Teheran

Teheran: 
il monumento Azadi  

              TEHERAN

La città di Teheran, capoluogo di provincia e capitale dell'intero Paese, si estende su di una vasta superficie a partire dal limite meridionale delle montagne dell'Alburz. Situata ad un'altitudine di 1191 metri la città è spesso molto fredda in inverno -la neve è un fenomeno tutt'altro che straordinario-, d'estate invece le precipitazioni sono rare e si raggiungono temperature fin troppo elevate. La primavera e l'autunno sono generalmente periodi abbastanza gradevoli.
Teheran conta attualmente oltre 10 milioni di abitanti. Divenuta capitale alla fine del XVIII secolo, ha conosciuto a partire dagli anni 50, con la crescente prosperità dovuta in gran parte al boom del petrolio, uno sviluppo senza precedenti, marcato dalla costruzione di autostrade e di palazzi a molti piani, nonché dal flusso inarrestabile di persone provenienti dalle parti rurali del Paese.
Poche sono comunque le tracce che testimoniano i due secoli di vita della città come capitale, al punto che ad ogni costruzione avente più di 50 anni viene attribuito valore storico. In effetti, da due secoli a questa parte, essa è cresciuta all'insegna della più totale assenza di un gusto architettonico: sovraffollamento costante ed evidente mancanza di progetti urbanistici adeguati non possono fare a meno di colpire spiacevolmente il visitatore. Altro dato negativo è la pesante coltre di smog che vi ristagna sopra in maniera permanente, alla formazione della quale contribuisce in modo determinante il traffico spaventoso che intasa ogni giorno le sue strade. Ma, malgrado tutto il trambusto e la frenesia che la caratterizzano, Teheran merita di essere visitata per più di una ragione. Innanzi tutto per la sua numerosissima e composita popolazione: ogni città, ogni etnia dell'Iran vi è rappresentata con le sue particolari tipologie somatiche e culturali. I suoi abitanti sono estremamente amichevoli ed ospitali verso gli stranieri, senza però essere mai invadenti. Qui inoltre vi sono alcuni tra i più ricchi e famosi musei di tutto il Paese, che di sicuro meritano una visita. Non si può tralasciare poi il Bazar, che si estende nel cuore di Teheran, vera e propria città nella città. Infine, potranno contribuire a far apprezzare i lati positivi della città anche i suoi buoni alberghi, l'infinita varietà dei ristoranti e tutte le strutture che sono all'avanguardia rispetto agli standard delle province.
Per imparare ad orientarsi in una città vasta e con pochissimi punti di riferimento come Teheran ci vuole veramente molto tempo, anzi si può dire che perdercisi almeno una volta è inevitabile. Se si viaggia soli, diventano a questo punto indispensabili una buona piantina della città, una bussola e magari la conoscenza di alcune frasi in persiano per essere in grado di chiedere alcune informazioni e capire le risposte. La "stella polare" di Teheran, comunque, sono le cime montuose dell'Alburz che si innalzano alle sue spalle e, ovunque ci si trovi, permettono di individuare il nord. Ufficialmente il centro della città è la Meidun-e Emam Khomeini (Piazza Imam Khomeini). Sebbene molti uffici statali si trovino ancora intorno a questa piazza, negli ultimi decenni tutta la zona è diventata sempre più cadente e fuori moda. I quartieri residenziali e commerciali più eleganti si sono gradualmente spostati verso nord e si può dire che, in sostanza, a Teheran non esiste più un centro vero e proprio. La città è divisa in due dalla Kheyabun-e Vali-ye Asr che si estende da nord a sud per alcuni chilometri e dalla Kheyabun-e Enghelab che corre da ovest ad est partendo dal monumento Azadi. La prima cosa della città che vedono i viaggiatori arrivati in aereo è la grande Meidun-e Azadi sovrastata dal monumento Azadi, a forma di Y rovesciata. Da qui si può raggiungere il centro in un'ora circa seguendo la via principale che va da ovest ad est, la già citata Kheyabun-e Enghelab. I quartieri residenziali si trovano tutti nella parte settentrionale di Teheran: più ci si avvicina alle pendici dell'Alburz più gli edifici sono eleganti e viene spontaneo osservare che l'arteria che attraversa la città da est a ovest - Kheyabun-e Enghelab - opera una divisione di classi altrettanto netta.
Nel centro della città, poco lontano dalla Meidun-e Emam Khomeini e prossima all'incrocio della Kheyabun-e Enghelab con la Kheyabun-e Vali-ye Asr, merita di essere visitata la Kheyabun-e Ferdosi rinomata per i suoi negozi di tappeti ed artigianato pregiato. La capitale vanta numerosi bellissimi parchi e giardini, assai puliti e ben curati, la magior parte dei quali si trova a nord rispetto al centro. Tra i parchi pubblici più belli ricordiamo il Park-e Sai, alla fine del viale Vali-ye Asr, ombroso di alti alberi e con vista sulle montagne dell'Elburz ed il vasto Park-e Mellat, uno dei più frequentati.
Il cuore della vita commerciale di Teheran, e quindi dell'Iran, la piazza in cui vengono stabiliti i prezzi dei generi di prima necessità è il Bazar. Collocato in pieno centro, di fronte alla Meidun-e Emam Khomeini, esso è una vera e propria 'città nella città. Il Bazar è suddiviso in 'strade' e in ognuna di esse si svolge un tipo di commercio diverso: avremo così la strada del rame, dell'oro, delle spezie e dei tappeti, per citarne solo alcune. Benché il Bazar di Teheran non sia mai stato un gioiello dal punto di vista architettonico, non si può lasciare la città senza avere camminato almeno per qualche ora per le sue caotiche stradine. Al suo interno il Bazar comprende più di una dozzina di moschee, pensioni, banche, una chiesa, numerosi punti di ristoro ed una caserma dei pompieri.

