E’ proprio per difendersi da queste prime accuse di eresia che Galileo scrisse le famose lettere copernicane, che pur essendo inviate a privati, vengono fatte appositamente circolare fra numerosi amici e conoscenti. Queste lettere sono quattro: una indirizzata al frate Benedetto Castelli, discepolo di Galileo e lettore di matematica a Pisa (1613), due a monsignor Dini (febbraio e marzo 1615) e infine una a Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana (1615). Esse affrontano il problema dei rapporti fra scienza e fede sotto aspetti differenti: la prima sulla base della diversità fra il linguaggio scientifico e quello biblico, la seconda e la terza con esplicito riferimento all’opera di Copernico, la quarta con argomentazioni fondate sull’interpretazione del testo biblico. Probabilmente fu proprio quest’ultima lettera a scatenare l’ira degli inquisitori, ai quali molto probabilmente pareva che Galileo volesse insegnare alle gerarchie ecclesiastiche qualcosa in fatto di esegesi biblica. Sempre con la terza lettera pare che Galileo intenda cercare di aggraziarsi la media nobiltà, nel tentativo di proteggersi dalle prime accuse di eresia.