Il buddismo, così come viene praticato oggi, è un sistema di dottrine e tecniche sviluppato dai seguaci di Siddharta Gautama (563-483 a.C.), meglio conosciuta come il "Budda" o "Buddha". Il titolo "Buddha" deriva dalla radice sanscrita budh, che significa "conoscere", "realizzare", "risvegliare".
I buddisti praticanti di oggi assumono posizioni diverse riguardo agli insegnamenti del Buddha che, come il Cristo, non ha lasciato niente di scritto. Tuttavia le sue parole vennero registrate dai discepoli e tramandate agli altri. Molta è la confusione che questo sistema ha generato; col tempo, si sono formate migliaia e migliaia di diverse sette che, direttamente o indirettamente, rivendicano il loro "buddismo". Comunque, sono due i punti che vengono accettati all'unanimità: che Buddha raggiunse l'illuminazione suprema e che la sua compassione (ma sarebbe meglio dire "il suo assoluto rispetto") abbracciava tutto ciò che vita.


i ragazzi vengono educati fin dalla più tenera età alla religione buddhista

 
Secondo i testi buddisti, Siddharta Gautama, non ancora conosciuto come Buddha, era il figlio di un grande re che lo manteneva isolato e protetto dalle sofferenze del mondo esterno. Così, da giovane Siddharta visse una vita fantastica, lontana dalle miserie dell'esistenza materiale. All'età di ventinove anni, tuttavia, Siddharta si avventurò fuori dai confini del palazzo e per la prima volta vide un uomo anziano, un ammalato, un morto e, infine, un sannyasi (un monaco nell'ordine di rinuncia, il quale spiegò a Siddharta che i suoi primi tre incontri non erano una cosa rara, ma proprio l'inevitabile stato di sofferenza di tutti gli esseri viventi in questo mondo. Siddharta divenne triste e preoccupato, e cadde in profonda contemplazione. Decise di scoprire il modo in cui la gente avrebbe potuto conquistare il dolore.
Per prima cosa praticò una vita di digiuni e severe austerità, ma divenne così debole, per mancanza di nutrimento adeguato, che quasi morì. Ne dedusse che l'auto mortificazione non conduce alla perfezione che cercava. Disperato, divenne un mercante errante. Secondo la tradizione buddista, una sera (probabilmente intorno al 531 a.C.), mentre meditava nella foresta a Buddh Gaya, Siddharta raggiunse gli stadi preliminari dell'illuminazione. Poté vedere con chiarezza che l'esistenza materiale è illusoria e che in questo mondo è tutto transitorio. Fu sempre a Buddh Gaya, sotto il famoso Albero della Bodhi, che Siddharta fece voto di raggiungere l'illuminazione totale.
Dopo aver praticato il sadhana (disciplina spirituale) per sei anni, egli raggiunse il suo scopo e compose le Quattro Nobili Verità dell'esistenza materiale: la sofferenza regna ovunque in questo mondo in mutamento, la sofferenza nasce dal desiderio, l'estinzione del desiderio porta all'estinzione della sofferenza, il modo di estinguere il desiderio è seguire la Via in Otto Parti. La Via consiste nella corretta conoscenza, corretto fine, corretta parola, corretta condotta, corretta attività, sforzo corretto, corretta attitudine mentale e contemplazione corretta.
Un insegnamento considerato fondamentale nell'autentica dottrina buddista, e che è tutt'oggi considerato il Primo Precetto buddista: "Non uccidere, anzi mantieni e tutela ogni forma di vita."
E' interessante notare che nello stesso secolo in cui Budda insegnava la dottrina della contemplazione e della non violenza, idee analoghe venivano predicate da Confucio in Cina, da Zoroastro in Persia, da Pitagora in Grecia, da Isaia a Gerusalemme e, in un'altra parte dell'India, da Mahavira.

Ora esaminiamo e commentiamo il 55° discorso del Budda; discorso tratto dal Testo Pali che, tradotto dalla lingua pali per la prima volta da K. E. Newmman e trasferito in italiano nel 1916 da G. De Lorenzo, fu pubblicato nel 1907 dall'editore tedesco R. Riper. Il Testo Pali comprende 152 discorsi trasferiti dai discepoli del Buddha, una preziosa e inestimabile testimonianza diretta del pensiero del Buddha.

