FRIEDERICH NIETZSCHE

 


Friederich Nietzsche fu reso noto al pubblico con il suo libro d'esordio La nascita della tragedia: analisi particolarmente originale della storia greca, del contesto in cui la tragedia nacque e si sviluppò e del suo progressivo declino. Sebbene questo libro possa sembrare un saggio filologico, esso in realtà rappresenta il tentativo di esporre, da parte del filosofo, la propria concezione tragica della vita basata sulla dialettica degli opposti. In seguito il suo pensiero si svilupperà allontanandosi dal piano dell'estetica senza mai abbandonare però l'elemento dialettico.
Dunque riferendoci principalmente a tale libro esemplificheremo come la tragedia nasca dal conflitto di due principi opposti e in che senso viene ritenuta da Nietzsche la giustificazione estetica della vita.
In seguito presenteremo un'analisi nietzschiana focalizzata sull'Edipo Re.

Caos e ordine: dialettica degli opposti


Odilon Redon, La Sfinge Rossa, 1912.

La realtà secondo Nietzsche è generata dall'incontro-scontro di due principi opposti: il caos e l'ordine. Egli rifacendosi alla mitologia greca li individua rispettivamente nelle divinità di Dioniso ed Apollo. Ad Apollo il filosofo attribuisce una serie di caratteristiche che lo qualificano come il dio dell'equilibrio e della misura, principio ispiratore della statuaria greca, come il dio della melodia e del canto armonico. Soprattutto Apollo è il dio del sogno e dell'illusione che ci permette di ricreare la bellezza . Gli uomini si cullano nel mondo dell'apollineo per escludere il dolore dalla vita e per poter continuare a vivere senza guardare l'altra faccia dolorosa dell'esistenza.
L'esatto opposto rappresenta invece Dioniso: il dio dell'ebbrezza, della musica sfrenata, della danza, dell'estasi che tende ad annullare l'io dell'uomo in quanto singolo e a riconciliarlo con il tutto, con la natura primigenia. Dioniso è vita e morte, gioia e dolore.
L'alternarsi dei due  elementi, apollineo e dionisiaco, è all'origine non solo della vita, essi sono un binomio inscindibile che caratterizza anche l'interiorità dell'uomo. L'uno è necessario e allo stesso tempo bisognoso dell'altro. Tuttavia non possono mai riconcialiarsi e fondersi in un unico principio: mantengono sempre la loro natura distinta. A questo proposito Salvatore Natoli ha evidenziato come a differenza della dialettica hegeliana, dove dopo un primo momento d'opposizione avviene il superamento degli opposti in una superiore identità, la dialettica nietzscheana sia tale nel significato più proprio di dialettica: ossia l'inconciliabilità dei due principi."L'opposizione-dice Natoli riguardo a Hegel(da "Ermeneutica e filologia")- non è, ne può essere più concepita come opposizione radicale: ogni opposizione è già costitutivamente risolta nella vita dello spirito". Da ciò deriva infatti il tragico, dalla loro perenne natura distinta:"...la dialettica di Nietzsche è dialettica della lacerazione e quindi della tragedia"(da Ermeneutica e filologia).

    

Origine e funzione della tragedia


Henry Matisse. La dance.

L'arte, in quanto diretta espressione della vita, riproduce il conflitto tragico che è in essa. Le diverse forme artstiche si sono generate a seconda del prevalere dell'uno o dell'altro elemento, ma il culmine dell'espressività si è raggiunto nella tragedia greca. La tragedia greca infatti riproduce perfettamente il conflitto in atto nella vita, poiche in essa sono contemporaneamente presenti sia l'apollineo che il dionisiaco. La danza, il canto e la musica, aspetti dionisiaci,  si fondono con la recitazione e il mito, propriamente apollinei. Così, quando lo spettatore assiste alla rappresentazione della tragedia, il mondo del mito e del sogno permettono di attingere all'essenza dionisiaca della vita senza che egli ne venga distrutto:

"Per brevi attimi siamo l'essere primigenio stesso e ne sentiamo l'indomabile brama di esistere e piacere di esistere; la lotta, il tormento, l'annientamento delle apparenze ci sembrano ora necessari" (da La nascita della tragedia).

Il mito è come un filtro che impedisce alla potenza primigenia della vita di annientarci del tutto ma ci permette nello stesso tempo di percepirla, di cogliere la sua duplice natura di essere e morte:

"...la stessa natura ci parla con la sua voce vera e aperta: 'Siate come sono io! Nell'incessante mutamento delle apparenze, la madre primigenia, eternamente creatrice che eternamente costringe all'esistenza che eternamente si appaga di questo mutamento dell'apparenza!'" (da La nascita della tragedia).

Proprio in questo, nel cogliere l'essenza della vita, la tragedia e l'arte in generale divengono la giustificazione estetica della vita.In altre parole l'esperienza che lo spettatore vive durante la tragedia rende la vita possibile e degna di essere vissuta. L'uomo attraverso la tragedia si riappropria delle sue passioni contrastanti e realizza che gioia e dolore sono entrambi necessari, sono entrambi presenti nella vita. Impara a godere tanto dell'uno quanto dell'altra. Egli apprende la natura tragica della vita.

Analisi nietzschiana dell'Edipo Re

Nietzsche afferma che la figura più dolorosa di eroe tragico sia stata realizzata da Sofocle con l'Edipo.

L'Edipo secondo Nietzsche è stato concepito dal poeta come l'eroe passivo, l'uomo nobile che non pecca "ma che alla fine, in virtù del suo immenso soffrire, esercita intorno a sè un'azione magica e benefica". E' vero che con il suo agire distrugge ogni legge naturale e morale ma "proprio da questo agire viene tracciato un superiore, magico cerchio di effetti, che fondano un nuovo mondo sulle rovine di quello vecchio crollato".
L'accettazione del suo immenso dolore lo porta ad affermarsi come un uomo nuovo. Egli infatti non si uccide per cessare di soffrire, ma si acceca con il desiderio di sopportare la sofferenza.
Edipo è colui che sciogliendo l'enigma della sfinge ha violato i vincoli della natura, ha attinto ad una conoscenza sconvolgente che lo precipiterà nel baratro. Dopo aver varcato il limite che separa l'uomo dalla natura dionisiaca, il singolo dal tutto, egli non può fare altro che sperimentarne su se stesso l'esito terrificante. Non saprà più chi è, diverrà figlio marito e padre nello stesso tempo. E proprio per proteggerci da quest'orrore il mito apollineo fa si che con l'accetazione del dolore Edipo possa ristabilre l'ordine prima violato.