Adolf Hitler

Situazione militare alla vigilia di Overlord
L'apertura di un secondo fronte ad Ovest, richiesta con insistenza da Stalin per alleggerire la pressione tedesca sul fronte orientale, non era certo un evento inatteso negli Alti comandi tedeschi: lo stesso Hitler, il 20 marzo '44, si mostrava del tutto consapevole dell'imminenza dell'attacco, ma mostrava di essere meno pessimista della maggioranza dei suoi generali, adducendo argomentazioni tutt'altro che sbagliate. Davanti alla minaccia che si addensava sull'altra riva della Manica, egli rammentava le sue esitazioni dell'autunno 1940, quando egli si preparava ad invadere la Gran Bretagna, e ripeteva le sue parole di allora: "Noi ci troviamo nelle condizioni di un uomo che abbia una sola cartuccia nel fucile: se manca il colpo, la sua situazione diventa critica. Lo sbarco, in caso di fallimento, non potrebbe essere ritentato, perché avremmo perduto troppo materiale, ed il nemico potrebbe concentrare le sue forze in un settore di sua convenienza. Finché l'attacco non avrà avuto luogo, invece, egli dovrà contare sulla possibilità dell'attacco stesso". Per i cambiamenti della guerra, erano ora gli alleati, e non più la Germania, a poter sparare un solo colpo: ci dà una testimonianza di questa sua convinzione anche il feldmaresciallo Rommel, che riporta le parole di Hitler alla vigilia dello sbarco: "E' evidentissimo che lo sbarco anglo-americano ad Ovest è inevitabile, ed avverrà. Ma noi non sappiamo né dove né quando, e ci è impossibile intavolare una discussione su questo argomento. In nessun caso dobbiamo tollerare che lo sbarco alleato duri più di qualche giorno, se non qualche ora. L'esempio di Dieppe - (e cioè un primo tentativo alleato di provare un piccolo sbarco in Francia, terminato con un disastro assoluto e costato migliaia di morti) - deve servirci di modello. Una volta respinto lo sbarco, il nemico non ripeterà certo il suo tentativo. Oltre alle gravi perdite che avrà subito, gli occorrerebbero mesi per sferrare un nuovo attacco, inoltre uno sbarco fallito darà al loro morale un colpo fatale. In primo luogo, uno scacco impedirebbe la rielezione di Roosevelt, che potrebbe anche finire i suoi giorni in prigione. In Inghilterra, la stanchezza di manifesterebbe ancor più di quanto non abbia fatto fino ad oggi: inoltre, data l'età e la perdita di prestigio, Churchill non sarebbe più in grado di imporre un nuovo tentativo di sbarco. Noi potremmo allora compensare la forza numerica del nemico, da cinquanta a sessanta divisioni, opponendogli un numero di truppe equivalenti. Il fallimento di un tentativo di sbarco per noi rappresenterebbe molto di più di un successo localizzato al fronte Ovest: sarebbe l'elemento capitale nell'insieme delle operazioni belliche, e quindi nel risultato finale".
Subordinando in tal modo l'esito del conflitto al successo o all'insuccesso che gli alleati avrebbero conseguito nelle prime ore dopo lo sbarco, Hitler vedeva giusto. Infatti non c'è dubbio che una disfatta simile a quella di Dieppe, ma di ampiezza quintuplicata, avrebbe dato un colpo terribile al morale delle due nazioni anglosassoni. E certamente prima che il Comitato congiunto dei capi di stato maggiore generale osasse tornare alla carica, sarebbero passati lunghi mesi. In tal caso l'OKH (cioè il Comando supremo tedesco) avrebbe ricevuto dall'Ovest i mezzi necessari per ristabilire la situazione tra il Mar Nero ed il golfo di Finlandia, mentre la Luftwaffe e la Kriegsmarine avrebbero ripreso la lotta contro gli anglo-americani, mettendo in opera le nuove armi in preparazione: gli scienziati del Reich stavano infatti studiando degli aerei a reazione molto più potenti e veloci degli aerei americani, che avrebbero potuto ristabilire la situazione in cielo, eliminando la supremazia aerea alleata, ed inoltre erano quasi pronti al varo dei sommergibili nuovi ed altamente sofisticati (copiati poi a guerra finita dalle marine di tutto il mondo) che avrebbero permesso di ricominciare una efficace guerra nell'Atlantico; infine, le nuove armi V1 e V2, veri e propri missili, avrebbero permesso di distruggere a distanza l'Inghilterra, costringendola alla resa.
Il Führer aveva dunque buone carte da giocare, a condizione che i suoi avversari occidentali fossero annientati sulle spiagge il giorno stesso dello sbarco, perché la situazione esigeva in modo imperioso non una battaglia di stabilizzazione in Francia, ma che i vincitori dell'Ovest potessero essere inviati sul fronte Est nel più breve tempo possibile: occorreva non solo vincere, ma vincere in fretta, per ristabilire la situazione sul fronte sovietico, e guadagnare il tempo necessario alla messa in produzione delle nuove armi; la Germania poteva ancora vincere, e qui Hitler aveva ragione, a condizione che avesse guadagnato del tempo.


