Il disastro di Chernobyl avvenne il 26 aprile 1986 con l'esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina (allora parte dell'Unione Sovietica), vicino al confine con la Bielorussia. In seguito alle esplosioni, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che raggiunsero l'Europa orientale e la Scandinavia oltre alla parte occidentale dell'URSS. Vaste aree vicine alla centrale furono pesantemente contaminate rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Le repubbliche, adesso separate, di Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora oggi gravate dagli ingenti costi di decontaminazione ed è alta l'incidenza dei tumori e delle malformazioni sugli abitanti della zona colpita.
La centrale
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La centrale di Chernobyl (51°23′14″N, 30°06′41″E) è situata vicino all'insediamento di Pripyat, in Ucraina, 18 km a nord-ovest della città di Chernobyl e 110 km a nord della capitale Kiev, e dista 16 km dal confine con la Bielorussia. L'impianto era composto da quattro reattori, ognuno in grado di produrre 1 gigawatt di energia elettrica (3.2 gigawatt di energia termica); i quattro reattori, insieme, producevano circa il 10% dell'elettricità ucraina. La costruzione dell'impianto iniziò negli anni '70, il reattore n° 1 fu commissionato nel 1977, e fu seguito dai reattori 2 (1978), 3 (1981), e 4 (1983). Altri due reattori (i n° 5 e 6, da 1 GW ciascuno) erano in fase di costruzione quando si verificò l'incidente.
I reattori erano di tipo RBMK-1000, un reattore a canali, moderato a grafite e refrigerato ad acqua. Una caratteristica di questo reattore è quella di operare a coefficiente di vuoto positivo. Cioè, con l'aumentare della temperatura, la reazione nucleare, anziché moderarsi, aumenta. Tale caratteristica è vietata nei reattori occidentali per motivi di sicurezza. Infatti se manca il liquido refrigerante, il reattore deve essere in grado di spegnersi autonomamente, senza interventi umani o di mezzi meccanici.
Il fine del reattore era la produzione di elettricità per uso civile e di plutonio ad uso militare. Per aumentare l'efficienza del sistema erano state adottate alcune soluzioni tecniche che ne diminuivano la sicurezza. Innanzitutto la scelta della grafite come moderatore: questa sostanza viene utilizzata per moderare i neutroni e soprattutto per facilitare la produzione di plutonio-239.
L'incidente
Il 26
aprile 1986 alle ore 01:23:58 locali, nel corso di una prova,
definita di sicurezza, in cui si voleva verificare se la turbina
potesse continuare a produrre energia per inerzia anche quando
il circuito di raffreddamento fosse stato incapace di produrre
vapore, vennero disabilitati alcuni circuiti di emergenza,
l'impianto di raffreddamento secondario e poi quello principale.
Le cause
Riguardo
le cause dell'incidente esistono due ipotesi contrastanti. La
prima, pubblicata nell'agosto 1986 attribuiva tutta la
responsabilità agli operatori dell'impianto. La seconda,
proposta da Valeri Legasov e pubblicata nel 1991, attribuiva
l'incidente a debolezze nel progetto del reattore RBMK, in
particolare alle barre di controllo. Inoltre gli operatori della
centrale non erano a conoscenza dei problemi del reattore.
Secondo uno di loro, Anatoliy Dyatlov, i progettisti sapevano
che il reattore era pericoloso in certe condizioni, ma nascosero
intenzionalmente tale informazione. In aggiunta il personale
dell'impianto era composto per la maggior parte da operatori non
qualificati per il reattore RBMK: il direttore, V.P. Bryukhanov
aveva esperienza di impianti a carbone; anche il capo ingegnere,
Nikolai Fomin, proveniva da impianti convenzionali; anche
Anatoliy Dyatlov, capo ingegnere dei reattori 3 e 4 aveva solo
una limitata esperienza con reattori nucleari, per lo più su
piccoli esemplari di reattori VVER progettati per i sottomarini
nucleari sovietici.
In
particolare:
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Il reattore RBMK ha un coefficiente di vuoto pericolosamente positivo, questo significa che le bolle di vapore, che si formano nell'acqua usata come refrigerante, incrementano la reazione nucleare in modo incontrollato. Ancora peggio, alle basse potenze, il coefficiente positivo non è compensato da altri fattori, rendendo il reattore instabile e pericoloso in tali condizioni.
