea causarono proteste e un diffuso malcontento, che vennero ignorati dalla corte imperiale. Ad aggravare la situazione intervennero nella seconda metà degli anni Sessanta dispute con la Somalia e il Sudan.
Nel dicembre del 1970, di fronte all’intensificarsi della guerriglia eritrea, il governo dichiarò lo stato d’assedio in diverse regioni, non riuscendo tuttavia a debellare gli insorti. Nel 1972-73 il paese venne colpito da una grave carestia, cui seguirono nel 1974 scioperi e rivolte, anche tra le file dell’esercito, che culminarono il 12 settembre in un colpo di stato militare. Posto agli arresti, il negus morì, in circostanze oscure, l’anno seguente. Alla guida dello stato si instaurò un Consiglio amministrativo militare provvisorio (il Derg), composto da un’ottantina di membri, gran parte dei quali appartenenti alle forze armate o alla polizia. Alla fine dell’anno venne annunciata l’adozione di un’economia di tipo socialista e, all’inizio del 1975, tutti i terreni agricoli furono nazionalizzati e ridistribuiti. In marzo venne proclamata la Repubblica.
Al colpo di stato seguì un periodo di aspro conflitto all’interno del Derg, che vide prevalere l’ala radicale capeggiata dal colonnello Hailé Mariam Menghistu. Questi scatenò una sanguinosa repressione, eliminando in poco tempo migliaia di oppositori reali o potenziali. Verso la metà del 1977 il regime riuscì a respingere, grazie all’aiuto militare dell’Unione Sovietica, l’invasione della Somalia intervenuta in appoggio ai secessionisti dell’Ogaden. Non riuscì invece ad arrestare l’offensiva del movimento indipendentista eritreo, nonostante l’impiego di migliaia di soldati e la deportazione nelle zone di operazione di centinaia di migliaia di persone.
Nel 1984, una drammatica carestia fece decine di migliaia di vittime. Nello stesso anno il regime si diede una nuova veste e Menghistu venne eletto alla guida del Partito etiopico del lavoro, l’unico partito legale. Nel 1987, in base a una nuova Costituzione che prevedeva anche l’elezione di un Parlamento unicamerale, fu proclamata la Repubblica democratica popolare d’Etiopia, di cui divenne presidente lo stesso Menghistu.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, alla guerriglia nazionalista eritrea si aggiunse quella di altri movimenti con basi nel Tigrè (Fronte popolare di liberazione del Tigrè) e tra le popolazioni oromo. Nel 1988, mentre il paese veniva colpito da una nuova carestia, il regime di Menghistu perse il sostegno dell’Unione Sovietica. I movimenti ribelli etiopici ed eritrei stabilirono un’alleanza, impossessandosi nel 1989 delle province settentrionali e preparando l’offensiva finale. Nel 1990 fallì un tentativo di colpo di stato contro Menghistu, che annunciò infine la liberalizzazione del regime. Nella primavera del 1991 le residue forze fedeli al regime vennero sbaragliate dalla guerriglia, che il 28 maggio entrò vittoriosamente ad Addis Abeba. Menghistu fu costretto alla fuga, riparando nello Zimbabwe.
Il nuovo governo si trovò ad affrontare il gravoso compito di ricostruire la nazione. Nel 1994 fu promulgata una nuova Costituzione, che trasformò il paese in una repubblica democratica federale organizzata su base etnica. Nel 1995 si svolsero le elezioni parlamentari che, boicottate dalle opposizioni, videro la vittoria del Fronte rivoluzionario democratico del popolo etiopico (FRDPE), braccio politico del Fronte popolare di liberazione del Tigrè. Alla carica di primo ministro venne eletto Meles Zenawi, che si impegnò a promuovere la democrazia e l’economia di mercato. Il paese continuò tuttavia a essere tormentato da conflitti politici. L’indipendenza dell’Eritrea, sostenuta e riconosciuta da Addis Abeba nel 1993, incoraggiò i fautori di un ulteriore smembramento dello stato e due movimenti indipendentisti ripresero le attività armate contro il potere centrale: il Fronte di liberazione oromo e il Fronte di liberazione nazionale dell’Ogaden, sostenuti sottobanco sa Somalia e Sudan.