Il generale Eisenhower, comandante supremo alleato, con i
paracadutisti della 82a divisione americana

Nel passare però dalla teoria alla pratica, cioè dalle buone intenzioni alla loro messa in atto, gli errori tedeschi erano già macroscopici: l'Alto comando in un settore peraltro considerato decisivo dallo stesso Führer era mal organizzato per quanto fosse possibile farlo, forse in virtù del principio che proclama la necessità di dividere per imperare. Quindi, laddove nel campo alleato il generale Eisenhower sovrintendeva non soltanto sulle forze terrestri, ma anche su quelle aeree e navali, niente di simile era vero per il maresciallo von Rundstedt. Ne scaturivano enormi conflitti di responsabilità e diatribe di comando, che finivano per rendere quasi impossibile l'organizzazione di una rete difensiva efficace. Ne risultava che Rommel e von Rundstedt, che avevano l'ordine di annientare lo sbarco nemico nel più breve tempo possibile, si vedevano rifiutare una parte dei mezzi necessari al compimento della loro missione, e per giunta una parte importante, dal momento che, in occasione di uno sbarco, è essenziale una reazione immediata ed organica, che comprenda elementi di tutte e tre le forze armate.
Nominalmente quindi von Rundstedt, in qualità di Comandante supremo del fronte Ovest, aveva ai suoi ordini: 2 gruppi di armate (B e G), 4 armate (7ª, 15ª, 1ª, 19ª), 15 corpi d'armata, 40 divisioni di fanteria, 4 divisioni aerotrasportate, 4 divisioni da campagna della Luftwaffe, 9 divisioni corazzate, 1 divisione di granatieri meccanizzati. Non si deve però credere che egli esercitasse in pieno su tutto questo insieme l'autorità di un comandante in capo: intanto, le grandi unità della Luftwaffe (un corpo d'armata ed 8 divisioni) dipendevano da lui soltanto tatticamente, e lo stesso valeva per le 4 divisioni delle Waffen SS e del primo corpo d'armata corazzato pure delle SS. Su tali formazioni egli non aveva alcun potere nel campo dell'addestramento, dell'avanzamento e dell'assegnazione dei comandi, e disciplinare: questo venne ricordato brutalmente a Rommel da Hitler, quando il primo gli chiese sanzioni contro la 2ª divisione corazzata Das Reich delle Waffen SS, a causa dell'abominevole massacro di civili ad Oradour. Inoltre all'OBWest era stato vietato di disporre, senza l'autorizzazione di Hitler, di due delle sue migliori divisioni corazzate, cioè la 12ª divisione corazzata Hitlerjugend delle Waffen SS, di stanza a Lisieux, e della divisione corazzata Lehr di stanza a Chateaudun. Oltre a ciò, il comando supremo di Berlino non cessava di interferire nella sua sfera di comando, come ricorda lo stesso Von Rundstedt agli ufficiali inglesi che lo interrogarono a guerra finita: "Non ero libero di scegliere la mia strada. Avevo una sola autorità, come comandante in capo dell'Ovest, quella di dare l'ordine di cambiare la sentinella che vegliava alla mia porta". Evidentemente Hitler non capiva che il suo dispotismo diffidente e pedante era assolutamente incompatibile con la necessità di far presto, di cui lui stesso riconosceva l'assoluto interesse.

La difesa dell'integrità territoriale del Reich era affidata anche al cosiddetto Vallo atlantico, cioè ad un poderoso sistema di fortificazioni marittime realizzato tra il 1941 e il 1944, lungo le coste dal Mare del Nord alla frontiera con i Pirenei. Il progetto iniziale, approvato dallo stesso Hitler, prevedeva circa 15.000 strutture permanenti (fortezze, piazzeforti, forti), semipermanenti (capisaldi e campi fortificati, fortini), e campali (trincee, palizzate, ostacoli di filo spinato, ripari di sacchetti di sabbia, dentiere di cemento), ed era basato sia su opere di potente sbarramento, con azione statica di fuoco, sia su opere articolate in profondità, con lo scopo di logorare l'attacco nemico anziché arrestarlo sul fronte anteriore della linea: un adattamento dei principi alla base delle linee Maginot e Sigfrido.