-
Il reattore RBMK presenta un difetto nelle barre di controllo. Normalmente inserendo le barre di controllo in reattore nucleare si riduce la reazione. Nel reattore RBMK le barre di controllo terminano con gli estensori (la parte finale lunga circa 1 metro) in grafite, mentre la parte funzionale, che riduce la reazione assorbendo neutroni, è in carbonato di boro. Questo significa che quando si inseriscono le barre, gli estensori rimpiazzano l'acqua refrigerante (che assorbe neutroni) con la grafite (che fa da moderatore di neutroni) e quindi inizialmente, per pochi secondi, si ottiene un incremento della reazione. Questo comportamento contro-intuitivo era ignoto agli operatori della centrale. Tale anomalia creò un problema nel 1983 in Lituania con un reattore dello stesso tipo.
-
Gli operatori commisero diverse violazioni delle procedure, e questo insieme alla scarsa comunicazione tra gli addetti alla sicurezza e gli operatori che dovevano condurre l'esperimento contribuì all'incidente.
Va anche sottolineato che gli operatori disattivarono i sistemi di sicurezza del reattore, che è proibito dai manuali operativi dell'impianto. Secondo il rapporto dell'agosto 1986 della commissione governativa, gli operatori rimossero almeno 204 barre di controllo delle 211 presenti, lasciandone solo 7. Anche questa condizione è vietata dai manuali operativi, che pongono a 15 il numero minimo di barre nel reattore RBMK-1000 in funzione.
Gli eventi
Il 25
aprile 1986 era programmato lo spegnimento del reattore numero 4
per normali operazioni di manutenzione. Si approfittò della
recente fermata per manutenzione del reattore per eseguire il
test sulla capacità delle turbine di generare elettricità
sufficiente per alimentare i sistemi di sicurezza (in
particolare le pompe dell'acqua refrigerante) nel caso in cui
non fossero alimentati dall'esterno. I reattori come quello di
Chernobyl hanno due generatori diesel di emergenza, ma non sono
attivabili istantaneamente. Quindi si voleva sfruttare il
momento d'inerzia residuo nelle turbine ancora in rotazione, ma
disconnesse dal reattore, per alimentare le pompe durante
l'avvio dei generatori diesel. Il test era già stato condotto su
un altro reattore (ma con tutti i sistemi di sicurezza attivi)
ed aveva dato esito negativo (cioè l'energia elettrica prodotta
dall'inerzia delle turbine era insufficiente ad alimentare le
pompe), ma erano state apportate delle migliorie alle turbine,
che richiedevano un nuovo test di verifica. La potenza del
reattore numero 4 doveva essere ridotta dai normali 3200 MW
termici a 1000 MW termici per condurre il test in sicurezza.
Tuttavia l'inizio del test fu ritardato di 9 ore, e dopo gli
operatori ridussero la potenza troppo rapidamente, raggiungendo
una potenza di soli 30 MW termici. Come conseguenza, la
concentrazione di xeno-135 aumentò notevolmente (normalmente è
consumata dal reattore stesso a potenze più elevate). Sebbene il
calo di potenza fosse vicino al massimo ammesso dalle norme di
sicurezza si decise di non eseguire lo spegnimento completo, ma
di continuare l'esperimento. Inoltre si decise di accelerare
l'esperimento facendo risalire la potenza a soli 200 MW termici.
Per contrastare l'eccesso di xeno-135 che assorbiva neutroni
furono estratte quasi tutte le barre di controllo, ben oltre i
limiti delle norme di sicurezza. Seguendo l'esperimento alle
01:05 del 26 aprile le pompe dell'acqua furono alimentate
direttamente dalle turbine dei generatori, ma la quantità di
acqua immessa superò i limiti di sicurezza. Il flusso di acqua
aumentò, e poiché l'acqua assorbe neutroni, alle 01:19 fu
necessaria la rimozione delle barre di controllo manuali,
portando così il reattore in una situazione molto instabile e
pericolosa. La situazione instabile non era riportata in alcun
modo sui pannelli di controllo, e nessuno degli operatori in
sala controllo era conscio del pericolo.
Alle
01:23:04 inizia l'esperimento e viene tolta l'alimentazione
esterna delle pompe, che quindi sono alimentate dall'inerzia
delle turbine, che però diminuisce essendo state disconnesse le
turbine dal reattore. Inoltre la disconnessione provoca
l'aumento di vapore all'interno del nucleo del reattore. Il
reattore RBMK ha un coefficiente di vuoto molto positivo e
quindi la reazione cresce rapidamente al ridursi della capacità
di assorbimento di neutroni da parte dell'acqua di
raffreddamento, diventando sempre meno stabile e sempre più
pericoloso.