MUSEI

Muze-ye Iran-e Bastan
Il Museo Archeologico dell'Iran si trova in Kheyabun-e Shahid Yarjani. Si tratta senza dubbio del più bel museo del Paese, data la quantità e qualità delle testimonianze esposte provenienti da ogni parte dell'Iran. Al piano terra sono esposti reperti appartenenti esclusivamente all'epoca preislamica: notevoli il bassorilievo della sala delle udienze, appartenente al Tesoro di Persepoli, che raffigura il re Dario I e risale al VI sec. a. C. e, ancora da Persepoli, la famosissima iscrizione di Dario in tre lingue, persiano antico, accadico ed elamita. Al primo piano troviamo, tra l'altro, bassorilievi in stucco del IX secolo, porte di legno intagliato risalenti all'XI secolo e numerosi codici miniati.

Muze-ye Abgine
Situato sul lato orientale della Kheyabun-e 30 Tir, il 'Museo del vetro e della ceramica dell'Iran' è uno dei più interessanti musei di Teheran, sia come monumento storico sia per la collezione degli oggetti esposti. Costruito intorno al 1910, esso è l'esempio più notevole di architettura del periodo cagiaro in tutto il Paese. Visitando questo museo è possibile ripercorrere la storia dell'arte vetraria e della ceramica fin dalle origini, risalenti rispettivamente a 5.000 e 10.000 anni fa.

Muze-ye Farsh
Il museo dei tappeti, che si trova all'angolo nord-ovest del Park-e Laleh, ospita più di cento esemplari provenienti da tutto il Paese che testimoniano la produzione di tappeti a partire dal XVIII secolo, con qualche esempio più antico. Pur non essendo vastissima, la collezione compensa in qualità ciò che non possiede in quantità ed è una tappa obbligata per gli amanti dei tappeti.

Muze-ye Javaherat
I gioielli della corona iraniana sono conservati nel caveau della Bank Melli Iran, in Kheyabun-e Ferdosi. Fra i tesori spiccano il trno del pavone incrostato di 26.000 gemme ed il globo terrestre di oro massiccio tempestato di più di 50.000 pietre preziose.

