La lotta per l’egemonia e l’impero di Carlo V

Gli anni della Riforma protestante furono anche quelli dell’egemonia di Carlo V in Europa. Trovatosi a governare, oltre che sulla Spagna (e quindi su Napoli, Sicilia, Sardegna), anche sulle terre degli Asburgo in Austria e Boemia, sulla Fiandra e sui Paesi Bassi, Carlo divenne imperatore nel 1519. La lotta accanita tra Spagna e Francia, le due maggiori potenze europee, caratterizzò i decenni successivi (ed ebbe per teatro l’Italia). Sconfitto Francesco I nel 1525, Carlo V pose Francesco II Sforza, come suo vassallo, sul ducato di Milano, che rivestiva una importanza fondamentale poiché metteva in comunicazione Spagna e Germania. Il re di Francia diede allora vita ad una alleanza antiasburgica (Lega di Cognac) cui aderì anche il papa. Migliaia di mercenari al servizio dell’imperatore scesero in Italia e posero al sacco Roma per alcuni mesi (1527); contemporaneamente si disgregava l’alleanza antispagnola. L’anno successivo, dopo un accordo tra papa e imperatore che faceva entrare la penisola nell’orbita imperiale, la pace di Cambrai sanciva le rispettive sfere di influenza tra Carlo V e Francesco I.
Una delle insidie all’egemonia di Carlo V fu rappresentata dall’espansione degli Ottomani che, con Solimano, raggiunsero il cuore dell’Europa occupando quasi tutta l’Ungheria, dominio asburgico, ed assediando Vienna. Il tentativo di controffensiva attuato da Carlo V nel Mediterraneo ebbe, con la riconquista di Tunisi, un successo effimero. La pressione turca sull’Europa evidenziò anche il tramonto dell’idea di cristianità, ben testimoniato dall’alleanza del re di Francia con il sultano in funzione antiasburgica.
Alla morte del duca di Milano, Carlo V occupò quella regione e ciò riaccese la lotta con la Francia, che ne uscì sconfitta anche per l’intervento, a fianco dell’imperatore, del re d’Inghilterra. La guerra riprese con il nuovo re di Francia Enrico II, che spostò l’asse del conflitto dall’Italia alla Germania, dove ebbe l’appoggio dei principi luterani.
In Carlo V molti contemporanei videro l’artefice di un rinnovamento e di una riunificazione della cristianità. Ma se la persistenza dell’idea di impero si spiega con un desiderio di ordine (tanto più forte in un’epoca di crisi e lacerazioni), è pur vero che essa, nell’Europa degli stati nazionali, era ormai superata. Se ne rese conto lo stesso Carlo V. Nel 1555 risolse il conflitto con i principi protestanti tedeschi: la pace di Augusta sancì la divisione della Germania tra cattolici e luterani e affermò l’obbligo per i sudditi di seguire la confessione del loro sovrano.L’anno successivo Carlo V abdicò, dividendo l’impero fra il fratello Ferdinando I, che ebbe le corona imperiale, le terre degli Asburgo, Boemia e Ungheria, e il figlio Filippo II, che ottenne invece la Spagna, Milano, Napoli, la Sicilia, la Sardegna, i Paesi Bassi e le colonie americane. Con questo atto riconosceva l’irrealizzabilità dell’Impero universale. Uno strascico nella lotta tra Francia e Impero si ebbe con la guerra tra Enrico II e Filippo II conclusasi con la pace di Cateau-Cambresis (1559), che regolò gli equilibri politici europei per circa mezzo secolo.

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