Qui è riportata la parola di una
giornalista marocchina che ha voluto raccontare le condizioni in cui le donne
vivono. Purtroppo la loro posizione in molti casi è rimasta ancora al
primitivo, sono sottovalutate e non svolgono una posizione importante. Ghita El
Kayat, così si chiama questa donna, fa un esposto e chiede di essere
considerata, oltre che come moglie e sposa, anche come giornalista e parte in
integrante della società marocchina.
Ecco la sua lettera:
Mi rivolgo a voi in quanto
donna:
Mi è sembrato opportuno, per
aiutare le donne marocchine, indirizzarvi questa supplica che non è che l'abbozzo dei
problemi delle donne.
Il mondo accelera il suo ritmo in una dimensione vertiginosa
e noi dobbiamo percorrere rapidamente i gradini della liberazione, della
dignità, dell'optimum a cui aspirano oggi i popoli della terra, casa comune di
sei miliardi di essere umani.
Voi siete, Sire, il più giovane sovrano al mondo e questo
rappresenta una magnifica adesione al vostro popolo, dove la maggioranza è
costituita da giovani e bambini. Questi sono i sudditi del Marocco di domani,
che sarà fragile e sprovveduto se non ci si impegna fin d'ora a correggere la
disparità di situazioni e ruoli fra componenti maschili e femminili della
società.
Grazie alla mia professione di medico e psichiatra, posso
affermare che alle sofferenze delle donne corrispondono analoghe sofferenze
maschili.
Marocchini e Marocchine sono imbrigliati in problemi che
condividono con la civiltà Arabo-Mussulmana (un miliardo di persone), con
l'Africa, con i Paesi del Mediterraneo, con tutto quel Terzo Mondo che dovrebbe
essere denominato "mondo scientificamente in ritardo".
Nella svolta irrimediabile della globalizzazione, il vostro
intervento qualificherà il vostro regno. Nei Paesi emergenti, di cui fa parte il
Marocco, esistono più che in altri Paesi, flagelli quali la corruzione, la
delinquenza economica, la mancanza di coscienza e senso civico, di lavoro e di
sforzo, l'ingiustizia. È necessario il ricupero del senso morale in politica.
Ai tempi della conquista dell'indipendenza, nel 1956, le
donne - pur chiuse nelle loro case - sostenevano la causa nazionalista,
chiedevano cultura per le loro figlie e una certa trasformazione dei costumi.
Ora le donne sembrano ripiegare su modelli egoisti, vanitosi, avidi di ricchezza
e segni esteriori. Sire, permettetemi di far capire alle mie concittadine che
l'assenza di una ideologia positiva le ripiomberà nelle catene che per tanto
tempo le hanno schiavizzate.
A parte alcune donne eccezionali, le marocchine sono per lo
più incapaci di esprimere se stesse nella società, sono talvolta analfabete,
relegate a reggere il peso della famiglia, incapaci di trasformare le relazioni
fra gli adulti, fra adulti e bambini, fra uomini e donne.
I vostri sudditi donne, Sire, meritano tutta la vostra
attenzione. Trasformando la loro condizione, voi farete del vostro popolo una
guida e un faro per tutta quella umanità immersa nei disastri di povertà,
malattia, mortalità infantile, fame, paura della guerra e del genocidio, immersa
in sciagure di ogni genere.
Il vostro avvento al trono ci fa sperare, anche se ci vorrà
molto tempo per cambiare.
Sire, le donne devono rallentare questa demografia galoppante
che rosicchia tutti i progressi del Marocco. Esse pensano ancora che solo la
maternità giustifichi il loro esistere, a fronte dell'uomo. A causa della scarsa
assistenza materna e infantile, questa natalità esplosiva miete migliaia di
vittime fra le donne meno assistite: per dare la vita, ogni tre ore muore una
marocchina.
Tale politica potrebbe essere di modello per i paesi
economicamente deboli e deve essere assolutamente gratuita, dato che comporterà
comunque un enorme risparmio per la Sanità.
Oggi non esistono nell'organizzazione dello Stato i nidi
d'infanzia. Le donne sono strette fra la scelta di rimanere ad accudire i
bambini e la ricerca di un lavoro, necessario per sostenere i livelli di vita
delle famiglie oggi. Le domestiche che accudiscono tali bambini, quando le mamme
sono al lavoro, rappresentano il 60% delle lavoratrici sommerse, ignorate e
senza diritti. Dare uno statuto di lavoro alle donne impiegate nei lavori
domestici, considerarle professionalmente attive, probabilmente stupirebbe molti
marocchini, ma sarebbe una prova di stima per la pari dignità di ogni persona.