Alle
01:23:40 gli operatori azionarono il tasto AZ-5 (Rapid
Emergency Defense 5) che esegue il cosiddetto “SCRAM”, cioè
l'arresto di emergenza del reattore che inserisce tutte le barre
di controllo incluse quelle manuali incautamente estratte in
precedenza. Non è chiaro se l'azione fu eseguita come misura di
emergenza, o semplicemente come normale procedura di spegnimento
a conclusione dell'esperimento, dato che il reattore doveva
essere spento comunque per la manutenzione programmata. Di
solito l'operazione di “SCRAM” viene ordinata a seguito di un
rapido ed inatteso aumento di potenza. D'altro canto, Anatoly
Dyatlov, capo ingegnere dell'impianto di Chernobyl al tempo
dell'incidente scrisse:
Prima delle 01:23:40 il sistema di controllo centralizzato ... non registrò alcun cambio dei parametri da poter giustificare lo “SCRAM”. La commissione ... raccogliendo ed analizzando una grande quantità di dati, come indicato nel rapporto, non ha determinato il motivo per cui fu ordinato lo “SCRAM”. Non c'era necessità di cercare il motivo. Il reattore veniva semplicemente spento al termine dell'esperimento.
A causa
della lenta velocità del meccanismo di inserimento delle barre
di controllo (che richiede 18-20 secondi per il completamento) e
dell'estremità (estensori) in grafite che rimpiazza l'acqua di
raffreddamento, lo SCRAM causò un rapido aumento della reazione.
L'aumento di temperatura deformò i canali delle barre di
controllo, al punto che le barre si bloccarono a circa un terzo
del loro cammino, e quindi non furono più in grado di arrestare
la reazione.
Alle
01:23:47 la potenza del reattore raggiunse i 30 GW termici,
dieci volte la potenza normale. A questo punto le barre di
combustibile iniziarono a fondere e la pressione aumentò fino a
causare l'esplosione che fece saltare in aria la copertura del
reattore, distruggendo gli impianti di raffreddamento.
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Per
ridurre i costi l'impianto era stato costruito con un
contenimento parziale, e questo ha consentito la dispersione dei
contaminanti radioattivi nell'atmosfera. Inoltre le elevate
temperature hanno incendiato la grafite, contribuendo
ulteriormente alla diffusione di materiale radioattivo
nell'ambiente.
Ci sono
alcune controversie sulla sequenza degli eventi dopo le ore
01:22:30 a causa di alcune incongruenze tra i testimoni oculari
e le registrazioni. La versione comunemente accettata è quella
descritta sopra. Secondo questa ricostruzione la prima
esplosione avvenne intorno alle 01:23:47, sette secondi dopo il
comando di SCRAM. Talvolta è stato detto che l'esplosione
avvenne prima o immediatamente dopo lo SCRAM (questa era la
versione di lavoro della commissione sovietica di studio
sull'incidente). Questa distinzione è importante, poiché, se il
reattore esplose diversi secondi dopo lo SCRAM, il disastro è da
attribuirsi al progetto delle barre di controllo, mentre se
l'esplosione è al tempo dello SCRAM la responsabilità principale
sarebbe degli operatori. A complicare la ricostruzione alle ore
01:23:39 fu registrato, nell'area di Chernobyl, un debole evento
sismico di magnitudo 2,5. Inoltre il tasto di SCRAM fu premuto
più di una volta, ma la persona che lo ha fatto materialmente è
deceduta due settimane dopo l'incidente per esposizione acuta da
radiazione.
Nel
gennaio 1993 la AIEA ha rivisto l'analisi dell'incidente
attribuendo la causa principale al progetto del reattore e non
agli operatori. Nel 1986 la stessa AIEA aveva indicato negli
operatori la causa principale dell'incidente.
Gestione della crisi
Cercando
di limitare la portata del disastro le autorità sovietiche
inviarono immediatamente sul posto delle squadre di pulizia.
