KIERKEGAARD

 




L'elemento tragico caratteristico dell'esistenza umana, trattato da Kierkegaard nella sua opera Timore e tremore attraverso la straordinaria esperienza di Abramo, è il risultato dell'inconciliabile conflitto tra volontà morale e fede religiosa, cioè tra sfera etica e sfera religiosa. Abramo è la figura emblematica della situazione esistenziale dell'individuo oppresso da questo conflitto interiore:

E Dio tentò Abramo e gli disse: "Prendi Isacco, il tuo unico figlio che tu ami,
e va nella terra di Moria e sacrificalo ivi in olocausto sul monte ch'io ti mostrerò
" (Gen, 22, 1 sgg.).

Questo conflitto particolare si può avere solo nella vita religiosa, l'ultimo dei tre fondamentali "stadi sul cammino della vita" (o "sfere d'esistenza") che suddividono un itinerario individuale; gli altri due stadi, quello estetico e quello etico, sono disprezzati, dal filosofo danese, per la mancanza di fede che vi è in essi: senza questo sacro vincolo che unisca l'umanità la vita risulta vuota, pura disperazione dovuta al senso di finitezza provato da ogni individuo che si rapporta solo a se stesso e non con l'Assoluto. Abramo infatti è colui che ha amato Dio e per questo è diventato più grande di tutti, ha creduto e non ha dubitato, ha creduto nell'assurdo, è il Singolo che si è posto dinanzi all'Assoluto: è questa la conquista dell'infinità "che non si raggiunge se non attraverso la disperazione".


Toudouze. Edipo e Giocasta.

Gli aspetti tragici presenti nella vicenda del Patriarca sono i seguenti: Abramo deve compiere un salto nel buio, deve credere nell'assurdo, infatti si ha un'incomunicabilità con Dio, il rapporto tra Singolo e Assoluto si sviluppa in modo unidirezionale. "Ma che cosa ha fatto Abramo? Egli credeva in virtù dell'assurdo, poiché qui non ci potrebbe essere questione di calcolo umano, e l'assurdo era che Dio, il quale esigeva questo da lui (l'uccisione di Isacco), un istante dopo avrebbe revocato la richiesta." Per giungere a un tale livello di fede occorre elevarsi ad uno stato di rassegnazione infinita, che comporta l'annullamento di tutto ciò che è umano, si ha così un allontanamento dalla vita naturale. Altro elemento tragico di questa condizione è la solitudine, l'isolamento dalle altre persone, il "cavaliere della rassegnazione" deve concentrarsi sul suo unico desiderio di fede senza parlare con nessuno, la sua scelta è soggettiva, il paradosso della fede è incomunicabile e incomprensibile, dipende infatti da un rapporto assoluto tra individuo e Dio: proprio questo carattere paradossale è l'essenza del cristianesimo. La fede è il paradosso per cui il Singolo è più alto del generale, cioè della morale, e in questa sua determinazione per Abramo non c'è un punto di mediazione. Un simile rapporto verso la divinità è sconosciuto al Paganesimo. L'eroe tragico non si presenta con un rapporto privato alla divinità, ma è l'etica la realtà divina, l'eroe tragico è individualità che agisce sempre entro un contesto etico collettivo. "Appena parlo - dice Abramo - io esprimo il generale e se lo faccio nessuno mi capirebbe" infatti è al di là della morale e per questo motivo si può dire che egli non può parlare, ma non può nemmeno lamentarsi o piangere con qualcuno, come invece può fare l'eroe tragico Agamennone sia con la moglie Clitemnestra sia con la figlia, e prossima vittima, Ifigenia. "Il cavaliere della fede ha per appoggio unicamente se stesso e soffre il dolore di non poter farsi comprendere dagli altri…". Il fatto che per Abramo non ci sia una determinazione intermedia del paradosso lo porta ad essere o assassino o credente, ciò aumenta la tragicità della vicenda infatti il Patriarca oltre ad essere al di là della morale e a dover compiere una scelta verso l'assurdo non ha nemmeno la certezza che l'azione che compie sia quella giusta, sia quella che conduca alla salvezza, mentre l'eroe tragico scambia solo il certo per il più certo.

Questo conflitto tragico non è mai superabile, infatti "per il cavaliere della fede la prova è continua e ad ogni momento c'è la possibilità di pentirsi e di far ritorno al generale, su questo punto egli non può chiedere spiegazione alcuna a nessuno, perché allora egli abbandona il paradosso". Per l'eroe tragico la tragicità dell'esistenza è limitata, finita, per Abramo no, è sempre in tensione.