Le donne che lavorano, peraltro, sono la categoria più
sfruttata, più indifesa e peggio pagata, nonostante le convenzioni
internazionali decretino la parità di retribuzione. Nelle città si assumono più
volentieri le operaie che gli operai, grazie alla loro maggiore sottomissione e
alla disponibilità a lasciarsi assumere in nero, alla loro inesistente
sindacalizzazione. Questo non aiuta il lavoro né delle donne né degli uomini.
Già esistono esempi di donne-magistrato, chirurgo, piloti di
aereo; io credo, Sire, che nessuna restrizione debba essere posta alle donne
nella richiesta di un lavoro e che il lavoro debba avvenire in condizioni di
parità con gli uomini. Valutando la condizione generale delle donne, Sire,
dobbiamo lamentare l'enorme danno che il Marocco subisce dalla sottocultura
femminile.
Solo drastiche misure possono invertire la rotta. La via più
sicura di trasformazione del Paese passa per una scolarizzazione perentoria
dall'infanzia di ambo i sessi, obbligatoria dai sei ai dieci anni, che sbocchi -
qualora non sia possibile la prosecuzione di studi veri e propri - verso una
formazione tecnica obbligatoria o almeno verso il possibile apprendistato di
ogni mestiere. Il tutto sotto il controllo dello Stato.
L'insegnamento omogeneo e statale è da preferirsi rispetto
agli Istituti privati che pullulano nel nostro Paese; queste due modalità
d'istruzione rafforzano il sistema delle classi e delle disuguaglianze, scavano
un fossato fra la formazione dei ragazzi e della ragazze, favoriscono
l'immobilità del Paese.
50.000 bambine che non vengono
istruite, rappresentano
ogni anno, 50.000 anni di lavoro culturale perso per il Paese. Queste donne
analfabete saranno sempre incapaci di orientarsi: non possono leggere le
bollette dell'acqua, la prescrizione medica per il loro bambino, non compongono
un numero telefonico...
Eppure la maggior parte delle associazioni femminili non ha
mai capito il problema della cultura, ha preferito favorire l'apprendimento dei
piccoli mestieri femminili, che lasciano le ragazze in uno stato di servitù.
Anche l'associazionismo femminile dunque, deve riflettere e rifondarsi.
Sire, il Paese intero vi ha promesso fedeltà il 23 luglio
1999, siete il re del Marocco, il capo dei credenti, il nostro Sovrano. A voi
vogliamo dire che l'era dei privilegi è finita: le figlie del popolo, le donne,
hanno gli stessi diritti dei maschi e dei ricchi.
Il primo privilegio che le donne attendono da Voi è il
diritto alla Salute e all'Istruzione.
Ora la mia lettera si trasforma in una preghiera. La
Moudawana, Sire, è stata emendata nel settembre '93 con troppa fretta, senza
concedere alle donne un posto più onorevole.
Voi potete ottenere che nessuna donna marocchina subisca
ancora l'infamia del ripudio, voi potete fare che la donna abbia diritto di
chiedere il divorzio quando le sue condizioni di vita sono intollerabili.
Voi, capo religioso, potete proibire la poligamia, le cui
vittime sono le donne ma ancora di più i figli, destinati a crescere in rapporti
di fratellanza anomali.
Oggi le donne non hanno più bisogno di un tutore maschio
quando muore il marito. Sotto la vostra egida, devono potersi occupare da sole
dei loro figli orfani, decidere dei loro studi e delle spese necessarie.
Forse potremmo responsabilizzare i giovani nell'edificazione
del Marocco moderno portando la maggiore età civile e giuridica a 18 anni.
Sarebbe buona norma anche richiedere i 18 anni per contrarre matrimonio,
all'uomo come alla donna. Vostro Padre, Sire, citava frequentemente autori
francesi e soleva dire che parlare una lingua sola è una forma di analfabetismo.
È in omaggio ad Hassan II che vi dedico un citazione da Lafontaine, che vuol
essere una protezione per voi, contro i cortigiani e le incognite del mondo:
"... sai quel che bisogna fare?
Bisogna che, con la nostra famiglia, da domani ognuno prenda
un falcetto ... completeremo la nostra messe quando potremo".
Per parte mia: Sire, resto umilmente una marocchina.
Appassionatamente. E sono vostra suddita, con il rispetto più umano e la più
autentica dignità.
Ghita El Khayat
TRADUZIONE DI ANNABELLA BALBIONE