Vigili del fuoco furono mandati sul luogo dell'incidente per
provare ad estinguere l'incendio sebbene non fossero stati
avvisati di quanto fossero pericolosi i fumi radioattivi che si
sprigionavano dal reattore esploso. Nei mesi successivi molte
persone, in gran parte membri dell' esercito e altri lavoratori,
furono coinvolte nei lavori di pulizia e di messa in sicurezza
del sito. Anche in questo caso, come in quello dei pompieri
accorsi subito dopo l'incidente queste persone non erano state
informate sui rischi e non avevano dispositivi di sicurezza, non
erano nemmeno disponibili tute protettive. I detriti radioattivi
più pericolosi furono radunati dentro quello che rimaneva del
reattore; il reattore stesso fu coperto con sacchi di sabbia
lanciati da elicotteri (circa 5.000 tonnellate di sabbia durante
la settimana successiva all'incidente). Un enorme sarcofago
d'acciaio fu eretto frettolosamente per sigillare il reattore e
il suo contenuto.
Inizialmente il disastro di Chernobyl fu tenuto nascosto. La
notizia che un grave incidente nucleare era accaduto fu resa
nota non da fonti sovietiche ma dalla Svezia dove il 27 aprile
sugli indumenti di addetti della centrale nucleare di Forsmark
furono rilevate particelle radioattive. Dopo avere constatato
che nel loro impianto non c'erano perdite gli svedesi
ricercarono l'origine della radioattività giungendo alla
conclusione che si dovesse essere verificato qualche problema di
natura nucleare in Unione Sovietica.
Conseguenze immediate
200
persone furono ricoverate immediatamente, di cui 31 morirono (28
di queste per l'esposizione diretta alle radiazioni). Molti di
loro erano pompieri e addetti che cercarono di mantenere
l'incidente sotto controllo e che non erano stati informati di
quanto pericolosa fosse l'esposizione diretta alle radiazioni.
135.000 abitanti furono evacuati dalla zona, inclusi tutti i
50.000 abitanti della vicina città di Pripyat.
La
contaminazione provocata dall'incidente di Chernobyl non
interessò solo le aree vicine alla centrale ma si diffuse
irregolarmente secondo le condizioni atmosferiche. Ricerche
condotte da scienziati sovietici ed occidentali indicano che il
60% delle zone contaminate si trova in Bielorussia. Anche una
vasta area a sud di Bryansk, in Russia e parti dell'Ucraina
nord-occidentale furono contaminate.
Lavoratori e soccorritori
I
lavoratori coinvolti nelle pulizie e nella sistemazione della
centrale dopo l'incidente ricevettero alte dosi di radiazioni.
Nella maggior parte dei casi queste persone non erano
equipaggiate con dosimetri individuali per misurare la quantità
di radiazioni ricevute, così gli esperti possono solo stimare le
loro dosi. Anche nei casi in cui venivano utilizzati i dosimetri
le procedure dosimetriche variavano. Secondo le stime
sovietiche, nella pulizia dell'area evacuata furono impiegate
tra le 300.000 e le 600.000 persone, molti dei quali però
entrarono nella zona due anni dopo l'incidente, Il numero di
addetti alla pulizia che lavorarono nella zona entro un anno dal
disastro è stato stimato in 211.000, questi lavoratori
ricevettero una dose media stimata di 165 millisievert (16.5 rem).
In molti
casi, come dimostrato dalle registrazioni tra gli elicotteristi
e le centrali operative, i militari sovietici rifiutavano
volontariamente il turn over, che avrebbe potuto metterli
al riparo da conseguenze anche mortali. Spesso questo accadde
contravvenendo agli ordini. Tutti i soccorritori ed i lavoratori
sapevano di rischiare la vita, in quanto non equipaggiati di
tute protettive.
Civili
Alcuni
bambini nelle zone colpite, bevendo il latte locale, assunsero
iodio-131, un isotopo con tempo di dimezzamento relativamente
breve, con un assorbimento di radiazioni alla tiroide fino a 50 gray. Molti studi hanno rilevato che l'incidenza del cancro alla
tiroide sui bambini bielorussi, ucraini e russi è aumentata
sensibilmente. L'AIEA ha rilevato «1800 casi documentati di
cancro alla tiroide in bambini che all'epoca dell'incidente
avevano un'età compresa tra 0 e 14 anni, dato di molto superiore
alla media» ma non è riuscita a fare previsione sull'incidenza
futura del fenomeno. I tumori tiroidei infantili che sono stati
diagnosticati sono per lo più carcinomi papillari di un tipo più
aggressivo di quello classico. Se diagnosticati prima che
raggiungano uno stadio troppo avanzato, questi tumori possono
essere curati mediante intervento chirurgico, solitamente
seguito da terapia specifica. Ad oggi, sembra che quasi tutti i
casi diagnosticati siano stati curati con successo.