Albert Speer (a destra) in compagnia del feldmaresciallo Goering (a sinistra, con l'uniforme chiara)

La costruzione dell'Atlantik-Wall fu affidata alla famosa "organizzazione Todt", guidata prima dal suo fondatore, l'ingegner Todt, e poi, dopo la morte di quest'ultimo, dall'architetto Albert Speer, che impiegò nei lavori un numero considerevole di prigionieri e deportati. Grazie a questi incrementi di manodopera, vennero gettati in circa due anni più di 7 milioni e cinquecentomila metri cubi di cemento, ma le opere già completate erano, nell'aprile del 43, appena 4000, e tutte concentrate in prossimità dei porti e delle città.  La struttura generale del vallo si articolava su due o tre linee: potenti artiglierie antinave, annegate in costruzioni solidissime a prova di bomba, erano integrate con opere minori per fanteria ed armi anticarro, al fine di stroncare sulla battigia i tentativi di sbarco; l'assetto era a scacchiera, con una fascia di avamposti (reticolati, campi minati, ostacoli anticarro e ricoveri per ami in calcestruzzo di 2 metri di spessore), una zona cuscinetto con ricoveri medi in calcestruzzo (2,5 metri di spessore) per armi anticarro, per mitragliatrici ed artiglierie; una fascia di elementi più imponenti in cemento armato che ospitavano, protette da cupole d'acciaio, potenti artiglierie. La protezione era affidata dunque non solo ad opere imponenti, ma anche a piccole strutture disperse, di fatto quasi invisibili alla ricognizione aerea, e dunque a quel bombardamento alleato che i tedeschi giustamente tenevano in giusta considerazione.
Le difese predisposte, comunque, avevano lo scopo di impedire o ritardare al massimo l'ammassarsi delle unità navali nemiche, in modo che le truppe mobili avessero il tempo di accorrere verso i punti maggiormente minacciati: Rommel infatti, pensando giustamente che l'invasione avrebbe fatto affluire una enorme massa di uomini e di armi, decise di cospargere le coste francesi di ostacoli di ogni genere, appositamente creati (pali minati, tetraedri in cemento armato, rotaie saldate, cavalli di Frisia ed altri insidiosi marchingegni che emergevano durante le basse maree. Disseminò inoltre nei prati pali di legno e ferro per impedire l'atterraggio degli alianti, fece allestire centinaia di forti muniti di mitragliatrici e dispose l'allagamento di varie zone, con punti obbligati di passaggio irti di mine: in posizione arretrata, poi, cannoni e mortai erano pronti ad aprire il fuoco a raso della risacca: un esempio di questo dispositivo fu incontrato dagli alleati durante le operazioni di sbarco sulla spiaggia di Omaha.
Lo sbarco alleato, peraltro, effettuato in condizioni atmosferiche tutt'altro che buone, colse di sorpresa i tedeschi, e dunque limitò ovunque la tempestività della loro risposta, rallentata anche da altri fattori esterni che vedremo; parimenti l'aviazione alleata ebbe buon gioco, a causa della totale assenza degli aerei tedeschi sulle spiagge, a sgretolare in fretta il potente Vallo Atlantico, che non fu in nessun punto determinante per la difesa.

La riuscita dello sbarco alleato, del resto, si spiega in gran parte con le carenze del servizio di informazioni tedesco, che non fu in grado di confermare agli alti comandi la zona prescelta dagli anglo-americani; Hitler peraltro aveva ipotizzato correttamente che i settori più minacciati erano il Cotentin e la Bretagna, e su questa ipotesi aveva ben disposto la sua 7ª armata. Viceversa Von Rundstedt era legato ad una ipotesi più tradizionalista, che individuava nel Passo di Calais il luogo della probabile invasione, in quanto il tratto di mare che divideva Francia ed Inghilterra era in quel punto più breve e tale zona permetteva di minacciare il territorio tedesco più direttamente: tale idea si scontrava però con la situazione delle fortificazioni tedesche, che proprio in quella zona erano altamente potenziate, e con l'alta densità delle truppe dislocate in quella posizione.
Proprio l'insufficiente difesa della zona della baia della Senna preoccupava in massimo grado il maresciallo Rommel, che altrimenti era totalmente d'accordo con le valutazioni di Hitler circa la necessità di stroncare l'attacco alleato nel breve volgere delle 24 ore: in caso di attacco anfibio infatti l'attaccante, uscendo dal mare, è debole nel momento dello sbarco, e si rinforza poi a poco a poco nell'interno della sua testa di ponte, in modo che ogni ritardo del contrattacco ne diminuisce le possibilità di successo; tale discorso invece non vale nel caso di un'offensiva terrestre, in cui il massimo grado di energia è raggiunto il giorno J all'ora H (cioè nel momento in cui l'attacco è sferrato), per poi decrescere a causa delle perdite e delle difficoltà logistiche, e dunque la difesa può agevolmente rimandare il contrattacco ed aumentare le sue probabilità di successo.


