Da un punto di vista strettamente scientifico, quest’opera è la più importante tra quelle scritte da Galileo e venne pubblicata nel 1638 in Olanda, presso il celebre editore Ludovico Elzeviro. Da un punto di vista filologico si può fare riferimento al manoscritto apografo conservato nella Biblioteca Nazionale di Firenze, Banco Rari A.5, p.2, n. 13, con numerose correzioni e ultime carte di mano di Galileo.

Anche quest’opera, come il ben più famoso Dilaogo del 1632, possiede forma dialogica fra i medesimi interlocutori (Simplicio, Salviati, Sagredo) e si svolge in quattro giornate. Una quinta ed una sesta verranno pubblicate postume (nella sesta non comparirà più Simplicio, al cui posto troviamo Paolo Apronio, che fu discepolo e amico di Galileo). Le due nuove scienze di cui parla il titolo sono la resistenza dei materiali e la dinamica.

Veniamo ai contenuti: la prima giornata propone un’indagine sulla materia e sulle cause della coesione tra le varie parti dei solidi, che si allarga a questioni quali la continuità, il vuoto, l’atomo. Altre digressioni interessano la caduta dei gravi, le oscillazioni pendolari, nonché i fenomeni acustici connessi. Nella seconda giornata il problema della resistenza dei solidi è ricondotto ad una combinazione di leve. Nella terza e quarta giornata Salviati legge e commenta un trattato, De motu locali, in latino, attribuito a Galileo, suddiviso in tre libri: De motu aequabili, De motu naturaliter accelerato, De motu proiectorum. Il primo riguarda il moto uniforme, il secondo del moto uniformemente accelerato. La quarta giornata tratta del moto dei proiettili, per la prima volta descritto come parabolico. In modo da potersi confrontare anche con il latino di Galileo riporto un brano da questi Discorsi, dove è descritto un famoso esempio di astrazione che abbiamo studiato:

Mobile quoddam super planum horizontale proiectum mente concipio, omni secluso impedimento: iam constat, ex his quae fusius alibi dicta sunt, illius motum aequabilem et perpetuum super ipso plano futurum esse, si planum in infinitum extendatur; si vero terminatum et in sublimi positum intelligamus, mobile, quod gravitate praeditum concipio, ad plani terminum delatum, ulterius progrediens, aequabili atque indelebili priori lationi superaddet illam quam a propria gravitate habet deorsum propensionem, indeque motus quidam emerget compositus ex aequabili horizontali et ex deorsum naturaliter accelerato, quem proiectionem voco.