I
movimenti riformatori e la rivolta dei Boxer
Nel 1898 un
gruppo di riformatori illuminati mise a punto un programma di riforme in grado
di trasformare la Cina in un'efficiente monarchia costituzionale moderna.
Ufficiali manciù appoggiati dall'imperatrice madre Cixi (Tz'u Hsi) sequestrarono
però l'imperatore, e con l'aiuto di militari lealisti soffocarono il movimento
di riforma. Dopo che nel 1900 la xenofoba rivolta dei Boxer sostenuta dagli
ambienti di corte fu stroncata da un corpo di spedizione occidentale inviato a
Pechino, il partito tradizionalista di corte ebbe modo di misurare
l'inconsistenza della politica reazionaria adottata e, ormai in ritardo, varò un
piano di riforme sul modello di quello che aveva radicalmente cambiato il volto
del Giappone (1902). Proprio la disfatta nella guerra sino-giapponese favorì Sun
Yat-Sen nella sua propaganda rivoluzionaria in favore dell'instaurazione in Cina
di un governo repubblicano e progressista. Nell'ottobre del 1911 una rivolta
scoppiò ad Hankou, nella Cina centrale, per diffondersi subito in tutte le
province dell'impero. Il capo di stato maggiore imperiale, generale Yuan Shikai
(Yüan Shih-k'ai), trattò con i ribelli, e il 14 febbraio 1912 un'assemblea
rivoluzionaria riunita a Nanchino lo acclamò primo presidente della
neocostituita Repubblica di Cina.
La
Repubblica cinese
Nonostante
l'adozione di una costituzione e l'insediamento di un parlamento nel 1912, Yuan
Shikai non permise mai un vero controllo sul suo operato. Quando il nuovo
partito nazionalista del Guomindang guidato da Sun Yat-Sen tentò di limitare il
potere di Yuan prima con l'azione parlamentare, poi con un tentativo di
ribellione (1913), questi sciolse il parlamento e dichiarò fuorilegge il
movimento. Alla sua morte, avvenuta nel 1916, il potere politico passò nelle
mani dei cosiddetti Signori della Guerra, mentre il governo centrale mantenne
un'esistenza fittizia durante tutto il 1927.
Nel corso
della prima guerra mondiale, il Giappone ridusse la Cina a protettorato (1915).
La tardiva entrata in guerra della Cina a fianco degli Alleati nel 1917 ebbe
l'unico scopo di assicurare al paese un posto al tavolo della pace e
un'opportunità di contrastare le ambizioni giapponesi. A Versailles il
presidente americano Woodrow Wilson si mostrò troppo interessato a dar vita alla
Società delle Nazioni per permettersi di affrontare in modo adeguato il problema
cinese e correre così il rischio di perdere il sostegno del Giappone.
Il
Guomindang e l'ascesa del Partito comunista
Delusi dal
cinismo mostrato dalle potenze occidentali, i cinesi rivolsero la loro
attenzione all'Unione Sovietica, rappresentata in patria dal Partito comunista
cinese, fondato a Shanghai nel 1921 e che contava tra i suoi primi membri Mao
Zedong. Nel 1923 Sun Yat-Sen accolse i consigli sovietici relativi alla
riorganizzazione del fatiscente Guomindang e delle sue deboli forze militari,
ammettendo membri comunisti nel direttivo del partito, che dopo la morte di Sun
venne guidato dal generale Chiang Kai-shek. Questi nel 1926, dalla base militare
del partito a Canton, iniziò la campagna di liberazione nazionale dal potere dei
Signori della Guerra. Nel contempo, a partire dal 1928, Chiang rovesciò la linea
del suo predecessore e condusse una sanguinosa epurazione dei membri comunisti
del partito.
I
problemi di Chiang
Il nuovo
governo nazionale, stabilito dal Guomindang a Nanchino nel 1928, dovette così
affrontare l'opposizione dei Signori della Guerra e agli inizi degli anni Trenta
la rivolta comunista scatenata da Mao Zedong; egli, con i capi comunisti Chou
En-Lai e Che-teh, costituì, nella zona montana dello Jangxi, una Repubblica
sovietica cinese sostenuta da un forte esercito e appoggiata dai contadini,
attratti dalla prospettiva di una riforma agraria. Infine, il nuovo governo di
Chiang dovette far fronte all'aggressione giapponese in Manciuria e nella Cina
settentrionale, sfociata nel 1931-1933 nella creazione dello stato-fantoccio del
Manchukuo, formalmente affidato alla guida di Pu Yi, ultimo sovrano manciù, che
assunse il titolo di imperatore.
Nel tardo
1934 Chiang Kai-shek riuscì a circondare l'Armata Rossa nello Jiangxi ma i
comunisti, rotto l'assedio al termine della cosidetta Lunga marcia, riuscirono a
trasferirsi nella provincia settentrionale dello Shaanxi. Allarmato
dall'avanzata giapponese, un gruppo di ufficiali obbligò Chiang a stringere un
momentaneo patto d'azione antigiapponese con i comunisti, sospendendo la guerra
civile.
Seconda
guerra mondiale
Nel 1937 le
ostilità tra Giappone e Cina sfociarono in una vera e propria guerra. Entro il
1938 il Giappone aveva invaso la maggior parte della Cina nordorientale, la
valle del Chiang Jiang fino ad Hankou, e il territorio di Canton, sulla costa
sudorientale. Il Guomindang spostò la capitale e gran parte dell'esercito
nell'entroterra, nella provincia sudoccidentale di Sichuan. Durante la seconda
guerra mondiale i comunisti, dalla base di Yan'an, occuparono gran parte del
territorio della Cina del Nord infiltrandosi in molte zone rurali a ridosso
delle linee giapponesi. Riuscirono a conquistarsi l'appoggio dei contadini
locali, consolidarono le basi del partito e dell'Armata Rossa, aumentandone
sensibilmente le fila.
Lotta per
la supremazia tra il Guomindang e il Partito comunista
Nel 1945,
subito dopo la resa del Giappone, la guerra civile riprese, nonostante un
tentativo di mediazione operato dal generale americano George Marshall, che dopo
circa un anno dovette rinunciare all'impresa (1947). Nel 1948 l'iniziativa
militare passò ai comunisti, e nell'estate del 1949 la resistenza nazionalista
crollò. Chiang e i suoi cercarono rifugio sull'isola di Taiwan, mentre il 1°
ottobre 1949 veniva proclamata ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese.