QUADRO MACROECONOMICO
La Giunta militare non è in grado di concepire un modello di sviluppo che, pur continuando a permettere la propria permanenza al potere, sia in grado di salvaguardare l'integrità del Paese ed alleviare la dilagante povertà. Diversamente da quanto realizzato da altri paesi asiatici, i militari al governo non intendono utilizzare la propria influenza per avviare il processo di industrializzazione. In sostanza si limitano ad assicurare il funzionamento e la realizzazione delle sole infrastrutture indispensabili per mantenere l'attività economica ai modesti livelli attuali ed assicurare un minimo flusso di intercambio. In definitiva il regime rifiuta il modello economico proposto dall'occidente evitando cambiamenti che, a suo avviso, potrebbero comportare rischi di destabilizzazione derivanti da più intensi contatti con l’esterno. Pertanto, il regime appare tuttora incapace di emanare un coerente pacchetto di riforme suscettibile di correggere i forti squilibri macroeconomici che da tempo si registrano nel paese e di alleviare la precaria situazione in cui versa gran parte della popolazione.
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Profonde distorsioni strutturali si riflettono
pesantemente in quasi tutti i settori dell’economia. Costituiscono gravi
ostacoli per lo sviluppo del paese la cronica carenza di riserve di valuta
pregiata e le distorsioni provocate dall’applicazione di un tasso di cambio
multiplo che consente, in sostanza, di sussidiare le imprese di stato ed il
deficit di un massiccio settore pubblico. Rappresentano ulteriori elementi di
preoccupazione i mancati progressi nel campo della privatizzazione, il marginale
ruolo del settore privato ed il modesto livello degli investimenti stranieri.
Attualmente, le prospettive di crescita continuano ad essere influenzate
dall’impatto delle sanzioni americane (ed in particolare, dal divieto di
esportazione verso gli USA), dalle difficoltà di poter ricorrere a coperture
assicurative e dal divieto di finanziamenti da parte delle IFI. Secondo
valutazioni dell’EIU (Economic Intelligence Unit) la concomitanza di questi
fattori ha determinato nel 2005 un tasso di crescita pari a 1,5%, a dispetto
delle irrealistiche stime governative del 12 - 13%. Ad avviso del FMI, le
politiche macroeconomiche dovranno essere orientate verso la stabilità e le
riforme strutturali indirizzate in modo da permettere all’economia di
svilupparsi secondo le sue potenzialità. La crescita economica e’ largamente
impedita dalle disastrose politiche governative, da tecnologie ed attrezzature
industriali ampiamente obsolete, insufficienti infrastrutture e dalla bassa
qualità dell’istruzione. Tuttavia, le abbondanti risorse naturali di cui dispone
il paese possono offrire un notevole contributo allo sviluppo economico, sebbene
attualmente siano sfruttate ad un livello molto al di sotto delle effettive
potenzialità.
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Il tasso di inflazione, sebbene indicato dal governo in termini piuttosto modesti, presenta in realtà andamenti senz’altro elevati, in particolare per quanto concerne i generi di prima necessità. La posizione esterna si mantiene fragile nonostante il surplus della bilancia commerciale, reso possibile dall’ulteriore compressione delle importazioni e dall’incremento dei proventi derivanti dalle aumentate esportazioni di gas naturale. Causa le devianze provocate dal regime del tasso di cambio multiplo, i pervasivi controlli amministrativi e le politiche attualmente adottate, la prospettiva di medio termine e’ per un bassissimo tasso di crescita ed elevato tasso di inflazione, connubio foriero di produrre gravi conseguenze sul piano sociale. La condizione del sistema bancario permane critica. Le attività di sei delle principali banche private (insieme totalizzano il 60% della raccolta) sono paralizzate, determinando forti limitazioni nel livello degli investimenti e negative ripercussioni in settori particolarmente dinamici dell’economia birmana quali quello commerciale e delle costruzioni. A poco e’ servito l’apporto di liquidità della Banca Centrale e di altre banche pubbliche, nel tentativo di arginare le conseguenze della crisi, dato che i beneficiari non sono stati sinora in condizione di restituire nemmeno parte di quanto mutuato. La crisi del sistema, il conseguente collasso del credito e la mancanza di fiducia dei risparmiatori, minacciano pesantemente gli investimenti e la crescita economica. Nella situazione corrente, gli obiettivi governativi, tra i quali aumento del tasso di crescita e riduzione dell’inflazione, non sembrano realisticamente perseguibili. Gli indicatori sociali in Myanmar rimangono i più bassi della regione nonostante le autorità da diversi anni si sforzino di dichiarare il contrario. Nel settore delle riforme strutturali, in assenza di un piano concreto di privatizzazioni, dovrebbero essere imposti alle imprese statali precisi vincoli di bilancio, al fine di migliorare gli incentivi verso un approccio di mercato, e favorire le ristrutturazioni. Il governo ha concretamente mancato di attuare alcuni suggerimenti avanzati dal FMI quali l’aumento delle entrate fiscali (attualmente al 3% del PIL) ed unificazione del tasso di cambio, nelle more della determinazione di interventi strutturali di più lungo periodo. Infine, la riluttanza del governo a divulgare dati attendibili unitamente alla vasta incidenza dell’economia sommersa presente nel paese, rende particolarmente difficoltoso fornire un quadro preciso dell’andamento delle attività ed ostacola la valutazione di sviluppi economici.
