I risultati dei test per i bambini nati e che vivono nelle zone intorno alle
centrali energetiche cinesi mostrano alti livelli di uranio nei loro corpi. Gli esami a
cui sono state sottoposte le acque sotterranee mostrano che i livelli di uranio
erano fino a 15 volte fino al limite massimo consentito dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità. Gli esami hanno dimostrato inoltre che tale
contaminazione si estende su gran parte della regione che ospita ventiquattro
milioni di persone. Non siamo certi dell'efficacia dei controlli
sull'inquinamento da combustione delle centrali elettriche a carbone in India, e
non sappiamo esattamente se quanto i residui di ceneri e di altre sostanze
possano essere stati dispersi fino agli altri stati, oltre che all'esposizione
alla popolazione ma intanto sorgono tanti dubbi, sulla capacità di controllare
il nostro vero inquinamento e, soprattutto se, quando si decide di costruire una centrale a carbone o con qualche altro combustibile inquinante, si conoscono i
rischi effettivi ai quali si va incontro. Ormai, il numero dei cinesi che bevono
acqua contaminata è 322 milioni. Di questi, cinquanta milioni usano abitualmente
acqua che contiene alti livelli di fluoro, e quasi tre milioni bevono acqua che
contiene alte percentuali di arsenico. Inoltre è risaputo che per ogni ettaro di terreno vengono utilizzati più di 360
chilogrammi di fertilizzante, più del triplo di quello utilizzato negli Stati
Uniti. Solo il 30% del fertilizzante impiegato serve per rendere fertile il
terreno. Più di 280 milioni di liquami prodotti ogni anno non vengono trattati e finiscono
direttamente nei fiumi. Oltre nove miliardi di tonnellate di liquami vengono rilasciate ogni anno.
La proposta del presidente della Cina è
quella che l’amministrazione delle acque rurali venga affidata a un ministro
competente che possa diminuire l'inquinamento in breve tempo. L’allarme lanciato dalle autorità cinesi sulla contaminazione delle acque e
sull’inquinamento delle campagne rappresenta un rischio anche per l’Italia che
ha aumentato del 78 per cento le importazioni di prodotti agroalimentari dalla
Cina nel primo trimestre del 2007. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare
le rivelazioni di Lu Ming. «Il rischio sanitario per le coltivazioni -
sottolinea la Coldiretti - riguarda anche l’Italia considerato che sono
cresciute le importazioni dalla Cina di aglio, mele, funghi in scatola, ma
soprattutto concentrato di pomodoro con arrivi in aumento del 150 per cento nel
primo trimestre e che rappresentano ormai quasi un terzo dell’intera produzione
italiana». Di fronte all’estendersi dell’allarme sui rischi dei prodotti cinesi,
la Coldiretti chiede che venga esteso anche agli alimenti l’obbligo di indicare
in etichetta la provenienza del prodotto applicando le norme contenute nella
legge 204 del 2004 per favorire i controlli, permettere il ritiro dal mercato
dei prodotti pericolosi e garantire la sicurezza dei cittadini.