IL COMMENTO




In questa pagina intendiamo presentare tre sezioni di commento critico al film Edipo Re di Pasolini.

Queste due sezioni sono tratte dal lavoro di Guido Paduano, Lunga storia di Edipo Re, che i nostri visitatori hanno già conosciuto nella sezione Edipo nella Filologia. Nello studio critico portato avanti da Guido Paduano per quanto concerne la rappresentazione cinematografica dell'"Edipo Re" di Pier Paolo Pasolini sono evidenziabili appunto questi due nuclei tematici fondamentali.
In questa sezione abbiamo rielaborato le critiche al film di S. Petraglia e di Stefano Murri.


RAPPORTO DI EDIPO CON IL PADRE
La grandezza e l'originalità dell'"Edipo Re" di P.P. Pasolini sono individuabili, secondo Paduano, nella variazione radicale compiuta dal regista sia rispetto al modello greco, sia rispetto alla tradizione letteraria: Pasolini, infatti, investe di coinvolgimento libidico anche il parricidio. Nell'incontro al trivio Edipo consuma, uccidendo Laio, non tanto la sua sete di sangue o di crudeltà, quanto il desiderio di ribellione e di esautorazione. Egli, infatti, uccide il re di Tebe non tanto per affermare il suo diritto di precedenza nel passaggio, ma perché l'uomo che gli si staglia di fronte è riconoscibile come padre, incarnazione e simbolo di un'autorità ostentata tramite la corona esageratamente alta. Lo stesso Laio si comporta con arroganza sentendosi intimamente minacciato dal giovane che gli si para di fronte. A questo punto allo spettatore sovviene immediatamente la scena del prologo nella quale il padre, guardando con sospetto il proprio figlio, pronuncia queste parole: "Eccolo questo qui, il figlio, che un po' alla volta prenderà il tuo posto nel mondo. Sì, ti caccerà dal mondo e prenderà il tuo posto. Ti ammazzerà." Tramite questo processo di passaggio dalla storia al mito, il regista rende universalmente valida la teoria freudiana per cui non esiste più una concezione idilliaca di famiglia, bensì al suo interno sussiste un rapporto conflittuale tra padre e figlio.


RAPPORTO DI EDIPO CON LA MADRE
Il tema dell'incesto costituisce il Leitmotiv di tutto il film che assume, così, la struttura di una vicenda definita dal crescendo della rilevanza e della consapevolezza che in essa assume l'equivalenza tra eros e maternità. Dopo l'accesa discussione con Tiresia ("non vuoi conoscere la natura che è in te", "non vuoi vedere il male che è in te"), è venuto alla luce il sapere oscuro di Edipo e il regista attribuisce alla sfera dell'intenzionalità il carattere incestuoso dell'amplesso che segue. Nella sceneggiatura Pasolini scrive: "Edipo, guarda la sua donna. Ma chi è per lui, questa donna? Non può certo, ormai, non aver capito e, se non ha capito, ha almeno sentito…Anche se le parole di Tiresia, chiare, erano folli, tuttavia la parola madre è stata pronunciata. Può non vedere ora, Edipo, con occhi diversi quella sua donna?" L'amplesso seguente viene consumato con "l'ebbrezza feroce di compiere un atto che degrada, e che è pure il più bello e il più necessario del mondo". Durante tutto il film Pasolini attribuisce una valenza incestuosa ai gesti che Edipo compie nei confronti di Giocasta. Chiaro esempio è l'abbraccio tra i due, alla fine del racconto del testimone del l'uccisone di Laio, che finisce addirittura con l'apostrofe maledetta: "madre!"