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Il paese e’ governato da una dittatura militare, al potere da oltre 40 anni,
che controlla rigidamente ogni aspetto della vita, ivi compresa l’economia. Le
decisioni vengono assunte in base alle esigenze ed interessi (anche personali)
della giunta e dei generali, nonché tenendo conto della cronica carenza di
valuta estera che affligge il paese e del timore delle interferenze occidentali.
Il numero uno del regime ed il suo vice svolgono un ruolo preminente della
definizione delle politiche economiche.
Un comitato extraministeriale, il Trade Policy Council, ha il prevalente compito
di determinare le politiche commerciali. In aggiunta, due imprese di stato (MEC
e UMEHL) hanno un ruolo chiave in tutti i settori economici e della produzione,
sia autonomamente che in joint-venture. Si tratta, in definitiva, di un ambiente
poco favorevole alle imprese straniere, reso ancor più torbido da una burocrazia
lenta e da una corruzione diffusa. Inoltre, la defenestrazione dell’ex primo
ministro, generale Khin Nyunt, particolarmente sensibile alle esigenze del ceto
imprenditoriale locale, ha fugato le pur esili speranze di attuazione di riforme
in senso liberale dell’economia del paese. Principali partner commerciali del
Myanmar sono Singapore, Tailandia, Cina, Malesia, Corea, India, Giappone,
Indonesia, Hong Kong. Svizzera. I principali paesi investitori sono Singapore,
Tailandia, Giappone, Corea, Hong Kong, Malesia, Cina, Regno Unito, Isole Vergini
Britanniche, Canada. In particolare, per quanto concerne gli investimenti, si è
passati da un miliardo di dollari prima della crisi asiatica agli attuali 85
milioni. È poi in atto un processo di sostituzione per effetto del quale le
imprese asiatiche stanno progressivamente subentrando a quelle occidentali,
soprattutto con l'intento di trarre vantaggio da produzioni caratterizzate da un
elevato impiego di mano d'opera a basso costo o di avere accesso a materie prime
di cui il Myanmar è potenzialmente ricco.c) Andamento dell’interscambio
commerciale con l’Italia e degli investimenti diretti esteri bilaterali.
c) Andamento dell’interscambio commerciale con l’Italia e degli investimenti diretti esteri bilaterali
Il valore dell’interscambio con l’Italia e’ piuttosto modesto: nei primi 10 mesi del 2005 abbiamo importato merci per un valore di circa 25 milioni di euro ed esportato per circa 3,5 milioni di euro. Non si registrano investimenti diretti italiani e non vi sono, attualmente, imprese italiane operanti in Myanmar. Oltre alle previsioni della Posizione Comune UE, incide negativamente sugli scambi con il Myanmar la circostanza che le società straniere operanti nel paese vengono inserite in una black list, predisposta dalle organizzazioni sindacali internazionali. Esse vengono accusate di intrattenere relazioni d’affari con una dittatura militare colpevole di gravissime violazioni dei diritti umani. Tale evenienza, unitamente all’immagine negativa del paese, costituisce un’ulteriore remora ad intrattenere rapporti commerciali con il Myanmar.