Madrase va Masjed-e Sepahsalar
Costruita tra il 1878 e il 1890 sotto la dinastia dei Cagiari, la Moschea di Sepahsalar nonché Collegio teologico, rappresenta uno degli esempi più pregevoli di architettura persiana di fine ottocento, con decorazioni su piastrelle particolarmente sfarzose. E' situata sulla Meidun-e Baharestan. Aramgah-e Emam Khomeini L'ultima dimora dell'Imam Khomeini è uno degli edifici più imponenti della storia moderna dell'Islam. Il tempio sorge lungo la strada che collega Qom e Teheran.

 

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Teheran oggi:

La fine di Reza Palhevi

Teheran, novembre 1979. Questa DATA è lo spartiacque della storia recente dell'Iran. Infatti, dopo una lunga permanenza al trono, il popolo iraniano decide di cacciare lo scià di Persia Reza Palhevi III e opta per l'introduzione di una repubblica islamica, con un regime teocratico retto da una Guida Suprema e con alcune istituzioni democratiche che prevedono l'elezione popolare del parlamento e del presidente della repubblica. Quindi, l'Iran, per decenni fedele alleato degli Stati Uniti decide di cambiare e, pur senza passare al campo nemico comunista, si schiera decisamente nel campo dei "nemici" degli USA. Sempre nello stesso mese alcuni studenti islamici penetrano nella sede dell'ambasciata americana a Teheran e vi tengono rinchiusi 50 ostaggi per più di un anno.

La rivoluzione iraniana ebbe, quindi, sin dai suoi primi giorni un carattere decisamente anti- americano e anti- occidentale. Il principale ispiratore della rivoluzione era un ulema (cioè esperto dei principi della scienza islamica), esiliato dallo scià in Europa per le sue posizioni anti- governative, Ruhollah Khomeini. Dopo la cacciata dello scià Khomeini tornò in Iran e guidò fino alla sua morte (avvenuta nel 1989) la politica iraniana, mandando a morte gli oppositori del suo regime e gettando il paese in una grave situazione di isolamento internazionale.

Sunniti e sciiti

La rivoluzione khomeinista ha trasformato l'Iran in una repubblica sottoposta alla legge islamica, rompendo cosi con la tradizione, considerata blasfema, della casa regnante che fondava piuttosto il proprio potere nella tradizione della Grande Persia di Ciro il Grande. Fu proprio la decisione di Reza Palhevi di proclamarsi a Persepoli, nel 1971, re dei re e capo supremo degli ariani, investito del potere direttamente da Dio, a scatenare la prima serie di rivolte che ne causarono la caduta. La rivoluzione islamica considerava la pretesa di Palhevi una autentica bestemmia e perciò punibile con la morte.

A questo proposito giova ricordare che la grande maggioranza degli iraniani appartiene alla confessione musulmana sciita, opposta alla più diffusa confessione sunnita. La differenza tra le due confessioni si fa normalmente risalire alla fase immediatamente successiva alla morte di Maometto quando, per questioni di successione, si verificarono delle spaccature tra i sostenitori delle opposte fazioni che si contendevano il titolo di legittimo successore del Profeta. Si arrivò a una guerra tra le due fazioni che si concluse con la sconfitta degli sciiti a Kerbala nel 681. Gli sciiti si ritirarono nell'attuale Iran e, in gruppi più ridotti, in Libano, Iraq, Siria e Asia centrale mentre la confessione sunnita si diffuse rapidamente a seguito delle conquiste arabe prima, e turche poi.

