Nome completo del paese: Stato d'Eritrea
Superficie: 124.320 kmq
Popolazione: 4.561.599 abitanti
Capitale: Asmara
Popoli: 50% tigrigni, 32% tigré, 10% saho e afar, 4,5% hedareb e
bilen, 3,5% kunama, nara e rashaida
Lingua: arabo e tigrino (ufficiali),
italiano
Religione: 50% cristiana, 50% musulmana
Ordinamento dello stato:
democrazia costituzionale
Presidente: Isaias Afwerki
PIL: 4.154.000 abitanti
PIL pro capite: 900 dollari
Tasso annuale di crescita:
2,5%
Inflazione:
10%
Settori/prodotti principali:
conservazione di alimenti, bevande,
abbigliamento, tessile
Partner economici: Etiopia, Sudan, Italia
TERRITORIO
Dancalia: La Piana del Sale |
Il territorio dell’Eritrea è caratterizzato da quattro distinte regioni fisiche. L’arida pianura costiera lungo il Mar Rosso, si estende per un migliaio di chilometri e comprende la depressione della Dancalia a sud-est, situata sotto il livello del mare, dove si registrano temperature molto elevate. A ovest la pianura costiera si innalza bruscamente verso l’altopiano occidentale (propaggine settentrionale dell’Acrocoro etiopico), il cuore del paese, la cui altitudine è compresa tra i 1.800 e i 2.400 m e dove le precipitazioni sono più frequenti. La zona collinare situata a nord-ovest non raggiunge i 1.400 m ed è contraddistinta da un clima più secco. A ovest del fiume Baraka e a nord del fiume Satit si estendono, infine, ampie pianure.
Un considerevole numero di corsi d’acqua – tutti a regime stagionale – drena la regione dell’altopiano; il Gash (o Marab), il Baraka e l’Anseba scorrono verso il Sudan, mentre il Falkat, il Laba e l’Alighede si gettano nel Mar Rosso.
La zona collinare è caratterizzata da un clima molto secco e da altimetrie anche importanti, che arrivano ai 1.400 metri.
-PROBLEMI E TUTELA DELL'AMBIENTE
Due dromedari nel parco nazionale del Dahlak |
L’ambiente naturale dell’Eritrea soffre di frequenti siccità, oltre che degli effetti di una guerra d’indipendenza durata decenni e conclusasi nel 1993. Solo il 60% della popolazione ha accesso all’acqua potabile, e il 9% dispone di servizi igienici. Gran parte della foresta è stata distrutta per ricavarne legna da ardere, e appena il 13,2% (2005) della superficie totale del paese è coperto da macchia. Il 5,6% (2003) del territorio è arabile o permanentemente coltivato; l’intensa pressione sul terreno agricolo è peggiorata da un tasso annuo di crescita della popolazione del 2,45% (2008) e dalle temperature estremamente alte di alcune regioni. I terreni marginali sono stati sfruttati oltre la loro capacità con conseguenze quali l’erosione del suolo e la desertificazione. Il 3,2% (2007) della superficie totale del paese è stato dichiarato protetto sotto forma di parchi e riserve faunistiche; tra le aree protette più importanti ricordiamo le riserve Nak’fa, Yob e Gash-Setit e il Parco nazionale Dahlak.
Il governo ha ratificato accordi internazionali sull’ambiente in materia di biodiversità, cambiamento climatico, desertificazione e specie a rischio d’estinzione.
La guerra con l’Etiopia e le carestie che colpirono l’intera regione negli anni Settanta e Ottanta furono causa di massicce migrazioni, specie dalle aree rurali; al momento in cui venne proclamata l’indipendenza circa il 20% della popolazione si trovava sradicata dal proprio luogo d’origine e i rifugiati in Sudan erano circa 500.000. La popolazione dell’Eritrea – assai diversificata per lingua, cultura e religione – è di 5.028.475 abitanti (2008), con una densità media pari a 41 unità per km²; la popolazione vive soprattutto sugli altipiani; per l’80% è rurale.