Un cacciabombardiere
americano in azione

Dal momento che, inoltre, le unità corazzate erano gli agenti indispensabili del contrattacco, secondo Rommel conveniva distribuirle in modo che potessero affrontare il nemico in qualunque settore si presentasse, il giorno stesso dello sbarco: egli spiegava tutto questo in una lettera dell'aprile '44 indirizzata al generale Jodl: "Nonostante la superiorità aerea dell'avversario, se nelle prime ore che seguiranno lo sbarco noi riuscissimo a gettare una gran parte delle nostre forze contro il nemico nel settore costiero minacciato, il suo primo assalto verrebbe spezzato fin dal primo giorno, ne sono convinto. La mia unica, vera preoccupazione è il problema delle unità mobili: a dispetto della decisione presa durante la conferenza del 21 marzo al quartier generale, tali forze non sono state messe a mia disposizione. Certe formazioni sono ancora disperse su un vasto territorio, lontano, nell'interno del paese: arriveranno dunque troppo tardi per svolgere la loro parte nella battaglia sulla fascia costiera. Data l'enorme superiorità aerea di cui il nemico dispone, tutti gli spostamenti importanti delle unità motorizzate saranno oggetto di attacchi aerei potenti e continui. D'altra parte le nostre divisioni che assicurano la difesa del litorale, private del sostegno delle unità corazzate e delle unità celeri, difficilmente saranno in grado di respingere attacchi sferrati in maniera simultanea dagli assalitori venuti dal mare e dalle unità aerotrasportate paracadutate nell'interno del paese. Le comunicazioni che portano verso l'interno non sono occupate sufficientemente per garantire una protezione efficace. Dobbiamo dunque disporre le nostre unità avanzate e le nostre formazioni di riserva in modo da ridurre al minimo la distanza che dovranno coprire per bloccare un attacco". Queste sagge osservazioni lo inducevano a concludere: "Noi combattiamo ora la battaglia che decide le sorti del popolo tedesco. Non mettendo tutte le forze difensive sotto un comando unico, per poter immediatamente lanciare tutte le nostre unità mobili nella battaglia che si svolgerà sulla costa, la vittoria è molto dubbia. Se devo aspettare lo sbarco per chiedere, seguendo la prassi normale, che mi siano affidati il comando e la libera disposizione delle forze mobili, le unità arriveranno troppo tardi per intervenire nella battaglia ed impedire lo sbarco"; ecco perché il Rommel aveva ottenuto, almeno in teoria, che gli fosse affidato il pieno ed immediato comando del gruppo corazzato di riserva di von Rundstedt, formato da 6 divisioni corazzate e dal 1° C.A. corazzato delle Waffen SS. Tale ordine però rimase solo sulla carta, e lo stesso von Rundstedt appoggiò solo fino ad un certo punto le richieste del suo subordinato, convinto, secondo i dettami della strategia classica, che il gruppo corazzato dovesse essere mantenuto unito e concentrato in una zona centrale del Paese, in modo da poter intervenire ovunque fosse stato necessario: egli si richiamava al cordone difensivo condannato già da Federico il Grande, ed era appoggiato da tutti gli alti comandi legati ai grandi principi di condotta della guerra. Rommel invece, forte delle sue esperienze in Nord Africa, negava che questa condotta fosse praticabile, a causa dello spaventoso potere dell'aviazione alleata: a posteriori i fatti, del resto, mostrarono che i suoi ragionamenti erano quelli corretti.


Il feldmaresciallo
Erwin Rommel

Di fronte al silenzio di Hitler a tal proposito, e di fronte alla risposta negativa circa il rinforzo, con una brigata di artiglieria, della zona della Normandia, Rommel partì il 4 giugno, con il consenso di von Rundstedt, per cercare di convincere il comando supremo della necessità dei rinforzi richiesti. L'atteggiamento di Hitler rimane, in questa come in molte altre circostanze, decisamente incomprensibile: da un lato egli non dava alcun credito alla previsione tradizionalista di uno sbarco nel Passo di Calais, dall'altro però vi si fissò con un'ostinazione assoluta a partire proprio dal giorno dello sbarco! Egli inoltre era del tutto d'accordo con Rommel sul metodo da mettere in pratica per respingere lo sbarco, e cioè un contrattacco immediato sulle spiagge stesse, in modo da non lasciarsi impegnare in una lunga battaglia di logorio, però contemporaneamente si rifiutava di dare a Rommel i mezzi per condurre l'operazione nel modo che lui stesso condivideva.
E' contro questo dispositivo, agitato da tutta questa serie di problemi sopra elencati, che si stava per scatenare, all'inizio di giugno, la più grande armata mai messa insieme dagli alleati nel corso dell'intera guerra.

