Dalla fine della seconda guerra mondiale, l’Asia sudorientale è sempre stata una regione tra le più inquiete del mondo, e le sue popolazioni hanno conosciuto grandi sofferenze.

    Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore, Thailandia, Birmania, Cambogia, Laos, Vietnam e Brunei fanno oggi parte dell’ASEAN, un’organizzazione di coordinamento politico-economico a livello regionale, che assume anche iniziative diplomatiche per conservare la stabilità nella zona.

Nel suo insieme, tuttavia, l’Asia sudorientale resta ancora oggi una regione piuttosto povera, anche se molto diversificata al suo interno.

L’agricoltura del Sudest asiatico stenta a nutrire gli oltre 500 milioni di abitanti: non molti in rapporto alla superficie (la densità complessiva è sui  120 per km quadrato) .

 

MALAYSIA

 Economia

 PIL:200 miliardi di dollari

 PIL pro capite:9.000 dollari

 Tasso annuale di crescita:0,3%

 Inflazione:1,5%

 Settori/prodotti principali:estrazione e fusione dello stagno, acciaio, ferro, prodotti chimici, plastica,    gomma,olio di palma, legname, olio vegetale, industria tessile, elettronica e   informatica, estrazione e raffinazione del petrolio, autoveicoli, cacao, riso, noci di  cocco, pepe

 Partner economici:
 
USA, Singapore, Giappone, Hong Kong, Paesi Bassi, Cina, Thailandia,Taiwan, Germania

 

 

THAILANDIA

  Economia

  PIL:410 miliardi di dollari

  PIL pro capite:6.600 dollari

  Tasso annuale di crescita:1,4%

  Inflazione:1,6%

  Settori/prodotti principali:turismo, computer, tabacco, tessuti e abbigliamento, circuiti integrati, pietre preziose,gioielli, stagno, tungsteno, mobili, riso, manioca (tapioca), gomma, cereali, soia, canna da zucchero, noci di cocco, banane, ananas, agrumi, bovini, bufali, suini, pesce  

  Partner economici:
 
USA, Giappone, Singapore, China, Hong Kong, Malaysia, Taiwan

 

ECONOMIA
Negli ultimi anni il tasso di crescita economica del paese ha raggiunto livelli tali che oggi questa nazione è una fra le più promettenti di tutto il Sudest asiatico. L’agricoltura è alla base dell’economia thailandese e, come per molti altri paesi asiatici, il riso è il suo prodotto principale. L’agricoltura, che assieme alla pesca occupano circa il 60% della popolazione attiva, sta comunque mostrando una grande adattabilità alle nuove esigenze del mercato, alternando alle risaie, piantagioni di palme da cocco, tabacco, caucciù, canna da zucchero, cotone, tapioca, soia, sesamo e ricino. La superficie agricola occupa circa il 45% del territorio mentre, soprattutto nelle regioni nord-occidentali, le foreste occupano il 55% con grandi produzioni di legno di tek e yang. Il resto della popolazione attiva si trova impiegato il 10% nei settori commerciali e nei servizi, il 9% nell’industria, il 6% nel settore pubblico e amministrativo, ed un 3% nell’edilizia. L’industria estrattiva si localizza principalmente all’estremo Nord e nella zona peninsulare. Da questi giacimenti si estraggono principalmente lo stagno, il tungsteno, l’antimonio, il gesso, la fluorite, il ferro, lo zinco, il piombo, il manganese e la lignite. Un ruolo importante è quello detenuto dalle pietre preziose, in modo particolare gli zaffiri, con grandi giacimenti nella zona ai confini con la Cambogia. Negli ultimi decenni l’industrializzazione del paese ha conosciuto un’espansione molto rapida anche se tale sviluppo ha favorito solo poche regioni, accentuando il contrasto tra una persistente povertà e alcune isole di benessere. Molto sviluppate sono le industrie manifatturiere con importanti produzioni di cemento, zucchero, derivati del petrolio e tessili. Di notevoli dimensioni è, inoltre, l’industria elettronica con una grande produzione di circuiti integrati che hanno richiamato l’attenzione delle multinazionali di questo settore. L’industria meccanica consiste principalmente in stabilimenti di montaggio, mentre si sviluppano con dinamismo le industrie conserviera e cartaria.
Il turismo è sicuramente una delle voci principali nel bilancio thailandese e la sua infrastruttura di servizi è fra le più organizzate, pronta a rispondere ai turisti che scelgono questo paese come meta di viaggi culturali, divertimento e relax.