Le lingue ufficiali sono il tigrino e l’arabo, ma è diffuso anche l’italiano. Circa la metà degli abitanti professa il cristianesimo copto e parla il tigrino, mentre l’altra metà è divisa in numerosi gruppi etnici ed è costituita da musulmani: quelli di lingua tigrina abitano le pianure costiere nordorientali e il bassopiano occidentale; i saho vivono nei pressi di Massaua; gli afar (o danachili) popolano l’area sudorientale della fascia costiera e l’arcipelago delle Dahlak; i begia, pur essendo nomadi, sono presenti soprattutto a nord-ovest e a nord-est; i baria e i cunama del sud-ovest si distinguono dalla maggioranza della popolazione eritrea – i cui idiomi rientrano nel ceppo camito-semitico – poiché parlano dialetti nilotici. Nonostante la grande diversità etnica, gli scontri tra i differenti gruppi non hanno mai causato seri problemi, poiché gli eritrei sono rimasti uniti dalla comune opposizione al dominio etiopico.
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La situazione interna del paese rende
difficoltosa l’istruzione. Il tasso di
alfabetizzazione della popolazione adulta è del 55,7% (2000).
Oggi in Eritrea ci sono altri
4.600 bambine e
bambini che vanno a scuola grazie ai
donatori italiani dell'UNICEF.
Il progetto dell'UNICEF
Eritrea "Istruzione
per le bambine", realizzato anche
grazie al contributo di cittadini, aziende e scuole italiane, si è
concluso con successo a fine 2006.
Il progetto aveva come obiettivo
il soddisfacimento delle necessità basilari del più vasto numero possibile
di beneficiari, in particolare donne e bambini, assicurando le
infrastrutture di base per l'istruzione, e colmare le differenze di genere
puntando ad aumentare il tasso di scolarizzazione delle bambine.
Il progetto è stato realizzato
tra il 2002 e il
2006 nelle regioni del Mar Rosso
Meridionale e Settentrionale.
Molte scuole sono state distrutte o rese
inagibili dal conflitto con l'Etiopia degli anni Novanta. Nelle zone
più povere sono state costruite nove
scuole e molte altre sono state
ristrutturate.
Si tratta di scuole decentrate, costruite
nelle zone più remote del Paese. Ognuna serve
da 4 a 6 villaggi e offre opportunità educative a bambine e
bambini che prima d'ora non avevano avuto accesso all'istruzione.
Gli amministratori locali e gli anziani delle
comunità hanno partecipato alla scelta
dei siti in cui costruire le scuole. Le comunità hanno avuto un
ruolo decisivo nella gestione e
nel monitoraggio dei lavori, e partecipano oggi alla gestione delle
attività quotidiane.
Altre due scuole
sono state completate nel corso del 2007, portando a 11 il numero
complessivo delle nuove strutture create dal progetto (a fronte
delle 6 previste dall'obiettivo iniziale).
Le scuole costruite e messe in funzione grazie
al sostegno dei donatori italiani (cittadini, aziende, scuole) sono,
in ordine cronologico di completamento:
LOCALITA'
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REGIONE
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ALUNNI
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Barentu
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Gash Barka
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2 scuole, per oltre 800 bambini
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Rwyet, Senafe
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Debub
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1.300 bambini
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Emni Tselim
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Debub
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600 bambini
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Mobea
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Mar Rosso Settentrionale
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180 bambini
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Wazentet
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Anseba
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300 bambini
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Ziban Seb'u
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Debub
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600 bambini
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Adi Bhailay
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Debub
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600 bambini
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Guaquat
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Debub
|
300 bambini
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I centri urbani più importanti del paese sono, oltre ad Asmara, la capitale, Massaua e Assab, centri portuali, Keren (Cheren), Nak’fa, Agordat e Teseney.
