Il geocentrismo aristotelico:
Le conoscenze e gli studi astronomici posseduti dai filosofi medievali, affondavano le proprie radici nelle conclusioni tratte da Aristotele, vissuto in Grecia nel IV sec. a. C. Tale profondo attaccamento si risolse, poi, in un gran danno per la crescita del sapere occidentale: infatti, così come Aristotele evitò sempre le misure quantitative, gli aristotelici medievali non pensarono mai di verificare le sue teorie con misurazioni.
I Greci ci tramandano la concezione di un universo geocentrico, lo stesso che Dante riprende fedelmente nella Divina Commedia. Lo spazio, di forma sferica, conteneva una dentro l'altra una serie di sfere più piccole, con al centro la Terra. Quest'ultima era concepita come solida e fissa, mentre le stelle, fori luminosi posizionati sulla superficie dell'involucro più grande, si muovono di moto circolare giornaliero. Per spiegare i tre diversi movimenti del Sole, invece, supposero che la sfera su cui poggiava seguisse un modello più complesso: oltre al moto giornaliero, doveva essercene anche uno stagionale in senso contrario di 360° l'anno, e uno annuale dato da una particolare inclinazione dell'asse della sua sfera. Il resto dei cosiddetti "cieli", ospitavano ciascuno uno dei cinque pianeti allora conosciuti: Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno. In base alle osservazioni compiute sui loro moti, venne stabilito che gli ultimi tre, per la loro lentezza, dovessero trovarsi al di là della sfera solare.