La penetrazione del mercato locale deve necessariamente tenere conto di un
clima politico ostile all’occidente per naturale reazione alla posizione UE (e
USA) nei confronti del regime di Yangon. Tali provvedimenti restrittivi non
hanno sortito effetti politici degni di rilievo e non sono stati adottati
esplicitamente da altri paesi industrializzati.
Essi si sono ripercossi sul comportamento delle imprese occidentali,
condizionandole e contribuendo a creare una situazione di incertezza e di timore
nell’ambito della comunità d’affari internazionale sull’opportunità’ di operare
in questo paese. Le imprese italiane dovranno considerare tali condizionamenti,
ai quali si aggiunge la difficoltà di poter ricorrere a coperture SACE,
l’assenza di progetti di sviluppi finanziati dalla nostra Cooperazione ed il
divieto di finanziamenti da parte delle IFI. Una favorevole evoluzione della
situazione politica potrebbe dischiudere interessanti opportunità per una nostra
decisiva partecipazione al processo di ammodernamento e di sviluppo del paese in
particolare nei settori petrolifero e degli idrocarburi, delle
telecomunicazioni, delle infrastrutture di base, dei trasporti, del turismo, ecc..
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POLITICA COMMERCIALE E DI ACCESSO AL MERCATO
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Nonostante alcune leggi promulgate nel 1990 incoraggino nella forma il commercio estero e gli investimenti, nei fatti si e’ in presenza di notevoli restrizioni che spaziano dalla difficoltà di ottenere le previste licenze per svolgere attività commerciali e di import-export, il cui rilascio e’ soggetto a procedure tutt’altro che trasparenti, all’applicazione di norme arbitrarie e non scritte che lasciano spazio ad ampi margini di corruzione, alle limitazioni imposte da taluni provvedimenti. In sostanza, i rapporti economici in questo paese sono, attualmente, resi difficoltosi dalla mancanza di un quadro giuridico-legale sufficientemente affidabile. Alcuni esempi delle politiche restrittive:
- dal 2003 non vengono rilasciate, e nemmeno rinnovate, licenze commerciali a società straniere;
- il valore delle importazioni non deve eccedere quello dei proventi derivanti da attività di export;
- tassa sulle esportazioni pari al 10%;
- classificazione, da parte del governo, dei beni importati tra “bene
essenziale” o “bene non essenziale”. Almeno l’80% delle merci importate devono
appartenere alla prima categoria. Nel 2003 la giunta al potere ha rafforzato i
limiti di tale norma disponendo un’ulteriore classificazione in “beni di non
urgente necessità per lo Stato” e “beni non necessari allo Stato”. - limitazioni
all’esportazione di capitali; Un ulteriore ostacolo e’ rappresentato dalla
mancanza di infrastrutture per la distribuzione di beni e servizi. La
possibilità di un agevole accesso al mercato e’, come sopra accennato,
largamente dipendente dall’attuazione di riforme di tipo politico. Il Myanmar
non dispone di una adeguata legislazione sulla tutela della proprietà
intellettuale, dei brevetti e dei marchi. Numerose merci contraffatte,
provenienti principalmente da Cina e Tailandia, vengono regolarmente
commercializzate nei diversi punti vendita della capitale e delle maggiori
città. Un disegno di legge risalente al 1994 e’ ancora in attesa di
approvazione, mentre delle norme indiane del 1911, applicate in Myanmar
dall’allora governo coloniale britannico, disciplinano tuttora la registrazione
di brevetti e marchi nel paese.
POLITICA PROMOZIONALE E PROPOSTE OPERATIVE DI INTERVENTO CONGIUNTO
Le limitazioni poste dalla posizione Comune UE nei confronti del Myanmar e le particolari condizioni politiche del paese non consentono, allo stato attuale, la definizione di iniziative a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo. Per le stesse ragioni non sono stati individuati per l’anno 2006 progetti ed iniziative promozionali da realizzarsi tanto congiuntamente, tra le strutture istituzionalmente preposte, che individualmente da parte della Rappresentanza diplomatica.