Le risorse agricole dell’Eritrea rappresentano la fonte di sussistenza primaria per la maggioranza della popolazione. Nella regione dell’altopiano e nelle aree nordoccidentali del paese, dove le precipitazioni lo permettono, viene praticata principalmente l’agricoltura, mentre nelle pianure costiere e nelle zone aride sudorientali la popolazione è dedita soprattutto alla pastorizia. Le politiche coloniali italiana e britannica, orientate verso la massimizzazione della produzione e l’esportazione di materie prime (colture, bestiame, minerali e pesce), svilupparono un modesto apparato industriale (soprattutto industrie leggere) nei pressi di Asmara e Massaua e si stima addirittura che, ai tempi della federazione del 1952, la regione godesse di un maggiore sviluppo economico rispetto all’Etiopia.
Dal 1962, anno in cui il paese perse la propria autonomia, si verificò un declino dell’espansione industriale e molte fabbriche furono chiuse. Dopo il 1974 il governo marxista etiope nazionalizzò gran parte dell’apparato industriale eritreo. All’epoca dell’indipendenza, a causa dei danni provocati dalla guerra con l’Etiopia, la base industriale del paese era completamente distrutta; gli ingenti depositi di potassa, oro, ferro e petrolio avevano perso quasi tutta la loro produttività e, nonostante i buoni raccolti del 1991 e del 1992, circa il 75% della popolazione dipendeva dalle derrate alimentari inviate da paesi stranieri.
Nel 2006 il prodotto interno lordo ammontava a 1.085 milioni di dollari USA, pari a 231,20 dollari USA pro capite. Anche la rete di comunicazioni subì notevoli danni durante la guerra. Gran parte della rete stradale (che nel 1999 si estendeva per circa 4.010 km) non è tuttora asfaltata, mentre le linee ferroviarie Massaua-Asmara e Keren-Agordat sono in via di ricostruzione. Il traffico portuale è smaltito da Massaua e Assab; l’aeroporto internazionale si trova ad Asmara.
Il presidente eritreo Isaias Afeworki con il ministro della Difesa Sebhat Ephrem |
Annessa all’Etiopia nel 1890 sotto la
colonizzazione italiana, l’Eritrea è diventata indipendente nel 1993 dopo una
lunga lotta di liberazione. La Costituzione, ratificata nel 1997, è rimasta
sospesa a causa del conflitto esploso nel 1998 con l’Etiopia e non sono mai
state convocate elezioni.
Capo dello stato e del governo Isaias Afeworki, leader del Fronte popolare per la democrazia e la giustizia
(FPDG), l’organizzazione politica del Fronte popolare di liberazione
dell’Eritrea (FPLE).
L’Assemblea nazionale (Hagerawi Baito) è
l’organo legislativo di transizione; è composta da 150 membri, per metà
appartenenti al comitato centrale del FPDG, l’unico partito ammesso.
Il sistema giudiziario prevede una Corte Suprema
ed è in vigore la
pena di morte, ma non si hanno notizie di esecuzioni ufficiali dopo
l’indipendenza del paese.
Si ritiene che i primi abitanti della regione si spostarono dalla valle del Nilo verso il bassopiano che attualmente occupa la parte nordoccidentale del paese. Successivamente questi furono raggiunti da popolazioni di lingua nilotica, cuscitica e semitica. Già nel IV millennio a.C., nella regione si svolgevano intensi traffici attraverso il Mar Rosso. Nel IV secolo d.C. l’Eritrea era parte del regno di Axum e prosperò come stato semi-indipendente sotto la sovranità nominale dell’Etiopia sino a quando non passò, nel XVI secolo, sotto l’influenza dell’impero ottomano.
