A partire dal 1911, Freud si occupa di un difficile lavoro di
sistemazione teorica della psicoanalisi, che prende il nome di metapsicologia.
In questo contesto egli espone nel dettaglio la propria concezione riguardo l'apparato
psichico. All'interno della metapsicologia possiamo trovare tre articolazioni, tre
differenti punti di vista:
- l' ordine dinamico, che evidenzia
l'interagire delle forze che costituiscono la vita psichica;
- l'ordine economico, che mostra in
quale contesto di logica energetica essa sia collocata;
- l'ordine topico, che ne illustra le componenti.
Freud descrive la psiche come un campo di forze contrastanti.
Il motore della vita psichica è la pulsione, un fenomeno al
confine tra lo psichico e il somatico; l'apparato psichico tende infatti a ridurre al
minimo le tensioni che contiene, al contrario la pulsione causa forti stimoli eccitatori,
percepiti come sofferenza fino al momento in cui non vengono soddisfatti. E' in questo
senso che la mente umana si dibatte costantemente tra un principio del
piacere ed un principio della realtà, il primo che
persegue la richiesta delle pulsioni, il secondo volto invece a censurare le pulsioni,
autoconservando l'individuo nella società. E' l'originatore del cosiddetto freno
inibitore, ciò che ci impone i limiti in base alla vita comunitaria,
impedendoci di seguire la violenza e la natura selvaggia dei nostri istinti.
L'inconscio è
il luogo del rimosso, di ciò che non può o non deve emergere alla conoscenza, il cui
nucleo è costituito dalle esperienze sessuali infantili. E' costituito da un nucleo di
contenuti psichici non verbalizzati e non razionalmente elaborati. E' la rimozione che lo
produce, in quanto racchiude tutti i concetti che non possono essere esteriorizzati
perché contrastanti con la società e l'etica morale. E' legato a ciò il concetto di rimozione,
che interessa tutto ciò che appartiene alla sfera razionale, che per una serie di motivi
si preferisce eliminare dal conscio, in quanto fortemente inadeguati o
"proibiti"; essendo espresso in un linguaggio totalmente differente da
quello della ragione, giungere alla consapevolezza del proprio inconscio è tutt'altro che
semplice; pertanto la psicoanalisi adopera particolari tecniche interpretative per
esplorarlo e comprenderlo a fondo. Venire a conoscenza dei propri desideri inconsci nella
maggior parte dei casi risulta traumatico: è infatti difficile accettare concetti
completamente contrastanti con quelli che sono imposti dalla società, o con la propria
educazione. Si viene proiettati in una realtà senza tabù né inibizioni di sorta.
Il conscio viceversa è quella parte
dell'apparato psichico che riceve informazioni sia dall'interno sia dall'esterno (tramite
gli organi di percezione). L'interazione tra questi due elementi ne determina i contenuti,
i quali soggiacciono al principio della realtà, il che non presuppone necessariamente che
tutti i concetti che razionalmente si pensa di dominare, vadano presi alla lettera: il
conscio è infatti un insieme di concetti direttamente influenzato dalle inibizioni
imposte dalla società, e determinate dal contesto in cui il singolo individuo è situato,
che molto spesso non corrisponde ai reali desideri e pensieri di un uomo, viceversa
espressi dall'inconscio. E' esattamente per questo motivo che risulta tanto problematico
confrontarsi con la realtà subconscia del proprio io.
Il preconscio funziona come una
schermata tra i due elementi contrastanti, quali il conscio e l'inconscio. Le sue
rappresentazioni sono fondamentalmente esternazioni che non sono soggette a rimozione pur
essendo inconsce (processo secondario). La sua importante funzione è quella di regolare
l'attività psichica del pensiero razionale, selezionando l'accesso delle
rappresentazioni, senza deformarle né tentare di rimuoverle.
L'Ego è un fondamentale componente
della psiche, complessa e contraddittoria, simile ma non sovrapponibile al concetto di
razione e conscio. Si confronta sia con le pulsioni dell'inconscio, sia con le
costrizioni imposte dalla società, dalla moralità e dall'educazione ricevuta
dall'individuo. Si costruisce con le identificazioni delle figure parentali: l'amore che in
un primo momento il bambino riversa sui genitori si trasferisce in un certo momento dello
sviluppo su se stesso, tramutandosi in narcisismo, amore per
se stessi, che è il primo passo per la formazione dell'Io. Freud definisce l'Ego come "un
cavaliere che deve domare la prepotente forza del cavallo, con la differenza che il
cavaliere cerca di farlo con i propri mezzi, mentre l'Io lo fa con i mezzi presi a
prestito". Anche l'Ego è responsabile della rimozione e da un certo
punto di vista può anche essere considerato sotto la sfera dell'inconscio. I meccanismi
di difesa, come la rimozione, che tendono a trasformarsi in tratti caratteriali, sono
messi in moto dalla parte inconscia dell'Ego, ossia vengono utilizzati senza
consapevolezza.