Gli sciiti hanno una visione profondamente diversa dell'Islam rispetto ai loro correligionari sunniti; per loro il buon musulmano deve lottare contro le ingiustizie, i privilegi e l'oppressione dei poteri costituiti. Al contrario, i sunniti rappresentano il partito della consuetudine (sunna significa consuetudine) e si collocano in una posizione di assoluta obbedienza nei confronti del potere che risulta essere meritevole della più assoluta fedeltà. Quindi, non è errato affermare che fu la stessa origine dell'Islam sciita a provocare la caduta dello scià di Persia, ormai delegittimato agli occhi degli stessi iraniani.

La guerra contro l'Iraq e l'11 settembre

La guerra scatenata nel 1980 dall'Iraq di Saddam Hussein contro l'Iran per la supremazia nell'area medio- orientale rappresentò un grave colpo per l'economia iraniana già piegata dalle radicali trasformazioni imposte dalla rivoluzione. Eppure, nonostante la guerra, le oscillazioni del prezzo del petrolio e le continue repressioni interne contro gli oppositori del regime, l'Iran riuscì a resistere agli assalti iracheni e ad arrivare ad una tregua nel 1988 che mantenne sostanzialmente inalterate le posizioni dei contendenti.

L'Iran non subì particolari conseguenze dalla prima guerra del golfo contro l'Iraq, nel 1991, che lasciò Saddam Hussein al suo posto, ma a seguito degli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti del 2001 e le successive guerre in Afghanistan e Iraq, la posizione internazionale di Teheran ha subito delle profonde modifiche.

Nella lotta mondiale contro il terrorismo scatenata dal presidente americano Bush, l'Iran è stato inserito nell'ormai famoso "asse del male", insieme a Siria, Corea del nord, cioè stati "canaglia", pericolosi per gli interessi americani e occidentali nel mondo. Ciò, nonostante l'Iran si sia decisamente schierato a fianco della coalizione contro il terrorismo e abbia fornito delle importanti informazioni agli Stati Uniti riguardanti pericolosi terroristi internazionali. Addirittura, l'Iran ha mantenuto una benevola tolleranza nei recenti avvenimenti bellici in Iraq, chiudendo gli occhi di fronte alle palesi violazioni americane dello spazio aereo e navale iraniano. Ma l'Iran rimane, per le strategie della Casa Bianca, un pericoloso nemico, non solo per il suo regime antidemocratico, ma anche per il recente piano di sviluppo nucleare che Teheran ha adottato.

La vittoria americana contro il dittatore iracheno ha radicalmente modificato la posizione dell'Iran che si trova, ora, a dover affrontare la presenza forte degli Stati Uniti in un paese confinante. Già prima dello scoppio delle ostilità in Iraq, l'Iran aveva cercato di tutelarsi da una eventuale supremazia americana puntando sulla conclusione di due importanti accordi: un'alleanza difensiva con alcuni stati del Caucaso e un accordo commerciale con l'Unione Europea.

Il primo accordo prevedeva la conclusione di una alleanza difensiva con alcuni stati del Caucaso, in particolare Armenia, Azerbaijan e Georgia che sarebbe stata estesa anche a Russia e Turchia. Questo era il senso del viaggio che il ministro degli esteri iraniano aveva effettuato, ad aprile, in Armenia. Tuttavia, pur apprezzando l'offerta del governo iraniano, i ministri dei tre paesi caucasici coinvolti hanno rigettato il progetto, preferendo puntare al rafforzamento delle loro relazioni con la NATO e con gli Stati Uniti, partner più affidabili nel rafforzamento dei progetti di sicurezza dell'area.

Il fallimento del progetto di alleanza iraniano, l'inizio delle ostilità in Iraq e il crescente malcontento popolare verso i programmi di riforma del presidente Khatami hanno spinto Teheran a puntare su un modello di difesa basato sugli armamenti nucleari. E' iniziata cosi, una corsa al riarmo da parte dell'Iran che ha sollevato preoccupazioni e malumori in tutta la comunità internazionale.

