La grande invenzione


Ricostruzione virtuale di un cinematografo
La prima macchina da presa fu inventata dallo statunitense Thomas Edison nel 1889 ed è una macchina da visione, destinata a scattare in rapida successione una serie di fotografie su una pellicola di 35mm; poi fu inventata una seconda, che consentiva ad un solo spettatore per volta di osservare, tramite un visore, l'alternanza delle immagini impresse sulla pellicola. Pochi anni dopo nel 1895 a Parigi i fratelli Louis e Auguste Lumière proiettarono per primi, nel Grancafè del Boulevard des Capucines la prima pellicola, essi non intuirono il potenziale di questo strumento come mezzo per fare spettacolo, lo considerarono esclusivamente a fini documentaristici, senza per questo sminuirne l'importanza, tanto che si rifiutarono di vendere le loro macchine. Nello stesso periodo, Edison (negli USA) iniziò un'aspra battaglia giudiziaria per impedire l'uso, sul territorio americano, degli apparecchi francesi, rivendicando il diritto esclusivo all'uso dell'invenzione.                                            
Dopo circa cinquecento cause in tribunale, il mercato sarà comunque liberalizzato. Nel 900 i fratelli Lumière cedettero i diritti di sfruttamento della loro invenzione a Charles Pathè. Il cinematografo si diffuse così rapidamente in Europa e poi nel resto del mondo. I primi film proiettati con il suddetto sistema del cinematografo erano poco più che dimostrazioni: scene di vita quotidiana filmate e proiettate per meravigliare il pubblico attonito.  Ricordiamo la famosa proiezione di un treno in corsa che sembrava venire nella direzione degli spettatori: si dice che alla prima visione il pubblico scappò dalla sala nel timore che il treno bucasse lo schermo. Con i primi grandi successi del cinema muto, fu presto chiaro che la produzione di film poteva essere un affare favoloso, tale da giustificare anche l'investimento di forti somme di denaro. Un film che ha successo ripaga di molte volte i costi per crearlo e distribuirlo, d'altra parte sono soldi buttati se non incontra i gusti del pubblico.

 

 

 

Il cinema muto negli anni '20

Le enormi potenzialità del mezzo come intrattenimento di massa non tardarono ad essere meglio sfruttate: i primi a intuire le sue reali capacità furono Georges Mèlies in Francia, a buon diritto il padre del cinema fantastico, e l'americano David Griffith del quale "La nascita di una nazione" del 1915 è il primo vero film in senso moderno e rappresenta il culmine del cosiddetto "cinema delle origini". Con i primi grandi successi del cinema muto, fu presto chiaro che la produzione di film poteva essere un affare favoloso, tale da giustificare anche l'investimento di forti somme di denaro: un film che ha successo ripaga di molte volte i costi per crearlo e distribuirlo. D'altra parte sono soldi buttati se non incontra i gusti del pubblico. Quando fu chiaro ai produttori che la gente si affezionava agli attori che vedeva sullo schermo, da una parte favorirono questo attaccamento promuovendo pubblicamente gli artisti che avevano dimostrato di piacere agli spettatori, per renderli ancora più popolari, e dall'altra iniziarono a pagare loro una parte consistente di questi profitti pur di ingaggiarli anche per i film successivi: gli attori cinematografici di successo iniziarono a guada  cifre inaudite e nacquero così i primi divi, le prime star. Con i primi grandi successi del cinema muto, fu presto chiaro che la produzione di film poteva essere un affare favoloso, tale da giustificare anche l'investimento di forti somme di denaro. Un film che ha successo ripaga di molte volte i costi per crearlo e distribuirlo. D'altra parte sono soldi buttati se non incontra i gusti del pubblico. Il fatto che un attore cinematografico non dovesse avere altre doti che piacere al pubblico, e che la nascente industria cinematografica cercasse costantemente nuovi attori e pagasse loro delle vere fortune, e la fama enorme di cui godevano che poteva arrivare all'idolatria, è il caso di Rodolfo Valentino, che rese il mestiere di attore del cinema un sogno, un miraggio che catturò la fantasia delle masse. Tutti volevano diventare attori.