Paduano mette in luce anche l'erotizzazione del suicidio di Giocasta e dell'accecamento che da esso è indotto come risulta anche dalla sceneggiatura: "Come una belva ferita, Edipo si getta su quel corpo, aggrappandosi a lei, come in un estremo tentativo di salvarla… Ma aggrappandosi a quel corpo senza vita, egli non ottiene che una cosa: strappare a Giocasta le vesti. Ed essa, sua madre, gli appare ancora una volta nuda. E' quella nudità che egli non può sopportare. Come una bestia furente, egli apre la spilla - quella che tante volte aveva aperto per spogliare la sua sposa - e si conficca gli aculei negli occhi urlando di dolore." A questo proposito è interessante il valore che, in Pasolini, assume la spilla vista come custode d'intimità segreta, che dall'abitudine gioiosa si capovolge nel sangue e nella distruzione.


L'ATEMPORALITA' NEL FILM
La modernità nel film di Pasolini sta nel fatto che il regista svincolato lo svolgersi del rituale tragico da un contesto storico. Mischiando i paesaggi delle piane marocchine con brandelli dell'Italia fescista e dell'Italia del dopoguerra, Pasolini ha reso il mito "classico" e sempre moderno liberandolo dal quadro storico della Grecia  preistorica per proiettarla in una dimensione atemporale.
Il concetto di atemporalità è ripreso anche nella prima e quarta sequenza, il prologo e l'epilogo. Anche se vengono poste coordinate spazio-temporali molto precise su cui pasolini indugia ( la bandiera italiana issata su un palazzo e la precisa caratterizzazione della divisa fascista ) questa realtà del dopoguerra, la provincia milanese industrializzata e la campagna intatta, si integrano perfettamente con il mito nella sua atemporalità. Spostando il quadro storico da una Grecia preistorica all'Italia fascista, Pasolini rompe i vincoli di una precisa caratterizzazione storico-culturale, presentando il  mito come metastorico e non vincolato alla sola Grecia di Edipo.L'autore stesso afferma che: "La preistoria è stata praticamente la stessa ovunque"; questo fa si che la scelta dei costumi sia completamente arbitraria, senza riferirsi alla realtà greca dove si svolgevano gli avvenimenti. "I costumi sono inventati quasi arbitrariamente. Ho consultato libri sull'arte atzeca, sui Sumeri; altri provengono direttamente dall'Africa nera. E avrei voluto rendere i costumi ancora più arbitrari e preistorici, non ho voluto ricostruire nulla dal punto di vista archeologico o filologico, quindi non ho letto alcun testo sul medioevo greco. Ho inventato tutto".
Anche la scelta delle musiche è determinante ad eliminare un quadra storico preciso. Ci sono canti popolari, indefinibili ed estremeamente ambigui, a metà tra canzoni slave, greche e arabe; tutta la musica del film è astorica e atemporale.
La scena è un paesaggio bruciato, desolato e silenzioso, espresso attraverso i volti della gente comune del Marocco dove un'antica Grecia immaginaria,volutamente al di fuori di qualsiasi fedeltà filologica,viene ricostruita in mezzo al deserto: in questo modo Pasolini identifica il mondo della verità, quello delle nostre radici storiche e culturali, con uno dei tanti mondi della verità umana rimasti nel presente, quell'isola fuori dal mondo che è il Nord Afrca.
Edipo è un racconto che lo scrittore ha avuto il pregio di narrare in chiave lineare, semplice, antidecorativa, pure di fronte alle insidie della ricostruzione dell'ambiente e degli echi colti che ne avrebbero appannato lo stile. Invece si assiste a un racconto tutto moderno e compatto nelle sue cadenze e nelle sue ricerche espressive, tutto immerso in una dimensione metastorica
L' epilogo mostra uno sdrucito brandello d' Italia moderna: giovani ai bar, gente a passeggio fra lo scintillio delle vetrine, fabbriche lontane, chiese di provincia; solo Edipo esiste veramente, ha preso con sè la ragione e il dolore, il peccato e l'espiazione.Viaggia da secoli ma è ancora moderno.
Costruendo intorno al testo di Sofocle un prologo e un epilogo ambientati nella contemporaneità, Pasolini carica la figura di Edipo di un'ansia e di un senso di sbandamento che travalicano lo sgomento dell'eroe tragico così come superano l'evocazione del caso edipico personale. La vicenda di Edipo diventa quindi l'emblema della condizione umana occidentale.