L’Etiopia instaurò rapporti di collaborazione politica ed economica con l’Eritrea. Nel 1991 i due paesi sottoscrissero un’unione monetaria e nel 1995 un accordo di libero scambio. Nel 1997, tuttavia, le relazioni si deteriorarono improvvisamente. Il governo eritreo rinunciò all’uso del birr, la moneta etiopica, adottandone una propria, la nakfa; questa decisione, seguita da quella etiope di utilizzare porti diversi da quelli eritrei, alimentò lo scontro tra i due governi. Nel maggio del 1998 un contenzioso sul cosiddetto “triangolo di Yirga” (un’area di circa 650 km² di terra arida e priva di qualsiasi interesse strategico o economico) degenerò in un violento scontro armato. Il conflitto, dopo una breve tregua, riprese agli inizi del 1999, provocando decine di migliaia di morti e più di un milione di profughi. Dopo ripetuti tentativi di conciliazione condotti soprattutto dall’Unione Africana, nell’ottobre del 2000 i due paesi accettarono un piano dell’ONU, firmando nel dicembre successivo un trattato di pace. L’ONU creò una zona tampone lungo la linea di frontiera tra i due paesi, affidandone il controllo a 4200 Caschi Blu e 200 osservatori. La questione continuò tuttavia ad alimentare la polemica tra i due paesi, che non si placò nemmeno dopo che la Commissione internazionale dell’Aia ebbe definito il nuovo confine.
La guerra lasciò il paese in una condizione di grave prostrazione, alimentando il conflitto etnico e politico. Agli inizi del 2004 scontri etnici nella regione di Gambella provocarono molte vittime e la fuga di decine di migliaia di persone dalle loro abitazioni. Proseguirono peraltro le tensioni con l’Eritrea per l’attribuzione della località di Badmé, contesa da entrambi i paesi.
Cartello che mette in guardia dalle mine anti-uomo |
Nel 2005 si avvia verso una soluzione l’annosa vicenda della “stele di Axum”, trafugata dall’Italia nel 1937; una prima sezione dell’obelisco, smontato nel 2003, viene restituita all’Etiopia, in base a un accordo raggiunto anni prima tra i due paesi. La mobilitazione degli studenti universitari, che chiedono una maggiore democratizzazione del sistema politico, viene brutalmente repressa dal regime. Le elezioni legislative del maggio 2005 sono accompagnate da accuse di frode e violente contestazioni, in cui trovano la morte decine di persone. I risultati delle elezioni, diffusi parzialmente solo in agosto e favorevoli al partito di governo, danno vita a nuove proteste, violentemente represse dalle forze di polizia.
Nell’estate del 2006 l’Etiopia interviene a sostegno del governo transitorio somalo, che ha sede a Baidoa (Baydhabo), nel conflitto che lo oppone alle cosiddette “corti islamiche”. La presenza di truppe etiopiche in territorio somalo, inizialmente smentita, si rafforza in seguito alla presa di Mogadiscio da parte delle corti islamiche ed è determinante nell’offensiva che alla fine del 2006 consente al governo transitorio somalo di riprendere il controllo di Mogadiscio, respingendo le milizie delle corti islamiche nel sud del paese.
Nel dicembre del 2006, dopo un processo durato dodici anni, l’ex dittatore Hailé Mariam Menghistu è condannato in contumacia all’ergastolo per genocidio.
CURIOSITA'
-LUCY, LA MADRE DELL' UMANITA'
Da Lucy a Rambo
la strada è stata lunga: non solo la statura è mutata, in quanto
basta osservare la capacità e la conformazione del cranio. La
ricostruzione dello scheletro di 4 specie di ominidi mette anche in
evidenza la loro statura relativa e il loro portamento. Da sinistra
si susseguono: Lucy, cioè Australopithecus afarensis -
Australopithecus africanus - Australopithecus boisei - Homo sapiens.
I primi resti ossei attribuibili con sicurezza a un nostro progenitore
risalgono a poco meno di 4 milioni d’anni fa: si tratta di uno scheletro
incompleto, ritenuto di sesso femminile per la forma del bacino, battezzato
Lucy, venuto alla luce nel
novembre del 1974 ad Hadar lungo il fiume Awash, in Etiopia, grazie alla
spedizione del francese Coppens e dello statunitense Johanson.
Questa specie di ominidi fu scoperta, nello stesso periodo, anche da Mary
Leakey a Laetoli, in Tanzania. Lucy è il più completo fossile pre-Homo mai
trovato, essendo costituito da più di 60 segmenti ossei, ma sfortunatamente
si sa poco sulle dimensioni e sulla forma del cranio. Comunque, si può
dedurre che Lucy avesse dimensioni scheletriche ridotte: alla morte,
avvenuta ad accrescimento ultimato, era alta un metro e sessanta e pesava da
22 a 36 kg. I maschi dovevano avere dimensioni maggiori.
Dopo affannose ricerche è anche venuto alla luce perché la nostra antenata
venne battezzata Lucy: mentre il gruppo di scienziati festeggiava il
sensazionale ritrovamento, trasmettevano per radio la canzone dei Beatles
Lucy
in the sky with
diamonds,
un titolo che, secondo
alcuni, rappresenterebbe la forma svolta di un acronimo, il micidiale LSD,
dietilamide dell’acido D-lisergico.