Il cinema di Buster Keaton


Buster Keaton
Buster Keaton nacque il 4 ottobre 1895, primo di tre figli, in una famiglia di attori. I genitori - Joseph e Myra Keaton - collaborarono a lungo con Bessie e Harry Houndini e fu proprio l'illusionista a soprannominare "Buster" il vivace e precoce ragazzo, dopo che questi era scivolato dalle scale senza farsi nulla. Si narra che sia stato portato in scena ancora in fasce o che, a nove mesi, sia entrato casualmente in scena. Ma si tratta, verosimilmente, di leggende mentre lo stesso Keaton fece risalire il suo esordio al 1899 quando aveva tre anni. Sul finire del nel 1919 Joseph Schenck, che aveva sposato Norma Talmadge e che nel 1916 aveva creato la Comique Films per cui lavorava Arbuckle, propose a Keaton di creare una compagnia autonoma, la Buster Keaton comedis. Il primo cortometraggio di questa seconda fase della sua carriera cinematografica è "The hight Sign" anche se per molti anni si è pensato che fosse "One Week".

L'equivoco si spiega con il fatto che il neo regista estremamente esigente non rimase soddisfatto della sua prima prova e il film fu distribuito oltre un anno dopo essere stato girato (la prima è dell'aprile 1921) quando Keaton era costretto all'inattività a causa di un incidente occorsogli sul set. Tra il 1920 e 1923 Keaton interpretò 23 cortometraggi di cui curò anche la regia (sempre insieme a Eddie Cline, se se ne escludono due in cui lo affiancò Mal St. Clair e uno diretto dal solo Keaton). La visione di queste pellicole, anche di quelle meno riuscite, mostra una netta discontinuità con quelle interpretate e dirette da Arbuckle. I film diretti da Keaton hanno una trama e una loro precisa riconoscibilità. L'attore regista mostra una grandissima padronanza tecnica. Il suo processo di maturazione artistica è rapidissimo ma ben visibile. Le singole pellicole, pur molto diverse tra loro, evidenziano l'eclettismo di Keaton ma anche alcuni temi cari al regista e ricorrenti anche negli anni successivi, primo tra tutti il rapporto tra opposti e soprattutto quelli tra veglia e sogno, tra realtà e finzione, tra il normale e l'imprevisto (ed imprevedibile). Un rapporto i cui margini sono spesso sfumati e inafferrabili. E questo gli consentì di fare ciò che riuscì a pochissimi (e tra questi Chaplin con "Il Monello"): passare senza alcun problema a ideare, dirigere ed interpretare pellicole di durata decisamente maggiore

 

 

 

Charlie Chaplin


Charlie Chaplin in una scena de "Il grande dittatore"
Chaplin nacque a Londra nel 1889 da madre attrice in una famiglia molto povera . A soli venticinque anni creò il personaggio di Charlot, che in pochissimo tempo conquistò il mondo. Iniziò a calcare le scene a cinque anni, cantando una canzone al posto della madre malata (mentre il padre era nel frattempo morto per alcolismo). L'infanzia povera lo lega al mondo dello spettacolo e a diciassette anni lavora stabilmente nella compagnia di F. Karno, con la quale nel 1910 salpa per gli Stati Uniti (insieme a S. Laurel, suo compagno di stanza a New York).

Notato da M. Senett nella pantomima dell'ubriaco (un suo cavallo di battaglia), viene messo sotto contratto alla Keystone e nel 1914 debutta nella slapstick comedy con Making a Living. Nello stesso anno appare in altri 34 two reels fra i quali "Kid Auto Races at Venice", in cui indossa per la prima volta il costume da tramp («barbone»), abito nero con bombetta sfondata e sottile bastone da passeggio, che lo renderà celebre. Ma il suo primo e grande successo fu senza dubbio "Il monello" del 1921. Fra i suoi film più celebri troviamo: "La febbre dell'oro" (1925), "Luci della città" (1931), "Tempi moderni" (1936) e infine "Il grande dittatore". Chaplin morì dopo una lunga e nominata carriera a Corsier-sur-vevey, in Svizzera, la notte di Natale, del 1977.