Il progetto di Teheran è semplice: dotare il paese di armamenti nucleari in modo da respingere un eventuale primo attacco da parte americana e, allo stesso tempo, ridurre il budget normalmente riservato alle spese militari convenzionali e utilizzare il risparmio di spesa per migliorare le condizioni sociali di vasti strati di popolazione, riducendo cosi le proteste popolari. Però, cosi facendo, il governo rischia di distruggere un paziente lavoro di ricostruzione della credibilità internazionale del paese, iniziato dal presidente Khatami. L'Unione Europea, infatti, sta pensando di congelare le discussioni relative all'accordo commerciale con l'Iran, molto vantaggioso per Teheran, mentre gli Stati Uniti stanno alzando il livello di guardia e parlano ormai apertamente di "pericolo iraniano".

Le mancate promesse di Khatami

Il moderato Khatami è stato eletto alla presidenza della repubblica nel 1997, sull'onda di un entusiasmo popolare quale mai si era visto dai tempi della cacciata dello scià. Khatami rappresentava l'elemento di frattura con il regime dittatoriale teocratico e di contrapposizione all'ala più radicale dei partiti religiosi, ma si trattava di una frattura "morbida" rispetto all'establishment religioso. Khatami si rendeva conto che le sue possibilità di successo nelle riforme risiedevano nel formale rispetto del sistema teocratico istituito da Khomeini e protetto dai guardiani della rivoluzione, i pasdaran, custodi gelosi della purezza dell'insegnamento khomeinista. Khatami è riuscito ad introdurre delle modifiche sostanziali relative alla condizione delle donne e alla libertà di stampa e opinione, ma non è riuscito a farsi attribuire maggiori poteri, contro gli ayatollah. Infatti, due proposte di legge in materia sono state bloccate dalle autorità religiose proprio perché considerate contrarie al regime.

Le promesse di Khatami avevano reso possibile una riconciliazione fra i vari gruppi di opposizione al regime che, pur controllando ufficialmente il parlamento e la presidenza, di fatto sono soffocati dai movimenti ultra- reazionari; ma il fallimento di Khatami ha riacceso i contrasti, al punto che i gruppi in questione non sono nemmeno riusciti ad accordarsi sulla convocazione di un congresso comune. Ciò facilita naturalmente l'azione dei religiosi che sperano in un ulteriore approfondimento della frattura tra i movimenti riformisti più moderati, come l'Associazione del clero militante e il Kargozaran e quelli più violenti, come il Mosharekat, guidato dal fratello di Khatami e apertamente accusato di voler dominare il movimento riformista.

La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza di altri gruppi di opposizione alla politica degli ayatollah, come il Mujahidin-e-Khalq o Mujahideen del popolo, con sedi sparse in mezza Europa. Il Mujahideen, pur godendo di un notevole supporto al di fuori dell'Iran, non è riuscito a coagulare attorno a sé il consenso necessario per formare una vera alternativa al governo iraniano. I suoi membri sono stati accusati di aver ricevuto finanziamenti dal nemico storico del popolo iraniano, Saddam Hussein e perciò non sono ben considerati neppure dalle frange più estremiste dei gruppi di opposizione, nonostante le recenti tragiche manifestazioni di protesta inscenate in molte città europee.

Teheran oggi

L'Iran sta probabilmente vivendo uno dei periodi più delicati della sua recente storia. Mentre il governo si sforza di presentare al mondo la parte pacifica e riformista, di fatto deve fare i conti con una situazione internazionale molto negativa. Gli Stati Uniti sono alle porte e non hanno fatto mistero della loro volontà di vedere un cambio di regime a Teheran, come ha dimostrato il presidente Bush appoggiando apertamente le manifestazioni studentesche. Ai propri confini l'Iran deve fare i conti con una serie di stati che sono alleati o stretti collaboratori degli Stati Uniti e la stessa Europa non vede di buon occhio il programma nucleare iraniano.