-IL DOMINIO ITALIANO
Sfilata di Balilla per le strade di Asmara, Eritrea (1936) |
L’interesse italiano nella zona cominciò dopo l’apertura del canale di Suez (1869), quando la compagnia di navigazione Rubattino, per conto del governo, procedette all’acquisto della baia di Assab. In seguito a trattative con le potenze europee (soprattutto l’Inghilterra), la baia fu rilevata dal governo stesso; nel 1885 si procedette all’occupazione di Massaua, già in mano agli egiziani e, nell’arco di quattro anni, alla conquista delle altre città del nord. All’avanzata italiana si oppose, con diverse azioni militari – tra le quali l’episodio di Dogali (1887), dove le truppe italiane subirono una pesante sconfitta –, il negus Giovanni IV, l’imperatore etiope. Nel 1889, con il trattato di Uccialli, stipulato tra Etiopia e Italia, quest’ultima venne ufficialmente in possesso del territorio che, nel 1890, fu trasformato in colonia (nominata Colonia Eritrea, dal nome greco e latino del Mar Rosso) e divenne la base per il tentativo di conquista dell’Etiopia, vanificato dalla sconfitta di Adua nel 1896.
Dopo la conquista italiana dell’Etiopia nel 1935-1936, l’Eritrea fu ampliata con parti del Tigrè ed entrò a far parte dell’Africa orientale italiana.
Il dominio italiano durò sino al 1941, quando tutta la regione cadde sotto il controllo britannico. Alla fine della seconda guerra mondiale, incerte sullo status da assegnare all’Eritrea, le Nazioni Unite la unirono all’Etiopia in una federazione diventata operativa nel 1952. Dotata di un Parlamento autonomo, ma soggetto alla forte influenza etiopica, l’Eritrea si divise tra quanti (soprattutto i cristiani ortodossi) erano favorevoli a un’annessione all’Etiopia e quanti (gli islamici) puntavano all’indipendenza. Nel 1958 fece la sua comparsa un movimento nazionalista, il Fronte di liberazione eritreo (FLE), in cui si raccolsero cristiani e islamici favorevoli all’indipendenza del paese. Nel 1961 il FLE avviò le operazioni di guerriglia contro l’egemonia etiopica. Nel 1962, sotto le pressioni del negus Hailé Selassié I, il Parlamento di Asmara votò l’incorporazione del paese all’Etiopia.
-LA LOTTA PER L'INDIPENDENZALe diversità organizzative e ideologiche produssero profonde spaccature all’interno del FLE, che culminarono nella seconda metà degli anni Sessanta con la nascita del Fronte popolare di liberazione dell’Eritrea (FPLE), di ispirazione marxista, che divenne la principale forza del movimento di liberazione.
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Il nuovo governo di Asmara instaurò inizialmente dei rapporti di buon vicinato con l’Etiopia. Nel 1991 i due paesi sottoscrissero un’unione monetaria e nel 1995 un accordo di libero scambio. Nei suoi primi anni di indipendenza, l’Eritrea si ritrovò ad affrontare una grave situazione economica e sociale, dovuta soprattutto alle impellenti esigenze della ricostruzione. La nuova amministrazione si attirò le critiche della comunità internazionale per le violazioni dei diritti politici e di informazione. La leadership del paese, spiccatamente nazionalista, entrò peraltro più volte in contrasto con i paesi vicini per rivendicazioni territoriali: nel 1995 con lo Yemen per il possesso dell’arcipelago Hanish nel Mar Rosso (in seguito attribuito da un arbitrato internazionale allo Yemen), e poi con la stessa Etiopia.
Nella seconda metà degli anni Novanta, nel paese
comparve un’opposizione armata legata al
fondamentalismo islamico, sostenuta dal regime sudanese, che avviò delle
operazioni di guerriglia. In questo quadro, nel 1997 il presidente Afeworki
sospese l’applicazione della Costituzione e la convocazione delle elezioni.