 

 

 

 

David Griffith


David Wark Griffith
David Lewelyn Wark Griffith è sicuramente uno tra i più importanti registi e sceneggiatori hollywoodiani, anzi è sicuramente il primo di essi poiché fu il padre del "cinema narrativo".Griffith nasce a La Grange nel 1875, figlio del colonnello Jacob Griffith, è ispirato fin dall'infanzia alle storie e ai melodrammi militari narrati dal padre. Griffith cerca la sua strada nel cinema e inizia la carriera dell'attore, una carriera che lo porterà a diventare il più grande regista del '900. Tra il 1908 e 1913 inizia a lavorare per la Biograph company, dirigendo all'incirca 450 cortometraggi, ed è qui che inizia a maturare la sua passione per il cinema. Usa le prime inquadrature lineari per realizzare pellicole come "Le avventure di Dollie", in altre usa gli inserti, cioè dei cambi di inquadratura che riprendevano sopratutto il volto del protagonista, esprimendo così lo stato d'animo del personaggio. Griffith, a differenza degli altri produttori, usa costantemente nelle sue pellicole queste tecniche, tanto da iniziare una vera e propria rivoluzione del cinema mondiale.Convinto più che mai che il lungometraggio sarebbe stato il futuro del cinema, fonda nel 1915 la Triangle, con la quale produsse il suo primo lungometraggio: "La nascita di una nazione". Con questa pellicola Griffith mette a punto un nuovo modo di fare il cinema: è il primo infatti a creare una pellicola della durata di 160 minuti, pienamente narrativa, dove racconta la guerra di secessione americana, basandosi interamente sulla storia di due famiglie, una delle quali sudista, in netta contrapposizione. Riesce, in questo film, anche ad usare una violenza nelle scene di guerra che nessun produttore in quegli anni avrebbe mai potuto fare. E' anche un film molto criticato per i suoi contenuti razzisti, poiché nella seconda mostra il Ku Klux Klan come il movimento che ristabilisce l'ordine nel sud, dopo essere stato abbandonato dal governo del Nord alle orde armate di schiavi liberati. Dopo le critiche, per ristabilire l'ordine alla Triangle, produce un nuovo film, della durata di 197 minuti, dove si mostra portatore di ideali pacifisti: "Intollerance". Ma purtroppo il messaggio non viene recepito dal pubblico e la Triangle, nel 1917, finisce decisamente in banca rotta. Dopo aver pagato molti dei suoi debiti, dovuti alla caduta della sua società, Griffith si unisce a Charlie Chaplin e fonda una nuova casa di produzione la United Artists. Negli stessi anni produce un nuovo film per esprimere i suoi ideali di non violenza: "Giglio infranto". Benchè apprezzato come artista, non riuscì mai a scrollarsi di dosso le sue presunte idee razziste, che causarono i suoi successivi insuccessi e il suo ritiro dal mondo del cinema. Nel 1936 gli fu conferito lo speciale Academy Award alla carriera. Negli anni successivi la sua dedizione all'alcool lo distrusse sia fisicamente, che intellettualmente. Infine morì ad Hollywood il 23 luglio del 1948. 

Hollywood capitale del cinema


L'insegna di Hollywood: capitale del cinema
Hollywood è da sempre uno dei più importanti centri della cinematografia mondiale. Per lungo tempo, il noto distretto della fortunata città di Los Angeles, in California, ha rappresentato il centro della produzione cinematografica americana. La fortuna di Hollywood inizia poco prima del primo conflitto mondiale; durante gli anni '10, le troupes provenienti da New York, che all'inizio del secolo scorso era il centro della cinematografia americana, trovano nel sobborgo di Los Angeles un luogo ideale per girare gli esterni dei film, grazie alle favorevoli condizioni climatiche e ad un ambiente non lontano dal mare, dalla montagna e dal deserto. La vicinanza con la frontiera messicana e la lontananza da New York hanno rappresentato un vantaggio enorme per i nuovi registi indipendenti che, a causa della cosidetta "guerra dei brevetti" e della violenta lotta ingaggiata dalla Motion pictures (nel 1909 la compagnia raggruppava le sette maggiori case di produzione americane, ossia Edison, Vitagraph, Biograph, Seling, Lubin, Essanav e Kalem), hanno trovato ad Hollywood il luogo ideale per un'industria cinematografica libera. Nel corso degli anni Venti Hollywood diventa un vero e proprio sistema dello spettacolo, in cui produttori, attori, registi, operatori e mestieranti di ogni tipo contribuiscono a dar vita ad un'industria dalle proporzioni titaniche. Nello stesso tempo gli eccessi, le stravaganze, la ricchezza, il lusso, le feste, a volte anche i crimini, gli scandali che coinvolgono attori e registi riempiono i giornali e animano i dibattiti; attraverso un sapiente uso dei nuovi mezzi di comunicazione, nasce quel mito della Hollywood B, come è stato definito dal regista Kenneth Anger; l'arte cinematogafica e la vita privata dei professionisti del cinema si fondono in una sola dimensione in cui spesso risulta difficile distinguere tra realtà e finzione, storie reali e storie inventate. Il pubblico assiste alla nascita del nuovo divismo hollywoodiano, dove non soltanto i singoli, ma il cinema tutto diventa  un modello mitico.