L'attacco del 6 giugno: Overlord

La ragione fondamentale che spiega il motivo di un successo pieno dello sbarco alleato in Normandia, è da individuarsi nel fattore sorpresa, giustificato essenzialmente dalle pessime condizioni meteorologiche in cui lo sbarco si svolse. Stabilire in modo definitivo l'ora H fu infatti fonte di innumerevoli dubbi angosciosi nel comando supremo alleato; il primo ritardo si era avuto il 5 giugno, quando la flotta già salpata era stata fatta ritornare in tutta fretta nei porti, ed un ulteriore ritardo avrebbe con ogni probabilità provocato una generale caduta del morale dei soldati. Di contro, le condizioni non erano certo ottimali, ed un azzardo avrebbe potuto causare uno scacco senza precedenti. Il generale Eisenhower, cui spettava il supremo onere della decisione, è così ricordato nel momento in cui si trattava di dare o meno il via alle operazioni: "La parola toccava adesso ad Ike. Per lui era venuto il momento di prendere la decisione definitiva, e da solo. Ci fu un lungo silenzio, mentre egli pesava il pro e il contro. Il generale Smith, che lo osservava, fu colpito dall'isolamento e dalla solitudine del comandante supremo, seduto con le mani incrociate sul tavolo e il capo chino. Passarono i minuti: dieci, forse cinque. Infine Eisenhower, alzando il volto, mormorò lentamente: "sono convinto che dobbiamo dare l'ordine... è cosa che non mi piace, ma... mi pare che non ci sia altra scelta". Eisenhower si alzò. Sembrava sfinito, ma la tensione era scomparsa dal suo viso". Un ulteriore elemento essenziale è senza dubbio la parte capitale svolta dalla Resistenza francese nelle operazioni di Overlord, tanto che non vi fu mai nessuna operazione militare che fu così bene informata come quella scatenata il 6 giugno '44; il ruolo dei Partigiani non si esaurì, però, nell'informare gli alleati circa le posizioni e la consistenza delle truppe e delle difese tedesche, ma comprese anche una enorme quantità di attentati alle comunicazioni delle truppe della difesa, che ottennero il risultato di paralizzare di fatto tutto il coordinamento tra le varie grandi unità.
Nella sorpresa di cui furono vittime i tedeschi all'alba del 6 giugno, dunque, una parte eminente ebbero le condizioni meteorologiche, ma soprattutto perché combinarono l'effetto paralizzante insito in loro con l'opinione radicata in Rommel, che lo sbarco sarebbe avvenuto quando l'alba e l'alta marea avessero coinciso: l'ammiraglio Ruge infatti, il capo di stato maggiore del feldmaresciallo, faceva infatti scrivere sul diario del gruppo di armate B, poco prima che Rommel partisse per Berchtesgaden per un colloquio con Hitler, che "vi sono ancora meno scrupoli nel partire, perché durante la sua assenza le condizioni di bassa marea saranno molto sfavorevoli ad uno sbarco, e le ricognizioni aeree non forniscono alcun indizio per ritenerlo imminente". Proprio in quel momento, dall'altra parte della Manica, gli alleati avevano appena posticipato la data dell'invasione, e si avviavano a posticiparla di nuovo, se non che, la sera del 5 giugno, le condizioni meteorologiche presero a favorire gli alleati, con una parziale schiarita prevista per la mattina del 6 giugno; di contro il vento, che pareva essere caduto intorno alla mezzanotte del 5, riprese a soffiare nelle prime ore del D-day, contribuendo in modo decisivo a disperdere molti dei paracadutisti lanciati dagli alleati nelle due estremità del settore costiero previsto per lo sbarco.
Infine un'ultima circostanza giocò a favore degli attaccanti: durante la serata del 5 giugno il colonnello Meyer, capo del servizio informazioni della 15ª armata, interruppe la partita di bridge del generale von Salmuth per annunciargli che la BBC aveva appena trasmesso un messaggio indirizzato alla Resistenza francese: Blessent mon coeur d'une langueur monotone, una citazione del poema di Verlaine Chanson d'automne, che implicava (secondo una scoperta fatta dall'Abwehr in circostanze rimaste misteriose) che l'invasione sarebbe avvenuta entro 48 ore. A tale notizia il comandante della 15ª armata mise in allarme i suoi subordinati, e trasmise l'informazione anche al gruppo B e all'OBWest, ma il generale Speidel, che sostituiva Rommel, non si curò di far sì che l'allarme giungesse alla 7ª, e nessuno controllò che lo avesse fatto. Del resto lo stesso comandante supremo del fronte ovest, von Rundstedt, aveva appena indirizzato un messaggio informativo al comando supremo di Hitler, nel quale scriveva: "La sistematica intensificazione dei bombardamenti aerei indica che il nemico è pronto. Il probabile fronte di invasione rimane il settore compreso tra la Schelda, in Olanda, e la Normandia... tuttavia l'imminenza dello sbarco sembra poco probabile". Von Rundstedt riteneva quindi che, con la messa in stato di allarme della 15ª armata, tutto il problema venisse affrontato nel modo migliore, senza seminare un panico che, a lungo andare, avrebbe nuociuto al morale delle truppe, e in attesa di un fatto che lui per primo riteneva poco probabile. Bisogna però ricordare che se invece la 7ª armata fosse stata messa in allarme, probabilmente tutti gli attacchi dei paracadutisti e degli aviotrasportati anglo-americani, sia nella zona di Sainte-Mere-Eglise sia in quella di Bénouville, sarebbero falliti.
Al di là di ogni considerazione che risulti puramente accademica, c'è però da ricordare che la superiorità alleata in campo aereo e navale era assolutamente spaventosa: basti rammentare che la Luftwaffe poteva opporre 419 apparecchi ai circa 10.500 di cui disponevano gli alleati, e che la "grande Armada" che trasportava il contingente di invasione e formava la flotta di scorta, non era inferiore alle 5300 unità.

