DIMENSIONE DEL FENOMENO
In tutto il mondo 250 milioni di bambini al di sotto dei 14 anni
sono costretti a lavorare; fra questi, secondo l'Organizzazione Internazionale
del Lavoro, sono 120 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni che lavorano a tempo
pieno, cioè circa il 50%. Molti vengono usati da imprenditori senza scrupoli per
produrre articoli che noi stessi usiamo per il tempo libero e lo sport: scarpe,
palloni, abbigliamento con famosi marchi sportivi, che in nome della
globalizzazione sono prodotti dove il lavoro costa poco o pochissimo e non ci
sono diritti civili e sociali da rispettare. Fra questi, 171 milioni svolgono un
lavoro pericoloso, e 8 milioni sono vittime delle peggiori forme di sfruttamento
(lavoro forzato, ossia una forma di schiavitù, prostituzione, produzione di
materiale pornografico, per non parlare poi dell'arruolamento nei conflitti
armati).
INDIA, MULTINAZIONALI E LAVORO
MINORILE NELLA PRODUZIONE DI COTONE
Secondo un resoconto
pubblicato dal Comitato olandese per l'India, in anni
recenti si sarebbe assai diffusa nelle piantagioni di cotone ibrido dell'India
meridionale la pratica dello sfruttamento del lavoro minorile femminile.
L'introduzione dei semi di cotone ibridi all'inizio degli anni '70 ha portato a
significativi cambiamenti nella qualità e quantità di produzione di cotone in
India, contribuendo non solo alla crescita della produttività e della qualitÃ
del cotone, ma a generare un sostanziale incremento di occupazione aggiuntiva
nel settore agricolo. A dispetto del suo positivo contributo, la produzione di
cotone grezzo ibrido ha generato nuove forme di sfruttamento del lavoro, che
comprendono l'impiego di ragazze e il loro sfruttamento su larga scala. La
produzione di semi di cotone ibridi è ad alta intensità di lavoro, e le ragazze,
che vengono impiegate nella maggior parte delle operazioni di produzione,
lavorano duramente, vengono pagate molto poco, vengono private dell'istruzione,
e restano esposte per lunghi periodi a prodotti chimici per l'agricoltura
pericolosi per la salute.
Ciò che distingue il lavoro minorile nella produzione di cotone, concentrata
nell'India meridionale, da altri settori che impiegano lavoro minorile nel
paese, è che questa comporta numeri relativamente elevati e che il lavoro
minorile femminile costituisce la maggior parte della forza lavoro complessiva.
Si stima che circa 450 mila ragazze, di età compresa tra i 6 ed i 14 anni, siano
impiegate nei campi di cotone indiani, delle quali 250 mila nel solo stato dell'Andhra
Pradesh. Lo sfruttamento di lavoro minorile nelle coltivazioni di cotone è
legato alle più ampie forze di mercato del settore, che vedono molte importanti
società nazionali e multinazionali coinvolte nel problema. La
relazione economica dietro questo abuso è complessa e molteplice, così da
mascherare la responsabilità legale e sociale dei giganti del settore.
Al momento sono circa 200 le società impegnate nella produzione e
commercializzazione di semi di cotone ibridi in India, incluse parecchie
multinazionali (Unilever, Monsanto, Syngenta, Advanta, Bayer, e Emergent
Genetics), che gestiscono le proprie attività di business attraverso industrie controllate
(Hindustan Lever Limited per Unilever, Proagro per Bayer, e così via), o joint
ventures e collaborazioni con società locali. Il ruolo delle multinazionali nel
settore è cresciuto significativamente negli ultimi anni a causa delle politiche
di liberalizzazione introdotte dal governo dopo il 1991, e la recente
approvazione da parte del governo indiano nell'aprile del 2002 dell'introduzione
del cotone BT (Bacillus Thuringiensis) nel mercato indiano genererà con ogni
probabilità nel prossimo futuro un ulteriore diffuso incremento del controllo da
parte delle multinazionali, che detengono brevetti sulla tecnologia
geneticamente modificata.
Il legame tra le multinazionali, che non impiegano direttamente lavoro minorile
ma mettono il loro marchio sui semi prodotti sfruttandolo, ed il lavoro minorile
nella produzione di cotone grezzo è evidente. Per poter commercializzare grandi
quantità di semi, le società devono riprodurre le relativamente ridotte quantitÃ
di semi sviluppati da loro stesse (ibridi proprietari) o forniti dalle
istituzioni pubbliche (ibridi pubblici, sviluppati dagli istituti di ricerca
governativi e forniti a chiunque per la riproduzione). Le società , che sono
dipendenti dai coltivatori locali per la riproduzione dei semi, messa in atto
nelle coltivazioni stesse, non fanno per la maggior parte accordi diretti con i
coltivatori, preferendo operare attraverso intermediari.
A loro volta, gli intermediari organizzano la produzione, mediando tra la
società ed i coltivatori. Si tratta di una figura di uomo d'affari affermatasi
recentemente: prima degli anni '90 la maggior parte delle società era in diretto
contatto con i coltivatori, ma quando la domanda di semi ibridi crebbe e le
società ampliarono la proprio scala di operatività , le difficoltà a trattare con
un gran numero di coltivatori fece emergere la convenienza amministrativa ad
utilizzare degli intermediari.
La società stipula accordi di produzione con gli intermediari all'interno dei
quali fissa l'obiettivo di produzione per ciascun intermediario (tipologia e
quantità di semi), il prezzo che farà pagare per la fornitura dei propri semi,
il prezzo che pagherà ai coltivatori, l'ammontare di commissioni che andrà agli
intermediari, e la qualità dei semi. E' poi responsabilità dell'intermediario
identificare i coltivatori interessati ad intraprendere la produzione accettando
i termini e le condizioni fissati dalla società . A seconda dell'obiettivo di
produzione stabilito dalla società , gli intermediari decidono l'estensione
dell'area ed il numero di coltivatori da coinvolgere, e concludono con i
coltivatori accordi separati che riproducono tutti i termini e le condizioni
fissati dalla società . A volte le società anticipano agli intermediari parte (il
30-40% circa) del costo di coltivazione.
Gli organizzatori raccolgono i semi dalla società e li forniscono ai
coltivatori, informandoli sugli standard di qualità fissati dalla società e
girando agli stessi gli eventuali anticipi di capitale forniti dalla società . I
coltivatori coltivano i semi e consegnano il raccolto agli intermediari, che lo
fanno pervenire alla società . Ricevuto il raccolto, la società verifica il
rispetto degli standard di qualità stabiliti attraverso test che richiedono
circa 3-4 mesi per poter essere completati, e solo dopo compensa
l'intermediario. Ricevuti i pagamenti dalla società , gli intermediari pagano a
loro volta i coltivatori, che devono quindi aspettare per 4-5 mesi, dopo aver
consegnato il raccolto agli intermediari, la propria remunerazione.
Sebbene in nessun punto dell'intero processo le società stipulino accordi
diretti con i coltivatori relativi alla produzione o ai pagamenti, e non siano
dunque direttamente coinvolte nel processo di produzione, esercitano un
controllo sostanziale sugli stessi e sul processo di produzione attraverso
l'iniziale fornitura dei semi, l'anticipo di capitale, la fissazione dei prezzi
ed i controlli di qualità ; inoltre, i rappresentanti della società visitano
frequentemente le coltivazioni per verificare la qualità della produzione.
Sebbene siano gli intermediari a fare gli accordi con i coltivatori, essi non
sono indipendenti nel determinare i prezzi da pagare ai coltivatori, poiché gli
stessi sono già stati fissati dalla società con largo anticipo. I semi prodotti
dai coltivatori sono proprietà della sola società e né l'intermediario né il
coltivatore hanno alcun diritto a vendere i semi ad altri se non alla societÃ
stessa.
I prezzi pagati ai coltivatori sono fissati secondo due modalità . Per quel che
riguarda gli ibridi pubblici tutte le società devono attenersi ad un prezzo
comune. Fino a qualche anno fa, era l'organizzazione che rappresenta gli
interessi delle società a decidere il prezzo per gli ibridi pubblici. Dal 2000,
i coltivatori hanno iniziato a chiedere un ruolo nella fissazione del prezzo, e
hanno formato una loro associazione, così che ora i prezzi degli ibridi pubblici
sono determinati attraverso la consultazione tra i rappresentanti delle societÃ
ed i coltivatori. Ciò nonostante, l'associazione dei coltivatori è piuttosto
debole per la scarsa organizzazione e per la dipendenza dalle società e dagli
intermediari nell'ottenere il capitale di produzione. E se i coltivatori hanno
una qualche voce nel determinare i prezzi degli ibridi pubblici, non hanno
assolutamente alcun ruolo nel determinare i prezzi per gli ibridi proprietari,
per i quali le società proprietarie dei semi sono libere di fissare il proprio
prezzo.
C'è una gran differenza tra i prezzi fissati dalle società e quelli di mercato.
Le società pagano ai coltivatori molte volte meno di quello che ottengono
vendendo quegli stessi semi sul mercato. Nel 2001-2002 il prezzo di mercato del
seme Brahmadella HLL (Unilever) era circa 4 volte quanto pagato ai coltivatori.
Il prezzo di mercato del cotone della Syngenta Sandcot 35 circa tre volte e
mezzo. A paragone di HLL e Syngenta, il prezzo di mercato del cotone BT della
Mahyco-Monsanto è tre volte più elevato. Sebbene le società ottengano un elevato
margine di profitto, sembrano non fare alcun calcolo relativo al costo di
coltivazione al momento di fissare il prezzo da pagare ai coltivatori. Ai prezzi
correnti, i coltivatori non possono permettersi di pagare salari migliori ai
lavoratori ricavandone un profitto ragionevole, né impiegare nelle piantagioni
lavoratori adulti il cui salario sul mercato è dal 30% (nel caso delle donne)
all' 55% (uomini) più elevato di quello pagato ai minori.