Non mancano i grandi modelli femminili e maschili, tra cui si ricordano sicuramente Rodolfo Valentino. In poco tempo le nuove case di produzione danno vita ad un cinema di generi che ha come tratto comune qualità e cura dei prodotti. La libertà e l'eclettismo dei temi trattati ed il gran numero di sceneggiatori, registi e attori permettono di dar vita ad un'industria dello spettacolo che non ha pari in nessun luogo del mondo. Il risultato sono opere che si lasciano guardare ed ammirare come opere di intrattenimento ed evasione. Nel corso degli anni trenta, l'avvento del sonoro porta ad una nuova stagione del cinema americano; grazie alla brillante intuizione della Warner Bros,  il cinema musicato e parlato diventa la nuova strada della cinematografia mondiale. L'industria americana cresce secondo le regole di una rigida organizzazione; il film diventa un prodotto confezionato secondo regole precise, con poche varianti e capaci di provocare negli spettatori determinate reazioni, prevedibili e previste. I generi classici americani, dal western al musical, dal melodramma alla commedia, trovano in Capra, Cupor, Lubitsh, Vidor etc., eccezionali rifinitori di film. Proprio in questo genere di lavoro prestabilito, in cui il produttore può essere considerato il vero organizzatore dell'industria cinematografica e dell'evento singolo in questione, molti registi riescono a tracciare una rappresentazione articolata della nuova società americana. Superato il difficile periodo del maccartismo e la conseguente crisi culturale ed artistica, nonché la “caccia alle streghe” che ha portato all'allontanamento di molti nomi noti della cinematografia hollywoodiana, il cinema degli anni '60, così come altre arti, vede la ripresa di una produzione incentrata su contestazione critica e provocazione; nello stesso periodo prende forma un nuovo gusto, non legato alle convenzioni classiche hollywoodiane, capace di giungere più tardi ai risultati del cinema underground. La contestazione al sistema hollywoodiano arriva da circoli culturali sparsi nella Costa Orientale ed in quella Occidentale, dove i nuovi autori indipendenti animano una protesta contro il sistema e le sue strutture. Ma nel momento stesso in cui queste opere e questi autori emergono, entrano in un sistema che trova nella spettacolarizzazione della visione il momento ultimo di un lungo processo. Se a questi nuovi eventi si aggiunge anche la massiccia diffusione della televisione, nonché il profondo mutamento dei gusti popolari, si arriva nel corso degli anni '70 ad un nuovo cinema, più attento ai cambiamenti, ai processi tecnologici, alle nuove cinematografie mondiali, capace di modificare i propri schemi senza però alterarne la struttura; un sistema, in definitiva, con regole proprie, che ha il compito di trasformare o riprodurre la realtà con prodotti che sono prima di tutto spettacoli. Accanto ai nuovi autori hollywoodiani, tra i quali ricordiamo George Lucas, Steven Spielberg, Francis Ford Coppola, continua a cresce una schiera di autori indipendenti lontani e contrari ad Hollywood. Tutto questo porta Hollywood ad essere una delle industrie cinematografiche più efficienti e produttive del mondo.

 



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