Dal 1945 al 1952 il Giappone fu sottoposto ad un regime di occupazione militare da parte degli americani. Il paese venne privato dei territori che si era annesso nel corso dell'ultimo secolo, e cioè delle isole Curili a Nord (che passarono all'URSS) e delle isole Ryukyu a Sud (che passarono sotto l'amministrazione americana, per poi tornare al Giappone nel 1972). Naturalmente, il Giappone perse anche Formosa, la Corea, la Manciuria e le conquiste ottenute durante la II Guerra Mondiale.

    Gli americani tennero verso il paese vinto, inizialmente, un duplice atteggiamento. Da un lato, intendevano punire gli uomini politici giapponesi per le loro colpe passate, che avevano condotto alla guerra. Dall'altro volevano modificare le strutture economiche e politiche del paese in modo da rendergli impossibile riprendere, in futuro, la sua vecchia politica espansionistica. Molte persone vennero condannate a morte o a pene detentive come "criminali di guerra". 200.000 giapponesi vennero "epurati", e cioè allontanati dalle loro cariche a causa delle loro passate responsabilità politiche e complicità con i militaristi. Al paese venne imposta una nuova costituzione, che limitava il potere dell'Imperatore rendendolo pressochè simbolico. Si decise anche che gli zaibatsu dovevano essere tutti smantellati, e si preparò un elenco di 1200 imprese industriali da abolire. Naturalmente, i giapponesi non vedevano di buon occhio tutte queste iniziative. La maggior parte di loro aveva molto sofferto della guerra, e non c'era quasi famiglia che non avesse avuto un morto, un ferito o un mutilato. Molti di essi odiavano chi li aveva trascinati in un'avventura crudele ed irresponsabile. Ma avrebbero voluto essere loro a punire i vecchi fascisti, i grandi industriali che avevano voluto la guerra per aumentare i propri profitti. Che a farlo fossero, invece, degli stranieri, feriva il loro amor proprio, il loro orgoglio nazionale, e faceva loro sperare una futura rivincita: tanto più che i giapponesi non erano del tutto convinti che le colpe fossero soltanto loro, e non anche dei loro ex nemici.

         Il Giappone stentava a sollevarsi dalle rovine della guerra. La situazione economica era disastrosa: per fare un esempio, l'acciaio cadde da 7.500.000 di tonnellate prodotte nel 1943 a 750.000 prodotte nel 1946. In un paese dalle città semidistrutte e dalle fabbriche chiuse ritornavano in massa, nella vana ricerca di un lavoro, coloro che erano emigrati nei territori un tempo occupati e i soldati, ormai laceri e vinti, di quello che era stato un grande esercito conquistatore.

    La fame e la disoccupazione tormentavano la popolazione. Manifestazioni, scioperi, occupazioni di miniere o di fabbriche, marce di protesta erano represse con durezza.

    La situazione cambiò nel 1947-1948. In quegli anni gli americani capirono che in Cina il governo nazionalista di Jang Jeshish, preda ormai della corruzione, non era più in grado di resistere a lungo all'offensiva dei comunisti di Mao. Visto che la Cina, dal loro punto di vista, sembrava ormai perduta, gli americani cambiarono idea sul futuro del  Giappone. Erano gli anni della "Guerra fredda", e la politica americana in Asia consisteva nel tentativo di accerchiare il mondo comunista per impedirgli di ottenere nuovi successi e frenare l'avanzata dei movimenti rivoluzionari. In questa politica -che si accentuò allo scoppio della guerra di Corea (1950-1953)-, un Giappone tornato ad essere economicamente forte, avrebbe potuto svolgere un ruolo importante. In altre partole, era meglio avere un alleato fedele e potente pittosto che un paese indebolito, insoddisfatto ed ostile.

    Le riforme politiche e la volontà di punire i giapponesi vennero messe da parte. Le 1200 imprese da chiudere furono ridotte a 325, poi a 19: alla fine, solo 9 vennero effettivamente chiuse. Dei 200.000 epurati, solo 8000 lo rimasero: gli altri tornarono tutti ai loro vecchi posti.

    Gli americani favorirono in vari modi la nascita e il successo elettorale di un grande partito conservatore, il partito liberal-democratico, nel quale tornarono a galla molti dei vecchi uomini politici del passato regime. Due di essi, che erano stati condannati come criminali di guerra e poi graziati e riabilitati, divennero presidenti del consiglio.

    L'industria giapponese venne aiutata a rimettersi in piedi e a produrre di nuovo beni da esportare. Perchè le fosse possibile affrontare la concorrenza delle merci di altri paesi, si fece in modo che gli operai giapponesi fossero pagati poco e lavorassero molto. Ma perchè il Giappone potesse divenire un solido pilastro del capitalismo dell'Asia, occorreva impedire che anche al suo interno sorgessero e si sviluppassero fermenti rivoluzionari. Quando gli operai, i ferrovieri, i contadini protestavano per i bassi salari, i prezzi sempre più alti, la fame e la disoccupazione, si provvedeva a reprimere sanguinosamente le loro manifestazioni. Le forze di polizia giapponesi vennero notevolmente rafforzate e costituirono il nucleo del rinato esercito giapponese, anche se quell'esercito si chiamava "forza di autodifesa". I vecchi zaibatsu erano stati smantellati: ma al loro posto si formarono presto nuovi e potenti gruppi economici, e cioè le keiretsu, che tuttora dominano l'economia giapponese. Quest'ultima tornò così ad essere caratterizzata da una fortissima concentrazione del potere economico.

    Nel 1952 gli americani se ne andarono da un paese che stava tornando ad essere forte e progredito, in cui la classe operaia e le sue esigenze di rinnovamento sociale erano state sconfitte e la borghesia e i grandi gruppi economici erano tornati saldamente al potere. Il partito liberal-democratico è rimasto al governo ininterrottamente dalla fine della II Guerra Mondiale fino al 1993, quando ha conosciuto la sua prima sconfitta elettorale ed è stato contemporaneamente travolto da una serie di scandali. Per quasi 50 anni, l'opposizione, rappresentata dai Buddisti, socialdemocratici, socialisti e comunisti non riuscì mai a minacciare il monopolio del potere da parte dei liberal-democratici. Solo nel 1993 ha potuto formarsi per la prima volta un governo di coalizione ad opera di alcuni partiti e formazioni dell'opposizione.

    A partire dal 1950 l'industria giapponese crebbe a un ritmo vertiginoso. Già durante la guerra di Corea essa potè approfittare della vicinanza al conflitto, perchè gli americani le commissionassero ingenti quantità di materiale bellico. In seguito gli industriali giapponesi estesero i loro affari e la loro influenza in buona parte dell'Asia orientale. Si ricreò poco per volta fra il Giappone da una parte, la Corea del Sud e l'Asia sudorientale dall'altro, un rapporto economico di tipo quasi coloniale. Quei paesi fornivano al Giappone le materie prime necessarie alla sua industria. Il Giappone, infatti, è il maggio importatore di materie prime nel mondo: quasi tutto il petrolio, il ferro , rame e carbone, di cui ha bisogno vengono dall'estero. Dal canto suo, il Giappone vende negli stessi paesi i prodotti di un industria divenuta ben presto tra le più avanzate e moderne del mondo: più avanzata di quella degli stessi Stati Uniti.