Arte rupestre


Circa 10.000 anni fa, il Sahara era una terra verde, con elefanti, giraffe, leoni, rinoceronti, antilopi, come narrano i graffiti e le pitture rupestri.
L'attuale desertificazione ebbe inizio circa 5.000 anni ed è tutt'ora in atto. I profondi canyon che oggi attraversano il deserto, gli uadi, erano una volta corsi d'acqua a cui si gli animali abbeverevano.
L'arte rupestre esprime l'evoluzione climatica e culturale cui andarono incontro gli antichi abitanti del Sahara. Da cacciatore, l'uomo si emancipa, inizia a produrre cibo, vasellame, diventa pastore e allevatore e si sedentarizza, dando luogo ad una società organizzata.
Le grotte nella roccia, spesso ricchissime di reperti, rappresentarono i primi rifugi e i primi luoghi di culto.

Le prime testimonianze dell'arte rupestre del Sahara derivano da Erodoto, nel V secolo a.C., ma soltanto verso la metà del 1.800, con Heinrich Barth, cominciarono ad arrivare agli europei le prime testimonianze, arricchite da ricercatori come Henri Lothe e Paolo Graziosi nella prima metà del '900.
Ma è allo studioso italiano, Fabrizio Mori che dal 1955 svolge ricerche nel Sahara, che oggi si devono le maggiori scoperte e conoscenze sull'arte sahariana.

Sulla base dello stile e dei temi raffigurati si fa riferimento alle seguenti fasi:
10.000 B.P.: fase della grande fauna selvaggia o periodo del Bubalus antiquus (prevalentemente graffiti)
9.000-8.000 B.P.: fase delle teste rotonde (prevalentemente pitture).
8.000-4.000 B.P.: fase pastorale, antica e recente (pitture e graffiti)
4.000-3.000 B.P.: fase del cavallo (graffiti e pitture)
3.000-2.000 B.P.: fase camelina (graffiti e pitture)

I graffiti si ottenevano con la tecnica della martellatura, mentre per la pittura si usavano ocra rossa, ossido di ferro e altre sostanze minerali e organiche per fissarle, il che ha consentito la loro conservazione fino ai nostri tempi

 

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