CRONACHE DEL DILUVIO

messa in scena di Marco M. Pernich
con la collaborazione di Raffaella Chillè

e la consulenza musicale di Valentino Dragano
drammaturgia di Marco M. Pernich e del Laboratorio Teatrale Avanzato del Liceo Berchet

interpretato da
Anna Bruna Barbara Chiara Camillo Carlotta Eleonora Eliana Enrico Flavia Francesca Federica Francesca Gaia Giulia Ludovica Linda Livia Maria Michele Martina Natalia Sara Silvia Sara Sergio Silvia Valeria Viviana Vincenzo

liberamente tratto da "Cronache dell'alluvione" di Giovanni Cibotto e da giornali dell'epoca integrati con brani e suggestioni provenienti da altri testi fra i quali "Il Mulino del Po", "La Bibbia", "La terra desolata", "Il navigatore del diluvio", da poesie di Biagio Marin, Salvatore Quasimodo e da scritti di Alessandro Baricco, Joseph Conrad, Hermann Hesse.


Il lavoro prende le mosse dal racconto dell'alluvione del Polesine del 1951, quando tutta la Bassa Veneta è finita sott'acqua, così come si trova nell'affascinate libro di Cibotto che Montale definì "un documentario vero e non truccato".
L'uomo di fronte alle forze di una natura apparentemente calma ma incontenibile, la terra che diventa mare e inghiotte le case e i paesi, l'ineluttabilità di un evento che fa pensare al destino, la meschinità dell'eroismo degli uomini e delle donne, la morte che rivela l'animo di ognuno, gli animali metafora del male senza ragione, il male crudele meschino senza scampo e ancora la disorganizzazione dei soccorsi, l'inadeguatezza delle strutture, i colpi di genio o di fortuna, le responsabilità.
Ma soprattutto l'uomo davanti alla nudità della vita, l'uomo che non si può nascondere dietro alla natura ed alle convenzioni e neppure alla cultura, ma l'uomo
diluvio.jpg (260005 byte) solo davanti alle forze primordiali cosmiche che sconvolgono le apparenze riconsegnandole alla loro vacuità e si riversano nel profondo dell'animo come vi abitassero da sempre e lo costringessero di nuovo a misurarsi con una dimensione profonda strutturale metafisica e insondabile della realtà.
Il racconto s'apre sull'immagine degli sfollati, i sopravvissuti, metafora di tutti i profughi del mondo, profughi di catastrofi naturali, guerre, persecuzioni che raccontano e rappresentano la loro storia per quadri non narrativi ma piuttosto come in un affresco o un polittico rinascimentale perchè "l'uomo s'è accorto della realtà solo quando l'ha rappresentata" (Pasolini).
Poi si sviluppa attraverso una serie di scene e di immagini della catastrofe del "gran mare delle acque" che hanno occupato la terra, culmina in uno straziante episodio di ineluttabillità della fine incarnata dall'acqua che lentamente quasi tranquilla sale e inghiotte ad uno ad uno gli occupanti di un camion impantanato e si chiude sul racconto personale fatto da ogni attore a un piccolo gruppo di spettatori della sua piccola tragedia personale prima che la processione degli sfollati se ne vada dando l'addio ad una casa e una tera che sono innanzitutto una cultura secolare, un legame radicato e infisso nelle viscere di quei luoghi e quel cielo.

La forma scelta per la rappresentazione è quella dell'affresco popolare: non una storia narrata, quindi, ma un insieme di scene che renda le dimensioni della catastrofe e dei drammi umani che vi si svolgono e si fa metafora dell'eterna condizione dell'uomo nel mondo.
In questo grande affresco abbiamo cercato di mettere le nostre domande incarnate nei fatti e negli eventi: così c'è la riflessione esistenziale e metafisica, il pensiero religioso, l'interrogazione sul destino, la denuncia civile, il racconto, il pianto, il canto.
Ma le dimensioni di ciò che narriamo, la sua ineluttabilità e anche in fondo l'assenza di un vero responsabile o meglio di un "colpevole", sono divenute una vertigine che ha lasciato noi per primi quasi senza fiato e senza parole come davanti al Mistero.
Ecco in fondo è tutto qui: il resto è affidato alla scena ove entriamo trepidanti e consci della nostra stessa inadeguatezza ma con un grande desiderio di incontrare davanti a questo mistero altri da guardare negli occhi e forse da abbracciasre idealmente.

Lo spettacolo ha conseguito il Primo Premio nella sezione Opere Moderne della IV Rassegna "Teatro Scuola" a Carlentini in provincia di Siracusa il 19/06/98.

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