55° discorso.... Del Mangiare Carne

Nel 55° discorso, un medico accusa Buddha di mangiare la carne. A tale accusa il Buddha risponde: "Mi accusano senza ragione, ed a torto. Tre casi vi sono in cui io dico non mangiare carne: vista, sentita, sospettata." Quindi secondo il Buddha, la carne non va mangiata in nessun caso, a meno che non la si mangi per errore. Infatti egli specifica che la carne non va mangiata se uno la vede, ossia se si rende conto che è carne; la carne non va mangiata se sentita, ossia se uno è stato informato che si tratta di carne; infine, la carne non va mangiata se sospettata, ossia se uno ha solo il sospetto che quello sta mangiando potrebbe essere carne.
A convalida di ciò in seguito il Buddha aggiunge: "chi toglie la Vita (agli animali) acquista cinque volte grave colpa."
E in seguito chiarifica quali sono queste cinque colpe.

Prima colpa: "perché egli comanda: portate qui quell'animale. Quindi egli è colpevole di aver ordinato di catturare quell'animale."
Seconda colpa: "perché l'animale trascinato, tremante e riluttante, prova dolore e tormento."
Terza colpa: "perché egli ordina: uccidete quest'animale." In effetti, chi mangia carne è proprio colui che, sia pure indirettamente, dà l'ordine di uccidere l'animale.
Quarta colpa: "perché poi l'animale nella morte prova dolore e tormento." Sempre per lo stesso motivo, chi mangia carne provoca dolore e tormento agli animali.
Quinta colpa: "perché egli poi fa ristorare sconvenientemente, perciò egli s'acquista per la quinta volta grave colpa."
Con ciò il Buddha fa capire che chi mangia carne non commette solo le quattro colpe precedenti, ma anche una quinta colpa grave, ossia quella di "far ristorare sconvenientemente", ossia far mangiare questo cibo ad altri, portandoli in colpa; ed in più con un alimento sconveniente, non atto all'uomo.

 


tempio Buddista a Ngong Ping

Con questo discorso, Buddha chiarifica senza ombra di dubbio qual è il suo pensiero sul mangiare carne. Chi, in seguito, ha deciso di ignorare o ancor peggio modificare in mala fede il suo discorso, per poi convincere altri a farlo e a seguirlo, se ne assumerà di certo tutte le responsabilità e ne pagherà le inevitabili conseguenze.
 
 

La storia - Il buddismo è una religione sorta in India alla fine del VI sec. a. C.Le sue origini e i suoi fondamenti sono da ricercarsi nella predicazione dell'asceta indiano Buddha (Siddharta Gautama). Non è incentrata sul culto di una divinità creatrice, bensì su una dottrina filosofico morale che suggerisce il modo per conquistare la salvezza attraverso l'annullamento del dolore nel nirvana. L'adepto deve tentare di conquistare l'imperturbabilità completa, la pace interiore (nirvana), sopprimendo ogni forma di attaccamento ai desideri. I precetti di Buddha vennero in un primo tempo diffusi oralmente dai suoi discepoli e dai monaci nel corso del III sec. a. C., durante il regno di Asoka (272-232 a. C.) che, convertitosi al buddismo, ne fece la religione di Stato dell'impero indiano. Gradatamente il buddismo si propagò anche oltre i confini di quell' impero, in Cina (I sec.), in Birmania e Corea (IV sec.), in Indocina (primi secoli dell'era volgare), in Giappone (VI sec., ove assunse la forma di Zen). Nel Tibet assunse le caratteristiche del buddismo tibetano, o lamaismo. Le diverse sette e scuole buddiste diedero vita a due grandi correnti; quella antica del Piccolo Veicolo, o Hinayana, che, più aderente alla predicazione del Buddha, ne coltivava il lato ascetico e filosofico (Ceylon, Birmania, Indocina), e quella del Grande Veicolo, o Mahayana, che coltivava invece il lato mistico e religioso (Tibet, Cina, Giappone). Il buddismo non ricusa l'esistenza dell'io individuale, ma sostiene che la piena comprensione di esso passi attraverso il suo superamento; accetta una purificazione dell'anima tramite la reincarnazione. Quando l'uomo muore, muoiono con lui gli elementi materiali e spirituali mentre il flusso della vita cosciente, sostenuto dal karma (la forza delle azioni), prosegue oltre la morte e fonda la base per la costituzione di un nuovo essere. Strumento principe per camminare nella via è la meditazione. Il buddismo non chiede ai suoi discepoli una fede, una pratica di culto e un consenso incondizionati, in quanto reputa legittime tutte le altre religioni e non accetta l'intolleranza.                          

 

 

  

                                       


 

 

 

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