Vittime a breve termine
Durante
l'esplosione del nocciolo morirono due lavoratori della centrale
travolti dei detriti. Tra le circa 1000 persone che si trovavano
nella centrale durante il disastro e i pompieri che intervennero
per spegnere l'incendio 134 contrassero la sindrome da
intossicazione radioattiva acuta avendo ricevuto dosi di
radiazioni comprese tra i 2 e i 20 gray. Di queste 28 morirono
nel 1986 e 19 nei vent'anni successivi. In totale un rapporto
della FAO poi confermato dal Chernobyl Forum stima che vi siano
state 58 vittime del disastro dal 1986 al 2006.
Impatto a lungo termine
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Subito dopo l'incidente la principale preoccupazione derivò dalla presenza nell'area di iodio-131, un isotopo radioattivo dall'emivita di 8 giorni. Ora le preoccupazioni si concentrano sulla contaminazione del suolo con stronzio-90 e cesio-137, che hanno un tempo di dimezzamento di circa 30 anni. I più alti valori di cesio-137 si trovano sugli stati superficiali del terreno, da dove vengono assorbiti da piante e funghi e quindi entrano nella catena alimentare locale. Test recenti hanno dimostrato che il livello di cesio-137 negli alberi continua a crescere. La principale fonte di eliminazione sarà il degrado naturale del cesio-137 nel più stabile bario-137, dato che la dispersione che avviene con le precipitazioni e le acque sotterranee è trascurabile.
Impatto globale
È stato
calcolato che l'incidente di Chernobyl abbia rilasciato una
quantità di radiazioni pari a 100 volte a quelle rilasciate in
occasione della bomba caduta su Hiroshima. L'impatto
dell'incidente è di scala globale, i reali danni sono
inquantificabili. Alcuni ritengono tuttavia che altre azioni
quali gli esperimenti nucleari del XX secolo abbiano liberato
quantità di radiazioni ancora maggiori.
Impatto sull'ambiente
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Secondo gli scienziati sovietici convenuti alla Prima Conferenza Internazionale sugli aspetti radiologici e biologici dell'incidente di Chernobyl (tenutasi nel settembre del 1990), i livelli di fallout nell'area compresa nel raggio di 10 km dall'impianto furono registrati fino a 4,81 GBq/m². La cosiddetta foresta rossa di pini uccisi dalle radiazioni si trova immediatamente dietro l'impianto. La foresta rossa ricopriva circa 4 km²; solo i pini morirono mentre le betulle e i pioppi sopravvissero. La foresta rossa è stata così soprannominata perché gli evacuati riportarono che nei giorni seguenti al disastro gli alberi diventarono rossi, probabilmente a causa del massiccio fallout radioattivo.
L'evacuazione della zona che circonda l'impianto ha generato un rifugio unico per la fauna selvatica. Non si sa se la contaminazione da radiazioni avrà effetti a lungo termine sulla flora e la fauna della regione, poiché le piante e gli animali hanno tolleranze radiologiche significativamente diverse e varie da quella degli uomini. Comunque, sembra che la biodiversità nella zona dell'incidente sia aumentata in seguito all'assenza delle attività umane. Si sono rilevate mutazioni in alcune piante della zona, tali notizie hanno portato a racconti non dimostrati su una presunta foresta delle meraviglie popolata da molte piante che hanno subito strane mutazioni. La zona è nota per essere silenziosa, segno che non è ancora stata ripopolata dagli uccelli.
Evacuazione
Le
autorità sovietiche iniziarono ad evacuare la popolazione
dell'area circostante Chernobyl 36 ore dopo l'incidente. Nel
maggio 1986, circa un mese dopo, tutti i residenti nel raggio di
30 km dall'impianto, circa 116.000 persone, erano stati
trasferiti.
Secondo
i rilievi degli scienziati dell'International Chernobyl Project,
28.000 km² furono contaminati da cesio-137 in quantità superiori
a 185 kBq/m². In quest'area vivevano circa 830.000 persone.
Approssimativamente 10.500 km² furono contaminati da cesio-137
in quantità superiori a 555 kBq/m². Di questi 7.000 km² si
trovano in Bielorussia, 2.000 km² nella Federazione Russa e
1.500 km² in Ucraina. Circa 250.000 persone vivevano in questa
zona.