Il 6 giugno dunque, dopo che il comando supremo diede il via, venti minuti dopo la mezzanotte sei aerei della RAF si alzano in volo. Faranno da battistrada alla 6a divisione aerotrasportata britannica che si lancerà nella zona di Caen. Sono sessanta specialisti di commando e del genio, esploratori destinati a consentire con le loro segnalazioni da terra il lancio di due brigate di paracadutisti: la prima aveva il compito di distruggere i ponti della valle del Dives, mentre la seconda doveva assumere la difesa dell'Orne e dei ponti sul canale, eliminando il nemico dalla zona di sbarco di Ranville. Alle ore 3.30, 72 alianti carichi di cannoni e di equipaggiamento cominciarono ad atterrare nella zona. Nell'impatto col terreno, al buio, molti si sfasciarono e i carri e le jeep che contenevano andarono distrutti. Molti uomini rimasero feriti e alcuni persero la vita. In seguito si constatò che 49 dei 72 alianti destinati all'operazione erano scesi bene, e le perdite umane e in mezzi erano state modeste. L'occupazione dei ponti fu un capolavoro di cui si resero protagonisti gli uomini di sei plotoni del 2° battaglione di fanteria leggera dell'Oxfordshire e del Buchinghamshire del maggiore John Howard. Essi riuscirono nell'impresa di sfasciare, nel giro di tre soli minuti, sei alianti, tre per ogni ponte, esattamente all'imbocco, in modo da balzar fuori armi in pugno e impadronirsi del passaggio eliminando gli sbigottiti difensori. Fulmineamente, i ponti sul fiume Orne erano finiti in mano alleata.
Non altrettanto bene aveva funzionato la mossa degli esploratori mandati a contrassegnare la zona di lancio per le due brigate di paracadutisti. Il vento li aveva spinti verso oriente, sparpagliandoli, e così i 2.200 uomini della 5a brigata paracadutisti del brigadiere Poett, privi di segnalazioni, finirono lontani dall'obiettivo prefissato. Tuttavia la maggior parte della brigata riuscì a ricongiungersi. Peggio andò alla 3a brigata paracadutisti del brigadiere Mill, finita disseminata in una vasta zona di boschi e di paludi tra Merville e Troarn, undici chilometri nel retroterra. Nonostante tutto, i cinque ponti loro assegnati da distruggere furono fatti crollare.
Già prima dell'alba il generale Gale, comandante della divisione aerotrasportata, poteva stabilirsi nel conquistato castello di Ranville. Ora restava da eliminare la potente batteria costiera di Merville, vicino alla foce dell'Orne e il compito fu affidato al 9° battaglione paracadutisti del tenente colonnello Terence Otway. La batteria si trovava in casematte in cemento a prova di bomba, la difendevano 180 uomini. La copertura era fornita da una decina di mitragliatrici e da un campo di mine profondo dieci metri. Sembrava imprendibile. Otway prevedeva di calare nel perimetro della difesa, quasi sopra le casematte, tre alianti, mentre lui avrebbe attaccato da terra. Era un piano quasi suicida, eppure riuscì, anche se più della metà dei 150 uomini che avevano condotto l'assalto erano morti o feriti. Alle cinque del mattino il generale Gale poteva dire che tutti gli obiettivi assegnati alla sua 6a divisione aerotrasportata nella zona di Caen erano stati raggiunti.
Contemporaneamente, sul fianco occidentale dello sbarco, anche la 82ª divisione aerotrasportata americana del generale Matthew Ridgway e la 101ª divisione trasportata Usa del generale Maxwell Taylor, avevano raggiunto gli obiettivi prefissati, tra cui l'occupazione di Sainte-Mère-Eglise.
Intanto l'immensa flotta, la più formidabile mai riunita nella storia dell'umanità, si stava avvicinando alla Normandia. Su 2727 navi di ogni tipo erano caricati 2500 mezzi da sbarco. La scorta era formata da 700 navi da guerra, tra cui 23 incrociatori, 6 navi da battaglia e oltre 104 cacciatorpediniere. A bordo dei trasporti vi erano gli uomini della Prima armata americana del generale Bradley e della Seconda armata britannica del generale Dempsey. Il bombardamento aereo delle spiagge cominciò alle 3 e 14 del mattino del 6 giugno.