Nello stesso anno scoppiò il contenzioso con l’Etiopia, con la rottura
dell’unione monetaria e l’adozione di una nuova moneta, la nakfa. Nel
maggio 1998, un contenzioso territoriale tra i due paesi sulla sovranità del
“triangolo di Yirga” (650 km² di terra arida e priva di qualsiasi interesse
strategico o economico) e sul diritto etiopico all’accesso al mare si trasformò
in una violentissima guerra. Nonostante la mediazione internazionale, e in
particolare quella dell’Unione
Africana, il conflitto, dopo una tregua durata qualche mese, riprese agli
inizi del 1999, provocando decine di migliaia di morti e più di un milione di
profughi.
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Il paese è oggi afflitto dalle ricorrenti siccità, dalla precaria situazione economica e dall’irrigidimento del suo regime politico. Dal 2001 si è definitivamente interrotto il cauto processo di democratizzazione avviato dopo l’indipendenza dal presidente Afeworki e sono stati allontanati dai posti di responsabilità tutti i riformisti, molti dei quali sono stati arrestati o sono scomparsi nel nulla. Afeworki ha imposto un controllo totalitario sul paese facendo arrestare migliaia di oppositori. Non si sono peraltro risolte le dispute territoriali con l’Etiopia, e i due governi continuano ad alimentare, a fini interni, un conflitto nazionalista che potrebbe sfociare in una nuova guerra.
Un suonatore di Krar |
La musica eritrea si basa su di una base ritmica particolare, diversa dalle altre ritmiche africane, ha la caratteristica fondamentale di essere in levare, peculiarità che pesa all’ascoltatore europeo che voglia battere le mani a tempo. Gli ascoltatori europei sono infatti abituati ad udire toni e mezzi toni e restano colpiti da alcune cesellature dovute all’utilizzo di toni intermedi ai mezzi toni.
La musica abissina ha una vivacità ritmica lampante e insolita che si mescola a tutte le particolarità dalle musica orientale.
Si riconoscono in Eritrea due diversi indirizzi musicali: uno specifico proprio degli abissini, caratterizzato dalla durezza e chiarezza dei ritmi, costruiti con il ripetersi delle note; l’altro indirizzo musicale ha più attinenze con gli arabi, con ritmi meno distinti e le tipiche melodie orientali vestite di ricchi abbellimenti con intervalli di larga portata. Generalmente in quella musica le voci maschili e le femminili sono fuse sino a rendersi indistinguibili.
Il Corno d’Africa è un luogo in cui culture diverse assai lontane si sono incontrate nei secoli (la stessa parola tigrina "abescià", con cui gli eritrei si definiscono, tradotta in italiano sta ad indicare una miscela, un mix), e la musica indiana si mescola a quella araba, mischiandosi con la tradizione monodica copta unendosi anche a quella di natura Sufi dei dervisci di Konya. Strumento tipico è il Krar a sei corde fatto di legno e pelle, che è simile sia in aspetto che per l’accordatura ad una Lyra greca. Ci sono poi gli Uata, che hanno la forma di violino. Tra le percussioni vi sono i tamburi Atamo, Kanda, Dabay, Coborò e Negarit.
Probabilmente i più famosi musicisti del paese sono Eng. Asghedom W. Micheal, Bereket Mengisteab, Yemane Baria e Ato Abirha Segid, le cui canzoni, in alcuni casi, sono state bandite dal governo etiope negli anni '70. Degni di menzione sono anche Bereket Mengistab, che ebbe una lunga storia musicale, e le leggende degli anni '60 Haile Ghebru e Tewolde Redda. Quest'ultimo fu uno dei primi musicisti africani, almeno di questa parte del continente, ad utilizzare la chitarra elettrica, oltre ad essere il compositore e il primo interprete della famosa canzone indipendentista Shigey Habuni.
Il musicista che ha però più di tutti contaminato la musica eritrea è Abraham Afewerki, deceduto nel 2006; la sua produzione musicale è un equilibrato connubio tra le espressioni tradizionali e gli influssi della musica europea. I testi delle sue canzoni parlano di religione, e della lunga guerra di Liberazione, con incursioni nel tema classico dell’amore.