Effetti a lungo termine sui civili
Gli
studi epidemiologici sulle conseguenze del disastro nell'
ex-Unione Sovietica sono stati impediti da mancanza di fondi, e
da strutture sanitarie con poca o nessuna esperienza nel
settore. Sono stati enfatizzati cicli di esami piuttosto che
studi epidemiologici approfonditi. Sforzi internazionali di
organizzare tali studi sono stati ostacolati dagli stessi
motivi, specialmente dalla mancanza di adeguate infrastrutture
scientifiche.
Grazie
alla campagna di esami e al registro del cancro fondato in
Bielorussia è stato rilevato un aumento dell'incidenza del
cancro alla tiroide sui bambini residenti nelle aree di
Bielorussia, Ucraina e Russia colpite dal disastro. Secondo gli
esperti i risultati della maggior parte degli studi
epidemiologici condotti sino ad ora devono essere considerati
comunque provvisori, in quanto l'analisi completa degli effetti
sulla salute dell'incidente è un processo tuttora in corso.
Secondo
nuove testimonianze le maestre si lamentano della salute
cagionevole della scolaresca, inoltre vi è un facile
affaticamento psicologico. Molte fonti concordano che le difese
immunitarie si sono abbassate nei bambini e nei ragazzi che
vivono nelle terre colpite dal fall out nucleare. Inoltre circa
300 mila persone hanno dovuto trasferirsi dai dintorni della
centrale verso territori più sicuri, la loro qualità di vita è
diminuita e molti si sono ritrovati disoccupati o in condizione
di povertà; tra gli sfollati sono statisticamente più alti il
numero di suicidi e di alcolizzati.
Le
attività intraprese da Bielorussia e Ucraina in seguito
all'incidente (bonifiche ambientali, evacuazioni e
reinsediamenti, sviluppo di fonti alimentari non contaminate,
misure sanitarie pubbliche) hanno pesato molto sui governi di
questi paesi. Agenzie internazionali e governi stranieri hanno
fornito assistenza logistica ed umanitaria. Inoltre grazie agli
sforzi della Commissione Europea e dell'OMS per rafforzare le
strutture di ricerca epidemiologica in Russia, Ucraina e
Bielorussia si stanno gettando le basi per consentire a questi
stati in futuro di poter portare avanti studi epidemiologici
autonomi.
Non è
mai stato chiarito che fine abbia fatto l'enorme quantità di
latte contaminato ucraino, rumeno, polacco e bielorusso che
avrebbe dovuto essere distrutto e che, almeno in parte, è stato
ridotto in polvere e probabilmente redistribuito attraverso
l'industria dolciaria e casearia.
Vittime a lungo termine
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Non è possibile stimare con precisione il numero di vittime dovute alle radiazioni, le stime più recenti e neutrali provengono dal Chernobyl Forum e contemplano effetti sulla popolazione delle aree limitrofe al reattore e delle aree maggiormente colpite dalla ricaduta di scorie, quest'ultime per lo più in Bielorussia e Ucraina. La popolazione è stata anche divisa in individui che erano adulti all'epoca dei fatti e individui che erano in età infantile.
Gli studi citati per 20 anni come neutrali e effettuati dall'OMS e poi dal Chernobyl Forum, sono discordanti da un altro studio commissionato da gruppi e personalità contrarie al nucleare: gruppi del parlamento europeo, Greenpeace e fondazioni mediche in Gran Bretagna, Germania, Ucraina e Scandinavia.
Vittime secondo istituzioni contrarie
al nucleare
Nel
rapporto promosso da gruppi e personalità contrari al nucleare e
presente nel sito di Greenpeace, si citano valori delle sole
forme tumorali pari a 270 mila casi fra Ucraina, Bielorussia e
Russia collegabili a Chernobyl. 93 mila riguardano persone
destinate al decesso.
Il
rapporto è molto ampio ma offre spesso solo valutazioni
grossolane a percentuali di problemi come la sterilità, aborti,
danni al sistema immunologico, al sistema endocrino, difetti
cromosomici, invecchiamento precoce, malattie psichiatriche,
malattie cardiovascolari e del sangue e malattie generiche
riconducibili alle radiazioni. Da cui verranno presumibilmente
altre vittime da imputare alla radioattività.