 

VIETNAM

 Economia

  PIL:168,1 miliardi di dollari

  PIL pro capite:2.100 dollari

  Tasso annuale di crescita:4,7%

  Inflazione:-0,3%

  Settori/prodotti principali:riso, pepe, industria alimentare, prodotti tessili, abbigliamento, calzature, bauxite,carbone, acciaio, prodotti chimici, cemento, vetro, gomma, carta, caffè, tè, cereali,patate, soia, banane, zucchero, pollame

  Partner economici:Giappone, Cina, Australia, Singapore, Taiwan, Germania, USA, Corea del Sud,    Thailandia, Hong Kong

BIRMANIA

La Birmania è uno dei Paesi più poveri del mondo, ma ciò che la contraddistingue anche fra gli ultimi è che, unica, deve registrare un reddito pro-capite in calo.

I dati del 1990 e del 1992 denunciano, infatti, che il valore annuo è sceso da 278 a 250 dollari USA, pari a 20 dollari al mese. Sempre nel 1992, l'inflazione ha sfiorato il 30%, il deficit nella bilancia commerciale è stato di 660 milioni di dollari (quasi il 70% in più del 1990) e il debito estero si è avvicinato ai 5 miliardi di dollari (quasi metà del prodotto interno lordo).

 

 



 

Le esportazioni sono calate da 700 milioni di dollari a 600 e la crescita del prodotto interno lordo è scesa dal 5,1 al 4,0 %.
Non c'è proprio di che stare allegri.

La politica autarchica del regime, aggravata dall'isolamento internazionale, ha vanificato le prime timide aperture a una economia di mercato.

Solo Cina e ThailandIa, per ragioni di buon vicinato e convenienza, mantengono rapporti economici con la Birmania dei generali: la prima fornisce armamento al regime, la seconda fornisce prodotti di largo consumo (perfino i longyi sono di produzione tailandese) in cambio di legname pregiato e pietre preziose, e del grosso beneficio che le deriva dal fiorente contrabbando delle regioni di confine.

 