Sul piano interno stanno continuando gli scontri con gli studenti che chiedono maggiore democrazia e controllo sull'operato dei propri governanti. In questo senso significativo è il manifesto firmato da 248 intellettuali, giornalisti e pubblici funzionari che chiedono il riconoscimento del diritto del popolo di controllare l'operato dei loro governanti, in particolar modo della Guida Suprema della repubblica, un religioso teoricamente eletto dai rappresentanti del popolo, ma di fatto assolutamente indipendente. Ma la destra religiosa è ancora molto potente in vasti strati dell'establishment politico ed economico e una larga parte della popolazione preferisce continuare a vivere sotto la legge islamica che tentare l'avventura democratica. A Teheran si sono addirittura formati dei gruppi spontanei di vigilantes, di solito giovani studenti, che aggrediscono, con il benevolo appoggio della polizia e dell'esercito, i loro colleghi che manifestano per la democrazia e la libertà. Ciò ha spinto un gruppo di parlamentari iraniani (166 su un numero totale di 290 parlamentari) ad adottare una risoluzione di condanna delle violenze degli estremisti ultra- religiosi, accusati di voler gettare discredito sul movimento studentesco. Gesto nobile, di estremo coraggio tenuto conto della situazione iraniana in cui anche i più elementari diritti del cittadino vengono impunemente calpestati dagli sgherri del regime. Come i recenti arresti ordinati dalla magistratura di regime a carico di esponenti riformisti in vista delle manifestazioni annunciate per il 9 luglio, quarto anniversario dell'assalto della polizia a un dormitorio universitario che ha provocato i primi violenti scontri con i manifestanti. Gli arresti sono stati ordinati sulla base di prove artificialmente costruite dalla magistratura che però rischiano di mandare a morte parecchie persone se verrà ufficialmente formalizzata nei loro confronti l'accusa di "aver dichiarato guerra a Dio".

Un cambio di regime a Teheran, quindi, sebbene auspicabile, non è attualmente fattibile, anche perché gli eventuali successori al potere, tra i quali vi è lo stesso figlio dello scià deposto, non godono di vasto consenso popolare.

In definitiva risulta molto difficile prevedere l'esito delle contestazioni giovanili di Teheran. Molto dipenderà dalla situazione internazionale; per evitare di dover combattere su due fronti, interno ed esterno, il regime iraniano potrebbe essere costretto a fare delle concessioni alle esigenze di democrazia della popolazione. Ciò rappresenterebbe un piccolo successo, una goccia nel mare, ma permetterebbe di provocare nel regime una piccola spaccatura, destinata ad allargarsi sempre di più.

RUHOLLAH M. KHOMEINI:
 

Nato nel 1902, è lui la guida della rivolta sciita iraniana contro lo scià Reza Pahlevi. Studiò nella città santa di Qom e assistette alla profanazione della moschea di Fatima ad opera del fondatore della stessa dinastia dei Pahlevi, Reza Khan, nel 1927. Sempre in opposizione alla occidentalizzazione dell'Iran, l'Imam già capiva quali danni sociali avrebbe potuto creare uno shock tecnologico, per non parlare poi della perdita delle radici culturali che si sarebbero confuse in mezzo a tanta "modernità".

Tutto ha inizio nel 1935, quando lo Scià Reza Shah accusato di germanofilia, e dopo avere coinvolto il Paese nella seconda guerra mondiale, abdicò in favore del figlio Mohammad Reza, ritirandosi di fronte alla duplice occupazione anglo-russa. Cessata l'occupazione, l'Iran ebbe inizialmente una ripresa costituzionale e di libertà democratiche, subito soppresse però da Mohammad Reza. Ma una sorta di unanimità nazionale si costituì sul problema dell'indipendenza economica, culminata nella nazionalizzazione del petrolio e nel conflitto con la Gran Bretagna (1950-51). La vittoria ottenuta dal primo ministro M.H. Mussadeq (1951/53) con l'estromissione degli inglesi apriva nuove possibilità. Una grave crisi politica generata dal contrasto tra lo scià e il primo ministro si concluse nella primavera del 1953 con la caduta di Mussadeq: lo scià Mohammad Reza cominciò così ad assumere un ruolo sempre più attivo nell'amministrazione dello stato grazie al cospicuo aiuto finanziario degli stati Uniti, in modo che l'Iran fu posto in condizioni di superare le gravi difficoltà finanziarie, poi ancor più sistemate grazie agli introiti derivanti dal petrolio. Nel complesso, dunque, si può dire che a quell'epoca l'Iran aveva senza dubbio un orientamento decisamente filo-occidentale.