Lo sbarco delle truppe americane sulle spiaggia di Utah

Sotto la protezione di questo gigantesco ombrello aereo, con i capisaldi a oriente e a occidente già tenuti dai paracadutisti, alle 6 e 30 del mattino comincia a sbarcare il XXI Gruppo di armate del feldmaresciallo Montgomery; alla Prima armata di Bradley toccano le spiagge di Utah e di Omaha, alla Seconda armata britannica di Dempsey, le spiagge di Juno, Sword e Gold. Sulla spiaggia di Utah, alle 6 e 30 in punto, mettono piede per primi sul suolo di Francia gli uomini della 4 divisione del generale Roosevelt, appartenente al 7° Corpo d'armata del generale Collins. Le prime azioni sono coronate da successo. Alle 9 del mattino, il reggimento di testa e i suoi carri avevano già infranto la fascia esterna del Vallo Atlantico e a mezzogiorno le avanguardie della 4ª divisione si trovavano in vista di Pouppeville e di Sainte-Marie per collegarsi con i paracadutisti del generale Taylor. Lo sbarco dei reparti successivi fu più facile, grazie all'intervento delle unità di demolizione della marina che avevano sgombrato la spiaggia dagli ostacoli fatti disseminare da Rommel. Tutti gli obiettivi prestabiliti erano stati raggiunti dalla 1a divisione già alle 13 del pomeriggio e si aspettano notizie altrettanto buone dalle truppe che contemporaneamente sono sbarcate più a oriente, cioè ad Omaha. Ma qui le cose non vanno bene. Omaha era una spiaggia concava lunga sei chilometri e mezzo, con scogliere alte fino a trenta metri alle due estremità. In quel tratto una forte risacca rendeva difficili le operazioni di sbarco e inoltre il 5° Corpo d'armata del generale Gerow, destinato a conquistare quelle posizioni, non disponeva al momento dei famosi carri anfibi DD. I tedeschi avevano fortificato molto bene le difese naturali. I capisaldi erano munitissimi. Mitragliatrici, cannoni anticarro e artiglieria leggera battevano la spiaggia dagli scogli, su cui le fortificazioni erano state addirittura scavate in caverna. Contro queste formidabili difese si avventò la 1a divisione statunitense del generale Huebner, finendo subito per trovarsi in gravi difficoltà, anche perché su Omaha era stata spostata la 352ª divisione mobile tedesca. Nonostante le alte perdite americane la situazione non si sbloccava. A mezzogiorno le truppe da sbarco erano ancora ferme sulla spiaggia, sotto l'incessante fuoco nemico. Cominciò allora un bombardamento navale delle difese tedesche e anche gli aerei vennero in soccorso. A terra si combatteva ferocemente. Stava per verificarsi a Omaha un disastro americano. Tuttavia al tramonto la penetrazione americana in questo settore non superava il chilometro e mezzo, benché fosse stata aperta una via di uscita verso Vierville. I caduti erano più di tremila. Se i tedeschi fossero stati in grado di sferrare un violento contrattacco, gli americani sarebbero stati rigettati in mare. Nel frattempo, a Gold la 50ª divisione britannica è già in marcia verso Arromanches; a Juno, la 3ª divisione canadese ha aggirato le difese di Courseulles e ha preso posizione sulle colline all'intorno; a Sword, la 3ª divisione di fanteria canadese e tre gruppi di commandos si sono spinti a Bièville, fin quasi a quattro chilometri da Caen. Il compito della Seconda armata britannica era quello di proteggere il fianco della Prima armata americana finché questa avesse occupato Cherbourg e i porti della Bretagna: si può dire che tutti gli obiettivi furono raggiunti. Al tramonto, la testa di ponte della 50ª divisione misurava dieci chilometri per dieci, la zona di ancoraggio di Arromanches conquistata e La Rivière tenuta saldamente.

