Nonostante sia la Commedia dantesca largomento di queste due lezioni che Galileo tenne allAccademia fiorentina nel 1588, non si tratta di unopera di natura critico-letteraria, bensì si presenta come uno scritto «più geometrico che letterario», come scrive il Del Lungo (pare addirittura che il nostro autore avesse composto queste lezioni con lintento di ottenere il titolo per una cattedra universitaria di matematica a Pisa, che di fatto gli venne assegnata). Si tratta della prima opera scritta nello stile del Galileo maturo (anche se il Chiari la cataloga ancora come opera giovanile). Esordisco facendo notare che tutta la critica è concorde nel far notare che Galileo non fu un dantista, o comunque non un dantista da potersi mettere allo stesso livello dei grandi studiosi cinquecenteschi del Sommo Poeta (Gelli, Varchi, Vellutello, Daniello e soprattutto Vincenzo Borghini), anche se la padronanza del testo da interpretare è perfetta. Come ho già scritto, quindi, Galileo non scrive questo testo per commentare la Commedia, ma bensì per sostenere come più verosimile la topometria dellInferno così come laveva calcolata il quattrocentista fiorentino Antonio Manetti (che, tra laltro, aveva collaborato alla celeberrima edizione del Landino), rispetto a quella teorizzata dal Vellutello. Ho volutamente però usato laggettivo verosimile qualche riga sopra e non certa, poiché Galileo stesso ammette che Dante descrisse la struttura del suo Inferno «ma si lo lascia nelle sue tenebre offuscato, che ad altri dopo di lui ha dato cagione di affaticarsi gran tempo per esplicare questa sua architettura»; egli quindi vuole solo «avvicinarsi» il più possibile «alla mente di Dante», facendo uso del suo già raffinato metodo scientifico, cioè cercando di «dichiarare lintenzione delluna opinione e dellaltra [quella del Manetti e del Vellutello, ndr]; ed in oltre, addurre quelle ragioni per luna e per laltra parte che possano persuadere; ingegnandosi nel fine, con alcune altre nostre dimostrare quel che più alla verità, ciò è alla mente di Dante, si avvicini».
Il Chiari, comunque, fa notare quanto, nel tempo in cui Galileo scrisse queste due lezioni, in ambiente accademico spesso scienza e poesia si confondessero tra loro. Il critico interpreta quindi lanalisi del solo aspetto topometrico della Commedia effettuata dal nostro autore, senza accenni allaspetto letterario, come «prova di sensibilità poetica». In ogni caso dal testo traspare lammirazione del Galileo scienziato per Dante superbo ideatore di mondi ultraterreni; ciò credo si noti nel secondo dei brani che opra riporto dalle lezioni, esempio della natura matematica dellopera. Il primo brano è invece la parte iniziale della prima lezione, nella quale Galileo elenca gli obbiettivi delle lezioni stesse:
Lordine che terremo nel nostro ragionamento in dichiarare la prima opinione sarà questo. Prima considereremo la figura e universal grandezza dellInferno, tanto assolutamente quanto in comparazione di tutta la terra. Nel secondo luogo vedremo dove ei sia posto, ciò è sotto che superficie della terra. Terzo, vedremo in quanti gradi differenti tra loro per maggiore o minor lontananza dal centro del mondo ei sia distribuito, e quali di essi gradi siano semplici e quali composti di più cerchi o gironi, e di quanti. Nel quarto luogo misureremo gli intervalli che tra lun grado e laltro si trovano. Quinto, troveremo le larghezze per traverso di ciascheduno grado, cerchio, e girone. Nel sesto luogo, avendo già considerate le predette principali cose, con brevità racconteremo tutto il viaggio fatto da Dante per lInferno, e in questo accenneremo alcune cose particolari utili alla perfetta cognizione di questo sito.
Ma volendo sapere la sua grandezza [dellInferno, ndr] rispetto a tutto laggregato dellacqua e della terra non doviamo già seguitare la opinione di alcuno che dellInferno abbia scritto, stimandolo occupare la sesta parte dello aggregato [posso supporre Galileo stia parlando dellipotesi del Vellutello, anche se non ne ho la certezza, ndr]: però che facendone il conto secondo le cose dimostrate da Archimede nei libri della Sfera e del Cilindro, troveremo che il vano dellInferno occupa qualcosa meno di una delle 14 parti di tutto laggregato, dico quando bene tal vano si estendessi sino alla superficie della terra, il che non fa; anzi rimane la sboccatura coperta da una grandissima volta della terra nel cui colmo è Jerusalem, ed è grossa quanto è lottava parte del semidiametro che sono miglia 405 15/22.