Vittime secondo il rapporto del
Chernobyl Forum
È stato
riscontrato che molti individui hanno sviluppato tumori alla
tiroide dovuti all'accumulo di iodio radioattivo all'interno
dell'organo, fortunatamente le probabilità di guarigione da
questo tipo di tumori è molto alta (fino al 99% per i casi
legati a Chernobyl, il 90% nei paesi occidentali) e di
conseguenza le vittime sono state relativamente poche secondo il
rapporto dell'OMS. Inoltre l'assorbimento di iodio radioattivo
sembra abbia un effetto considerevole solo sugli individui che
erano ancora bambini nel 1986.
Anche
studi epidemiologici sulle 600 mila persone, per la maggior
parte militari, che parteciparono alla costruzione del
rivestimento di cemento hanno evidenziato un aumento
dell'incidenza di vari tipi di tumori, per lo più leucemie.
In
questo modo è stato stimato che il numero di vittime dal 2006 in
poi sarà di 4000 tra gli abitanti dei dintorni e i militari per
salire a più 9000 persone considerando anche i dati sugli
effetti a lungo raggio.
Per fare
un paragone durante il disastro di Bhopal in India morirono 4000
persone in una sola notte e, si stima, circa 30 mila nel giro di
qualche mese, ed un totale di 500 mila intossicati. È da tenere
in considerazione che i dintorni di Chernobyl erano (e tuttora
sono) molto meno popolati dei dintorni di Bhopal.
Critica ai dati dell'OMS
Alcuni
giornali hanno riportato le lamentele di operatori sanitari
ucraini che inviavano i propri dossier con elevati numeri di
casi di cancro all'OMS ma tali documenti non venivano presi in
considerazione e per l'OMS le vittime continuavano e continuano
ad essere 4000 fino ad oggi. La giustificazione per il dato di
4000 morti è formulata da alcuni esperti che ritengono che
all'epoca dell'incidente non vi era interesse nell'indagare e
nel mettere in discussione quel numero offerto da istituzioni
russe in quanto si era in era post URSS. Altri ritengono che
l'industria nucleare abbia intenzionalmente nascosto la verità
tramite l'OMS.
Eugenia
Stepanova, una ricercatrice del centro scientifico del governo
ucraino afferma: «Siamo pieni di casi di cancro alla tiroide,
leucemie e mutazioni genetiche non registrati nei dati dell'OMS
e che erano praticamente sconosciuti 20 anni fa».
«Studi
mostrano che 34.499 persone che presero parte alla ripulitura di
Chernobyl sono morte di cancro dopo la catastrofe», afferma
Nikolai Omelyanetes, vice capo della commissione nazionale per
la protezione dalle radiazioni ucraina, inoltre secondo
Omelyanetes il tasso di mortalità infantile è aumentato fra il
20 e il 30%.
Omelyanetes afferma inoltre che «Tutte queste informazioni sono
state ignorate dall'Aiea e dall'Oms: gliele abbiamo mandate a
marzo dello scorso anno (2005 ndr) e poi nuovamente a giugno.
Non hanno detto perché non le hanno accettate».
Chernobyl dopo l'incidente
I problemi alla centrale di Chernobyl non finirono con il disastro avvenuto nel reattore n° 4. Il governo ucraino continuò a mantenere operativi i tre reattori rimanenti a causa della scarsità di energia elettrica nel paese. Nel 1991 divampò un incendio nel reattore n° 2, in seguito le autorità lo dichiararono danneggiato irreparabilmente e fu dismesso. Il reattore n° 1 fu decommissionato nel novembre 1996 nell'ambito di accordi stipulati tra il governo ucraino e le organizzazioni internazionali come l'AIEA. Il 15 Dicembre del 2000, con una cerimonia ufficiale, il presidente ucraino Leonid Kuchma premette personalmente l'interruttore per lo spegnimento del reattore n° 3, cessando definitivamente ogni attività nell'intero impianto.
Necessità di future riparazioni
Il
sarcofago non è un contenitore permanente e duraturo per il
reattore distrutto a causa della sua affrettata costruzione,
spesso eseguita a distanza con l'impiego di robot industriali;
Inoltre il progetto originiario aveva considerato una durata
massima del sarcofago di 30 anni, in quanto esso era stato
previsto solo come misura di emergenza temporanea per dare il
tempo di realizzare una struttura permanente, e ci stiamo
avvicinando pericolosamente a quel limite.
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