Per altri versi, però, i cambiamenti avvenuti nella società iraniana erano del tutto insoddisfacenti. Ad esempio, la sperequazione sociale tendeva ad aumentare, escludendo dai profitti non solo gli strati popolari e la classe operaia, ma anche i ceti medi, professionisti e commercianti, già privati dell'accesso a qualsiasi forma di potere decisionale. A tutto ciò faceva riscontro una durissima repressione sulla vita culturale e politica del Paese da parte dello Scià. A partire dal 1977 si verificò una forte crescita del movimento di opposizione al regime, la cui direzione venne rapidamente conquistata dai religiosi sciiti dell'Ayatollah Khomeini che, a seguito della sua attività di opposizione era stato precedentemente arrestato ed espulso. Trovato rifugio in Francia, da lì continuava a produrre discorsi che poi faceva pervenire nel suo Paese, a sostegno di coloro che, dall'interno, lottavano contro il regime dispotico dei Pahlevi.

Nell'autunno 1978, nonostante sanguinose repressioni, lo scià si vide costretto a lasciare l'Iran mentre l'esercito si disgregava. Nel 1979 lo scià venne definitivamente deposto e Khomeini poté così insediare una Repubblica islamica. Il suo ritorno fu salutato da esplosioni di gioia tra gli sciiti. L'ayatollah nominò un governo provvisorio e assunse la direzione effettiva del Paese. Il 1° aprile, a seguito di referendum, fu proclamata la Repubblica Islamica dell'Iran e in dicembre un altro referendum approvò una nuova costituzione che prevedeva una guida religiosa del paese (tale carica fu attribuita a vita a Khomeini).

Intanto, nel settembre 1980 l'Iraq diede inizio alle ostilità contro l'Iran, riaprendo antiche questioni territoriali. L'offensiva venne bloccata e diede origine ad un sanguinoso conflitto terminato solo nel 1998. All'interno del Paese, intanto, le elezioni del 1980 videro la vittoria del Partito repubblicano islamico (PRI). Le elezioni legislative del 1984 sancirono il carattere di stato a partito unico ormai assunto di fatto dall'Iran, ma nel 1987 anche il PRI veniva sciolto dall'Ayatollah Khomeini, che dichiarava esauriti i suoi compiti.

Dal 1988 pertanto, le elezioni videro la partecipazione di candidati non più legati a vincoli di partito, anche se facenti parte a gruppi e correnti diverse nell'ambito del regime islamico. Le elezioni presidenziali dell'agosto 1985 confermarono capo dello stato Ali Khamenei (eletto per la prima volta nel 1981); nel 1989 questi succedeva a Khomeini, morto in giugno, quale guida religiosa del Paese, e, alla presidenza della Repubblica, veniva eletto A. RafsanJani. Una riforma costituzionale, approvata tramite referendum nello stesso anno, aboliva la carica di primo ministro e rafforzava i poteri presidenziali.

I negoziati di pace tra Iran e Iraq, avviati dopo il cessate il fuoco dell'agosto 1989, rimasero di fatto bloccati fino all'agosto 1990, quando la crisi internazionale apertasi con l'occupazione del Kuwait da parte dell'esercito iracheno induceva Baghdad a riconoscere la sovranità iraniana su alcuni territori. Ciò consentì la riapertura di relazioni diplomatiche fra i due paesi nel settembre del 1990. A partire dal 1997 la carica di presidente della Repubblica è ricoperta da Mohammad Khatami.

                                                                                                                                                                                                   Elena Dotti