Mentre avvenivano tutte queste operazioni, il comando supremo tedesco era bloccato in una indecisione che ha dell'incredibile; all'una e undici minuti il generale Marks, comandante dell'84° corpo d'armata, era stato informato dei lanci di paracadutisti in entrambe le zone, a sinistra e a destra delle spiagge dell'invasione, ed aveva provveduto a mettere in allarme la 7ª armata e l'OBWest di von Rundstedt. Il comandate supremo tedesco, benché personalmente non credesse alla interpretazione di Marks, decise di non correre rischi, e di spostare immediatamente nella zona dei lanci la divisione corazzata Lehr e la 12ª divisione corazzata Hitlerjugend, e si mise in contatto con l'OKW; ma gli fu negato il permesso, da parte di Hitler, di spostarle fino a nuovo ordine, che sarebbe stato dato a situazione chiarita. E la situazione si era schiarita anche troppo quando verso le sei e mezzo le difese costiere furono sottoposte ad un intenso bombardamento navale: in quel momento però Hitler, che si era coricato due ore prima, dormiva sotto l'effetto dei sonniferi, ed aveva proibito di svegliarlo. Perciò le divisioni corazzate di riserva poterono muoversi solo nel tardo pomeriggio del giorno 6: troppo tardi.
Quando Rommel giunse nuovamente al suo quartier generale e poté riprendere il controllo della situazione, non era più possibile manovrare per ricacciare gli alleati in mare: il giorno più lungo era finito, ed i tedeschi non erano riusciti in nessuno degli obiettivi che si erano proposti, anzitutto annientare l'invasione entro le sue prime 24 ore.


Un carro armato tedesco Panther in azione in Normandia

Si passava dunque ad una battaglia di logoramento, in cui gli alleati potevano far valere tutta la loro enorme superiorità materiale, oltre al totale dominio del cielo, tale da annientare tutti gli attacchi tedeschi dei giorni immediatamente successivi allo sbarco. La battaglia in Normandia durò, in realtà, più di quanto gli alleati avevano previsto nei loro piani della vigilia, ed in particolare a causa della indiscutibile superiorità dei carri armati tedeschi, che trovarono il loro terreno più favorevole nel bocage normanno: i carri Pzkw V (Panther) e Pzkw VI (Tigre) divennero il vero incubo delle forze d'attacco americane, a causa della loro straordinaria potenza di fuoco e della inferiorità qualitativa dei loro Sherman. Tuttavia l'incontestabile superiorità tecnica dei carri armati fu di poco aiuto per Rommel, il quale non era in grado di assicurare loro né un rifornimento adeguato di carburante né poteva difenderli dagli incessanti attacchi dell'aviazione.
La situazione volgeva dunque innegabilmente al peggio per i tedeschi, per i quali si realizzavano le peggiori previsioni della vigilia: invece di chiudere con un rapido successo il fronte occidentale, e potere stabilizzare la situazione all'est, la Germania si vedeva condannata ad una replica della prima guerra mondiale, quando aveva dovuto affrontare i nemici su ogni fronte. Le conseguenze di questo fallimento erano esattamente le stesse che Hitler aveva giustamente previsto, prima che lo sbarco avvenisse: il successo alleato condannava definitivamente e senza appello la Germania, per la quale la resa diventava solo una questione di tempo e di sangue inutilmente versato. E' alla luce di queste considerazioni, che evidentemente furono fatte da molto generali tedeschi, che comprendiamo l'attentato ad Hitler del 20 luglio, ed il tentativo di concludere a qualunque costo una pace separata con gli anglo-americani. La cecità di Hitler, e la sua fortuna nell'occasione appunto dell'attentato, condussero invece ad una guerra di logoramento fino all'ultimo respiro, che doveva ancora causare una enorme quantità di vittime, tutte inutili per cambiare il destino finale, già scritto, della Germania.