BRUNEI

Settori produttivi e infrastrutture

Industria
Con l’obiettivo di armonizzare le politiche e le strategie dei settori pubblico e privato è stato creato nel ‘92 uno specifico Consiglio per lo Sviluppo del Commercio Industriale al fine di dare concreta attuazione alla necessaria diversificazione produttiva, obiettivo prioritario già dei due piani di Sviluppo precedenti come di quello attuale avviato nel 1996. L’attuale piano ha riservato a tale scopo oltre 500 milioni di $ e ha reso disponibili nuovi fondi per la costruzione di un parco tecnologico. La più ampia diversificazione della produzione e un rapido processo di distaccamento dal settore petrolifero rimangono gli obiettivi primari della politica economica per quanto attiene al comparto industriale. Pertanto nei prossimi anni verranno favoriti investimenti nei seguenti settori: mobili, piastrelle, ceramica, lavorazione del vetro e chimico. Dopo quelle petrolchimiche, le industrie di trasformazione alimentare, del tessile e dell’abbigliamento sono le più importanti. Nel 1994 le sei industrie di abbigliamento esistenti hanno raggiunto un volume di export pari a 26 miliardi di US$, destinato principalmente al mercato europeo ed a quello americano. Il Brunei ha infatti una quota garantita del mercato Europeo e Nordamericano nell’ambito del sistema delle quote fissato dall’Accordo Internazionale Multifibre. Tuttavia, quando l’Accordo arriverà alla sua scadenza nel 2004, il Brunei non avrà più garantita la sua quota. In un mercato aperto è poi improbabile che il Brunei riesca a competere con altri paesi come ad esempio la Cina, sebbene l’Agenzia di Sviluppo Industriale del Brunei stia lavorando con le aziende locali di abbigliamento nella ricerca del modo migliore per affrontare la sfida della abolizione delle quote. Benché vi sia un dichiarato desiderio di espandere fortemente il comparto industriale attraverso il progressivo miglioramento delle infrastrutture, tutto il settore è oggi fortemente limitato da molteplici ostacoli, quali: un mercato locale molto contenuto, l’assenza di manodopera qualificata ed infine una grossa confusione nella distribuzione delle responsabilità a livello amministrativo. Il settore delle costruzioni, che ha contribuito al PIL per il 6,6% nel 1998, è di importanza strategica nell’economia del Brunei, benché l’intero settore sia estremamente legato alle decisioni di spesa del Governo in quanto si tratta di un comparto prevalentemente pubblico. Se il periodo dell’indipendenza aveva segnato un reale boom edilizio dovuto alle rapide necessità di ricostruire gli edifici governativi, tra cui il Palazzo del Sultano, e di riorganizzare il sistema degli alloggi, negli anni successivi la mancanza di capacità organizzativa, la scarsa reperibilità dei materiali ed i ritardi nei pagamenti e nei finanziamenti da parte del Governo hanno ridimensionato il settore ed annullato gli sforzi compiuti. Solo dal 1993 il Dipartimento per lo Sviluppo Abitativo, anche a seguito di numerosi incendi avvenuti nella capitale, ha preso atto della necessità di rapidi interventi: è stato creato così un complesso edilizio di 630 ettari per l'accoglienza di oltre 14.000 persone. Nel corso degli anni seguenti infine, sono state create infrastrutture sportive, l’Archivio Nazionale ed un lussuoso centro commerciale. Come già indicato, il Settimo Piano di Sviluppo ha riservato al settore edilizio 955 milioni Br$ per un massiccio intervento a favore del sistema abitativo ed ha stilato un programma per la costruzione di nuovi edifici quali ospedali, scuole e moschee, così come un progetto per il miglioramento della rete stradale. Nel 1998 però, le difficoltà finanziarie del più importante gruppo di imprese impegnato nel settore delle costruzioni (Amedeo) ha dato un duro colpo al settore, a sostegno del quale è dovuto intervenire nuovamente il Governo con uno stanziamento aggiuntivo. Un nuovo raggio di speranza per il settore è poi arrivato a dicembre del ’99 con la sigla di un contratto di 100 milioni di dollari del Brunei per la costruzione di un centro commerciale di otto piani ed un albergo internazionale su 24 acri a Gadong, un sobborgo della capitale, da aprirsi nel 2002. Il progetto è opera di una società immobiliare locale, la Abdul Razak Holdings. Altri progetti riguardano due ulteriori centri commerciali in posti strategici di attraversamento del confine verso la regione malese del Sarawak: uno sarà localizzato a Sungai Tujuh, che conduce alla città di Miri, nel Sarawak, e l’altro a Kuala Lurah, sulla strada per Limbang. La decisione di costruire questi due centri commerciali ai confini è stata maturata nell’ambito del East ASEAN Business Council.
Notevole importanza riveste infine l’industria automobilistica, che impiega circa 3.000 lavoratori e costituisce il terzo più grande datore di lavoro del settore privato del Brunei. La vendita delle automobili è però fortemente calata, come conseguenza dei due anni di crisi economica. Gli operatori del settore automobilistico hanno inoltre a lungo protestato contro la politica del governo che, richiedendo pagamenti anticipati dei dazi sulle importazioni di autovetture non appena sbarcate in Brunei, crea ulteriori difficoltà.