Il Super-Ego opera come una censura
nei confronti dell'Ego, è l'istanza che nega la possibilità di soddisfare desideri in
contrasto con le norme morali imposte dalla società. E' l'interiorizzazione dei tabù
introiettati dagli adulti durante l'infanzia, si instaura attraverso un processo di
identificazione con il Super-Ego delle figure genitoriali, e non della loro immagine, in
quanto ne include le ideologie. La sua forza distruttiva è incrementata da quella che il
bambino nei suoi primi anni di vita gli proietta contro. Nulla gli sfugge ed è spietato e
tirannico; se prevale è l'originatore di sensi di colpa e
complessi d' inferiorità.
L'Es indica quanto c'è nella psiche
umana di impersonale, ereditario, corporeo, necessario a livello istintuale. E' simile
all'inconscio, con la differenza che non è solo il luogo del rimosso. E' una zona
pre-logica, pulsionale e a-temporale, che si scontra con la razionalità dell'Ego.
"L'Ego non è separato dall'Es in modo netto; nella sua fase inferiore si confonde
con esso". La psiche di un neonato e di un bambino ai suoi primi anni è
principalmente Es, dove è contenuta la libido,
l'energia
pulsionale per lo più desessualizzata e sublimata.
La sessualità è, come abbiamo più volte detto, la colonna
portante di tutta la psicologia umana, nonché anima dell'inconscio. Dal momento che molte
malattie psichiche hanno appunto uno sviluppo inconscio, molte di esse, prima tra tutte
l'isteria, sono legate imprescindibilmente al concetto di sessualità. Dobbiamo partire
dal fatto che molte malattie nervose, come appunto l'isteria, hanno avuto
non casualmente una grande diffusione in particolar modo nell'Europa dell'Ottocento e dei
primi anni del Novecento, soprattutto in soggetti femminili appartenenti alle classi alte
o borghesi. In questo periodo infatti, si viene a costruire un modello di nucleo
familiare, in cui il marito occupa una posizione dominante, mentre la donna non ha altra
funzione che quella di essere madre, moglie, e padrona della casa (lo stesso Freud
ammetterà, che per quanto sia innamorato della moglie Martha, e per quanto ne riconosca
l'intelligenza, non riesce a vederla come altro che questo). Il bambino è invece il
centro dell'attenzione della famiglia, un "essere incompleto" che va amato,
cresciuto e protetto dalle insidie del mondo esterno e plasmato in funzione delle esigenze
comunitarie. Sono gli anni in cui nasce il concetto di privacy:
le barriere tra la sfera domestica e quella dello spazio esterno diventano sempre più
alte, e all'interno della famiglia si interrompe il dialogo, in particolar modo su tutti i
temi scottanti, come la sessualità. L'adolescenza viene considerata un'età
"pericolosa", in quanto contraddistinta dallo sviluppo e dall'esplosione
ormonale, che per la concezione attuale di puro rigore, non potevano essere che dannosi.
L'educazione delle ragazze veniva dunque tenuta sotto il massimo controllo, ed era
fortemente repressiva. In questo contesto di ipocrisia collettiva, a livello della
società stessa, non è difficile supporre che il predominio di una morale sessuale
culturale potesse compromettere la salute mentale dei singoli individui, costretti a
reprimere tutta una serie di pulsioni naturali, che però contrastavano l'etica
comunitaria. L'azione della morale imposta all'epoca è da considerarsi ancora più
deleteria, in quanto non solo esaltava la figura dell'uomo in quanto tale, come unico
possibile fautore di un miglioramento della costituzione naturale, ma spingeva sempre più
le famiglie a raggiungere degli ideali di perfezione, che portarono
alla rivalità sempre più angosciante tra i singoli individui. In tutto questo la donna
era sempre più stilizzata, tanto che le donne vengono divise in due categorie: la prima
apparteneva a tutte le soavi mogli dall'immagine asessuata e virginea, e la seconda alle
cosiddette "donne perdute", in pratica prostitute. Tra i due poli non c'era
mediazione di alcun tipo. E' in questo senso che le ragazze non potevano, all'interno del
focolare domestico, vivere apertamente la propria sessualità; sarebbero state considerate
inferiori, impure, non avrebbero trovato marito, avrebbero perso il rispetto e la stima
della società in cui vivevano e, ben più importante, della propria famiglia. Uguale è
il discorso per le scelte sessuali. L'omosessualità era vista qualcosa di perverso e
assolutamente sbagliato, un danneggiamento della propria immagine esteriore - l'unica che
contasse veramente - di buon borghese protestante. Tutto quello che era inerente alla
sessualità era sporco e andava censurato a tutti i costi, sebbene l'epoca non fosse
affatto sessuofobica in ogni sua manifestazione; essere scoperto a frequentare una
prostituta era per un uomo uno smacco irrimediabile per la propria immagine sociale, ma
allo stesso tempo nella Vienna dei primi anni del Novecento le prostitute, quasi tutte
registrate, erano più di quarantamila.